| E dopo questo vi saluto per andarmi a godere questo ultimo we al lago di Garda. Ci vediamo Lunedi: Buona vita a tutti...
Il grande bamboom 7794 battute s.i.
Le orecchie gli fischiano ancora per l'esplosione. La polvere gli gratta in gola come carta vetrata. Vetri si alzano da terra per volare verso quello che rimane del 101 in fiamme. Polvere risucchiata dal vento torna all'origine del disastro. I paramedici tirano giù dall'ambulanza il lettino dove hanno spinalizzato l'uomo, - Iproc i erarepucer id amirp isem onnarrov ic ortsasid ehc. - Iuq eraf ad otlom omaibba otserp omaidna. Corrono. Si dirigono verso le auto coperte di polvere. Fanno un slalom tra i detriti. L'infermiere tiene alta la sacca di fisiologica. Si sentono urla e sirene. L'odore del fumo lascia l'aria. I due trasportatori prendono la spinale su cui hanno legato l'uomo e l'appoggiano a terra. - Aroval e oiznelis iaf. - Avavlas is ehc ozzac loc, osebo ìsoc are non es. Asep otnauq ozzac. Tolgono l'ossigeno. Poi le cinghie del ragno che immobilizzano. Infine i cuscini che stabilizzano il capo. Piegano di lato la tavola e fanno scivolare a terra il corpo. Lo tengono con le mani e poi lo appoggiano lasciandolo sulla strada. Uno dei due va alla testa e toglie il collare cervicale. L'altro controlla il polso e lo chiama pizzicandolo. Nessuna risposta - ?Etnes im erongis. I due soccorritori si allontanano e corrono verso l'ambulanza che riparte a sirene spiegate. La polizia e i pompieri risalgono sulle auto e una a una partono allontanandosi dall'evento. Una nuvola di polvere si alza unendosi con delle macerie. Poi seguono vetri e detriti che volano indietro. La grande sfera dorata, di cinque metri di diametro e di ottocento tonnellate di peso, comincia a salire risucchiata dalla ricostruzione. Un boato. Urla. Persone che corrono in preda al panico. Piano per piano, pezzo per pezzo, l'imponente edificio si ricostruisce. Ad ogni livello corrisponde un esplosione e vetri e detriti che si muovono. Le persone rientrano urlando. Il centro commerciale riprende la sua frenetica attività. Si vedono già ricomparire sulla facciata i primi ruyi. Le sedici gigantesche colonne che rappresentano lo scheletro dell'edificio, si raddrizzano e si rigenerano mentre accolgono, come portate da mani invisibili altri detriti che arrivano. Esplosione. Urla. Il ciccione apre gli occhi. Dandosi una spinta con le mani spicca un balzo all'indietro di quattro metri ricadendo in piedi. Alle sue spalle il mostro di fuoco che si ricompone. Comincia a correre all'interno dell'edificio seguendo il flusso di gente che urla. Vede poco a causa del vetro degli occhiali crepato. Entra. C'è agitazione. Un esplosione. I super ascensori da mille e otto metri al minuto ingoiano di continuo persone, sono inutilizzabili, il panico regna sovrano strappando ogni parte di razionalità dalle menti rendendo tutti animali imbizzarriti. Non esistono piani di fuga stabiliti da seguire è il caos. Unica via le scale mobili, almeno fino al sesto piano dove c'è il centro benessere, da lì in poi sarà solo con la sua non sportività. Ansima, la sua corporatura non gli consente più di correre. Cammina si porta una mano al petto e piegandosi sulle ginocchia rifiata. Pensa a un piatto di aragoste che si mangerà quando tutto sarà finito. Continua a salire nonostante la fatica. Si è ripreso, un uomo abbronzato dal fisico palestrato, completamente nudo, correndo gli da una gomitata in faccia. I suoi occhiali si aggiustano: adesso vede di nuovo bene. Lo supera e si perde nella folla che scappa urlando muovendosi come tante formiche impazzite. Si asciuga il sudore dalla fronte imperlata con un fazzoletto sporco di senape e pomodoro. Aumenta l'andatura. Passa davanti a un banchetto di souvenir che offre un campionario di riproduzioni del Taipei Center di varie misure e prezzi. Non la guarda. Una signora calpestata dalla folla si rialza al passaggio della mandria. Sta bene e comincia a correre all'inseguimento dei suoi assalitori. Il ciccione continua la sua fuga: ora è più forte; le energie in lui si rinnovano a ogni passo. Altre scale mobili gli permettono di rifiatare, vanno verso i piani superiori da dove arrivano urla e rumori di macerie che si muovono nascoste come lo stomaco di un grande drago che ha fame e reclama il suo pasto. Anche gli altri ascensori sono resi inservibili dall'agitazione che crea disordine. Prende le scale di emergenza. Una grossa elle uncinata e barrata troneggia sul muro pitturato di bianco: mancano ancora novantaquattro piani per arrivare sul tetto. Si appoggia alla ringhiera e prende nuovamente fiato. Sale, altre persone seguono la sua direzione urlando, altre lo superano avide di arrivare a destinazione. C'è anche chi è più lento di lui, supera una giovane ragazza con i capelli biondi appesantita dalla evidente recente gravidanza testimoniata dai grandi seni carichi di latte: stringe a sé due piccoli fagottini che piangono. Anche lei sta piangendo mentre invoca l'aiuto di qualcuno. Il ciccione passa avanti, è già un miracolo se ha benzina per sè stesso, figuriamoci se può prendere a bordo altri passeggeri. La guarda per tutto il tempo che gli serve a girare l'angolo. La corsa continua, inciampa, non si è fatto niente, percorre tre scalini barcollando, poi si rialza e continua; deve farcela l'istinto di sopravvivenza soffoca la fatica. La paura martella nelle vene della testa e del petto che sembra esplodergli. "!Odratsab" grida. L'imprecazione non è abbastanza forte da sovrastare l'ennesimo boato che riecheggia nei corridoi. "!Anattup id oilgif olucnaf". Corre. Supera a fatica il corpo di un anziano morto calpestato da chi in fuga ha pensato solo alla propria pelle. Inesorabile passa tutti i livelli correndo in circolo aiutandosi con la sinistra per darsi lo slancio a salire. L'odore di fritto che gli esce dal naso gli fa chiudere gli occhi: è quasi arrivato: quello è i profumo dei gamberi del ristorante tra l'ottantacinquesimo e ottantaseiesimo piano. Ritrova coraggio, adesso è più forte, più veloce, le persone cominciano a diradarsi. Le urla il rumore di detriti. É tutto più lontano, si sta attenuando. Ottantottesimo livello, la sfera che funge da smorzatore a massa accordata, dove il pazzo ha piazzato la maggior parte dell'esplosivo: questa volta la struttura non avrà la forza di resistere come nel terremoto del Marzo del duemila e due. Novantuno, la terrazza panoramica. Esce. Guarda l'aria, le esplosioni sono finite, una piccola folla di turisti scatta foto al panorama in tutta tranquillità. La foschia non permette di vedere bene le case sottostanti. Il vento sposta i capelli castani di una bambina che mangia le sue patatine. Mancano solo dieci piani alla sua destinazione. Li sale tutto di un fiato. Arriva sul piccolo terrazzino. Alza gli occhi al cielo seguendo il volo di un uomo con due grandi ali nere che si richiudono scomparendo, quando questi atterra con i piedi sulla ringhiera metallica e con un balzo scende. È vestito con una tuta aderente nera. La faccia è coperta da un passa montagna anch'esso nero su cui prende posto una X rossa, grande come la faccia dietro cui si nasconde. - !Anattup id oilgif. - Ererroc a aicnimoc, oilgisnoc nu od it, idniuq. Oicifitra'd ihcouf id aro'nu isauq id elatot nu rep, idnoces atnert ingo anu id aznedac a onnariugessus is iop ertla el, enoisolpse amirp alla itunim iceid acric eracnam orebbervod ,'op nu omaidev, otaicnimoc àig è aicsevor alla otnoc lI. Inaip ad emoc ottut ostopsiderp oh. Àtilibissop anu erad oilgov it. Otsug ebberas ic non, otibus òrediccu it non am. Inomitset ereva non id orucis eresse rep iuq otaritta oh it. Ossarg e odiva ehc ertlo, odiputs otnauq elaineg otnat ies, idnepros im. ?Ittap i otattepsir ierva ehc erederc ad ounegni ìsoc ies orevvad. - ?Idlos ieim i otatrop iah, et id otadif onos im, oicifide'lled airteminalp al e azzerucis id inaip i otad oh iT. Alorap id otats onos. - ?Av emoc ocraM oaic. - dice l'essere.
Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo mio racconto su 'Skan Magazine'.
Edited by GDN76 - 15/9/2012, 14:16
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