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Skannatoio, edizione IV, Militare degradato usa impropriamente arma propria
I mini-campionato, 1 di 6

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kaipirissima
view post Posted on 5/7/2011, 20:15 by: kaipirissima




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Era il loro gioco preferito.
Si trovavano in strada alle tre di ogni pomeriggio, puntuali, per giocare alla guerra.
A Christine non piaceva quel gioco però ci si adattava perché le bambine con cui andava a scuola non l’avevano in simpatia. Aveva provato a starsene seduta a fingere di prendere il tè con le bambole imitando le conversazioni degli adulti, ma diceva sempre la cosa sbagliata. Le altre ragazzine la guardavano con sufficienza, compatendola un po’ per quella sua selvatichezza.
Un giorno le aveva sentite mentre, insieme alle bambole, parlavano di lei, alle sue spalle, criticando il modo in cui si sedeva o teneva la tazzina.
«Oh signora Lily gradisce una tazza di tè?»
«Oh che splendida giornata vero signora Violet?»
Tutte avevano un nome di fiore, come le loro bambole.
«La signora Marguerite oggi non c’è» alla notizia le ragazzine ridacchiarono. «Sarà andata a lezioni di buone maniere» altre risate. «Certo bisogna perdonarla, crescere senza la mamma, sola con il papà.»
Com’erano perfidi quei fiori seduti sul pavimento, Christine avrebbe voluto entrare e difendere suo padre, ma il senso di colpa l’aveva assalita a tradimento inchiodandola sulla porta.
Il giorno dopo aveva chiesto ai ragazzi che giocavano nel quartiere se poteva unirsi a loro. All’inizio le avevano detto no, ma poi Daniel era intervenuto in suo favore e così anche gli altri erano stati costretti ad accettarla.
Giocare con i maschi era tutta un’altra cosa. Si poteva urlare, correre e Christine si divertiva, perché le sembrava che i giochi dei ragazzi non si adattassero al mondo degli adulti, come quelle leziose ragazzine, che ripetevano a pappagallo ciò che le madri nei loro salotti di merletti cinguettavano senza mai prendere fiato.
Questo fino al giorno in cui Daniel decise che avrebbero giocato alla guerra.
«Le ragazze non vanno in guerra!» esclamò Paul indicando Christine. Da tempo cercava di estrometterla dai loro giochi. In casa aveva due sorelle prepotenti e l’idea di trovarsi anche fuori con una ragazza non gli piaceva per niente.
«Tutti possono combattere, purché abbiano un’arma» disse Daniel. «Domani ci troveremo puntuali nel nostro covo e lì organizzeremo il reggimento.»
Tornata a casa Christine aveva cercato inutilmente un oggetto che potesse fungere da arma, poi però si era ricordata che suo padre un’arma vera ce l’aveva. I ragazzi non avrebbero sollevato più dubbi. Aspettò che suo padre uscisse e si diresse nello studio. Sorrise quando la vide appesa al muro, come fosse un dipinto. L’avrebbe presa, portata al covo, guadagnato il rispetto dei suoi compagni e poi, prima che suo padre facesse ritorno, l’avrebbe riposta dove l’aveva presa. Avvicinò una sedia al muro e, alzandosi sulle punte, staccò la pistola dal muro.
Fu un vero successo la sua apparizione, i ragazzi le si erano chiusi in cerchio e le avevano chiesto se potevano prenderla. Anche Daniel era ammirato e decise che il suo grado non sarebbe stato quello di semplice soldato ma di Ufficiale delle guardie. Christine guardò la pistola felice, soprattutto quando s’accorse che Paul con la sua fionda era solo una guardia.
Alla fine, il gioco della guerra si rivelò piuttosto ripetitivo, la fantasia era scomparsa da tempo, fagocitata da noiose guardie al fortino e scontri nel greto del torrente appena fuori del paese.
La cosa più divertente era la missione esplorativa. Grazie a questi incarichi Christine aveva cominciato a conoscere il quartiere nel quale viveva da appena un anno.
Osservare le persone che vi vivevano, lavoravano sedute sulle sedie accanto alla porta dei loro piccoli negozi o laboratori. Christine le guardava lavorare con maestria il cuoio, sorrideva di fronte al droghiere che chiacchierava di tessuti con le clienti, ascoltava le donne che si chiamavano a gran vece da un lato all’altro della strada. Com’era diverso questo quartiere da quello residenziale grigio e triste in cui abitava prima che suo padre venisse a prenderla. Quando i nonni le avevano detto che sarebbe andata a vivere con suo papà, all’inizio aveva avuto paura. Non sapeva chi fosse, per lei era una visita veloce che aveva il sapore di un dovere imposto più che desiderato. Le portava in regalo delle bambole vestite con strani abiti, le chiedeva come stava, ma non la toccava mai, solo un bacio all’arrivo e prima di andarsene. Sapeva che era ufficiale nell’esercito inglese, così come sapeva che combatteva in paesi lontani ed esotici. In India, in Africa luoghi lontani e misteriosi popolati da uomini dalla pelle scura e animali strani e pericolosi.
Pur essendo un soldato l’aveva visto una volta sola in divisa, quell’inverno in cui la macchina l’aveva aspettato in strada perché doveva partire per una nuova missione. Immediatamente aveva associato l’immagine di suo padre a quella foto sopra il tavolino in salotto: i suoi genitori nel giorno delle nozze, sorridenti e felici. Era l’unica immagine che aveva di sua madre, morta pochi giorni dopo la sua nascita, ed era anche l'unico sorriso che aveva visto sul viso di suo padre in quei sette anni.
Quando l’aveva voluta con sé, i nonni non si erano opposti, seppur contrariati dalla scelta del figlio di abbandonare l’esercito. Qualcosa, nell’ultima missione, doveva essergli accaduta, poiché la decisione di tenerla e la rinuncia al grado nell’esercito erano state concomitanti.
Lei e suo padre avevano cominciato da zero la loro vita in comune, in una nuova città, in un quartiere popolare, colorato e vivace.
Lì tutti conoscevano suo padre, l’avvocato, lo rispettavano, soprattutto da quando aveva aiutato il papà di Daniel in quella brutta faccenda con la polizia. Era un uomo colto, ricco ma non guardava dall’alto le persone, anzi era sempre affabile e disponibile anche con i più miserevoli.
«Christine!» la chiamò appena la sentì entrare quel pomeriggio. «Dove sei stata?» le chiese.
«A giocare con i ragazzi giù al fiume» rispose cercando di capire il perché dello strano tono nella voce del padre.
«Credo che questo pomeriggio si sia introdotto in casa un ladro. Ha rubato la pistola del nonno che tenevo appesa sul muro.»
L’immagine della pistola dimenticata al covo l’assalì a tradimento facendole assumere un espressione spaventata che non sfuggì a suo padre.
«Christine… ne sai qualcosa?»
Senza voce e intimorita dal quel tono incalzante riuscì solo ad annuire con il capo.
«Cosa…»
«L’ho dimenticata.»
«Dove?»
«Al campo.»
«Quale campo?»
«Quello in cui giochiamo.»
«Christine, sii più precisa, è una cosa grave. Le pistole non sono giocattoli, sono pericolose. Prendi la giacca, dobbiamo uscire.»
Per tutta la strada suo padre non parlò. Camminava veloce, preoccupato, arrabbiato.
Arrivati al covo Christine si accorse che c’erano ancora dei ragazzi, l’avrebbero certo considerata una traditrice perché vi aveva condotto un adulto. Si guardò attorno e dal fondo della baracca uscì Daniel tenendo la pistola.
Vedendo l’espressione di sollievo di suo papà Christine abbassò lo sguardo vergognandosi di ciò che aveva fatto.
Suo padre si rivolse ai ragazzi dicendo loro che le pistole non erano giocattoli ed erano stati tutti fortunati a non essersi fatti male. Lui stesso aveva sbagliato, ammise, a considerala un oggetto da appendere al muro come un quadro, ma si augurava, disse concludendo, che tutti loro avessero imparato qualcosa di utile da quella circostanza.
Il giorno dopo Christine si fece coraggio e si presentò dai suoi amici che l’accolsero dicendole che era stata sollevata dall'incarico e degradata a semplice soldato. Nessuno però, nemmeno Paul, l’accusò di aver tradito la squadra.
Tornata a casa suo padre l’attendeva nello studio, quel giorno aveva deciso di prendersi una piccola vacanza. Le chiese dove fosse stata e perché fosse rientrata così presto.
«Sono andata a salutare i miei amici. Credo che per un po’ non li vedrò.»
«Come mai? Ti hanno cacciata?» le chiese.
«No, non è questo» disse alzando lo sguardo «è che non mi piace giocare alla guerra.»
Il padre sorrise e guardando la bambina pensò che gli assomigliava più di quanto avesse creduto. Era stato uno sciocco a trascurarla così a lungo, avrebbe approfittato dell’occasione per conoscere sua figlia, prima che quei ragazzini crescessero e gliela portassero via.

 
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