Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Posts written by GDN76

view post Posted: 30/6/2016, 22:37 Skannatoio SPECIALE #9, Giugno 2016 - Lo Skannatoio
Chiedo scusa se alcuni commenti sono stringati e sembrano superficiali, ma il tempo è tiranno. Ringrazio tutti voi per aver speso del tempo prezioso per aver letto e valutato la mia storia. Spero, nelle mie valutazioni, di aver detto qualche cosa di vostro interesse, in ogni caso, non prendetemi troppo sul serio. Alla prossima.

Recuperi di alessandra Fisher

Ciao Shanda e ben ritrovata.

La storia lascia aperta un'infinità di possibili sviluppi. Quindi questo, se da una parte soddisfa le specifiche, dall'altra rende difficile, se non impossibile, valutare la validità della storia che così com'è ha il sapore di un incipit. Vorrei leggere un eventuale seguito? Penso di si, quell'uomo dai bracciali di corazze scorpioniche, mi incuriosisce. Il tuo stile mi ricorda i libri per ragazzi dei Piccoli brividi. Gli aracnidi ci sono quindi bene anche questo.

Secondo me, dovresti alleggerire un po' le descrizioni. Almeno per quanto riguarda i personaggi:
Partire con l'uomo dai bracciali di corazze scorpioniche e zampe di ragno mi sembra un po' macchinoso. Almeno zampe di ragno lo avrei tolto o inserito dopo in una descrizione più dinamica della scena.

Quando l'uomo prende in mano la scatolina, non si capisce da dove venga fuori. Se dici sulla, suppongo che l'abbia portata il ragno in caso contrario penso che dovresti scrivere su una generica perchè prima nella scena non era presente.

Il tocco della mano dell'uomo lo fece trasalire perchè aveva percepito la quantità di veleno nel corpo di lui. -- Chi aveva percepito la quantità di veleno? Secondo me questa frase andrebbe rivista e resa più fluida e chiara.

Mi è piaciuta molto l'immagine dell'escavatore che asporta il parco giochi e ricordi di infanzia per fare largo all'urbanizazione.

Mi è piaciuta meno la poca chiarezza che pervade alcuni punti del racconto.

Non è che un braccialetto di Atacamal


il racconto è scritto bene. Unica pecca è che in alcuni punti è troppo raccontato. Secondo me le parti descrittive che raccontano la vita passata della protagonista risultano un po' indigeste. Questo perchè, di fatto, non succede nulla. La narrazione procede lineare senza colpi di scena. Forse avresti potuto sfruttare meglio la casa abbandonata trovata nel bosco invece se ne vanno come se niente fosse, scoprendo solo un calendario.

Le specifiche, secondo me, sono rispettate a metà. Non vedo possibili sviluppi per un sequel. Ok, dovrebbe riapparire il braccialetto, però, mi sembra un po' poco. La storia si conclude e basta.
Le battute di dialogo, parlo della conversazione telefonica, mi sembrano un po' troppo lunghe. Avrei giocato anche in questo caso di più sull'ambiguità di Matteo.
Insomma, scritto bene ma manca un po' di vivacità. Succede poco.

Il bambino apre la porta di una casa che non si è mai vista. Secondo me è sbagliato dire subito che è della cucina. Errore di punto di vista. Che è della cucina lo scopre dopo esserci entrato.

Convinse i ragazzi ad andarsene e poi a fatica ritrovano la strada per rientrare. Poco chiaro.

Prima di iniziare con la scena di lei che si ritrova in camera sua nella casa dove è nata, metterei tre asterischi, oppure dividerei in modo più netto il passaggio. Altrimenti dopo che dici che hanno ritrovato la strad per rientrare, penso che mi trovo nella casa abbandonata.

Ombre di CMT

Racconto scritto molto bene e dinamico. Come piace a me. La storia intriga e si legge fino alla fine tutto di un fiato. Vorrei leggerne il sequel? Si con molto piacere. Specifiche centrate. L'acciarino è presente però... c'è un però:

Ma se hanno un flaccone per liquido per accendini e lei fuma, possibile che non abbiano un accendino? Perchè non lo ricaricano e accendono la torcia con quello? Perchè devono per forza usare l'acciarino?

A parte questo ben trovato e complimenti per la prova.

Scoria di White pretorian

Ciao White,
Racconto molto bello anche il tuo. Ho pochi appunti da farti. Ci sono alcuni errori di battitura che con un attenta rilettura, sicuramente riuscirai a correggere. Il racconto si legge fino alla fine tutto in un fiato. Forse la ruggine è poco presente, ma la specifica se non erro parlava solo di ruggine. Comunque ho voglia di leggere un sequel? La risposta è sì. Ci sono tutti i presupposti per continuare la storia.

La radice della vita di Laura Palmoni


Ciao,
Il racconto è scritto bene. Forse l'inizio è poco fluido e macchinoso. Poi quando comincia la ricerca della radice si legge volentieri anche se la trama si dipana in modo un po' troppo lineare e non ha particolari slanci. Mi spiego. I personaggi che il protagonista incontra lungo il suo cammino, sembrano un po' tropo buoni, di fatto la radice si fa trovare e basta. Bello il finale e struggente. Rimane il dubbio sul come sia finito il protagonista in quel mondo. Se si ritrova la radice in tasca, si suppone che non sia stato soltanto un sogno. La resurrezione presunta o reale c'è, quindi specifica rispetatta. Non trovo rispettata l'altra specifica. Il racconto si conclude, ma non lascia spazio o presupposti per un sequel. In ogni caso bella prova. In conclusione, forse la parte iniziale da rivedere.

The end di kaipirissima

Ciao Kaipi e ben trovata. Il tuo lavoro mi è piaciuto per la poesia che ne traspare. Molto bella la parte del pastore che parla alla luna. Io adoro la luna. In ogni caso, più che un racconto mi sembra un insieme di pezzi di poesie uniti insieme. Tante scene che non sono riuscito a capire dove vadano a collegarsi per amalgamarsi nella storia. Un seguito non si presagisce e tantomeno non riesco a trovare la comunità che sparisce in un lasso di tempo brevissimo. Forse è un limite solo mio e la stanchezza ormai, di questa giornata, la fa da padrona. Ma non trovo le specifiche. Mi dispiace. Però sono contento che sei tornata a scrivere. Alla prossima. Cercherò di rileggere con calma il tuo racconto per carpire ciò che mi sfugge.

Dritta alla meta di Peppino

Ciao Peppino e ben trovato. Penso che il tuo racconto abbia lo stesso problema del mio. Il tempo è tiranno e la fretta non permette di sviluppare tutto quello che si ha nella mente. Mi sembra che al'inizio tu abbia avuto le idee più chiare e poi la tua storia, forse per mancanza di tempo, si sia evoluta in un raccontato con scene sempre più brevi. Il risultato è un qualche cosa che procede in modo troppo veloce e si interrompe in modo confuso. Peccato perchè sviluppando i punti che risultano solo accennati, secondo me verebbe fuori una bella storia. Tipo manga. Visto i prodigi della protagonista e del sicario nipponico. Che dire? Mi sembra un racconto che ha bisogno di essere ampliato. Più che altro è una bozza dell'idea che hai avuto. Le premesse per un seguito ci sono. Forse un po' meno presente il codice morale della protagonista. Ok usa gli uomini ma il motivo ricorrente è il bacio sulle labbra. È il secondo racconto in cui ritrovo la parola Belluino. Appena finisco i commenti vado a cercare cosa vuole dire. XD. PS: non mollare, anche io non scrivevo da molto tempo. (un anno e qualche settimana). Alla prossima.

La grande guerra Incantatore incompleto

Racconto breve ma scritto molto bene. Entrambe le specifiche risultano rispettate. Devo dire che mi è piaciuto molto. Non ho molto da aggiungere. Il posto in classifica che gli ho attribuito è solo perchè gli altri racconti, rispetto al tuo, hanno messo più carne al fuoco. Comunque bella prova, complimenti e ben trovato.

Una mano lava l'altra di Nazzareno Marzetti

Ciao e ben trovato. Il racconto mi piace come ritmo. Parte bene introducendo i personaggi e poi entra nel vivo dell'azione che rendi bene aumentando la velocità di narrazione. Ci sono un po' di errori qua e la che con una rilettura approfondita puoi sicuramente correggere da solo, per tutto il resto c'è CMT. Unico appunto è il folletto. Mi era sembrato di capire, all'inizio, che fosse un ologramma, mentre poi è capace di manipolare oggetti e cose del genere. Forse ho capito male io.
Complimenti per aver rispettato una specifica veramente tosta. Vorrei leggere un sequel? Sì. Specifiche rispettate. Alla prossima.


La mia classifica.

1)Scoria di White pretorian
2)Una mano lava l'altra di Nazzareno Marzetti
3)Ombre di CMT
4)La grande guerra Incantatore incompleto
5)Recuperi di alessandra Fisher
6)La radice della vita di Laura Palmoni
7)Non è che un braccialetto di Atacamal
8)The end di kaipirissima
9)Dritta alla meta di Peppino
view post Posted: 12/6/2016, 23:28 Skannatoio SPECIALE #9, Giugno 2016 - Lo Skannatoio
Vuoto di memoria

GND76 dovrà inserire e dargli importanza per la scena in cui compare un automa in grado di suonare uno strumento.

13680 s.i.

Odio i matrimoni. Odio quella finta aria di festa e voglia di divertirsi che permea l'area. Un' accozzaglia di persone riunite insieme la maggior parte delle volte senza conoscersi o quasi.
Mi chiedo quanti dei presenti sono qui realmente per gli sposi oppure solo per sbafare e bere fino a star male. Se mai dovessi sposarmi, nella remota possibilità che ciò accadesse, lo farei in spiaggia e obbligherei gli invitati a venire in costume da bagno. Ovvio che lo organizzerei d'estate e non al lago e lo farei con una pazza che condivide la mia idea della vita. Odio questi vestiti, queste scarpe nuove che mi stringono i piedi. Non vedo l'ora che questa giornata di merda finisca. Voglio tornarmene a casa. Sto impazzendo. Prendo il menù tra le mani. Per fortuna siamo quasi alla fine. La penultima riga della lista dice “dolci e frutta di stagione”. Guardo verso il tavolo degli sposi.
Marco ha la testa chinata. La faccia sfiora il piatto davanti a lui. Nella mano destra stringe un bicchiere pieno di vino rosso. I capelli radi testimoniano il tempo passato e la lontananza di quegli anni fatti di spensieratezza. Lui è l'unico che mi è stato vicino dopo l'incidente. Mai avrei pensato che alla fine si sarebbe sposato. Nemmeno lui lo pensava, entrambi odiavamo i matrimoni. Nonostante l'amicizia profonda che ci lega da tempo non volevo venire. “Ho invitato un po' di persone della vecchia guardia” mi ha detto “potresti trovare qualcuno che ti aiuti a ricordare”. Alla fine mi ha convinto. Sono quindici anni che cerco di capire che cosa mi è successo quel giorno. La donna alla sua sinistra guarda verso la sala con espressione soddisfatta, si alza in piedi e solleva un calice. Aspetta qualche istante senza dire niente e, quando si accorge di aver attirato la giusta dose di sguardi, sorride e butta giù il contenuto del bicchiere tutto di un fiato. Abbassa il braccio di scatto. Il generoso seno, coperto a malapena dal vestito che avvolge le sue forme scendendo stretto e attillato, ballonzola quasi volesse uscire.
Gli invitati dei tavoli più vicini urlano e applaudono e bevono. Marco è ancora immobile, forse si è addormentato ubriaco. A nessuno importa. Il giubilo si diffonde trasformando il brusio del resto della sala in altre urla di gioia e applausi. La bocca di lei si trasforma in un ghigno di trionfo.
«Mi chiedo se c'è dell'altro in lei oltre quelle tette.» Una gomitata nelle costole mi ridesta dai miei pensieri. Mi rendo conto solo adesso di aver pensato ad alta voce.
Il mio vicino di tavolo mi guarda con occhi vitrei incastonati in una faccia da tonto. Le spesse lenti degli occhiali di certo non aiutano a farlo sembrare più intelligente.
La bocca spalancata mostra denti giallognoli contornati da tracce di spinaci.
Prende il mio bicchiere e lo riempe di vino fino all'orlo rovesciando parte del contenuto sulla tovaglia.
«Eh cavo mio, hai visto che voba?» dice osservando il vuoto che ci separa. La puzza di alcol mi travolge. «Tiva più un pelo di fica di un cavvo di buoi.»
Quelle parole arrivate all'improvviso nella loro schiettezza mi fanno ridere. Avvicino il bicchiere al suo per brindare. Lui fa altrettanto ma prende male le misure e lo scontro genera uno zunami di vino che schizza un po' ovunque. Ad avere la peggio sono la mia camicia e i pantaloni del vestito. Lui mi fissa e scoppia in una risata grassa. Puzzerò come una distilleria per tutta la sera.
Sto per rispondere qualche cosa a faccia di cazzo quando il brusio della sala si smorza d'improvviso. Qualcuno sta richiamando l'attenzione dei presenti battendo un coltello sul fondo di un vassoio usato come gong improvvisato.
«Silenzio.» urla. «Per favore fate silenzio.».
Marco, ora, è in piedi davanti al tavolo nuziale, il fratello Nicola lo aiuta a stare in piedi tenendolo da sotto un braccio. Ginevra è al suo fianco che aspetta e si passa le mani sul vestito per lisciarlo. Ora il silenzio è totale. Tutti gli sguardi sono rivolti verso il fondo della sala. Verso gli sposi.
Un cameriere si avvicina alla coppia portando un microfono. Ginevra lo prende e ci picchietta sopra l'indice. Il ticchettio dei colpi rimbomba per tutta la sala. Fa un profondo respiro e poi comincia a parlare:
«Inanzi tutto grazie per esservi uniti a noi in questo giorno di festa.» Si ferma in una pausa studiata a tavolino. Qualcuno dei presenti accenna a un applauso. Brusio. Lei alza una mano zittendo la platea. «Vi ringrazio anche da parte di mio marito che al momento un po' indisposto.» Lo dice con un tono che lascia intendere disprezzo. Indica Marco che sta ciondolando la testa cercando di assecondare i movimenti rotatori del mondo intorno a lui. Adesso sono in due a reggerlo. «Sei un grande Marco.» qualcuno urla. Risatine si diffondono. Questa volta Ginevra riprende a parlare subito senza ulteriori pause. «Il ricevimento prosegue nella sala superiore. Ci sarà il taglio della torta e dolci e frutta a boufet.»
Tutti si alzano insieme. Il rumore delle sedie che strisciano sul pavimento è fastidioso. Mi giro per prendere la giacca e con la coda dell'occhio vedo faccia di cazzo tentare di alzarsi, barcollare, muovere passi incerti e poi cadere in terra con un tonfo. Ognuno ha quello che si merita. Dentro di me mi godo il momento come un bambino. Mi chino verso di lui e gli porgo una mano. «Va tutto bene?» trattengo a stento una risata malefica.
In risposta lui apre gli occhi e annuisce. Lo aiuto a rialzarsi.
Accade tutto in un attimo. Lo vedo tossire, allungarsi verso di me, appoggiarsi alle mie spalle e vomitarmi un liquido rosso su pantaloni e scarpe.
«Scusa amico, non volevo.» Mi dice premendosi con l'indice gli occhiali sul naso.
Sento la faccia infuocarsi. «Vaffanculo coglione.» Gli grido. Mi allontano alla ricerca di un bagno.
La mia pazienta è ormai giunta al limite del tollerabile.

La sala ormai è quasi vuota. Dalla grande vetrata che da sull'esterno vedo che sono tutti riuniti sulla terrazza vicino alla piscina. Non lo so che cosa stanno facendo. Un po' la cosa mi turba. Avevo capito che il ricevimento continuava nella sala superiore. Evidentemente questa è una delle ennesime stravaganze inventate da Ginevra. Non mi importa devo assolutamente darmi una ripulita.
Fermo un cameriere intento a raccogliere i piatti da un tavolo. È un uomo sulla cinquantina. Alto e magro. Dalle movenze eleganti e raffinate.
«Scusa, potresti indicarmi cortesemente il bagno.»
Lui interrompe quello che sta facendo e si gira verso di me. Nel vedermi mi squadra da testa a piedi.
La sua espressione di disgusto mi fa capire che la situazione è peggiore di quello che credevo. Arriccia il naso e poi mi risponde in tono molto educato.
«Vada all'esterno e giri a destra. Seconda porta a destra. Quella prima delle scale. Non può sbagliare»
Non ho il tempo di ringraziarlo che lui ha già ripreso il suo lavoro.

Mi accodo a gli ultimi invitati che si apprestano a uscire. Spero di non essere notato e riuscire a defilarmi. È semplice, uscito dalla porta subito a destra. Guardo a terra cercando di passare inosservato. La strada è libera. Sono quasi giunto alla meta quando qualcuno mi afferra la mano.
No cazzo, non proprio adesso. Mi ritrovo davanti una ragazza bionda. I capelli raccolti in due code laterali le accarezzano i lati del volto cadendo sui seni. I luminosi occhi verdi mi ricordano qualche cosa. Ma non so cosa. Indossa un vestito azzurro che arriva fino a poco sotto il ginocchio. Il colore chiaro contrasta in modo netto con la carnagione abbronzata.
«Tieni.» mi dice porgendomi qualche cosa. Io guardo e non capisco. Alla penombra delle luci soffuse non vedo niente nelle sue mani. Alzo le spalle.
«Hai sempre voglia di scherzare, come allora.» Tira uno spago e vedo che all'altra estremità fluttua un palloncino bianco con all'interno dei led luminosi che si alternano in colori differenti. Lei mi conosce. Io non so nemmeno chi sia. Probabilmente anche lei fa parte di quei ricordi persi con il trauma.
«Ti ringrazio.» Prendo l'inaspettato dono e mi perdo nei suoi occhi.«Ma cosa dovrei farci con questo?»
«Non ti ricordi di me vero?»
«No, mi dispiace sai...» Non trovo parole adeguate al momento.
«Mi chiamo Lucia.»
Faccio per rispondere qualche cosa ma lei premendomi l'indice contro le labbra mi ammutolisce. Avvicina la faccia alla mia e l'allontana di scatto. Un brivido mi attraversa dalla testa ai piedi.
«Vieni, abbiamo tutta la notte per parlare. Adesso vieni, manca poco.»
«Cos'altro si sono inventati?»
«Vedrai ti piacerà» Mi prende per mano e ci perdiamo in mezzo a gli altri invitati.
«Tre… Due… Uno… viaaaa»
i palloncini lasciati liberi cominciano a salire tutti insieme. Colorando il cielo mescolati in una danza eterea. L'effetto che creano è meraviglioso. Non riesco a smettere di seguire quel volo scomposto. Per un istante cerco la complicità della ragazza che mi ha accompagnato. La trovo ferma che mi sta fissando. Ci guardiamo senza dire niente. Il mondo intorno a noi scompare.
«Perché non ce ne andiamo?» Dice lei.
«Sei matta? Vuoi perderti il dolce?» Le rispondo.
«Non sei cambiato per niente.»
«Parli di qualche cosa che non ricordo.»
«Sono venuta qui solo nella speranza di rivederti. Tutto il resto non conta.»
«Dove vorresti andare?»
«Portami a sognare dove nascono le stelle...»
Quelle parole mi colpiscono come un pugno. Sento qualche cosa penetrarmi il cervello. Il dolore è insopportabile. Vedo me stesso che chino scrivo su dei fogli alla luce di una candela.
«Scusami non volevo.» Lei mi accarezza la guancia con fare materno. Mi calmo. Il dolore si affievolisce fino a scomparire.
«Scusami tu, succede sempre così quando cerco di ricordare. È come se qualche cosa esplodesse nella mia testa. Tu non potevi saperlo.»
Lei non risponde.
«Le ho scritte per te queste parole?»
«No.»
«e per chi allora?»
«Sei sicuro di volerlo sapere?»
«Sì»
«Prima rispondi a una domanda però.»
«Va bene, spara.»
«Lo sai come si fa a far star zitto un uomo che parla troppo?»
«Cosa centra adesso questo?»
Lei sorride e mi bacia rispondendo in un colpo solo ad entrambe le domande.
Decidiamo di andarcene senza salutare nessuno.
All'unica uscita che porta al parcheggio, un cameriere ci attende. Dietro di lui, sopra un tavolo sono accatastate in modo ordinato tante scatole bianche.
Gli diamo i nostri nominativi e lui, dopo averli accuratamente cancellati da una lista, ci consegna quelle che quasi sicuramente sono le bomboniere. Ringraziamo e ce ne andiamo.
Io e Lucia ridiamo e cominciamo a correre. Incredibile, Ginevra ha previsto proprio tutto: anche che qualcuno se ne andasse in anticipo. Facciamo l'amore nel parcheggio. Forse aveva previsto anche questo perché le luci sono tutte spente.

***

«Che cazzo è 'sta roba?» Grida Lucia scoppiando a ridere.
«E che ne so? Sembrano dei musicisti in miniatura.»
«Grazie, quello l'ho capito.»
«Allora?»
«Insomma, conoscendo Ginevra, 'sti cosi serviranno a qualche cosa.»
«Magari li ha scelti Marco e sono dei semplici soprammobili.»
«Uhm, ne dubito.»
«Non vedo qual'è il problema.»
«Nessun problema. Vuoi fare a cambio con il mio?»
«Non ti piace quello che suona la tromba?»
«Mi piace di più quello che suona l'arpa.»
«Va bene.»
Facciamo la doccia e poi andiamo a letto. Facciamo l'amore un'altra volta prima di addormentarci.

Vengo svegliato in piena notte da un suono assordante che proviene dal salotto. Sento accanto a me Lucia che russa, sembra non essersi accorta di niente. Forse sto ancora sognando eppure il dolore è reale. Nella testa è come se mille trapani mi stessero trapanando il cervello. Rivedo faccia di cazzo che cade, si rialza e poi mi vomita addosso. L'immagine svanisce quasi subito. Poi mi vedo per un attimo mentre corro in un sentiero pieno di pozzanghere. Cerco l'accensione della luce ma non la trovo deve essere da qualche parte tra i cespugli. Riesco a sentire il rumore dei miei passi sull'acqua, La pioggia che mi batte sulla faccia. Scendo dal letto e scalzo mi avvio al buio verso il salotto. Non lo vedo ma so che deve essere li da qualche parte. Affido il mio destino a movimenti meccanici ripetuti quasi ogni notte. La musica continua incessante. Il mio piede destro colpisce qualche cosa di duro. Il dolore aggiunto a quello già esistente è così forte che mi fa ritornare alla realtà. Soffoco un urlo in gola. Finalmente a tentoni trovo quella stracazzo di luce, l'accendo e li vedo.
Senza motivo apparente i due musici hanno preso vita cominciando a muoversi e suonare. Sono incredibili, sembrano vivi. Zoppico verso di loro. Deve essere uno scherzo, di cattivo gusto per giunta. Afferro quello che suona la tromba e lo scaglio con tutte le forze contro il muro. Questo esplode letteralmente in mille pezzi producendo un piccolo boato. Nello stesso istante cala il silenzio nella stanza. Poco dopo, svegliata dal rumore arriva anche Lucia.
«Che succede?» Mi domanda stropicciandosi gli occhi con le mani.
Terrorizzato allungo la mano per prendere anche il suonatore di arpa e darle una spiegazione. Non ne ho il tempo. Il ventre di questo si apre e ne vedo fuoriuscire una creaturina minuscola. Guardandolo meglio sembra che impugni una pistola.
«Insomma, mi vuoi dire che succede?» Marta non si è accorta di niente. Forse è davvero solo un'allucinazione.
La creaturina fa fuoco e un sottilissimo, quasi invisibile, raggio viola mi colpisce in pieno petto.
Poi il buio e il dolore avvolgono qualsiasi cosa. La voce di Lucia si fa sempre più lontana. Scariche elettriche mi attraversano la testa.

Mi risveglio nel letto di un ospedale. Accanto a me c'è Lucia che dorme appoggiata alle mie gambe.
La guardo e sorrido. L'idea di quello che ci attende ha un retrogusto amaro. Però ora ricordo tutto di quell'estate del 1990 e dell'incidente. Il problema, ora, è trovare qualcuno che creda alla mia storia.
view post Posted: 23/5/2016, 13:57 Skannatoio SPECIALE #9, Giugno 2016 - Lo Skannatoio
Visto che sono molto arrugginito. La mia specifica riguarda la ruggine. La ruggine deve essere importante nell'ambientazione del racconto.

Il racconto del mese scorso cerco di sistemarlo per il posso Usam:non ci avevo pensato. Grazie.
view post Posted: 23/5/2016, 10:50 Skannatoio SPECIALE #9, Giugno 2016 - Lo Skannatoio
Sfido White prteorian. La specifica quando devo darla?

Ps. Chiedo scusa per lo scorso skannatoio il racconto era quasi pronto ma... inutili scuse.

view post Posted: 1/8/2015, 22:54 Skannatoio SPECIALE#7, giugno 2015 - Lo Skannatoio
Letizia e Luca di Callagan
Pensa che la prima parte del mio racconto, l'ho scritta standomene seduto a bordo di un'ambulanza. Servizio d'ordine alla festa del patrono del paese in cui abito. In sottofondo la musica di una cover band dei pink floyd. Diciamo che coniosco bene cosa significa fare il soccorritore e che in tutto quello che hai scritto ho visto poca verosomiglianza. Al riguardo alcune note. Mi sembra che per fare l'autista devi avere almeno 21 anni e la patente da almeno due. In italia ci sono pochi soldi per la sanità e su un'ambulanza, se sei fortunato ci trovi un infermiere e alcuni volontari. Due medici e fantascienza. Il medico lo trovi in un MSA mezzo di soccorso avanzato che di solito è un'auto medica e non un ambulanza; però mi sono capitate ambulanze con due infermieri, di solito uno è un tirocinante/affiancato che deve imparare le malizie del mestiere: da noi a brescia mi sembra sia una subaru. MSI è mezzo di soccorso infermierizzato o intermedio. Quello che guido o uso io è MSB mezzo di soccorso base. Per esperienza, ti dico che l'emozione che provi per il dolore e quello che vedi durante un intervento, ti prende male solo le prime volte. Poi, diventa il tuo mondo ordinario. Il sangue, ferite che fanno intravedere l'osso, vomito, merda spalmata sui muri, non ti toccano. Almeno consciamente. Insomma, continua a colpirti, ma riesci, devi, mantenere un distacco necessario per operare al meglio e allo stesso tempo non impazzire. Il comportamento del tuo protagonista/autista lo condivido nelle imprecazioni al volante (anche a me stanno sulle palle gli stronzi al telefono che non danno strada anche se ci sono quelli che si spaventano e semplicemente non sanno dove andare) ma non nell'attaccamento che dimostra per un'estranea. Mi è capitato di soccorrere ragazzi giovani in coma etilico o strafatti. In bilico tra la vita e la morte. Ti assicuro che mentre cerchi di volare per arrivare all'ospedale, non pensi a come sta il paziente, ma a pestare duro cercando di non uccidere te e l'equipaggio e il paziente. Sei in uno stato mentale che lascia spazio a una sola parola: Vai. Tutto il resto smette di esistere.
Altra cosa. Se, al cambio turno, qualcuno ritarda. Il servizio non rimane assolutamente scoperto. Serve un'autista, si ferma quello del turno precedente. Se arriva la chiamata, cosa fai? L'ambulanza non parte? Il paziente muore? Dalla chiamata all'uscita dell'ambulanza, ti danno circa 170secondi (se sfori dalla centrale ti rompono il culo: loro ti vedono a monitor con il gps) 5 minuti max per arrivare sul posto in caso di codice giallo/rosso altrimenti, vedi sopra. La chiamata non può essere disturbata perchè ti arriva tramite linea interna direttamente dalla centrale operativa.

Scrigno dei Titani - Katrak di Ikarian.
Come per i tre racconti dei turni precedenti, alla base del racconto c'è una bella ambientazione. Ho capito gli eventi ma ho fatto veramente fatica ad arrivare alla fine. Il problema è la forma che non è delle migliori. È macchinosa e confusa. Dovresti eliminare d eufoniche e avverbi in mente. Dal punto di vista della trama, il racconto parte bene. La fuga e l'iseguimento danno movimento. Mi piace l'azione. Qundi da questo punto di vista bene. Penso che una rilettura avrebbe giovato in modo notevole. Poco tempo e caldo sono stati devastanti anche per me.

PS. Gli altri concorrenti ti hanno detto di cambiare il font del carattere. Non ascoltarli, loro non sanno cosa dicono. Forse è un pochino difficoltoso da leggere, ma non eccessivamente fastidioso. A tal proposito, per agevolare la comprensione, ti consiglierei di dare al tutto una colorata di rosso o, meglio ancora, di giallo.

A volte ritorna di White Pretorian.

Il racconto mi è piaciuto. La parte che mi ha convinto di meno è il dialogo iniziale che risulta poco naturale, al limite del comico (vedi lo studio mezzocannone). Forse è voluto ma mi sembra un po' esagerato.

Non c'è cacciatore senza preda di Ceranu

Secondo me, il racconto, nella prima parte, è credibile e scorre bene. Nella seconda parte poi si perde e perde il suo fascino. Non mi è piaciuta l'entrata in scena del fratello della protagonista e sopratutto il suo modo di fare. Forse dovresti rendere più chiaro il contasto in cui si svolgono i fatti. Chi sono questi esseri e quali sono le loro motivazioni.

VLZ di Peter

Il tuo racconto miè piaciuto. Adesso come adesso è difficile dare un giudizio su un lavoro che si mosra solo per un terzo. Però gli spunti che hai lasciato lungo il cammino, sembrano interessati così come pure l'ambientazione che hai creato. Vedremo come proseguirai.

Ma 15k minimo perché? Mi è saltato tutto il fine settimana. Cazzo." di David G.

Secondo me, il titolo di un racconto è l'equivalente del dodicesimo uomo in campo. Capisco che volevi fare lo spiritoso, ma, così facendo, secondo me hai perso qualche punto. Il racconto nel complesso è piacevole da leggere. La situazione che si crea tra poliziotto e malvivente però non mi sembra dele più originali. Attenderò il seguito per vedere come va a finire.

Affresco di Leggeri

Che dire? Penso che ormai abbiano detto tutto. Sono contento di due cose: la prima è che ho perso contro un'avversaria veramente brava e la seconda che la mia avversaria sia una donna. Detto questo, ti faccio anch'io i miei complimenti.

Un unico appunto. Secondo me il colpo di scena finale arriva un po' troppo tardi. Mi spiego: in un racconto che complessivamente dovrà arrivare a 45k far arrivare il punto di svolta a 15k mi sembra un po' troppo tadi. Prima lo fai arrivare, prima catturi l'attenzione del lettore.

La mia classifica:

1 Affresco di Leggeri
2 VLZ di Peter
3 A volte ritorna di White Pretorian.
4 Non c'è cacciatore senza preda di Ceranu
5 Ma 15k minimo perché? Mi è saltato tutto il fine settimana. Cazzo." di David G.
6 Letizia e Luca di Callagan
7 Lo Scrigno dei Titani - Katrak di Ikarian.
view post Posted: 26/7/2015, 23:29 Skannatoio SPECIALE#7, giugno 2015 - Lo Skannatoio
L'altra metà della luna

13628s.i.

1 – Sonia


Luca è steso a terra. La sua testa è allineata con la linea di tiro della pistola. Mi basterebbe un attimo per cancellargli per sempre quel sorriso dalla faccia. Non posso. Il bastardo lo sa e se la ride. Anche le cicale sembrano farsi beffa del dolore che provo e friniscono eccitate guardando lo spettacolo.
«Non farmelo ripetere un'altra volta, liberalo!» Cerco di dare alla mia voce un tono autoritario.
Lui continua a sostenere il mio sguardo con quella sicurezza che lo caratterizza. Una sicurezza che mi ha fatto innamorare, ma che che poi si è rivelata deleteria per il nostro matrimonio.
Il problema è che lo amo e, allo stesso tempo, lo odio.
«Se mi spari, crepa anche lui, puttana.» Scandisce le parole come se stesse parlando con una ritardata. Neppure adesso che ha una pistola puntata contro, mi considera. Dovrei sparargli in mezzo alle gambe per fargli comprendere la situazione in cui si trova, dimostrargli che sono reale. Non posso fare nemmeno questo: il suo corpo mi serve integro.
Sto per crollare, non sono mai stata forte. Come potrei esserlo ora? Ho permesso a questo uomo di portarmi via tutto, di annientarmi, non posso permettergli di portarmi via anche Rubens.
«Rubens, vieni fuori, lo so che puoi sentirmi, aiutami.»
Grido con tutto il fiato che ho nei polmoni, non so cosa fare. Le cicale smorzano per un attimo il loro divertimento smettendo di cantare. La notte intorno a me comincia a vorticare. Le gambe cedono. Mi ritrovo carponi con le mani affondate in ciuffi di erba umida. Respiro a fatica, il cuore galoppa nel petto senza briglie. Una scarpata mi raggiunge in pieno volto. Il dolore avvampa sotto l'occhio destro. Il gusto metallico del sangue si mescola con quello amaro della sconfitta. Premo il grilletto. Lo sparo riecheggia nella valle rimbalzando tra le montagne. L'urlo soffocato di Luca mi scuote, il pensiero di averlo ucciso mi spaventa. Voglio solo riabbracciare Rubens.
«Vaffanculo. Che male,» urla Luca.
Lo vedo seduto che si tocca il bicipite del braccio sinistro. Sotto la mano, la manica della camicia bianca comincia a tingersi di rosso. Fa per alzarsi.
«Brutta Stronza, adesso vedi dove ti ficco quella pistola.» Chiudo gli occhi, so di cosa è capace quando è incazzato. E così incazzato non l'ho mai visto.
Sono troppo stanca per reagire, mi abbandono. Sono abituata alla brutalità di quelle mani, spero solo che questo incubo finisca presto. Aspetto di ricevere un altro colpo. Non succede niente. Sento Luca gorgogliare parole prive di significato. Adesso è steso a terra in preda alle convulsioni.
Le gambe rigide vibrano sbattendo i talloni a terra; bacino e tronco saltellano ondeggiando come il corpo di un pesce spiaggiato che cerca di riguadagnare l'acqua del fiume; La testa martella la terra mentre le mani cercano stabilità. Le dita graffiano la terra; c'è ancora lucidità in quel corpo.
Mi rialzo. Sento pulsare lo zigomo sotto l'occhio destro. Raccolgo la pistola e mi avvicino alla testa di Luca e gliela premo contro. Questa notte, in un modo o nell'altro tutto finirà.
Attendo qualche attimo. Il suo corpo smette di tremare.
Riapre gli occhi . Mi guarda e sorride. Non parla.
«Dimmi qualcosa.» Gli premo la canna della pistola sulla tempia.
Muove le labbra a fatica. Un sussurro gli esce dalla bocca.
«Tulipano, quattro, sedici...»
Non riesco a trattenere le lacrime. Non riesco a crederci ce l'ha fatta. Eppure c'è qualcosa di strano nella sua voce.
«rosso.» aggiunge alla fine. Le mie speranze vengono annientate in quel medesimo istante.
Allunga la mano cercando di accarezzarmi.
«Addio Rubens.» Dico.
Le mani mi tremano. La canna della pistola oscilla tra le mie mani. Premo il grilletto per la seconda volta. Il colpo trafigge la giugulare di Luca. Schizzi di sangue mi finiscono in faccia e in bocca.

2 – Luca

«Vado a prendere qualche cosa da mangiare. Tu non ti muovere da qui.» Sofia mi guarda e annuisce. Sorseggia un po' di champagne dal bicchiere che ha in mano e si gira tornando a guardare il terzetto di archi che si sta esibendo sul palchetto della sala da pranzo. Io invece, non sopporto la musica classica. Io la odio. Mi allontano ho voglia di rimorchiare la cameriera che c'è al buffet. Ha proprio la faccia da troietta e quando siamo entrati mi ha guardato in un modo che non lascia spazio a fraintendimenti.

Sto addentando una tartina al caviale quando qualcuno mi bussa sulla spalla. Forse è lei. Ingoio e mi giro. Mi sbagliavo.
«Ciao Luca, come stai?» Mi domanda Daniela la moglie del padrone di casa. Mi sorride. Conosco quel sorriso. Lei è la tipica donna che sa quello che vuole. Me la sono scopata un paio di volte, ma poi ho perso interesse lei evidentemente no. La scollatura della camicetta bianca fa intravedere il seno generoso. I capezzoli turgidi tendono la seta sottile mostrandone l'eccitazione.
«Bene e tu?»
«Insomma, mi sto annoiando. Tua moglie dove l'hai lasciata?»
«Sta guardando lo spettacolino che avete organizzato» L'avrei lasciata volentieri a casa se non dovessi mantenere una facciata di matrimonio felice.
«Tuo marito invece?» le domando con poco interesse.
«Bah, quel coglione sta giocando a poker. Ti va di ricordare i vecchi tempi?» Avanza con il busto mettendo in evidenza la sua prosperosità. Si guarda intorno come chi vuole essere sicuro di non essere visto e mi passa il dorso della mano sulla patta dei pantaloni. Nonostante tutto, non riesco a rimanere impassibile. Sento un principio di erezione. Lei se ne accorge e mi prede per mano e mi trascina all'esterno della sala dei ricevimenti. Non mi oppongo e la seguo.

Mi spinge nel guardaroba. Chiude la porta e mi spinge contro delle giacche appese in modo ordinato. Avanza verso di me e si inginocchia. Me lo tira fuori e lo prende in bocca.
In quel momento la porta della stanza semi buia si spalanca. Qualcuno accende la luce. Compare la cameriera bionda che, vedendo la scena, mi guarda con un espressione schifata e poi scappa via. Ho perso qualsiasi possibilità con lei. Mi passa qualsiasi voglia.
Sento la mia erezione affievolirsi. È la prima volta che mi succede una cosa del genere. Allontano Daniela da me e mi rimetto in ordine.
«Forse è meglio se rimandiamo.» Le dico cercando di nascondere l'imbarazzo.
«Che delusione. Stai cominciando a perdere colpi, Luca» Mi dice lei storcendo il naso con disgusto.
Si alza e se ne va senza dire più niente.

Ritorno da Sonia o, almeno, ritorno nel punto dove avrebbe dovuto aspettarmi Sonia. Non la vedo. I musicisti hanno smesso di suonare e tutti gli invitati si sono dispersi nella sala. La cerco. Dove cazzo può essere andata senza avvertirmi? La trovo che sta chiacchierando con il ragazzo che suonava il violino. Un ragazzino che avrà dieci anni in meno di lei. La sta mangiando con gli occhi.
Mi avvicino e sbraccio mia moglie da dietro. La bacio.
«Scusami cara se ti interrompo, ma è ora di andare.»
«Di già?» Mi domanda lei. Ha gli occhi vuoti di chi ha bevuto un po' troppo.
«Sì, cara,domani devo alzarmi presto. Saluta il tuo amichetto e andiamo.» Le dico cercando di mostrarmi il più cordiale possibile. Il sangue mi ribolle nelle vene. La prendo per la mano e la strattono via.

Al guardaroba troviamo la cameriera bionda. Mi ridà la giacca e il soprabito di Sonia, senza alzare nemmeno una volta lo sguardo dal bancone. Ce ne andiamo dalla festa senza salutare i padroni di casa.

Saliamo in macchina e partiamo Una volta usciti dal cancello della villa, mio rivolgo a Sonia che guarda dal finestrino i lamponi che scorrono al bordo della strada. Sono troppo incazzato. Cerco di stemperare la tensione. Accelero.
«Allora mi dici che cazzo voleva quello da te?» Le domando.
La stronza non mi risponde rimane impassibile.
«Cazzo,» urlo sbattendo i pugni sul volante, «Lo hai capito che sei di mia proprietà, oppure no?»
Zitta. La stronza sta zitta. Mi ignora, si sente forte. Non ci vedo più dalla rabbia. Se le permetto di comportarsi così, comincerà a fare di testa sua. Devo punirla.
Le afferro i capelli alla base della nuca e le sbatto la testa sul cruscotto. Lei rialza la testa e si tiene il viso con le mani. Sto per colpirla di nuovo quando lei si scaglia contro di me reagendo. D'istinto schiaccio il piede del freno. Sento la macchina che sbanda. Lei continua a menare pugni alla cieca. Urla. Mi graffia la guancia destra, poco più in alto mi prendeva l'occhio. Con una mano cerco di guidare e con l'altra di parare i colpi. La macchina perde di nuovo aderenza. Controsterzo, Cerco di stabilizzare la traiettoria. Sonia smette di colpire.
«Ti prego, Carlo, Rallenta ho paura.»
Sorrido. Ho vinto la battaglia. Appena a casa mi vedrà… La ruota anteriore sinistra scoppia. Provo a rimanere in carreggiata, ma non riesco nell'impresa. La macchina sbanda e finisce in un campo di mais. Non lo so per quante volte ci rigiriamo su noi stessi. Quello che so è che quando riapro gli occhi, sopra di me c'è una ragazza con i capelli rossi che mi sorride. Parla ma non riesco a sentire quello che mi dice. Nella testa ho un unico e monotono fischio. Non so chi sia questa donna. mi addormento.

Sento qualche cosa di freddo che mi scorre sulla pancia e risale tra i pettorali. Apro gli occhi. Luci che corrono sopra di me. Volti di sconosciuti. Voci.
«...operatoria quattro....» mi sembra di essere disteso. Il mondo intorno a me, compare e scompare a intermittenza. Ho una mascherina di gomma che mi avvolge naso e bocca. Ci fermiamo.
La testa mi si piega verso sinistra. Vedo una vecchia sdraiata su una barella, sta dormendo.
Un uomo in divisa, mi copre la visuale. La striscia rossa dei pantaloni mi ricorda quella dei carabinieri. Rivedo la vecchia. D'improvviso apre gli occhi e mi fissa. Apre la bocca. Un fumo verde scuro esce da quella caverna adornata di stalattiti e stalagmiti di avorio chiazzato di nero e si dirige verso di me. Vorrei urlare a signorina capelli rossi di aiutarmi. Non ce la faccio. Rimango immobile ad osservare quella cosa che adesso si trova a pochi millimetri da me. Faccio un ultimo tentativo per farmi sentire. Senti il fumo entrare dentro di me. Ha un retrogusto amarognolo. Tossisco.

3 – Rubens

Suonano alla porta. Mi avvicino al citofono. Faccio fatica a muovermi con questo corpo. Ormai è deteriorato dal tempo e dalle malattie. Ho bisogno di uno nuovo. Premo il pulsante dell'interfono.
«Chi è?» Domando parlando nella cornetta.
«Pizza.» Gracchia la voce dall'altra parte.
«Venga, le apro.» Metto giù il citofono e premo il pulsante che apre il cancelletto di ingresso.
Apro la porta di case e mi avvio per le scale andando incontro al ragazzo delle pizze.

Il fattorino è un ragazzotto robusto e abbronzato. La maglietta bianca che indossa fa risaltare i muscoli. È tutto sudato. Mi sorride e mi allunga il cartone con la pizza.
«Quanto le devo?» Gli domando.
«Sei euro.» Mi risponde.
«Aspetti un attimo che le prendo i soldi. Se vuole può entrare così le offro qualcosa di fresco da bere. Cosa ne dice?»
«Va bene, signora, accetto volentieri, sa, con questo caldo.»
Gli sorrido. L'ho convinto subito, sono proprio bravo nella parte della nonnina indifesa.

«Come ti chiami?»Gli domando.
«Stefano.»
«Allora Stefano, siediti pure, che cosa vuoi da bere?»
«Va bene acqua, basta che sia il più fredda possibile.»
«Aspettami qui allora, te la porto subito.» Che stolti i giovani d'oggi. Si fidano degli sconosciuti. Se Stefano sapesse a cosa sta per andare incontro, non avrebbe mai accettato il mio invito.
Apro il frigo e prendo la bottiglia di acqua. La verso in due bicchieri e ritorno in soggiorno.
Mi preparo a sfoggiare il migliore dei sorrisi e ritorno in sala.

Mentre sono in corridoio, sento dei rumori strani provenire dalla camera da letto. Rumore di cassetti che si aprono. Ho uno strano presentimento. Cammino veloce e mi precipito nel soggiorno. Come sospettavo, Stefano non c'è.
Arrivo in camera e lo trovo che sta rovistando alla ricerca di oggetti preziosi.

«Stefano, che cosa ci fai qui? Esci subito da casa mia.» Avvicinati a me bastardo, e ti faccio passare la voglia di rubare. Avanti, aggrediscimi-
Stefano si volta e mi guarda con un ghigno beffardo. Mi viene incontro brandendo una torcia elettrica nera. La alza sopra la testa e si scaglia contro di me.
Riesco a schivare un paio di colpi, poi un terzo mi colpisce la spalla. Sento le ossa frantumarsi sotto la violenza del colpo. Nonostante il dolore gli afferro la gola con la mano e comincio a stringere.
Lui mi afferra il polso con entrambe le mani e cerca di liberarsi. Agita le gambe. Sta quasi per soffocare, è quasi il momento di agire. Mi preparo ad entrare dentro di lui. Sento la sua vita fluire lontana.

In quel momento la porta di ingresso si spalanca. Mi ero dimenticata di chiuderla. Mi ritrovo davanti due carabinieri. Deve averli chiamati quell'impicciona delle vicina di casa. Non si fa mai i fatti suoi. Quello più giovane dei due mi si avvicina e mi toglie il collo del giovane fattorino dalle mani.
«Signora giacometti, sta bene?» Mi domanda quello più anziano.
«Poteva andare meglio.» Gli rispondo trattenendo in gola un misto di rabbia e rammarico.
Ci ero arrivato così vicino. Eppure, ancora una volta c'è qualche cosa che è andata storta.
«Lei stia tranquilla, sta arrivando un'ambulanza per portarla in ospedale.»
«Perché dovrei andare in ospedale? Io sto benissimo.»
«Forse la botta non la sente adesso, ma le assicuro che domani.» Vedo il giovane che intanto ha ammanettato il fattorino e lo porta verso la porta di ingresso. Il ragazzo, nonostante sia più muscoloso del suo carceriere, se ne sta a testa bassa e non reagisce.
«Del ragazzo che cosa farete?» Domando al carabiniere vecchio.
«Lo porteremo in centrale e poi lo interrogheremo. Operazioni di routine.»
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