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Skannatoio, edizione IV, Militare degradato usa impropriamente arma propria
I mini-campionato, 1 di 6

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alaine
view post Posted on 5/7/2011, 21:28 by: alaine




Ebbene, che skannatoio sia...

PANDORA



Il carabiniere scelto Ferrante aprì il ventre della donna che ancora urlava e scalciava con foga.
Per farlo usò un mattone sbeccato; fu faticoso e uscì moltissimo sangue. Dopo il primo affondo venne investito da una zaffata terribile, da togliere il fiato, ma la ignorò e allargò la ferita scavando con le unghie nella carne. In breve si ritrovò insozzato.
Quando ci fu abbastanza spazio per affondare il volto, usò la pistola di ordinanza di traverso sullo squarcio, come un divaricatore, e morse la prima cosa molle che trovò sotto i denti.
Aveva molta fame, una fame assolutamente folle.
Il ventre della donna era caldo, lei si dimenava e urlava disperata, ma inutilmente: non c’erano orecchie disposte ad ascoltare, ma una moltitudine di braccia e bocche che la bramavano.
Altre teste putride premevano contro la sua per mangiare dal ventro aperto, teste voraci, soverchiate da una fame cieca, priva di ogni coscienza.
In breve la donna smise di urlare, ma non di contorcersi: stava agonizzando, il sistema nervoso non smetteva di mandare segnali ai muscoli, ma le convulsioni andarono via via diminuendo di intensità, fino a sparire.
Ferrante non alzò mai la testa, sarebbe stato un errore fatale, ma immaginò tutta la scena: l’orda che si avventava sulla faccia, denti piantati sul cranio, morsi a strapparle le guance, la lingua, le corde vocali, morsi in tutto il resto del corpo.
L’aveva visto molte volte e ci aveva quasi fatto l’abitudine: in pochi, lunghissimi e penosi minuti la donna morì, accompagnata da quel poco di compassione che era ancora in grado di provare e dal brusio dell’orda famelica.
La donna era stata sorpresa dentro una vecchia stazione della metropolitana.
Molti sopravvissuti cercavano rifugio sottoterra, ma per tutti si rivelava una trappola: al primo sentore di voci mormoranti o di passi strascicati nel buio, i rifugiati si spaventavano e scappavano all’esterno, ignari del fatto che raramente l’orda scendeva fin nei meandri dei tunnel. Restando in superficie, lenta e letale, aggirava invece la sua preda e ne faceva scempio.
E Ferrante con loro, ma con una grossa differenza: lui era ancora vivo.
Non sapeva più dire quanto tempo fosse trascorso: settimane, mesi o anni… o magari pochi giorni, la sua mente allucinata non ricordava quasi più nulla della sua vita precedente.
All’inizio aveva tentato di rifugiarsi e vivere in solitudine, aggrappato ad alcuni ricordi della sua vita; aveva a lungo ringraziato la sua incoscienza e il rigore del brigadiere che l’aveva degradato a carabiniere scelto, grazie ai quali era ancora vivo. Se non si fosse ubriacato e non avesse fatto a botte per futili motivi, se il suo superiore non l’avesse mandato in punizione nei magazzini di approvvigionamento, non si sarebbe mai salvato dall’attacco chimico alla sua stazione.
Non scoprì mai chi fosse il nemico né quale tipo di arma avesse utilizzato, perché in breve il nemico era ovunque.
Rimase a lungo chiuso in quel magazzino, ma realizzò che non avrebbe avuto scampo comunque: prima o poi sarebbe stato costretto a uscire a cercare cibo, e allora l’avrebbero trovato. L’idea di quella morte semplicemente lo ripugnava.
Finché un giorno perso nella sua memoria senza tempo, si ritrovò fuori a cercare cibo e l’orda lo trovò.
Assediato e disperatamente intenzionato a vivere, fu in preda al terrore che ebbe l’idea più assurda: mescolarsi a loro.
Non ricordava più nulla Ferrante di quell’episodio, riprese coscienza che era già in movimento in mezzo al branco e scoprì che sopravvivere era possibile, bastavano piccoli accorgimenti: muoversi molto lentamente, non fissare mai nessuno, immergersi nel proprio mondo interiore e spostarsi senza badare alla direzione. Non lavarsi mai e poi mai, perché i vivi sanno odore di cibo.
Il carabiniere scelto Ferrante finì per arruolarsi in un esercito immondo e perdersi in esso col corpo e con l’anima.
La sua mente era perduta, impazzita nel sapore atroce della carne umana, nel terrore quotidiano di sentire decine di mandibole chiudersi sul suo corpo, nell’ossessione routinaria della ricerca di un rifugio dove riposare, di qualcosa da mangiare che non fosse un altro essere umano o di un proiettile con cui caricare la sua pistola, per morire in modo dignitoso, senza risvegliare l’attenzione letale di uno di loro.
Eppure aveva scoperto che era possibile sopravvivere, alternando pochi istanti di lucidità a lunghe giornate di catatonica follia priva di memoria, e diventare uno di loro anche senza venire infettato.
Si alzò lentamente, ai suoi piedi restavano le spoglie irriconoscibili di una giovane donna sbranata viva. Riprese la marcia, lenta, lo sguardo fisso a terra cercando di trattenere un pianto disperato e cancellare quella nuova immagine di morte, per arrivare a sera. Ma, lui lo sapeva, non c'era più spazio per la speranza: era solo questione di tempo, il suo domani non aveva alcun futuro.
 
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