Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Posts written by alsan90

view post Posted: 12/8/2020, 10:53 Skannatoio Luglio - Agosto 2020 - Lo Skannatoio
Ciao a tutti, ecco i miei commenti e la classifica.

SHANDA06
“«Fammi uscire, per favore. Mi sono appena risvegliata e ho tanta paura.»”
Al posto di risvegliata, metterei un più semplice svegliata.

“Ma l’appello si ripete con insistenza e allora lei fa un respiro.”
Io mi sarei cagato addosso al suo posto, mostra di più la paura e l’incredulità di Eleonora.

“Tanto vale che provi a vedere cosa c’è dentro”
I pensieri della protagonista io li metterei in corsivo così da distinguerli meglio.

“Le scendono due grosse lacrime perché è in quel momento che il dolore comincia ad agire: prima non ne ha avuto il tempo. Il malore improvviso, la corsa in ospedale, e le lunghe ore passate nella speranza che nonostante l’ictus potesse salvarsi.”
Qua, per un attimo, sembra che il malore venga a lei invece che alla nonna, riformula la frase.

“Gira la chiave nella toppa e prima la sorprende la vista di un visino impertinente cosparso di lentiggini e subito dopo il luccichio sbarazzino negli occhi castani di vetro e il sorriso aperto malgrado gli incisivi un po’ sporgenti.”
Frase troppo lunga con troppe e congiunzione.

“Per ribadire il significato del suo nome, si aggiusta il fiocco cosparso di margherite multicolori e si aggiusta il colletto dalle punte arrotondate della camicetta bianca con le maniche a palloncino; già che c’è, dà una lisciata alla gonnellina che riprende lo stesso motivo del fiocco.”
Molto bello perché tutto molto chiaro e visibile nella mente del lettore come se fosse al cinema. Brava!

“Si alza: «E poi, perché obbedirle?”
Specifica meglio chi compie le azioni.

“vede una serie di progetti che riguardano bambole molto simili alle sue compagne di classe.”
Non si capisce dove sta guardano, in un cassetto, in un armadio? Mostra che si avvicina e apre il cassetto trovando i fogli.

“Chiude la cartellina e guarda Fiorilla: «Cosa devo fare?»”
Da come hai impostato il rapporto tra la protagonista e la rivale, mi sembra che si convince troppo in fretta. Poi sembra troppo tranquilla nel parlare e sentire parlare una bambola.

“I ringraziamenti di Tiziana la commuovono, certo, ma è agghiacciata dalla prospettiva...”
Troppe informazioni, sfoltisci la frase di alcuni dettagli.

“Quando sente suonare alla porta, depone la matita e va ad aprire.”
Depone è troppo arcaico, userei un più semplice posa.

“e discuti con il resto dei lavoranti.»”
Idem come sopra, meglio usare dipendenti.

Come al solito, dimostri di avere una grande immaginazione che ti invidio molto. Ho apprezzato la scelta dei verbi tutti al presente che non è facile ma secondo me hai saputo destreggiarti bene.
Prova a rivedere i punti che ti ho segnalato, inoltre dovresti togliere alcune e congiunzione. Infine, mi dici subito all’inizio che la nonna si chiama Adelia e poi lo ripeti solo a fine, ma a quel punto me ne sono dimenticato. Ripeti il nome a metà racconto così resta bene nella testa del lettore.


Cimitero digitale di Nazareno Marzetti
“«Il mio funerale è fissato alle quindici e zero-zero post meridiane”
Se è alle 15 è sottointeso che è al pomeriggio.
“«Poi ti spiego» disse Charlie.”
Mi sembra una battuta inutile se tanto poi gli spiega tutto la riga sotto.
“Indica una folletta dall’aspetto molto ricercato.”
Preferirei che me lo mostrassi con una descrizione.
“«Cavolo» mormorò togliendosi il casco VR.
Il dispositivo autonomo di Charlie emise un breve ronzio mentre il generatore olografico creava l’immagine del folletto. «Vero» rispose mentre la sua immagine acquistava definizione e stabilità.”
È un passaggio un po’ confuso per chi come me di fantascienza conosce solo Star Wars. Più avanti mi scrivi che VR sta per realtà virtuale, userei qua all’inizio la versione estesa e più avanti l’abbreviazione.

“Kimberly lanciò un pesante macchinario verso Dexter”
Come fa a sapere che è pesante se sono in questo edificio in assenza di gravità? Se invece c’è me lo dovresti specificare.

“Dexter disabilitò il controllo remoto dello scambiatore con un colpo di chiave inglese ben assestato.”
Dove ha preso la chiave inglese? Da uno zaino? Cintura di lavoro?

Racconto molto studiato, si vede che è da tempo che ci lavori e secondo me ha buone possibilità di piazzarsi bene in qualche concorso. Secondo me però dovresti:
- Rivedere i punti che ti ho segnalato
- Togliere qualche avverbio che sono da evitare come la peste
- Togliere alcuni punti di sospensione che appesantiscono la lettura
- Fare una sorta di prologo all’inizio (senza spoiler) per far entrare meglio il lettore nel mondo fantascientifico che hai creato fornendogli qualche strumento per capire meglio l’ambientazione.


Gargaros «OH GIANNI, SVEGLIATI!»

“Ho una certa età e ho pure camminato troppo. Perché diavolo non ho preso il tram, proprio oggi? Un bicchiere di vino, sì.”
I pensieri del protagonista li metterei in corsivo così da distinguerli meglio.
“La sua reazione fu spropositata”
Non serve specificarlo se subito dopo me lo mostri.
“Guardava fissamente la telecamera,”
Meglio guardava fisso.
“Non produsse nessun pensiero sull'accaduto.”
Stride un po’. Vedi due loschi individui che ti pedinano, nel cuore della notte uno di loro ti suona il citofono e ti fissa in modo di nuovo inquietante… mi sembra un po’ inverosimile che non produci nessun pensiero, io non chiuderei occhio.
“Al secondo incrocio c'era una vigilessa che vigilava”
Al posto di vigilava userei un sinonimo per eliminare questa fastidiosa assonanza.
“Poi, inaspettatamente, l'uomo che l'aveva accompagnato tirò fuori quattro oggetti”
Da dove? Mostralo meglio.

Anche qui, un racconto ben architettato. Mi piace come costruisci la suspance ma a volte la perdi dilungandoti in alcune parti superflue che, a mio avviso, appesantiscono un po’ la storia. Anche per te occhio agli avverbi e ai punti di sospensione che sono davvero troppi. In conclusione, trovo che il racconto lasci troppe domande in sospeso con il rischio di creare confusione nel lettore invece che lasciarlo semplicemente nel dubbio (scelta narrativa che approvo). Mi spiego meglio: alla fine stava sognando? Se sì, perché vedeva i tizi anche quando era sveglio? Oppure era tutto vero? Se sì, credo sia poco credibile che Maria torni sul pianeta di origine dato che è ben consapevole che fuggendo con il principe ha fatto un gran casino.


PARIA di Citizen

“un aroma viscido di sofferenza permeava sempre quelle sale asettiche.”
Bella frase!
“Uscì dalla stanza cercando qualcuno che lavorasse lì perché gli desse istruzioni.”
Il lettore potrebbe chiedersi: Per fare cosa? Per specificare meglio, senza spoilerare, basta aggiungere …per dove andare.
“Entrò e cercò di salutare la donna, ma dalla sua bocca fuoriuscirono solo dei versi gutturali. Non era mai stato bravo a parlare con gli sconosciuti.
L'infermiera si girò quasi di soprassalto sentendo quel rumore disarticolato,”
Poco chiaro, o si gira di soprassalto o fa versi gutturali.
“- Ah, sei tu. - disse con malcelato disinteresse.”
Mostralo meglio il disinteresse, es. disse tornando a dargli le spalle.
“Camminava a piedi nudi sull'asfalto.”
Vista in seguito l’importanza che riveste quest’uomo per la razza umana, mi sembra poco credibile che lo lascino andare da solo al patibolo senza nessuno che lo scorti o lo conduca sul posto.
“Questa volta non si sarebbero limitati a maciullarlo o sventrarlo.”
Stride un po’ con la frase precedente in cui dicevi che non erano sadici.

Riassumendo, io sono un fan dei racconti brevi e questo mi è piaciuto un sacco. Scorrevole, trama intrigante e piuttosto chiara. Per me hai il primo posto in questo skanna. Toglierei anche qua alcuni avverbi maledetti e ti invito a rivedere le parti che ti ho segnalato. Comunque, bravo!


CLASSIFICA:
1) PARIA di Citizen
2) Cimitero digitale di Nazareno Marzetti
3) Gargaros «OH GIANNI, SVEGLIATI!»
4) SHANDA06

Ps. Grazie a tutti per i commenti, gli ho trovati molto utili!
view post Posted: 5/7/2020, 15:18 Skannatoio Luglio - Agosto 2020 - Lo Skannatoio
RINASCITA

Enrico prese il suo piatto della colazione appena svuotato e lo mise nel lavastoviglie. Con una mano prese le posate e con l’altra il piatto di Elsa che era già in bagno a truccarsi. Lanciò un’occhiata all’orologio a muro: le sette e mezza. Doveva fare ancora un sacco di cose prima di andare al lavoro.
«Sono pronta» disse Elsa sbucando fuori dal bagno nel suo nuovo tailleur viola.
«Io quasi», lei sbuffò.
«Aspetti sempre all’ultimo a prepararti e poi sono io quella che ci rimette. Ho il volo fra sole due ore e il taxi sta già aspettando da cinque minuti. Perché le mie valigie sono ancora qui?» chiese indicando il trolley fucsia e la borsa nera vicino alla porta d’ingresso.
«Scusa tesoro, ci ho messo troppo a preparare colazione. Volevo farti i tuoi pancake dato che non ci vedremo per una settimana.»
«Fammi capire, prima mi prepari la colazione e poi me lo rinfacci?»
«No, volevo solo dire che…»
«Comunque i pancake erano uno schifo, li fai sempre cuocere troppo poco.»
«Scusami, ti porto subito giù la roba.»
Elsa si mise le mani sui fianchi senza smettere di fissare Enrico che si precipitò verso le valigie e corse giù in strada a caricarle di persona sul taxi. Sapeva che lei non voleva che la sua roba la toccassero altri.
Aveva richiuso il bagagliaio quando le porte dell’ascensore si aprirono ed Elsa uscì dirigendosi verso di lui. Era già al telefono di prima mattina. Da quando era diventata sales manager il telefono non smetteva di squillare.
Enrico le aprì la portiera, ma lei gli passò davanti senza guardarlo.
«Buon viaggio amore, non vedo l’ora che torni.»
Elsa rispose con un movimento della mano simile a quello che avrebbe usato per scacciare una mosca. Enrico chiuse la porta e il taxi si mise in moto. Riguardò l’ora, sarebbe arrivato di sicuro in ritardo.

Alle nove meno cinque, Enrico rientrò a casa. Si era dovuto fermare un’ora in più per pulire il magazzino del supermercato. Il signor Ricolfi, non aveva il gradito il ritardo del mattino. Anche quella settimana si era giocato l’opportunità di chiedere un aumento, questo avrebbe fatto infuriare Elsa che da mesi pretendeva che Enrico si facesse valere con i suoi capi. Facile per lei che, nell’azienda dove lavorava, era il capoufficio e guadagnava il triplo di lui.
Chiuse la porta e posò le chiavi nella ciotola sul tavolino nell’ingresso. Si tolse la giacca e tirò fuori dal freezer un sacchetto di pasta alla norma congelata.
Mangiò nel silenzio più totale. Dopo un turno di dodici ore al banco della macelleria in mezzo a un mare di gente insignificante, aveva bisogno di quiete. Appena ebbe finito la cena si sedette sul divano e iniziò a cercare qualcosa da guardare in tv. Mentre faceva zapping finì su un canale che trasmetteva una puntata di “Chi l’ha visto?”. Stava per cambiare quando all’improvviso apparve sullo schermo una foto di una ragazza con i capelli neri. A Enrico mancò il fiato come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco.
«Sono già passati tre anni dalla scomparsa della diciasettenne Lorenza Bruno, ma i genitori non hanno smesso di sperare.»
Anche se il televisore era a due metri, la voce della conduttrice gli arrivava lontanissima.
«L’ultima volta che fu vista era il sabato ventitré marzo di ritorno da una festa in discoteca. Da allora non si hanno più notizie…»
Restò seduto a guardare il programma fino alla fine. Quella notte non chiuse occhio.

Continuò a rivedere quella puntata di “Chi l’ha visto?” in streaming per tutte le sere di quella settimana, anche tre volte di fila. Ebbe ancora problemi di insonnia e sul lavoro commetteva sempre più errori che il signor Ricolfi non mancò di punire. Faticava a stare concentrato e viveva immerso in un mondo di fantasia.
La sera in cui Elsa sarebbe arrivata, non prima delle undici però, Enrico uscì dal lavoro alle nove e mezza passate. Salì sulla sua Fiesta e imboccò corso Regina Margherita. La stanchezza lo appesantiva rendendogli difficile qualsiasi cosa. Si fermò a un semaforo e voltandosi alla sua destra, notò una ragazza sotto una pensilina degli autobus che lo salutava sorridendo. Era Rebecca la nuova giovane cassiera assunta con un contratto di apprendistato. Una delle poche persone che si erano accorte di lui in quel supermercato e con la quale aveva stabilito un minimo di legame.
Enrico abbassò il finestrino.
«Ciao, non è un po’ tardi per prendere il pullman?»
«Sì, ma sono obbligata» rispose Rebecca senza perdere il sorriso.
«Dove mi hai detto che abiti?»
«In corso Marche, però aspetto il bus non ti preoccupare.»
«Beh, io abito in zona. Non è un problema darti uno strappo se vuoi. Posso lasciarti a all’incrocio prima della biforcazione con corso Vittorio, saresti abbastanza vicina per arrivare a casa a piedi.»
Rebecca si strinse un labbro tra i denti e lanciò un’occhiata allo schermo del suo smartphone.
«Quand’è che deve arrivare il pullman?»
«In teoria fra venti minuti.»
Il suono di un clacson riempì lo spazio che li divideva.
«Dai salta su» disse mentre si allungava e apriva la portiera del lato passeggero.
Rebecca restò immobile ancora qualche secondo a mordicchiarsi il labbro, ma ad un tratto sorrise e salì in macchina. Il profumo di vaniglia che emanavano i suoi capelli neri, accarezzò il naso di Enrico.
«Grazie mille, sei molto gentile.»
Enrico ripartì subito e imboccò corso Marche. Attraversò l’incrocio che era subito prima della biforcazione a tutto gas.
«Ma…dovevi lasciarmi lì.»
Lui non rispose.
«Ehi!»
Serrò la mano destra in un pugno e all’improvviso la colpì con le nocche sul naso. Rebecca gemette di dolore piegandosi in avanti e portandosi le mani sul viso. Tra le dita scorreva del sangue. Le afferrò la nuca e le sbatté la testa sul cruscotto finché lei si accasciò di lato restando immobile. Enrico fece dei lunghi respiri per calmare il cuore e i fremiti di eccitazione che lo scuotevano come scariche di elettroshock. Tra le gambe aveva un’erezione solidissima.
Guidò fino alla tangenziale. Dopo quattro chilometri, prese un’uscita in direzione Val Susa ma appena fu sulla statale, deviò per una strada di campagna. Proseguì per altri dieci chilometri, finché non si ritrovò davanti a un piccolo bosco. Non ci andava più da quasi tre anni.
Parcheggiò la macchina a una ventina di metri dalla strada dietro a un grosso cespuglio. Scese e aprì la portiera del passeggero. Rebecca era ancora incosciente. L’afferrò e se la caricò sulla spalla. Ogni traccia di stanchezza era scomparsa dal suo corpo. Iniziò a inoltrarsi nella boscaglia quando lei emise un gemito. Doveva sbrigarsi, voleva farlo nello stesso posto di tre anni fa. Man mano che si avvicinava si abbandonò ai ricordi per amplificare il piacere di quel momento.
Aveva conosciuto Lorenza una notte mentre girovagava con la macchina, come faceva in quel periodo, senza neanche sapere cosa fare o cosa cercare. Non appena la vide che barcollava sul ciglio della strada capì subito cos’è che stava cercando. Era ubriaca fradicia e non fu difficile sopraffarla. Cazzo, quanto si era divertito.
Arrivò finalmente al suo posto speciale, Rebecca cominciò a scalciare. La gettò a terra e le diede un pugno in faccia. L’eccitazione e il godimento gli avvampavano dentro come un liquore fortissimo. Rideva di gioia pura mentre si sbottonava i pantaloni. Le strappò via le mutandine e la penetrò. Rebecca strillava con le lacrime che le scorrevano sul viso martoriato e più urlava e più a lui veniva duro.
Questa era tutta un’altra cosa rispetto alle farse che metteva in scena con Elsa. L’aveva conosciuta a uno speed date, due settimane dopo il suo incontro con Lorenza. Non pensava che i suoi gusti le fossero di gradimento, ma invece lei lo stupì. La prima volta che fecero sesso, Elsa gli confessò che le piaceva essere legata e sodomizzata. Provava un piacere selvaggio a essere picchiata e “dominata”, forse perché il resto della giornata la trascorreva a tiranneggiare gli altri. Però Enrico non era soddisfatto al cento per cento. La consapevolezza che lei godeva spegneva il suo desiderio. Lei doveva soffrire e anche se si sforzava di farglielo credere, lui, sotto sotto sapeva che fingeva. E poi sapeva che con Elsa non avrebbe mai potuto superare un certo limite e ciò lo deprimeva. Erano mesi che non scopavano più.
Enrico venne gemendo con un grugnito, ma il piacere più grande doveva ancora arrivare. Guardò negli occhi Rebecca e l’afferrò per il collo. Iniziò a stringere. Lei si dibatteva con tutte le sue forze, ma lui con il suo peso la inchiodava a terra. Sulle dita della mano sinistra, percepiva i battiti frenetici del sangue che scorreva nella carotide. Si avvicinò ancora di più alla sua preda morente e si godette fino all’ultimo istante lo spegnersi della vita dentro di lei.

Enrico aprì la porta di casa ed Elsa gli si parò subito davanti.
«Dove cazzo eri? Sono le tre!»
«Sono andato a fare un giro» la testa era ancora leggera come se fosse sotto l’effetto di una lieve sbronza.
«Oh madonna, ma che hai fatto» disse all’improvviso Elsa portandosi una mano alla bocca.
Enrico si avvicinò allo specchio a muro che c’era vicino alla porta d’ingresso. I suoi pantaloni e la sua giacca erano incrostati di fango. Sulle ginocchia e sui gomiti c’erano anche delle macchie verdi di erba. Alzò lo sguardo e si guardò in faccia. Era appena riemerso da quel torrente di emozioni che lo aveva attraversato e si sentiva diverso, trasformato. Era la cosa più bella che gli fosse mai successa nella vita. Si sorrise.
Tornò a guardare Elsa mentre con la mano destra chiudeva la porta dietro di sé.
«Voglio subito sapere che cosa hai fatto» gli disse, ma la sua voce era quasi un sussurro.
Lui fece un passo avanti.
«Enrico…» cominciò a indietreggiare man mano che lui si avvicinava.
Quando Elsa fu con le spalle al muro si fermò. Le appoggiò la mano sinistra sul collo, accarezzandole la pelle con il pollice. La guardò negli occhi e scorse il riflesso del suo sorriso.
view post Posted: 4/7/2020, 09:40 Skannatoio Luglio - Agosto 2020 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 3/7/2020, 22:42) 
CITAZIONE (alsan90 @ 3/7/2020, 18:54) 
Ciao a tutti!
Anche io dovrei avere uno straccio di idea :1392239590.gif:

Avrei solo bisogno di un chiarimento da Pretorian sulle specifiche.

Il concetto di rinascita deve essere interpretato come un qualcosa di positivo in assoluto o vale anche se è positivo solo per il personaggio?

es. positivo assoluto
Pippo è un gangster sanguinario poi incontra Pippa e diventa un buon padre di famiglia con un lavoro onesto.

es. positivo solo per il personaggio
Pippo è un uomo casa e chiesa ma non è felice perché in realtà vuole fare il gangster, così decide di tornare a essere sè stesso e spara in testa a un boss in un ristorante

Ciao, vecchio mio. Una rinascita è una rinascita, non deve avere nessuna connotazione morale obbligatoria. Insomma, Pippo che si unisce a un culto blasfemo e "rinasce" come adoratore di Azatoth va altrettanto bene di Pippo mafioso che cambia vita e decide di curare i malati del terzo mondo.

Ok, grazie!
view post Posted: 3/7/2020, 17:54 Skannatoio Luglio - Agosto 2020 - Lo Skannatoio
Ciao a tutti!
Anche io dovrei avere uno straccio di idea :1392239590.gif:

Avrei solo bisogno di un chiarimento da Pretorian sulle specifiche.

Il concetto di rinascita deve essere interpretato come un qualcosa di positivo in assoluto o vale anche se è positivo solo per il personaggio?

es. positivo assoluto
Pippo è un gangster sanguinario poi incontra Pippa e diventa un buon padre di famiglia con un lavoro onesto.

es. positivo solo per il personaggio
Pippo è un uomo casa e chiesa ma non è felice perché in realtà vuole fare il gangster, così decide di tornare a essere sè stesso e spara in testa a un boss in un ristorante
view post Posted: 10/12/2018, 22:46 Skannatoio Novembre-Dicemre 2018 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 8/12/2018, 21:40) 
Salve, gente e scusate se non mi sono fatto sentire, ma sto avendo un periodo abbastanza particolare tra lavoro, salute e studio, quindi...

Ad ogni modo, considero regolare questo Skanna, quindi procedete pure con i commenti: quando avrete fatto inserirò anche il mio ^_^ .
Poi, per i punti nella classifica generale, vedremo di trovare una soluzione: mi sembra che non sia questo quello che interessa tutti noi, no?

Ok perfetto, grazie.

Si certo, la mia domanda era riferita al fatto che non sapevo come si sarebbe concluso questo skanna visto la scarsa partecipazione e temevo che venisse chiuso prima che altri potessero commentare.
Personalmente mi sono iscritto a questo forum (che poi è un laboratorio di scrittura), proprio perché posso sottoporre al giudizio degli altri quello che scrivo. Questo aspetto lo reputo fondamentale per migliorare il proprio stile e la propria scrittura in generale ed è quello che mi stimola a partecipare ogni volta, tempo permettendo, alle varie edizioni. La classifica serve per dare un po’ di pepe ma concordo con te sul fatto che non è quello lo scopo.

Se il significato di quanto ho scritto nel commento precedente ti è sembrato diverso da quello che ho scritto ora, mi dispiace, non era mia intenzione.
view post Posted: 8/12/2018, 17:20 Skannatoio Novembre-Dicemre 2018 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (shanda06 @ 18/11/2018, 18:39) 
OCCHIO DI PAVONE

Di Alexandra Fischer


L’orologio del campanile batté le cinque di sera e la porticina collocata al di sotto del quadrante si aprì mostrando una piattaforma sulla quale ballavano in cerchio giovani coppie della Festa di Maggio.
La piazza mostrava invece foglie ingiallite calpestate da decine e decine di scarpe fino a diventare una poltiglia spezza gambe.

Il solo pregio di questo dannato posto sono i tigli. Devono averli piantati all’epoca del bisnonno. Accidenti, quella carogna sta venendo da questa parte.

La ragazza scappò in direzione di una viuzza laterale senza udire il tintinnio del bracciale che le si era sfilato dal polso.

Guidato dai passi di lei, il giovane oltrepassò il tiglio secolare, ma la sua corsa lungo la viuzza degli antiquari si arrestò all’incrocio.

Inutile sfidare il traffico e la folla del venerdì sera. Tanto ti ritroverò comunque. Vorrei sapere cosa ci facevi nella casa di Kerstin Hirsch.

Tornando sui suoi passi, il giovane vide brillare qualcosa sul pavé e lo agguantò sbalordito.

Il bracciale Pavone. Come fai ad averlo?

Allora cominciò a sudare freddo mentre lo faceva sparire in tasca.

Bella distrazione. Potrebbe costarti la vita. Ma cosa mi viene in mente? Ho l’impressione che, se succedesse, tua madre non morirebbe certo di dolore. Bando agli scrupoli.

Il giovane estrasse il cellulare e compose un numero ticchettando sui tasti come se ogni mossa delle sue dita avesse potuto uccidere la ragazza.

Non appena udì la voce del suo interlocutore, però, cambiò atteggiamento: «Qui Günther. Credo che a Frau Leder interesserà molto sapere chi ho visto nella Piazza del Mercato.»

***
Frau Leder si rigirò il braccialetto fra le dita.
I suoi occhi erano umidi di lacrime.
«Dunque è viva. Perché me lo ha taciuto?»
Günther le sorrise maligno: «Evidentemente, si è accorta di aver scordato qualcosa nella sua fuga e ha deciso di riprenderselo.»
La donna posò il monile accanto alla fotografia della nipote scomparsa e l’uomo diresse lo sguardo in direzione della cornice: la ragazza sorrideva uscendo dall’acqua della piscina della villa.
Ne ammirò i capelli biondi e gli occhi color acquamarina, ma senza stupirsi che fosse scappata da quella vita agiata.
Gli bastava osservare la madre e gli oggetti che la circondavano: ossuta, dallo chignon rigido, imponeva un ordine maniacale che si estendeva di certo alla vita della figlia.
Quel pianto non lo ingannò neppure un po’.
Frau Leder si asciugò le lacrime prendendo un fazzoletto dalla scatola accanto alla fotografia.
«Se lei l’ha vista qui intorno, non posso che darle ragione. Solo, non ho idea di cosa possa avere dimenticato.»
La donna si alzò dalla poltrona imitata da lui.
Lo condusse al piano di sopra, attraverso una scala a chiocciola.
La stanza della ragazza era un guazzabuglio di bambole, libri, quaderni, CD di musica leggera, animaletti di pezza.
Frau Leder aprì i due armadi, zeppi di abiti, accessori e scarpe.
«Come vede, non manca niente. Mia figlia ha saputo organizzare la sua fuga preparandola già da settimane. So cosa sta per chiedermi. Non ci sono stati litigi, o segni premonitori. Ha fatto tutto di nascosto. In questo, ha preso dal padre. Anche lui se n’è andato così. Purtroppo, si è goduto poco la libertà.»

Immagino, vecchia strega ipocrita.

La donna aprì il cassetto della scrivania della figlia: «Sybille si è portata dietro l’essenziale.»
Günther notò che la carta di credito della ragazza c’era ancora, ma la scatola dei gioielli era vuota.
«Non morirà certo di fame. Si è servita delle cassette di sicurezza. Suo padre l’ha sempre viziata troppo e può contare su un avvocato abbastanza folle da rispettarne le ultime volontà. Quanto alle case, beh, mia figlia può rintanarsi ovunque. Mi chiedo cosa sia tornata a fare.»
Frau Leder allargò le braccia, ma la mente del giovane investigatore si mise a lavorare, partendo dal charms appeso al braccialetto.

Quella è una chiave. Sono curioso di vedere cosa apre in questa casa.

I suoi occhi si spostarono su uno spazio vuoto accanto al cofanetto dei gioielli.
Frau Leder intercettò il suo sguardo: «Sono stata più astuta di lei. Ho spostato la scatola in un posto sicuro. Voglio sfidarla a tornare.»
«Davvero? E come mai?»
La donna alzò il mento: «Ogni conquista ha il suo prezzo, Herr Hoffa. Intendo farlo comprendere a mia figlia. E lei mi aiuterà, naturalmente.»
«Come?»
«Lasciandola fare e bloccandola al momento opportuno. Venga, le mostro la scatola e il suo contenuto. Sono certa che allora capirà le mie ragioni.»
Günther annuì.
***

La ragazza rovistò per l’ennesima volta nella borsetta.

Accidenti, dov’è finito? A cosa mi servirà aprire la scatola senza la chiave?

Si morse il labbro inferiore, maledicendo la propria vigliaccheria.

Se solo fossi passata dal gioielliere dietro al quartiere degli antiquari. Ma no. Tutto per colpa di quell’uomo. Vorrei tanto sapere perché mi seguiva.

Chiuse la borsetta e prese la trousse dei cosmetici dalla mensola del bagno.

Potrei usare le forcine.

L’idea di farsi sorprendere da sua madre la sgomentò.

Proprio ora che ho scoperto la verità su di te e non so più come chiamarti.

La lettera del padre acclusa al testamento l’aveva sconvolta nel profondo:
‟Sybille cara, avrei voluto dirtelo di persona, ma non mi resta più molto tempo. La tua vera madre è morta pochi anni dopo la tua nascita e ha voluto affidarti la sua eredità. La donna che ti ha cresciuta ha tutti i motivi per impedirti di scoprire il segreto che ti riguarda, perché, molto probabilmente, sa più di quanto non mi abbia mai detto sulla tragedia che ha cambiato le nostre vite. Accludo a questa mia alcuni documenti e un indirizzo: lì troverai la conferma delle mie parole. Ti dono inoltre il braccialetto con la chiave dello scrigno che tua madre ha voluto donarti quando sei nata. Ti avverto. Non fidarti di lei, ora che l’intera fortuna di casa nostra passerà sotto il tuo controllo. ˮ

Fra i documenti che l’avvocato le aveva consegnato c’era un articolo di giornale con una fotografia.
La sua vera madre era coricata di schiena su un letto e accanto c’era la donna che aveva creduto tale da sempre.
Sul comodino del letto, c’erano siringhe e medicinali.
Quello che la sconvolse fu il titolo dell’articolo: INSPIEGABILE SUICIDIO DI UNA BRILLANTE DISEGNATRICE DI GIOIELLI

***
Sybille aveva trovato la casa facilmente: era a poca distanza dal quartiere di lusso.
Di stile settecentesco, era immersa nella foresta e con tanto di laghetto.
L’avvocato l’aveva accompagnato all’interno, colmo di mobili coperti da lenzuola e quadri a olio di scuola fiamminga.
La ragazza si era sforzata di ritrovare un barlume di ricordo nella casa, ma le era parsa estranea.
L’avvocato comprese il suo disorientamento: «Non sforzarti, sei vissuta qui soltanto pochi mesi. La moglie di tuo padre ti ha accolto subito dopo aver appreso che sei rimasta orfana.»
Poi, con aria complice, le aveva dato in mano il braccialetto: «Devi prenderlo assolutamente. Anche se va contro gli interessi della donna che ti ha allevato.»
Sybille si era stupita.
Hai l’età di mio padre e ti ho sempre considerato una specie di zio affettuoso. Cosa mi nascondi anche tu?
L’avvocato aveva ripreso: «Tua madre e Kerstin erano molto amiche. Sapevi che erano colleghe?»
Vaghi ricordi di attrezzature da orafo attraversarono la mente della ragazza.
Vedendola così ignara, l’avvocato le raccontò in breve la vicenda: «Kerstin stava per rubarle il marito e Magda si regolò come poteva. È facile alterare le dosi di certi farmaci. Vedi, tua madre le rimase accanto fino all’ultimo, esigendo il personale infermieristico migliore. E aveva molto spirito d’osservazione.»
«Ma tu come lo sai?»
«Mi raccontò tutto, giurando che si era trattato di un incidente. Voleva soltanto che si togliesse di torno.»
«Perché non l’ha fatta arrestare?»
L’avvocato scosse la testa: «Ha lasciato questo compito a te. Vedi, non si tratta di un delitto normale. Tua madre ha pensato la sua ultima creazione presagendo il suo destino.»
Sybille aveva spalancato gli occhi mentre il legale apriva un mobiletto a ribaltina tirandone fuori un braccialetto con appesa la chiave.
«Questo è il pezzo della parure Pavone che ho nascosto a Magda. Lei ha di certo nascosto lo scrigno, anche se ignora come aprirlo. Tienilo con cura. Ricordati: ucciderebbe per averlo.»
La ragazza indossò il braccialetto con qualche difficoltà: «La chiusura è difettosa. Dovrò provvedere a farla riparare.»
L’avvocato la mise in guardia: «Scegli un negozio lontano dal quartiere elegante. E fallo quando ti sarai sistemata.»
Le diede un mazzo di chiavi: «Questo è l’attico dove tuo padre lavorava ai suoi progetti di grafica pubblicitaria. Ha fatto credere a sua moglie di averlo venduto. Lì sarai al sicuro.»
Sybille prese le chiavi: «Grazie, Hans. Vorrei sapere in che senso i gioielli sono legati all’omicidio di mia madre.»
Gli occhi di lei andarono a un libro collocato nella ribaltina.
Il dorso riportava il titolo: Stregoneria nascosta nelle gemme.
L’avvocato prese il libro: «È un testo di scienze occulte. Tua madre se lo procurò da una studiosa del ramo quando si rese conto del pericolo che stavi correndo.»
La ragazza allungò la mano e l’uomo di legge glielo passò.
Le bastò leggerne la prima pagina per sentirsi come se avesse avuto in mano una pistola carica: ‟Con gli strumenti giusti e in certe fasi della notte, anche le pietre preziose più innocue possono sviluppare poteri letali. In particolare, esiste un maleficio che può attivarsi anche dopo la morte di chi le ha incastonate per permettergli di farsi giustizia nei riguardi dei nemici.ˮ
Con le mani tremanti, Sybille ridiede il libro all’avvocato: «Rimettilo dov’era. Io chiedo giustizia, non vendetta.»
L’avvocato annuì: «E sia. Va’, ora. Prendi il tram.»

***

Sybille chiuse la porta dell’attico ricordando la visita alla casa della sua vera madre.
Da allora, non aveva più sentito l’avvocato.

Lo chiamerò quando avrò ritrovato lo scrigno. Mi chiedo come farò a spaventare la moglie di mio padre indossando la parure. Stregoneria, gioielli maledetti. Non ci credo neanche un po’, ma a me basta che confessi.

***

Günther scostò il tendaggio tenendo d’occhio il giardino che dava sulla strada.
Quando la cellula fotoelettrica si accese, scattò in piedi: i capelli biondi della ragazza spiccarono nella luce.
Sul tavolo, lo scrigno rivestito di velluto verde faceva bella mostra di sé.
L’uomo si sedette in poltrona nella stanza buia.
A poca distanza da lui, sedeva Frau Leder.
Quando la ragazza entrò con la torcia, rimasero entrambi immobili.
La donna accese la luce solo quando Sybille ebbe aperto lo scrigno usando la chiave del braccialetto lasciato apposta da Günther
Vistasi scoperta, la ragazza strinse in pugno la collana e l’anello, indossandoli con gesti fulminei: una forza sconosciuta le era venuta in soccorso, dandole una manciata di secondi preziosi.

Grazie, mamma.

Frau Leder passò dal sogghigno alla smorfia di terrore quando Sybille si fermò davanti alla poltrona.
Günther la vide di spalle e non capì come mai Frau Leder si portasse la mano al petto gridando: «Perdonami, Kerstin. Volevo solo salvare il mio matrimonio. E poi, ho fatto del mio meglio con tua figlia Sybille.»
Subito dopo, si alzò di scatto dalla poltrona e tirò fuori dalla manica dell’abito un tagliacarte: «Ora ti farò stare zitta una volta per tutte.»
Sybille tentò di disarmarla e si prese una stilettata al petto.
Günther accorse dalla ragazza, le controllò il polso e digitò il numero di emergenza, mentre Frau Leder indietreggiava con il fermacarte insanguinato ridendo in modo folle.
L’investigatore alzò lo sguardo verso la donna: «C’è mancato poco che l’uccidesse. Se avessi saputo che l’odiava così tanto, non avrei mai accettato di lavorare per lei.»
Frau Leder riprese il controllo di sé: «Per un attimo, è stata Kerstin. Si è trattato di legittima difesa. Lei testimonierà a mio favore.»
Günther replicò alla donna: «No, lo farò per l’accusa.»

Povera piccola Sybille. A furia di fotografarti e seguirti mi sei entrata nel sangue. Ti aiuterò a far scontare a questa donna tutta la sua malvagità.

Gli occhi velati di lacrime del giovane videro brillare in modo abbagliante le gemme multicolori disposte a occhio di pavone e capì che forse, Sybille si sarebbe salvata ottenendo giustizia per la madre.

Ciao, noto un grosso miglioramento per quanto riguarda la chiarezza della trama, anche se, secondo me, devi ancora migliorare un po'. Troppo spesso mi sono trovato a rileggere frasi precedenti perché non capivo. Ho notato un po' troppa fretta questa volta, rispetto ad altri tuoi racconti, che secondo me non fa bene al racconto, che comunque mi è piaciuto.
Non ho notato invece refusi eccetto quando nella lettera del padre, legge che la madre è morta da pochi anni e poi l'avvocato le dice che sono mesi. Infine cambierei "udire" con un più scorrevole "sentire". Giudizio comunque positivo, si vede che ti serve esercitarti qui!

Per White Pretorian 2.0, questa edizione dello skanna verrà considerata valida dato che abbiamo partecipato soltanto in due? Come si svolgerà da adesso in poi?
view post Posted: 18/11/2018, 23:52 Skannatoio Novembre-Dicemre 2018 - Lo Skannatoio
IL CANE NERO

Io non sono pazzo! Ve lo giuro! Se avrete la pazienza di ascoltare da me come si sono svolti i fatti, e sentire con quanta precisione e lucidità vi racconterò cos’ho visto e sentito, allora non potrete che definirmi sano di mente.
Tutto cominciò quando fecero uno scavo davanti all’entrata della stradina che portava a casa mia. Si era rotto un tubo di qualcosa, forse della fogna o dell’acquedotto; fatto sta che non potevo più raggiungere la mia casa con la macchina ed ero costretto ad andare a piedi.
La stradina era lunga all’incirca trecento metri e da un lato era costeggiata da una piccola boscaglia: un ultimo avamposto della natura sopravvissuto in quel deserto di cemento che era la periferia cittadina. Dall’altro lato invece, subito prima di casa mia, c’era una casa abbandonata e in rovina da molti anni. Era di proprietà di una coppia di anziani che abitava lì quando ero bambino, ma che dopo la loro morte, non venne più abitata o reclamata da nessuno. Con il passare degli anni divenne un rudere che il comune non poteva abbattere per colpa della sua stessa burocrazia. Presumo fosse una vecchia cascina, costituita dall’abitazione vera e propria e da un vasto cortile che la separava dalle stalle e dal fienile; quest’ultimo era piuttosto ampio ed era l’edificio più alto della cascina. Di per sé la casa non rappresentò mai un problema, ma fu quello che c’era dentro che mi portò a fare quello che ho fatto.
Per fare la guardia alla loro proprietà, i vecchi vicini avevano un cane. Credo fosse una specie di incrocio tra un mastino e un labrador, era di dimensioni enormi, almeno per me che ero un bambino, reso ancora più spaventoso dalla sua indole aggressiva e dal suo colore completamente nero. Aveva la sua cuccia vicino alla porta del fienile e l’entrata era rivolta verso il cancello della cascina, cosicché, se questo era aperto, passando dalla strada lo si poteva vedere affacciarsi e ringhiare.
Una volta da bambino, mentre tornavo da scuola, notai che il cancello dei miei vicini era aperto a metà. Quando gli passai davanti, vidi quel cane uscire dalla sua cuccia e abbaiarmi contro, ma quello che mi terrorizzò di più fu il vedere che non era legato alla sua catena. Paralizzato dalla paura, lo vidi avvicinarsi lentamente, fissandomi insistente con la bava biancastra che gli colava dai lati della bocca. Mi guardai attorno ma non vidi nessuno dei miei vicini nei paraggi. Il cane si avvicinava sempre di più, ora solo più ringhiando sommesso. Poi qualcosa dentro di me scattò e all’improvviso mi misi a correre all’impazzata verso casa mia. Lo sentivo abbaiare furioso mentre mi inseguiva e la ghiaia di quel vialetto scricchiolava sotto il suo peso. A meno di dieci metri da casa mia, mi aveva quasi raggiunto. Potevo percepire il suo alito sui miei polpacci e lo schiocco delle sue fauci quando si chiudevano di scatto cercando di addentarli. Con le lacrime che mi offuscavano la vista, mi buttai sulla porta d’ingresso e la richiusi così in fretta che il cane ci sbatté contro. Abbaiò furioso per qualche secondo poi lo sentii andarsene. Ancora sconvolto raccontai tutto ai miei genitori e ottenni le scuse dai vicini che da quel giorno tennero sempre chiuso il cancello e quel maledetto cane non lo rividi mai più. Fino a qualche giorno fa.
Come ho detto all’inizio, a causa dei lavori di manutenzione delle tubature, ero costretto a parcheggiare la macchina lungo la strada principale e percorrere a piedi, come quando ero bambino, il vialetto che conduceva a casa mia. Da un paio di giorni era scattata l’ora solare, ed era quasi buio quando passai davanti a quella vecchia cascina. In macchina si notava poco il degrado in cui era piombata, i rampicanti avevano coperto tutto il muro perimetrale e la facciata degli edifici al suo interno. La porta d’ingresso dell’abitazione non esisteva più e le persiane di legno marcio si stavano staccando dai cardini lasciando intravedere le finestre buie e sporche. Il cancello divorato dalla ruggine e dalle intemperie era spalancato e anch’esso in parte aggredito dalle erbacce. Lanciai un’occhiata al cortile, il disordine e lo sfacelo facevano da padroni. Solo un elemento era rimasto invariato nel tempo: la cuccia di quel cane. Era nello stesso identico posto di quando ero bambino, sembrava anche nelle stesse condizioni in quanto nessuna pianta o altro elemento l’aveva sfiorata. Restai ancora un attiamo a guardare quell’edificio nel pallido chiarore del tramonto autunnale, quando una strana e immotivata sensazione di essere osservato, si fece strada nella mia testa. Eppure non c’era anima viva nelle vicinanze, il rumore del traffico cittadino era lontano e lì intorno regnava il silenzio più assoluto. Un po’ nervoso ripresi il cammino verso casa, ma prima di voltarmi con la coda dell’occhio vidi una macchia scura uscire dalla cuccia. Quando guardai meglio, però, non vidi niente. Turbato mi affrettai lungo il vialetto, ma, di nuovo, quando avevo già aperto la porta di casa mia e lanciai un’ultima occhiata alla stradina, mi sembrò di vedere una sagoma simile a quella di un cane dove mi ero fermato poco prima. Anche questa volta, quando strizzai di più gli occhi, non vidi più niente e mi dissi che era soltanto una suggestione. Quella notte però faticai ad addormentarmi e quel poco di sonno che riuscì ad ottenere fu sconvolto da incubi orribili sul quel cane nero. Mi svegliai un paio di volte urlando, spaventando mia moglie che non era abituata a vedermi così agitato.
Il giorno dopo, alla luce del sole, ero più tranquillo. Ripassando davanti alla vecchia casa vidi il solito spettacolo di degrado, ma non ebbi più quella sensazione. Al lavoro le cose andavano male da un po’, il fatturato era crollato all’improvviso, l’azienda aveva messo in cassa integrazione metà del personale e nell’aria aleggiava lo spettro del licenziamento per “riduzione del personale”. Mi trattenni di più in ufficio per fare buona impressione ai capi, così, quando finalmente uscii, era buio pesto. Camminando verso casa, mi facevo luce con il cellullare a mo’ di torcia elettrica. Ancora immerso nei problemi di lavoro, sfrecciai davanti al cancello sfondato senza degnarlo di uno sguardo. Non lo avevo ancora alle spalle, quando sentii dietro di me un rumore sommesso e gutturale, che mi distolse dai miei pensieri di soprassalto. Mi voltai di scatto e venni subito colto da stupore e terrore. Dal cancello era spuntato un cane nero, non un cane qualsiasi, ma era esattamente quello che avevano i miei vicini. Ringhiava minaccioso come un tempo, avvicinandosi piano, con le fauci serrate e i denti in vista, dai quali colavano piccole gocce biancastre. Non volevo crederci. Non poteva essere davvero quel cane. Erano passati quanti anni? Venti? Trenta? No, impossibile. Nessun cane sopravvivrebbe per così tanto tempo. Eppure, vi giuro, vi giuro su me stesso, che era davvero lì davanti a me. Superato lo stupore e il terrore inziale, la scossa primordiale della paura mi fece voltare e correre più veloce che potevo verso casa. Il cane iniziò a inseguirmi. Potevo sentire i suoi latrati e la ghiaia scricchiolare sotto il peso del suo corpo, esattamente come quando ero bambino. Anche se questa volta avevo le gambe più lunghe, lo sentivo vicinissimo, talmente vicino che distinguevo il rumore delle fauci che si serravano quando tentava di azzannarmi. Il cuore mi batteva così violento e furioso che temetti di morire prima di raggiungere il mio cancello. Senza più respirare, feci gli ultimi dieci metri, poi mi buttai sulla maniglia e, in unico movimento, aprii la porta, entrai e richiusi. Sentii il cane sbatterci contro e latrare infuriato, graffiando il portoncino metallico. Prima che mi cedessero le gambe, diedi un giro di chiave alla serratura e poi crollai a terra, esausto e coperto di sudore con il cuore che sembrava volermi uscire dalla gola. Mia moglie, sentendo il frastuono che feci chiudendo così forte il portoncino, si affacciò alla finestra e vedendomi a terra, uscì di casa e mi raggiunse.
«Oddio caro, cosa ti è successo?» mi disse mentre mi aiutava ad alzarmi.
«Il cane! Il cane! È qua, qua fuori!» mi alzai in piedi e guardai oltre le sbarre del cancello ma non vidi niente.
«Quale cane?»
«Quello dei miei vecchi vicini, quella bestiaccia che mi ha quasi azzannato quando ero bambino!»
«Aaah ho capito, quello su cui fai ancora gli incubi.»
«Ma quali incubi!? Non lo hai sentito abbaiare? Mi ha inseguito fin qua davanti a casa.»
«Ma io... non ho sentito proprio niente tesoro.»
«Allora sei stata l’unica in tutta lo zona. Domani chiamo il canile, non posso rischiare di essere aggredito tutte le volte che torno a casa.»
L’indomani, in pausa caffè, telefonai al canile municipale che mandò i suoi operai a fare un sopralluogo il giorno stesso. Immaginate la mia sorpresa quando, parlando con l’accalappiacani, mi disse che non solo non avevano trovato nessun cane, ma neanche nessuna impronta, nessun pelo, escrementi, avanzi di cibo o qualsiasi altra cosa che potesse ricondurre alla presenza di un cane. Sbalordito, spiegai di nuovo e con più foga quello che mi era successo, arrabbiandomi e dando dell’incompetente a quell’uomo che continuava a volermi smentire. Furibondo, gli attaccai il telefono in faccia.
Il giorno seguente, di ritorno dal lavoro, si ripeté esattamente la stessa orribile esperienza della sera prima. Mia moglie però sembrava anche lei del parere dell’accalappiacani e litigammo. Per tutta quella settimana chiamai il canile pregandoli ed esigendo un loro intervento. Vennero ancora due volte poi non si fecero più vedere e mi intimarono di non telefonare più. Capii ben presto che quel stramaledetto cane, usciva dal cancello soltanto dopo il tramonto e ancora adesso non so spiegarmi il perché. Esasperato, iniziai a uscire sempre prima dal lavoro, utilizzando tutti i permessi di cui potevo disporre, adducendo con i capi e i colleghi le scuse più disparate, perché temevo che nessuno mi avrebbe creduto o mi avrebbero preso per pazzo. Questa situazione non piacque ai capi che iniziarono a vedere le mie uscite anticipate come scarsa volontà e attaccamento al lavoro. Sapevo che sarei finito di sicuro sulla lista nera di chi doveva essere licenziato, eppure iniziò a non importarmene più, così tanto era il terrore che provavo al pensiero di ritrovarmi ad essere inseguito da quel cane. Per puro miracolo non feci incidenti stradali, guidando come un pazzo nel rientro a casa. Volevo solo arrivare il più in fretta possibile, prima che facesse buio.
Gli incubi si ripresentarono più frequenti e una notte, intorno alle tre, dopo essermi svegliato di soprassalto, sentii un ululato ghiacciarmi il sangue nelle vene. Proveniva da sotto le finestre della camera da letto, così chiaro che per un attimo pensai di sognare ancora. Mi affacciai e lo vidi: più nero del buio in mezzo al vialetto che mi tormentava con i suoi versi infernali, come a volermi dire che prima o poi sarei finalmente stato suo. Svegliai mia moglie.
«Adesso lo senti?!»
«Ma cosa… io… io non sento niente.» non ci vidi più. Pensava che fossi stupido? Cosa credeva? Che mi fossi rincoglionito tutto di un colpo? Perché godeva a provocarmi in quel modo? Litigammo così furiosamente che andai a dormire sul divano, ma in realtà non chiusi occhio.
Qualche giorno dopo, appena arrivato al lavoro, venni convocato nell’ufficio del personale. Sapevo cosa volevano dirmi e non stetti neanche ad ascoltarli. Non mossi un muscolo quando mi dissero di prendere le mie cose di non farmi più vedere. Se furono stupidi da questa mia apatia, non lo notai. Quando raccontai tutto a mia moglie, mi sembrò sconvolta in modo esagerato e più cercavo di minimizzare e più lei se la prendeva.
«Se metessi lo stesso impegno, con cui ora ti scaldi tanto, per risolvere il problema con il cane, a quest’ora sarebbe tutto a posto.» lei smise di parlare all’improvviso e mi guardò come non mi aveva mai guardato prima. Non disse più una parola. Andai a farmi una lunga doccia fredda per distendere i nervi e quando uscii, c’era un biglietto sul suo cuscino. Non lo lessi fino in fondo, ma lo accartocciai e lo gettai via. In sostanza diceva che sarebbe stata da sua madre finché io non avrei ammesso di avere un problema e di accettare un aiuto. Non la rividi mai più.
Le notti seguenti furono un vero inferno, il cane mi tormentava costantemente con i suoi ululati e gli incubi si facevano sempre più spaventosi e reali. Non uscivo più di casa neanche di giorno per timore di incontrarlo. Poi una telefonata della banca mi diede il colpo di grazia: se non avessi provveduto a pagare le ultime rate del mutuo, mi avrebbero pignorato la casa. Fu la goccia finale. Quel cane mi stava portando via tutto quello che avevo. Non avevo altra via di uscita.
Quella notte, con le lacrime agli occhi e fuori di me, uscii in strada urlando all’impazzata, dopo aver preso un coltello da cucina e un grosso bastone.
«Dove sei? Esci fuori! È me che vuoi giusto? Allora facciamola finita una per tutte.»
Diedi un calcio a una metà del vecchio cancello che si staccò dai cardini e cadde a terra con fracasso. Poi entrai come una furia nel cortile degradato, ma del cane nemmeno l’ombra. Urali a squarciagola per richiamarlo, ma niente, sentii solo il silenzio più totale. Immobile, al buio e nel bel mezzo del cortile di quella casa in rovina, non riuscivo a sentire nient’altro che il rumore del mio cuore. Iniziai a perlustrare la zona facendomi luce con il cellullare e tenendo stretto il bastone. Guardai dentro la cuccia: niente. Guardai nel fienile: di nuovo niente. Neanche nella veccia abitazione dei miei vicini non c’era niente. Deluso e arrabbiato mi ripromisi di tornare la sera successiva. Mi stavo già incamminando verso il cancello, quando da un cespuglio di erbacce una macchia scura mi travolse facendomi cadere a terra. Il bastone mi sfuggì di mano e cadde poco lontano. Intontito mi misi a carponi e finalmente lo vidi. Era lì davanti a me che mi abbaiava addosso tutto il suo odio. Mi sollevai in piedi, pronto a battermi, ma mi resi subito conto di aver perso anche il coltello. Venni travolto dal panico come una secchiata di acqua gelida. Il cane mi bloccava l’unica via di uscita da quel cortile così mi voltai e corsi dentro al fienile. Il cane abbaiò selvaggio mentre mi prendeva dietro lungo le scale impolverate di quel vecchio edificio. Arrivai fino in cima al fienile e chiusi la botola che dava sulle scale. Sentii immediatamente il cane graffiare il legno marcio e capii che avevo poco tempo. Cercai come un forsennato qualche probabile arma lì attorno ma non trovai nient’altro che sporcizia. Il cane sfondò un’asse della botola e il suo muso spuntò dal pavimento, frantumandolo ancora di più. Quel fienile si apriva, per tutta la grandezza di una parete, sul cortile interno. Mi sporsi per valutarne l’altezza: erano circa quattro o cinque metri, avrei potuto buttarmi e con un po’ di fortuna non mi sarei rotto niente. Ma la gioia venne presto sostituita dalla disperazione quando notai che sotto di me, c’era una vecchia mietitrebbia con gli aculei arrugginiti. No, non potevo lanciarmi su di essa e sperare di sopravvivere. Ero in trappola.
All’improvviso il cane uscì dal pavimento con fragore di legno spezzato. Sembrava che il mio volergli sfuggire lo rendesse ancora più feroce e determinato, e soltanto a quel punto capii. Gli sorrisi sereno mentre si avventava su di me con le fauci spalancate. Feci due passi indietro, fin sull’orlo del pavimento, chiusi gli occhi e aprii le braccia afferrandolo al volo.
Mentre piombavamo entrambi verso la morte, riaprii gli occhi e, con la massima sorpresa, vidi che fra le mie braccia stavo stringendo nient’altro che aria.
view post Posted: 4/11/2018, 21:40 Skannatoio Novembre-Dicemre 2018 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 2/11/2018, 21:30) 

SCANNATOIO NOVEMBRE-DICEMBRE 2018



Scusatemi per il ritardo, gente, ma ho avuto un po' di impegni. Vedrò di compensare allungando leggermente i tempi per le consegne.

1) Consegna delle opere per le 23:59 di lunedì 3 dicembre 2018.
I brani saranno accettati anche se postati con un massimo di 8 ore di ritardo, ma incorreranno in una penalizzazione di 1 punto per ogni ora. I racconti devono essere pubblicati in questo thread. Provvedete a inserire i titoli insieme al testo del racconto.

2) Consegna dei commenti e relativa classifica per le 23:59 di domenica 16 dicembre 2018.
Leggete il REGOLAMENTO se non avete idea di come si debbano votare i racconti.
3) un massimo di 7 giorni a partire dagli ultimi commenti pubblicati per leggere i commenti e assegnare 1 punto al miglior commento al proprio racconto e 2 punti all’autore della migliore serie di commenti.

Chi salterà anche una sola di queste fasi incorrerà nella sanzioni previste dal REGOLAMENTO.


LE SPECIFICHE

Lunghezza (globale).
Minima: 5.000 caratteri.
Massima: 25.000 caratteri
(spazi inclusi, escluso il titolo ed eventuale liberatoria).Tolleranza 1%. Vale il contatore standard dello Skannatoio (hhttp://dl.dropbox.com/u/826252/contaW.html)
Genere: tutti i sottogeneri del racconto speculativo (fantasy, fantascienza, horror, triller, giallo etc etc etc).

SPECIFICHE:
"LA GATTA FRETTOLOSA...": le scelte del protagonista dovranno essere motivate da un'urgenza, una fretta, un qualcosa che gli darà poco tempo per pensare o pianificare. Potrebbe essere la vittima di un serial killer in fuga; un soldato che deve recapitare un messaggio vitale sotto i bombardamenti; un eroe che deve sconfiggere il cattivo di turno prima che quest'ultimo attivi il meccanismo che distrugge il mondo o semplicemente un marito che deve tornare in fretta a casa perché se arriva prima sua moglie, si accorgerà di tutte le lattine di birra che ha lasciato in salotto la sera prima. L'importante è che abbia una fretta dannata.

"TANTO Và LA GATTA AL LARDO...": nel racconto deve comparire una trappola. Massima libertà su come potrete intenderla: potrebbe essere una tagliola, un'imboscata, una domanda trabocchetto o un qualsivoglia strumento atto ad ingannare qualcuno per danneggiarlo (anche figurativamente). Non è necessario che sia il fulcro della storia, ma deve avere la sua importanza (ex. nell'esempio di prima del serial killer. la vittima lo portebbe spingere con la faccia in una trappola per topi, trovando il tempo di scappare).


LE COCCARDE
Questo mese saranno assegnate 2 coccarde:

"...FECE I FIGLI CIECHI": la fretta del protagonista dovrà avere un esito negativo per qualcun'altro (es. per sfuggire al serial killer, la protagonista si dimentica del suo fidanzato ancora chiuso in auto, che diventerà vittima dell'assassino)

"...CHE CI LASCIA LO ZAMPINO": questa può essere anche alternativa alla precedente: la fretta del protagonista avrà effetti disastrosi per se stesso. Bonus per chi riesce a infilare i quest equazione anche la trappola di cui sopra.

Ricordo ai nuovi arrivati che le "specifiche" delle coccarde NON sono obbligatorie. Se volete guadagnarvi una coccarda, allora inserite nel racconto quello che ci vuole secondo voi per ambirvi, altrimenti non fa niente e potete saltarla, le specifiche obbligatorie sono quelle sopra.

Bene gente. Divertitevi!!

Ciao, parto subito con una domanda: se la fretta che dovrebbe determinare le azioni del mio protagonista fosse l'urgenza di dover tornare a casa dal lavoro sempre prima del tramonto perché è terrorizzato da quello che potrebbe trovare nel buio, si potrebbe considerare rispettata la specifica?
view post Posted: 1/10/2018, 21:53 Scannatoio Settembre - Ottobre 2018 - Lo Skannatoio
Ciao a tutti,
vi chiedo mille volte scusa e in particolare a reiuky perché mi sono completamente dimenticato dello skanna :p095: :p095: in questo periodo sto finendo il trasloco e sono stato preso da mille rotture di c***o

mi farò perdonare in futuro, in bocca al lupo a tutti i partecipanti! :)
view post Posted: 2/9/2018, 21:59 Scannatoio Settembre - Ottobre 2018 - Lo Skannatoio
Ok grazie :) ! confermo la mia iscrizione come primo e il nome che lascio è Obito.
view post Posted: 1/9/2018, 13:53 Scannatoio Settembre - Ottobre 2018 - Lo Skannatoio
Dai mi prenoto io :D
Faccio già subito una domanda per vedere se ho capito, quindi il titolo del mio racconto sarà "Primo bagno"? Se aggiungessi una o due parole è ancora valido, es. "Primo bagno di sangue"?
view post Posted: 21/8/2018, 09:01 Skannatoio Luglio-Agosto 2018 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (reiuky @ 20/8/2018, 23:17) 
LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA di Alexandra Fischer

Non mi sembra che tu abbia rispettato le specifiche: la narrazione è linearissima, cambia solo che il punto di vista si sposta di volta in volta tra tutti i personaggi esistenti. Quanto alla menomazione, sì c'è ma è talmente marginale che non sembra neppure importare.

Per la cronaca: ottimo uso del PoV, che non è più ballerino ma ora è stabile e viene cambiato come si deve.

Per il resto, il racconto pare un capitolo di un'opera molto più ampia. Le descrizioni ci sono ma si capisce poco, forse legato alla difficoltà di descrivere un mostro dal suo punto di vista (che come ti dicevo è usato bene: un mostro non pensa di se che è un mostro)

La storia ha un che di non conclusivo.



IL COMPLESSO DI ROCCO di Garnaros
Ciao Gargaros bentrovata :)

Partiamo dalle specifiche che direi rispettate. Purtroppo non mi piace come hai rispettato la specifica sulla narrativa: i vari salti non sembrano logici e ad ogniuno di essi viene da chiedersi perché raccontarmi quel passaggio, che senso abbia.

Per quanto riguarda le testimonianze, non so: non mi convincono. Le parole del brigadiere e del ragazzo del pronto soccorso non mi paiono adeguate ai ruoli e ai passati che hanno. Il ragazzo del pronto soccorso è (purtroppo) abituato a scene anche peggiori e il brigadiere non credo di soffermi sulle donne che fanno il segno della croce, o faccia incisi come quello sul locale commerciale. Il gergo di un brigadiere dovrebbe essere diverso e la sua attenzione dovrebbe essere più "sul pezzo" rispetto a un tipo che passa per caso di lì. Sul serio: questa specifica ti ha malamente protato fuori strada.

Veniamo alla storia. La storia è la parte carina: il diavolo che non cerca l'anima perché una singola anima non sa che farsene, ma che butta su un piano da buon diavolo per averne a migliaia.
Purtroppo l'esecuzione non mi è piaciuta: a parte gli inserti che servono solo a confondere ed annoiare il lettore (per ogni cosa che racconti negli inserti dai una spiegazione poi, quindi non servono veramente a niente) il diavolo ha veramente alterato troppo la realtà. Secondo me potevi ottenere un risultato più soddisacente mostrando un complesso piano che avrebbe portato il diavolo a doverne usare solo il giusto (alterare la memoria ai familiari e al dottore).

I personaggi mi sono piaciuti. Sono abbastanza generici ma anche abbastanza dettagliati da permetterci di apprezzarli.

All'inizio non si è capito chi stesse narrando. Ho pensato che fosse il solito narratore onniscente finché non ha detto "il ragazzo che ho notato all'inizio". Poi ho cominciato a chiedermi se fosse un maschio o una femmina. Io sono dell'idea che il lettore dovrebbe aver chiaro il prima possibile chi parla. Magari che si tratti di un diavolo può venir fuori dopo.

Un'altra cosa che non ho ben afferrato: il diavolo dice due o tre volte di aver investito molto sul ragazzo (prima dell'uso dei poteri per fare il casino del bar) ma da quello che descrivi pare che lui abbia solo osservato e studiato e neanche tanto bene perché pareva non conoscerlo finché non lo ha visto nel bar (lo si nota da come lo giudica pudico, timido).

Alcune note sul testo:
Ormai in italiano si usa comunemente "transistor". "Transistori" era già vecchio ai tempi di mio padre
Ti faccio notare anche questa frase: "Quello col giornale ora ha ricominciato a sventolare il giornale" andrebbe aggiustata.
"una pozza rossa quasi sferica" forse circolare?




AUTOBUS 51
di Aslan

Ciao Aslan

Interessante uso delle specifiche. Non so se il continuo cambio di pov e di tempo era quello che WP chiedeva, visto che lui specificava qualcosa di originale, ma per me rispettate e ben usate.

Devo dire che anche io ci sono rimasto male che il tutto si sia concluso con "ops è scoppiata una gomma". Una cosa che devi assicurarti è che il lettore lasci il racconto soddisfatto, e questa conclusione mi ha fatto sentire un po' preso in giro. Non voglio dire che sia di per se sbagliata, ma come l'hai messa lo diventa.

Insomma tutto il mistero, manca un proiettile, cucinamelo un po' meglio, non chiudere tutto con "notò che una ruota era più squarciata delle altre". Frase che ti contesto moltossimo: tutti gli pneumatici di un bus sono talmente sotto pressione che quando ne scoppia uno lo spostamento d'aria butta per terra quelli che stanno nei pressi. Tra l'altro "più squarciata" è un po' come dire "Più spenta" o è spenta o non lo è. Non ci sono vie di mezzo.

Per il resto il racconto è giusto: descrizioni vivide e personaggi vivi. Trama semplice ma ben delineata.

Ottimo lavoro.


Quindi ecco la mia classifica

1: AUTOBUS 51 di Aslan
2: IL COMPLESSO DI ROCCO di Garnaros
3: LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA di Alexandra Fischer

CITAZIONE (alsan90 @ 14/8/2018, 09:38) 
ps quando inizia la fase successiva?

Adesso che ho postato anche io i commenti (scusate, me la son presa comoda), si può dare il via alla fase tre.

:)

Ho letto con attenzione i commenti di tutti e vi ringrazio per la premura.

Provvederò a correggere ilracconto seguendo i vostri consigli, anche se non credo lo pubblicherò mai.

Per quanto riguarda i voti ai commenti, 2 Gargaros e 1 Aslan

Per ora buonanotte :)

Ciao!
Grazie del commento, hai ragione il finale fa abbastanza schifo devo rivederlo bene anche se non sarà facile. Giustissimo l’appunto sul “più squarciata” perché me l’ero proprio perso. Grazie per l’incoraggiamento :)

Prima che mi dimentichi ecco la mia classifica dei commenti:
1 Gargaros
2 Reiuky
view post Posted: 14/8/2018, 08:38 Skannatoio Luglio-Agosto 2018 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 13/8/2018, 23:53) 
Buonsalve, buonsalve, gente!
Scusate se non mi sono fatto sentire, ma sono stato in vacanza senza wifi per un paio di settimane, quindi...
Ma veniamo ai commenti

LA GHIANDOLA DEL MALE di Nazareno Marzetti: Non so, Naz, probabilmente sarà stata la fretta ma reputo questo racconto pesantemente al di sotto dei tuoi standard. Non so nemmeno da dove cominciare.
La trama scorre discretamente ma, in fine della fiera, sembra non succedere niente di interessante. Anche il fatto che sia il dottore l'assassino, che dovrebbe essere il colpo di scena più forte, scivola via davvero troppo in fretta e senza nessuna vera preparazione. Insomma, è come se alle nozze rosse il buon Martin avesse dedicato si e no una pagina e mezza, in finale di libro, con tono talmente frettoloso e infastidito da farti pensare che fosse morto Frittella e non Robb Stark.
Stile e struttura sono problematici: potevi scegliere se raccontare la vicenda tramite discorso indiretto (come sarebbe stato più logico per una lettera) o con discorsi indiretti, ma, in pratica, sei rimasto nel mezzo, balzando tra le due opzioni senza soluzione di continuità e senza ragione, rendendo il tutto estremamente confuso.
I dialoghi soffrono dello stesso problema, quindi evito di citarli.
Niente, Naz, stavolta non è andata per niente bene.

La paziente della casa gialla di Alezander Fisher: Ciao, Alex. Non so, temo che mi troverei a ripetere sempre le stesse cose. Insomma, questo racconto è immensamente fuori da qualunque contesto. Come sempre, quello che lasci intendere dell'ambientazione è davvero troppo poco per potergli dare un senso e questo rende confuso tutto ciò che avviene. Dove si trovano i protagonisti? Cosa sono le bocche? Perché la bussola causa dolore alla bocca? Le stesse motivazioni dei personaggi sono caotiche e la storia sembra proseguire più perché deve, che per un vero filo logico. Per favore, Alex, devi sforzarti di contestualizzare meglio le tu storie. Fai accadere meno cose, ma che abbiano più senso e che siano consequenziali. Altrimenti, come sempre, la tua capacità di creare mondi è sprecata.

Il Complesso di Rocco di Gargaros Lo ammetto, Gargaros: era dai tempi dei racconti della mitica Polly e dagli omicidi tramite cunnilingus che non si vedeva un racconto così esplicito. L'idea è interessante ed è ben costuito, con dialoghi che non sono mai eccessivi e una tensione narrativa sempre ben costruita. Giusto due appunti: il passaggio da una testimonianza all'altra ha senso per la specifica, ma forse sarebbe stato meglio trovare un filo conduttore effettivo che spiegasse perché tutte queste fonti diverse sono insieme (insomma, il protagonista non può conoscere il verbale dei Carabinieri... che, detto tra noi, con giusto qualche aggiustatina sarebbe perfetto ;) ;) ). Insomma, pensa a film come "The Bay", in cui tutte le fonti sono messe in fila perché il protagonista vuole mostrare la verità sugli eventi raccontati nella pellicola. E poi, il finale: forse sarebbe stato meglio concludere con la scena all'alba. Tutto quello che viene dopo aggiunge materiale davvero non necessario, soprattutto il racconto alla moglie. Sa tanto di riempitivo posticcio.

AUTOBUS 51 di Alsan90: ciao Alsan. Devo dire, lavoro interessante, che mi fa venir voglia di leggere altri tuoi lavori ;) ;) . Ad ogni modo, giusto un paio di puntualizzazioni: la ferita di Ibrahim sarebbe meglio spostarla da un'altra parte. Un uomo con mezza mano amputata da un fucile non può andare avanti per molto e, soprattutto, sarebbe letteralmente una fontana di sangue. Anche ammettendo di riuscire a fasciarsi con una maglietta strappata (che è ben poco verosimile) sarebbe dolorante, indebolito e non riuscirebbe a nascondere il proprio stato per più di una manciata di secondi in un autobus affollato. Meglio un colpo di striscio, doloroso ma non letale.
Poi, il finale: crei grandi aspettative per tutto il racconto, aspettative che vengono enormemente deluse quando si scopre che tutto quello che stavamo aspettando era... una gomma bucata! Cioè, ci può anche stare, ma non buttarlo via così, come se fosse una cosa senza importanza. è la tua scena madre, il tuo colpo finale: se lo butti via, il tuo racconto perde parecchio mordente.

Ed ecco la graduatoria:

1) Gargaros
2)Alsan
3) Reiuky
4) Shanda

A presto!

Ciao! sì lo so ho inserito alcune cose poco verosimili (per mancanza di tempo). mi piaceva l'idea di una trama confusa e che non si capisse fino all'ultimo il motivo dell'incidente, portare il lettore su diverse piste, tutte sbagliate, per poi sbattere in faccia la vera motivazione. Devo rivederlo bene però hai perfettamente ragione, il finale è importante. Grazie per il commento :D

ps quando inizia la fase successiva?
view post Posted: 9/8/2018, 09:31 Skannatoio Luglio-Agosto 2018 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (shanda06 @ 7/8/2018, 20:02) 
Ciao Alsan90, grazie del commento. Sono contenta che tu abbia trovato un miglioramento nella gestione del "mostra, non dire". Per quanto riguarda la trama confusionaria, eh, sì. devo imparare a starci attenta, asciugando soprattutto la narrazione. Grazie per il consiglio sulle bocche. Le renderò meno classicheggianti quanto riprenderò in mano il racconto.

Ricordati solo che il lettore non ha la visione chiara della storia che hai tu, concentrati sui punti essenziali da comunicargli e che gli permettano di capire (esistono diversi metodi tutti rintracciabili nei libri). Per il resto continua a coltivare la tua fantasia è un grande dono :)
view post Posted: 7/8/2018, 18:00 Skannatoio Luglio-Agosto 2018 - Lo Skannatoio
Ciao a tutti, di seguito lascio i miei commenti sui testi in gara e la relativa classifica.

LA GHIANDOLA DEL MALE
Il titolo mi piace un sacco, rende molto bene l’idea che il male è qualcosa di viscido e ripugnante come un liquido che secerne una ghiandola. Inoltre è coerente con il racconto in quanto all’inizio il dottore parla di una ghiandola del male che tutti gli esseri umani possono avere nel cervello (compreso il narratore come si scoprirà alla fine). La lettura è stata scorrevole, mi piace il tuo stile asciutto ed essenziale, verso la fine stavo per rimanere un po’ deluso ma con il colpo di scena nelle ultime cinque parole mi hai fatto sobbalzare! Ottimo lavoro, colpo di scena perfettamente riuscito. Ci sta il linguaggio aulico del narratore dato che siamo a metà ottocento e lui è un dottore. Coerente anche l’idea di strutturare il racconto come una lettera scritta dal narratore. Fin da subito si sente quell’alone di “mistero” che genera curiosità nel lettore e che ti invoglia ad andare avanti con la lettura (è uno confronto tra dottori, forse psichiatri quindi si capisce subito che si parlerà di un paziente con problemi psichici, il che incuriosisce subito). Le specifiche mi sembrano tutte rispettate.
Ora, detto quello che mi è piaciuto, riporto nell’ordine in cui li ho trovati quello che cambierei (perché mi sembra che strida o sia fuori luogo) e/o eventuali refusi:
- “del nuovo sole la stesura di questa lettera”;
- “e inizio a vergare il foglio”;
- “Essa ha inizio la scorsa settimana”;
- Ho avuto un po’ di difficoltà a capire i dialoghi, cioè chi si rivolge/parla con chi, secondo me un uso più preciso dei caporali o delle virgolette può facilitare la vita al lettore, io metterei sempre uno dei due per distinguere le battute in un dialogo, es. i caporali quando il dottore parla con la moglie e le virgolette quando lei parla con Phineas;
- “L’ha picchiata? Le ho chiesto, interrompendo il suo racconto.” Secondo me è superfluo è ovvio che lo ha chiesto e che ha interrotto il suo racconto (show don’t tell)
- “I lavori procedevano lentamente e per questo il capo cantiere, il signor Thrope, un omone poco raccomandabile glielo assicuro.” Rileggila perché forse non l’hai terminata correttamente;
- “Distraevo gli uomini diceva. Dicevo,” ripetizione;
- “calci le cose nel mio studio. Con fatica riuscì a portarlo fuori dal mio studio.” ripetizione;
- “Da solo e urlante che prendeva a” secondo me è meglio: “Era da solo, urlava e prendeva a calci…”;
- “Aprì la calotta cranica senza problemi e riuscì” è corretto aprii e riuscii.
Ps non sapevo che fosse una storia vera quella di Phineas

LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA
Lo hai già dimostrato con il precedente skanna, per sviluppare una storia del genere in così poco tempo devi avere un enorme immaginazione, complimenti! Non è una cosa comune secondo me trovare persone con così tanta fantasia. È un dono che però, secondo me, devi ancora imparare a gestire. L’immaginazione è come un drago, se non impari a dominarlo, molto spesso creerà scompiglio e confusione in quello che scrivi. Se invece imparerai a sfruttarlo come Daenerys, la tua scrittura migliorerà notevolmente. Quello che intendo con questa bizzarra metafora è che devi ricordarti che tu hai tutto ben chiaro in testa, ma il lettore no. Devi fornirgli poche informazioni (altrimenti si annoia) ma essenziali, che gli permettano di capire quello che vuoi raccontare (mi rendo conto che non è facile soprattutto con queste specifiche). Rispetto al racconto dell’altro skanna ho notato un miglioramento nella narrazione e nello stile (molto più show e meno tell per intenderci), è meno pesante e arzigogolata, anche se un po’ confusionaria per il motivo che ho sopra descritto. Per il resto la storia mi è piaciuta, anche qui potrebbe essere uno spunto per un racconto più ampio (le bocche mi sembrano un po’ Scilla e Cariddi, occhio a non renderle troppo simili). Le specifiche mi sembrano tutte rispettate (anche la coccarda del “patto con il diavolo”).

IL COMPLESSO DI ROCCO
Hai espresso lo stile migliore in questo skanna, mi piace un sacco questo narratore cinico in prima persona singolare proveniente dall’inferno, l’hai tratteggiato davvero bene. Inoltre il tempo al presente è un casino da usare, ne so qualcosa, ma tu lo sai gestire bene. Hai rispettato le specifiche in modo magistrale e non era per nulla facile, anzi credo che la coccarda “patto con il diavolo” sia tua di diritto. Questa volta ho notato un grosso miglioramento nella trama rispetto all’altro skanna, meglio congeniata e meglio costruita, anche dal punto di vista del “montaggio” dei punti di vista, il loro alternarsi a spiegare gli eventi hanno mantenuto l’interesse alto nella lettura nonostante la lunghezza. Tanto quanto mi sono annoiato nel precedente skanna tanto ora sono rimasto incollato al racconto. Inoltre è difficile parlare di sesso e violenza in questo modo senza sconfinare nello splatter eccessivo, è un genere complicato da affrontare. Nonostante tutte queste difficoltà sei riuscito a tirare fuori qualcosa che mi è piaciuto (sì, sono malato lo so).
Di seguito alcune correzioni ai relativi refusi:
- “non ha granché di attrattive”;
- Davvero troppi, troppi puntini di sospensione, appesantiscono un sacco la lettura, da mettere con il contagocce come gli avverbi;
- “ una musica preistorica”;
- “di una sensualità attraente”
- “Ma al bloccarsi dei tre”
- “E schiocco le dita”
- “macchiando l’intero pavimento della sala”
- “mi capitava davanti”
- “il primo prelievo”
- “non ci deluderà”

Riassumendo la mia classifica, anche sta volta non facile, è la seguente:
1) IL COMPLESSO DI ROCCO
2) LA GHIANDOLA DEL MALE
3) LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA
23 replies since 6/10/2015