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Skannatoio, febbraio 2013, edizione XV, Non aprite quella porta
* Campionato aut-inv 2012, 11 di 12

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view post Posted on 7/2/2013, 16:28
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@kaipi

Evvai!!! :D
 
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kaipirissima
view post Posted on 7/2/2013, 17:16




Grazie Rov!

Speriamo di non impazzire. Ogni volta che lo leggo cambio una cosa, fisse solo una virgola. A stasera!
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 7/2/2013, 17:44




RIMOSSO DALL'AUTORE :p106:

Edited by Sol Weintraub - 28/2/2013, 23:08
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 7/2/2013, 18:05




CITAZIONE (Aser @ 7/2/2013, 13:25) 
e poi, se questo è il campionato autunno-inverno, dovrebbe comprendere anche Marzo, dato che la primavera inizia dopo il 20, almeno sul calendario. L'edizione, terminando poco dopo il 20, rientrerebbe "nell'inverno".
Se ho detto una cavolata ditelo :unsure:

Il "Campionato aut-inv" ha una durata di sei mesi da settembre a febbraio.
Il "Campionato pri-est" avrà una durata di sei mesi da marzo ad agosto.
Avrei voluto iniziare un mese più tardi, ma lo scorso settembre i
motori erano già caldi dopo tre mesi di rodaggio del nuovo
regolamento e non avrebbe avuto senso aspettare.

Visto l'entusiasmo, lo Skannatoio non si fermerà.
Se poi qualcuno volesse aiutare per verificare
il corretto andamento delle gare, si faccia
avanti. Non sarò certo io a rifiutare.
 
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-Peppino-
view post Posted on 7/2/2013, 18:06




sol: ciao sol, non ho ancora avuto il tempo di leggere il racconto e per il momento mi sono soffermato solo sulle note.
Ho notato subito il riferimento ad Al-Ghazali e mi ha fatto molto piacere.
Una delle mie citazioni preferite viene proprio da questo studioso che dedicò parte della sua vita creativa nel tentativo di riconciliare l'esperienza del misticismo sufi con il linguaggio islamico ortodosso.

La citazione è questa:"le ragione è la dimensione divina sulla Terra".

Visto l'argomento del tuo racconto lo leggerò con molta attenzione.
 
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Aser
view post Posted on 7/2/2013, 19:01




Ombre danzanti
di Aser





Le ombre danzavano sul muro rosso fuoco.
Mutavano e assumevano forme astratte, grottesche, disumane.
Tom le osservava dall'unico spiraglio che glielo consentiva: una piccola fessura geometricamente scavata nel legno.
Attratto e impaurito, non riusciva a distogliere lo sguardo dai quei mostri scuri, le cui movenze seguivano il tempo di un suono martellante, cadenzato, come quello del suo cuore, che però batteva più forte e veloce.
Poggiando la mano sulla porta notò che era calda. Contrastava con la fresca e umida stanza in cui si trovava, avvolto nella penombra, in compagnia di mostruosi oggetti che parevano animarsi quando non li osservava. Solo un piccolo raggio di sole, che filtrava dalla finestra socchiusa, gli dava la sicurezza per restare e guardare in quel minuscolo pertugio.
Deglutì, cercando il coraggio. Quel coraggio che trovava per lanciarsi in sella alla bici, senza freni, nella ripida discesa dietro casa. Quel coraggio che non l'aveva mai abbandonato quando, nel laghetto appena fuori città, catturava grossi e viscidi rospi. Dov'era ora? Si chiedeva.
Doveva solo aprire una porta. Abbassare una maniglia. Spingere un po' in avanti e gettare lo sguardo dentro la stanza rossa. Doveva assicurarsi che quei disegni sul muro, scuri e animati, non fossero altro che ombre, come quelle create dagli alberi la notte, e farsi una grassa risata.
Poi, forse, avrebbe potuto trasformare quella semplice azione in una grande avventura da raccontare agli amici. Un immenso gesto che l'avrebbe fatto balzare in cima alla classifica dei più coraggiosi del gruppo. Ammesso che ci avrebbero creduto. Perché non ci riesco? Si chiedeva.
Forse quello strano odore di bruciato. No, erano le ombre danzanti. Il suono cupo e martellante. Il calore. Devo farlo, si disse.
Portò la mano tremante sulla maniglia. L'avvolse, con le dita mingherline, cercando di sopportare il calore che emanava. Spinse verso il basso. Era dura. O era lui che non usava la forza? Spinse ancora. Ancora un po'. Strideva.
«Tommaso!»
Il grido lo fece trasalire. Spiccò un balzo all'indietro. «Mamma!» gridò pure lui, voltandosi.
«Tom, per la miseria, è più di un ora che ti cerco, che ci fai qui dentro?»
«Io...niente...volevo...»
«Sei sempre il solito ficcanaso. Dai andiamo. La nonna ci aspetta, e non è affatto contenta. Non hai nemmeno fatto una preghiera per il nonno.» con quelle parole, la madre lo trascinò fuori.
Qualche minuto dopo, Tom osservava il grosso cancello nero del cimitero farsi sempre più piccolo. La macchina sfrecciava sul viale costeggiato dagli alti cipressi.
Nella testa non sentiva altro che quel suono metallico. La notte sognò le ombre danzare dentro la sua stanza.

***


Matteo e Daniele osservavano Tommaso senza dire nulla, ma l'espressione dei volti parlava per loro. Le guance erano gonfie, pronte a esplodere in una fragorosa risata.
Aveva visto giusto Tom: non gli credevano.
«Ridete pure.» disse in tono offeso.
L'invito fu accolto. I due sghignazzarono a più non posso, poi, Matteo, il più grande dei tre, prese la parola, «Ok. Andiamo!» esclamò deciso.
«Andiamo dove?» risposero in coro Tom e Daniele.
«A vedere i mostri neri che vivono nel casa del custode del cimitero!»
I due osservarono l'amico bullarsi della decisione presa, e Tom si fece subito coinvolgere, «Avresti il coraggio di aprire quella porta?»
«Certo» ribatté Matteo, «non sono mica un fifone come Daniele», concluse in tono sarcastico, rivolgendosi all'amico che non mostrava entusiasmo all'idea di aprire una porta che custodiva mostri.
«Tu non vuoi venire?» gli chiese Tom, in tono più amichevole, «Forza! Che fai altrimenti? Torni a casa?»
«Si è meglio se vai a casa, queste cose non son per te!»
«Non mi sembra il massimo come idea, poi se ci dovesse trovare il custode...» Daniele cercava di reagire alla presa in giro di Matteo, confidando in uno sguardo amichevole di Tom. Non mancò, come le continue battute dell'altro.
«Dai lasciamo qui. Io vado», disse Matteo, inforcando la bici, «Chi arriva ultimo apre la porta!» gridò da lontano.
Tom si gettò all'inseguimento, «Andiamo Dan!», gridò. Al pauroso Daniele non restò che accodarsi, seppur con poca convinzione.

***


I tre amici, in sella alle loro biciclette, percorrevano il lungo viale alberato, senza particolare fretta, come se non volessero mai arrivare. Erano le sei del pomeriggio. Il sole era ancora caldo, sebbene l'estate stesse finendo e le giornate iniziavano ad accorciarsi.
Avevano un'ora di tempo per arrivare nel capanno del custode, aprire la porta... e fuggire a perdifiato, pensò Tom. Fuggire da cosa? Morti camuffati da ombre? Cercò di scacciare via quei pensieri.
Una volta arrivati, nascosero i mezzi a due ruote dietro un grosso cespuglio.
Sull'uscio del grosso cancello nero, esitarono.
«Andiamo. Fifoni!» li esortò Matteo, mostrando un finto coraggio.
Tommaso e Daniele si scambiarono uno sguardo. Cercando la forza l'uno negli occhi dell'altro.
Entrarono, ma dopo soli due passi furono travolti da un grosso problema: «Da che parte, Tom?», chiese Daniele. Silenzio. Tom non aveva la minima idea della direzione da prendere. Cercò di fare mente locale, ma solo ora si rese conto che il giorno prima era arrivato al capanno girando a casaccio. Ma, soprattutto, non era partito dall'ingresso.
«Non lo sai, vero?» chiese Matteo, quasi scocciato. Una folata di vento scosse i rami di un grosso albero, «Forse è meglio tornare a casa», aggiunse Daniele a bassa voce.
Il cimitero era deserto. Una cornacchia gracchiava in lontananza.
«Be, fate un po' come volete. Io vado.» e con quelle parole Matteo si avviò. Come prima con la bicicletta. I due amici lo osservarono allontanarsi e sparire dietro un corridoio di loculi.
«Lo odio. Fa sempre lo sbruffone, poi... » Daniele non fece in tempo a finire la frase che Tom, sorridendo, gli disse «Dai, non vorrai farti prendere in giro per tutta la vita. Guarda che è più fifone di noi quello lì.»
«Si...lo so...ma... » Daniele era sempre meno convinto della cosa, ma non voleva darla vinta a Matteo, e voleva apparire bene agli occhi di Tom, uno dei suoi pochi, veri, amici.
«Non sarà mica poi così grande questo cimitero.» aggiunse.
I due si incamminarono, cercando di portare i discorsi verso temi divertenti, utili ad allentare la tensione.

***


Camminavano ormai da un bel po'. Ogni corridoio che imboccavano era uguale al precedente: loculi a destra, loculi a sinistra; fiori a destra, fiori a sinistra. Le uniche differenze si trovavano incise nelle lapidi. Daniele, al loro passaggio, leggeva tutti i nomi. Tom la trovava una cosa insensata, ma lo lasciò fare, perché lo vedeva più tranquillo. Non era dello stesso parere Matteo che, per ogni nome detto, lanciava verso l'amico fifone una di quelle palle secche e marroni cadute dai cipressi, e lo canzonava «Per ogni nome che leggi, la persona a cui appartiene ti tormenterà nei sogni».
«Non mi fai paura!» rispondeva Daniele a tono, e via con un altro nome.
Tom, sfiduciato, non si chiedeva più se avessero trovato il capanno del custode. No. Si chiedeva se mai avessero ritrovato l'uscita. Si immaginò chiuso, al buio, dentro quel labirinto di loculi, accompagnato da fiocche luci rosse, fiori secchi, grossi alberi e...ombre!
Scacciò via subito il pensiero, aiutato dall'odore che invase le sue narici. Odore di bruciato. Quello che aveva sentito nel capanno.
«Zitti!» gridò. «Venite!»
I tre corsero per qualche metro poi, svoltando a sinistra, lo videro. Il vecchio capanno del custode.
Una vecchia stamberga in mattoni di tuffo, ricoperta di muffa e intonaco scrostato.
Sembrava una di quelle case che disegnano i bambini, con la porta al centro, a mo' di bocca, e il tetto a punta. Mancavano le finestre, che si trovavano ai lati, ma, in compenso, c'era la canna fumaria. Fumante.
I tre si avvicinarono cautamente, scambiandosi sguardi furtivi e d'incoraggiamento. Daniele camminava un passo indietro, ma non sembrava avere paura. Anzi, mostrava una certa sicurezza, che sorprese Tom.
La porta d'ingresso era socchiusa.
«Prima tu, Tom» disse Matteo.
Tom esitò un attimo. «Perché?» chiese, «Io ci son già stato, vai tu. Avevi così tanta fretta!».
«Si, ma appunto perché ci sei già stato, puoi farci strada!» ribatte l'amico.
«Ma quale strada? Dietro questa porta c'è solo una stanza, poi la porta...»
Mentre i due discutevano, non si accorsero che Daniele, con un impeto di coraggio, era già entrato. Quando tornò indietro per esortarli a fare lo stesso, rischiarono di incastrarsi sull'uscio, entrando contemporaneamente.

***


Il sole calava, nella stanza predominava il buio. I tre si guardavano intorno.
Nella parete sinistra, tre grossi martelli pendevano a testa in giù. Sull'orlo di un grosso tavolo in legno, una strana bocca metallica stritolava una lastra di ferro arrugginita. A pochi centimetri da questa, un feroce disco dentellato riposava quieto, sospeso a mezz'aria, retto da uno strambo oggetto a forma di pistola.
«Che razza di posto è questo!» disse Daniele, tradendo un accenno di forte paura.
«Sembra una stanza delle torture.» aggiunse Matteo.
«Forse, le persone che si svegliano vive nella tomba, vengono...» Daniele esitò, i due amici lo fissavano spaventati, «tolte dalla bara e...uccise qui!» concluse, in tono piagnucoloso.
«No. Per me questa è la casa della morte!» bisbigliò Matteo, manifestando una certa dose di paura, mentre indicava una grossa falce, poggiata di fianco a un attaccapanni da cui pendeva un logoro cappotto nero.
«Smettetela!» ribatté infastidito e impaurito Tom, e cercando di sdrammatizzare aggiunse, «a me sembra il capanno attrezzi di mio padre.»
I tre risero nervosamente, prima di accorgersi del suono che proveniva dall'altra stanza, propagandosi nell'aria. Cadenzato. « È li!» Tom indicò la porta.
Si voltarono. Davanti a loro si ergeva una porta nera. In alto, al centro, spiccava una vecchia targa in legno che Tom, quella volta, non notò. «Che c'è scritto? Non leggo, è troppo buio.»
Matteo chiese a Tom di fargli da scaletta. Posando il piede sulle mani giunte dell'amico, si elevò sino all'altezza della targa, e iniziò a leggere.
«Bi-gna...bisogna...mo...morire... »
«Morire?» i due da sotto in coro, «dobbiamo morire?»
«Un attimo!...bisogna morire molte volte...prima di...Tom, c'è già buio, la scritta è vecchia, e se tu continui a muoverti non leggo nulla!»
«Matteo inizi a pesarmi! Non riesco a reggerti...Daniele, vieni qui e dammi una mano! Non stare li a frugare!»
Ma Daniele non si accorse di nulla, intento com'era a raggiungere una scatola metallica poggiata su uno scaffale. Matteo, nel frattempo, riuscì a leggere.
«Bisogna morire molte volte per imparare a vivere!»
Un gran frastuono fece spaventare Tom, che mollò la presa, facendo cadere l'amico sopra di lui.
«Scusatemi.» disse Daniele, cercando di sistemare la cassetta degli attrezzi che aveva rovesciato.
«Sei il solito imbranato, vuoi farci scoprire!» gridò Matteo, furioso.
«Non l'ho fatto apposta!», si giustificò l'altro, pronto a scoppiare a piangere.
«Non importa! Ora, per penitenza, entri lì dentro! Dove bisogna morire per vivere, e ci dici se ci sono ombre o...»
«Ragazzi fuori di qui!» gridò Tom, staccandosi dallo spioncino della porta. Era stato l'unico a rendersi conto che il suono che proveniva da dietro la porta era cessato, e guardando da quel piccolo buco, vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: l'ombra veniva verso di lui!

***


I tre si lanciarono fuori dal capanno come razzi, sfondando la porta d'ingresso. Tom si voltò, e la vide: l'ombra. Era alta e grossa e stringeva un grosso coltello nella mano. O forse era un martello. O forse una falce. Forse era veramente la morte. Forse era troppo spaventato.
«Di qua!» gridò Matteo, imboccando una corsia a sinistra. Daniele piangeva.
«Non ti fermare Dan corri. Corri!»
Tom la vedeva, era ancora dietro di loro, non riusciva a seminarla.
«Ci ucciderà. Ci ucciderà!», le lacrime di Daniele scorrevano come un fiume in piena.
«Fifone. Se non la smetti di piangere ucciderà te per primo. Muovi il culo!», nelle parole di Matteo non c'era un tono ironico questa volta. Anche lui aveva paura, ma rallentò per afferrare l'amico impaurito per il braccio, «Dai. Dov'è Tom!?». Si erano separati. Non aveva svoltato a sinistra.
I due continuarono a correre. Si ritrovarono nella zona delle tombe monumentali. Grandi statue si ergevano da terra, a custodire il sonno dei defunti. I loro sguardi cattivi mettevano in soggezione i due ragazzini che, tremando, si voltavano i ogni direzione alla ricerca dell'amico. E alla ricerca del nemico. Spalla a spalla, si sorreggevano e si davano forza.
«Dici che l'ha preso?» chiese Daniele. Matteo esitò, prima di rispondere, «Non lo so. Dovremmo andare a cercarlo.»
Ancora esitazione. Nessuno aveva il coraggio di dir nulla. Poi Daniele, a capo chino, ruppe il silenzio «Ho paura Matteo...se ci prende, se ha preso Tom, se....»
«Basta...che razza di amico sei? Vuoi lasciarlo qui?» rabbia e paura nelle sue parole.
«No.» Daniele stringeva i pugni. Una lacrima rigò il suo viso. Tremava come una foglia.
«Smettila di comportarti così. Tommaso è nostro amico dobbiamo...» le parole morirono nella bocca di Matteo, quando, non lontano da loro, vide Tom. Poi il suo viso si pietrificò, così come i suoi muscoli, quando, dietro l'amico in fuga, vide una grossa figura scura.

***


Tom correva a perdifiato. Sentiva il cuore esplodergli in petto, ma non si sarebbe mai fermato. Per nulla al mondo. Ma a ogni curva, incrocio, deviazione, l'ombra era sempre più vicina. L'avrebbe preso per i capelli, e poi? L'avrebbe trascinato in quella stanza angusta, dove lo aspettavano lunghe torture, prima di essere gettato in pasto alle ombre.
«Tom, di qua!», era la voce di Matteo. Non era mai stato così felice di vederlo. Si trovava alla fine della corsia di loculi. Quando lo raggiunse, svoltò velocemente, pur consapevole di non averla seminata, «Matteo, state bene? Dov'è Daniele?», nella paura, il pensiero che Matteo avesse mollato Daniele lo fece imbufalire, ma scoprì che non c'era bisogno.
«Ora lo vedrai.» lo rassicurò Matteo, «Vieni!»
Si arrampicarono su alcune lastre di marmo nero, calpestando fiori e rovesciando lumini, e si accucciarono dietro due grosse lapidi su cui risaltavano le foto di due anziani signori.
Tutti e tre portarono le mani alla bocca, per cercare di tappare ogni minimo rumore, ma l'estenuante corsa li costringeva a respirare affannosamente. Dopo pochi istanti riuscirono a calmarsi.
Regnava il silenzio, infranto di tanto in tanto dal gracchiare di qualche cornacchia, o dal vento che scuoteva i cipressi. Poi, rumore di passi. Prima lontani, man mano sempre più vicini. A ogni passo il battito del cuore aumentava. Diventava così forte da coprire qualsiasi altro suono, eccetto quelli dei passi che, con lo stupore di tutti e tre, andarono sfumando.
Passarono interminabili minuto di silenzio, in cui i tre amici si scambiavano occhiate furtive, in cerca di sicurezza, in cerca di qualcosa che sbloccasse la situazione. Ma nessuno aveva il coraggio di prendere l'iniziativa. Poi Tom esordì, bisbigliando.
«Non mi credevate?» disse, «Avevo troppa fantasia, dicevate!».
«Io ti ho sempre creduto» rispose Daniele, con voce tremante.
«Ma zitto. Hai riso quanto me quando ci ha raccontato questa storia!» lo rimproverò Matteo.
«Non è vero!», «Si che è vero!»,«Non è vero!», «Si che è vero!», «Non....»
Mentre i due litigavano, Tom fissava il blocco di marmo bianco che stava davanti a loro. Preso dallo spavento e dal rumore dei passi, non aveva notato che era diventato più scuro. Ma non tutto. Solo all'interno di una sagoma... l'ombra!
Uno stormo di uccelli si sollevò in volo, accompagnato dal grido di Tommaso, Matteo e Daniele.

***


«...e poi li acciuffai tutti e tre. Erano terrorizzati! Bianchi come cadaveri, e io ne ho visti di cadaveri!», quelle parole furono accompagnate da una fragorosa risata che riempì l'angusta stanza in cui i due discutevano. Era tale e quale a come la ricordava.
Quando finì di ridere, il vecchio si accese una sigaretta, aggiungendo «Come vedi c'è anche da divertirsi. Non è di sola morte che vivo», un'altra risata, accompagnata da colpi di tosse, «Ma piuttosto, perché ti interessa conoscere queste storie, ragazzo?»
«Sto scrivendo un articolo sui custodi dei cimiteri. Mito e leggenda che si fondono con la realtà. E chi, più di lei, può darmi queste informazioni.» rispose, con tono pacato e amichevole.
«Capisco...bé, mi ha fatto davvero piacere questa chiacchierata signor...signor?»
«Tommaso. Ma può chiamarmi Tom.»
«Tom.» il vecchio annuì con la testa, sembrava pensieroso, poi riprese a parlare, «dicevo, mi ha fatto piacere la chiacchierata, signor Tom. Sa, non è che parli con molte persone durante il mio lavoro, anche se, a volte, i morti ci raccontano più di quanto possiamo immaginare. Bisogna saperli ascoltare.»
«È il senso di quella frase?» chiese Tom, indicando la targa appesa sulla porta alle spalle del vecchio.
«In un certo senso.» rispose, voltandosi a osservarla, «Ora però ti devo lasciare Tom, il lavoro mi chiama. Magari passa domani, ho tante storie da raccontare, e poche persone a cui raccontarle.» un'altra risata accompagnò quelle ultime parole poi, il vecchio si congedò, alzandosi lentamente. L'età non gli consentiva gli agili movimenti di un tempo. Tom lo osservò trascinarsi verso quella porta che, da piccolo, gli costò quasi un infarto, e un mese di punizione.
Il vecchio sparì dentro la stanza, rossa e calda come allora, chiudendosi la porta alle spalle. Quel suono ritmato riprese. Tom si avvicinò cautamente. Da quel giorno non era più rientrato nel capanno del custode, né aveva mai scoperto cosa si celasse dietro quella porta.
Posò una mano sulla maniglia. Era calda come allora. Fece per abbassarla, ma si bloccò. Decise di tornare indietro. Aprì la sempre più logora porta d'ingresso, e andò via.
Camminando sul viale d'uscita del cimitero, carico di cipressi come allora, pensava.
Pensava al fatto che non c'era nessun articolo da scrivere, che era andato lì solo per capire cosa c'era dietro quella porta. Ma rivivendo quella storia, capì che forse era meglio non scoprirlo. Non svelare nulla. Le magie, pensò, son belle sin quando non conosci il trucco, e di trucchi svelati, crescendo, ne aveva visti fin troppi. Almeno quello, voleva lasciarlo inalterato.


[18247 caratteri]

Autorizzo Jackie per un eventuale pubblicazione sullo Skan Magazine.

Edited by Aser - 7/2/2013, 23:35
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 7/2/2013, 19:03




CITAZIONE (Jackie de Ripper @ 7/2/2013, 18:05) 
Visto l'entusiasmo, lo Skannatoio non si fermerà.
Se poi qualcuno volesse aiutare per verificare
il corretto andamento delle gare, si faccia
avanti. Non sarò certo io a rifiutare.

Questo mi fa molto piacere e, come già ti dissi, sono a tua disposizione se ti servirà aiuto. ^_^
 
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view post Posted on 7/2/2013, 19:14
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Evvai!

Amici skannaroli, con parecchio entusiasmo vi linko "il prossimamente" del mio racconto Spirito Volpe.
Ho firmato il contrattoor ora! ;)
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=337...f_t=photo_reply
 
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anark2000
view post Posted on 7/2/2013, 19:15




Per me si può iniziare subito.
 
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Aser
view post Posted on 7/2/2013, 19:18




@Sol
CITAZIONE
Questo mi fa molto piacere e, come già ti dissi, sono a tua disposizione se ti servirà aiuto.

Già immagino i temi che ci proporrà Sol :p093: :P :p092: , ahahah, scherzo eh!!

@Polly i miei complimenti ^_^
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 7/2/2013, 21:17




Sono già disponibili sei racconti
e mancano ancora tre ore alla
conclusione della prima fase.
Lo Skannatoio edizione XIV si terrà!

"L'arena dei Pulsgene" di Polly Russell #entry525653383
"Da Ribiez" di shanda06 #entry525907781
"La guerra del metallo freddo" di anark2000 #entry525937651
"La vittima giusta" di Rovignon #entry526279930
"Sura per un Dio meccanico" di Sol Weintraub #entry526309663
"Ombre danzanti" di Aser #entry526317148
...

CITAZIONE (Sol Weintraub @ 7/2/2013, 19:03) 
CITAZIONE (Jackie de Ripper @ 7/2/2013, 18:05) 
Visto l'entusiasmo, lo Skannatoio non si fermerà.
Se poi qualcuno volesse aiutare per verificare
il corretto andamento delle gare, si faccia
avanti. Non sarò certo io a rifiutare.

Questo mi fa molto piacere e, come già ti dissi, sono a tua disposizione se ti servirà aiuto. ^_^

Mi servirà aiuto per la moderazione e la verifica del rispetto
dei tempi di consegna
, ma non per la stesura delle specifiche
perché ho bisogno che tutti gli autori possano continuare a scrivere.
Poi ci vorrebbe un talent scout per trovare racconti interessanti da
pubblicare su 'Skan Magazine' in giro per gli altri concorsi on-line,
qualcuno che trovi materiali interessanti (articoli da pubblicare,
recensioni ecc.), qualcun altro che impagini e chi più ne ha...


CITAZIONE (Polly Russell @ 7/2/2013, 19:14) 
Evvai!
Amici skannaroli, con parecchio entusiasmo vi linko "il prossimamente" del mio racconto Spirito Volpe.
Ho firmato il contrattoor ora! ;)
www.facebook.com/photo.php?fbid=337...f_t=photo_reply

Complimenti! E poi questo "Spirito Volpe" non mi è nuovo ;)

A proposito, preparati perché è prevista un'intervista su
'Skan Magazine' per il vincitore/vincitrice del "Campionato
aut-inv 2012" e, se Rovi o master non dovessero fare il col-
paccio, potrebbe toccare a te (non per portare sfortuna, eh)
 
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Miksi
view post Posted on 7/2/2013, 21:37




ciao ragazzi!
come ammenda per aver latitato negli ultimi mesi vi offro un raccontino da disossare :)
certo, forse sarebbe stata meglio una torta da assaporare, ma vabè... sarà per la prossima magari :D
ecco qui...





Per una goccia di libertà



Michael aveva undici anni ed era sempre stato un bambino allegro e vivace. A scuola andava d’accordo coi compagni, i suoi voti erano buoni e quando all’intervallo si giocava a nascondino era l’unico che non gridava mai “fiasco”.
Questo alle bambine piaceva molto: loro odiano vedersi interrompere una manche di nascondino, a meno che il motivo non sia che il bulletto della situazione abbia tirato su la gonna a qualcuna di loro per indurla a scappare in campo aperto.
Michael non si atteggiava nemmeno mai a bulletto. Si comportava più come fosse un gatto: la sua presenza aveva più il sapore dell’assenza, i suoi occhi sembravano sempre concentrati su qualcosa di invisibile al resto dei presenti.
Il ragazzino detestava una sola cosa: trovarsi di fronte a cose chiuse. Aveva cominciato una mattina di Aprile, il giorno del suo compleanno, il sedici. Aveva insistito per aprire la scatola che conteneva la sua torta. A nulla erano valse le preghiere della madre di aspettare gli invitati, nel pomeriggio: non sarebbe stato per nulla educato presentare una torta già affettata.
Ma il bambino non voleva una fetta di torta: anzi, a malapena l’aveva guardata. Aveva solo voluto aprire la scatola. Poi, con aria di soddisfazione, era andato a vestirsi per la scuola.
Da allora non aveva più sopportato i barattoli sigillati, né i contenitori chiusi ermeticamente. Nemmeno i tappi sulle bottiglie.
La madre cominciò presto a preoccuparsi: il frigorifero veniva messo ogni giorno a soqquadro. Inutili i tentativi della donna di rimettere tutto in ordine. Alla prima opportunità il figlio svitava il vasetto dei sottaceti, apriva il top-down del ketchup e toglieva il coperchio dalla confezione del formaggio da spalmare. Non sprecava in alcun modo il cibo. Tutto rimaneva al suo posto, fuorché i tappi.
Lasciando il frigorifero aperto, Michael si dedicava ai ripiani della cucina, al forno e alla credenza. Soltanto una volta terminata la sua meticolosa opera si accingeva a studiare, da bravo ragazzo, la lezione per il giorno dopo.
“Li lascio respirare”, diceva sempre, con calma, “niente può stare rinchiuso troppo a lungo ed essere felice”.
La madre lo guardava con occhi tristi, talvolta gonfi di lacrime. Non capiva quelle parole e si chiedeva se desse al figlio abbastanza spazio per giocare, o libertà d’animo; ma il bambino, con gelido distacco, aggiungeva, quasi leggendole nel pensiero: “non ha niente a che fare con me, mamma, io sto bene. Loro no”

Da principio sua madre era restia all’idea di far visitare il bambino a uno psicologo: pensava che ciò avrebbe potuto causare ben più danni che benefici. Un’esperienza del genere, pensava la donna, poteva essere troppo ardua da assimilare.
Forse, la sua reticenza era anche dovuta alla difficoltà di dover affrontare il problema, al suo senso di colpa, alla sua incomprensione, alla sua paura di scoprire ombre terribili.
Una fase passa, un trauma si radica nel profondo della coscienza e nell’angolo più riparato della memoria. Non basta munirsi di grosse pinze per estirparlo.
Le pinze lacerano, scavano tutt’attorno, e il trauma sfugge dalle loro mandibole serrate, come fosse un filo d’erba scaltro, un pelo troppo sottile per poter essere catturato e portato alla luce.
Michael aveva spiegato con tranquillità al dottore in che cosa consistesse la sua ossessione.
Gliel’aveva spiegata come si spiegano le cose ai bambini, con poche parole, con naturalezza.
“Curioso”, aveva mormorato lo psicologo, portandosi un indice alle labbra e aggrottando le sopracciglia.
Michael aveva solamente scrollato le spalle.
“Non ci trovo niente di curioso, signor Bolech”, gli disse, “è così che stanno le cose: curioso è un delfino che si perde nella giungla, non il nido di una rondine”
“Perché ti comporti così, Michael?”
“Gliel’ho spiegato. Bisogna morire molte volte per imparare a vivere. Per poter vivere. E loro muoiono da una vita intera”
"Chi sono loro?"
"Sono tutti i prigionieri a cui manca l'aria"
“Chi te l’ha detto?”
“L’ho letto da qualche parte”

La necessità di trovare una soluzione si fece più pressante, con l’avanzare dell’estate.
Michael cominciò anche a tenere aperti cassetti, porte, finestre. La missione d’apertura occupava porzioni di giornata sempre maggiori.
Tutte le sere la madre chiudeva con amorevole pazienza qualsiasi cosa il figlio avesse aperto durante il giorno, nella speranza che il mattino seguente Michael si dimenticasse di quella strana fobia e incominciasse il giorno come tutti i bambini normali.
Alla luce della costosa lampada all’angolo della sala, la madre spesso piangeva, mentre richiudeva con cura la sua scatola di tranquillanti.
Di tanto in tanto, il marito veniva per condurla a letto: le cingeva le spalle e non diceva una parola, passando davanti alla stanza in cui il figlio riposava.
A Luglio Michael si fece più nervoso nei movimenti. Non aveva mai mostrato segni di rabbia contro la madre, che ostacolava in silenzio la sua opera, ma, all’inizio di quel mese, cominciò a trattare le cose con meno delicatezza.
Prendeva spesso a calci gli armadi, tirava le maniglie con tanta forza che sembrava volesse scardinare le porte.
Ruppe più di un vasetto di confettura.

Un martedì mattina gettò a terra la scatola di cereali, prima della colazione.
Strappò la parte superiore del cartone e sparse il contenuto del sacchetto di plastica per tutto il pavimento.
Guardò in tralice sua madre e scappò in camera.
La donna udì rumore di cassetti aperti, convulso, poi un urlo quasi rotto dal pianto.
Quando accorse trovò Michael in ginocchio su un mucchio di vestiti, ammucchiati davanti al letto.
Tentò di abbracciare il suo bambino, ma lui si divincolò e corse in bagno, aprì ogni sportello e ne rovesciò il contenuto a terra.
Le boccette di profumo si infransero sul pavimento, il flacone della lacca rotolò nella vasca da bagno, gli smalti, il cotone, i rasoi, gli spazzolini vennero in una furia cieca riversi a terra. Michael tentò di arrampicarsi fino agli scaffali più alti, ma scivolò due volte sui ripiani di marmo. Sbatté il ginocchio talmente forte che dovette rinunciare alla scalata e tornò in cucina saltellando su un piede solo.
Passò in rassegna tutti i mobili, fece un gran fracasso con pentolame e ceramiche. Ridusse a un disastro il pavimento: un miscuglio di olio, zucchero, farina, aceto balsamico e biscotti in briciole.
La madre era inorridita: se cercava di fare un passo verso il figlio, questi le urlava di rimando, minaccioso, digrignando i denti.
Non le restò altro che sperare che finisse presto, che alla fine il piccolo non avrebbe trovato più nulla da aprire e si sarebbe calmato.
Avrebbe solo pulito e rassettato. Non avrebbe mai più chiuso un mobile, mai più rimesso un coperchio al suo posto. Magari, in fondo, suo figlio un giorno si sarebbe semplicemente svegliato e avrebbe deciso che fosse ora di richiudere tutto. Non poteva fare altro, non poteva rischiare di vederlo preso di nuovo da una simile crisi isterica. Usare qualsiasi forma di violenza non sarebbe valso a nulla; sarebbe senz’altro accondiscesa a ogni richiesta del ragazzo.
Michael si fermò un momento e riprese fiato. Lanciò uno sguardo alla madre, appiattita contro la parete e con una mano davanti alla bocca, per soffocare le urla di disperazione che le salivano spontanee dal petto.
Appoggiandosi alla gamba malferma il ragazzo si diresse al lavabo e aprì il rubinetto.
Lasciò scorrere l’acqua. Senza distogliere gli occhi dalla donna si accovacciò.
Raccolse da terra uno dei coltelli finito lì tra decine di altri utensili e affondò fulmineo la lama nel suo piccolo polso. La fece scorrere deciso per cinque centimetri.
Sua madre non fece in tempo a correre verso di lui che il taglio netto si aprì lasciando sgorgare il sangue fin sull’incavo del gomito.
Il bambino lasciò andare il coltello e con la mano destra aiutò la ferita ad allargarsi ancora di più.
Si tirò la pelle fino a vedere grosse gocce rosse ribollirgli sull’avambraccio.
“Liberati!” sussurrò al proprio fluido vitale. “Scorri via da questa prigione”.
Poi rovesciò gli occhi all'indietro e si accasciò a terra.
Chiuse le palpebre e sentì il freddo delle piastrelle sulla guancia sinistra.
L'urlo di sua madre fu l'ultima cosa che ricordò.



autorizzo jackie a pubblicare eventualmente il racconto sullo skan magazine!
 
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kaipirissima
view post Posted on 7/2/2013, 23:05




ATTO UNICO




Ci sono tre cose che mi piacciono dell'andare a teatro.
Prima, il fermento di aspettativa che serpeggia tra foyer, platea e gallerie.
Seconda, il recupero di uno spazio privato, solo mio.
Terza, emozionarmi.
Questa sera è speciale: fuori dal programma della stagione, unica rappresentazione in Italia. Fortunatamente, come abbonata, ho avuto l'opzione di acquistare il biglietto prima che fosse messo a disposizione di tutti.
Eccomi qui, seduta in uno strategico posto in terza fila, al mio fianco una simpatica signora di circa sessant'anni: Caterina Gallerio, si è presentata.
"Sono emozionata," mi confida un po' timida "il Maestro ha scelto Udine per il suo ultimo lavoro".
La guardo annuendo, capisco la sua emozione, perchè è anche la mia.
"Lei l'ha mai visto, signorina?" Vedendomi scuotere la testa, sembra intristirsi poi una luce le brilla negli occhi, come un lampo lontano. "Ricordo come fosse ieri quando scrisse e interpretò il Monologo di Macbeth. Solo sulla scena, uno spazio che si dilatava e restringeva, avvicinandoci, allontanandoci. Fu allora che m'immanorai di lui... della sua arte. Il Maestro è stato l'unico a farmi sciogliere e annullare dentro Macbeth e Lady Macbeth, come fossero un'unica essenza, prima unita dall'amore e poi scissa per sempre dal peccato" .
Rimango senza parole. Non avevo mai considerato Macbeth e la Lady come espressioni della medesima identità: razionalità, intelligenza, forza, ardimento e nel contempo: irrazionalità, sensitività, grazia, emotività. Ma soprattutto sono sorpresa che la mia vicina, a quanto ho capito, sia stata l'amante del Maestro.
Mentre sono assorta in tali riflessioni, la signora, intuendo il mio disappunto, mi sorride, battendomi leggermente con simpatia sulla mano.
"Le succede mai di leggere un romanzo, una poesia, e avere l'impressione che parli di lei? A me capitò con quella tragedia. Forse sovrainterpretai, ma il ricordo è rimasto indelebile in me".
"Ha ragione" dissi annuendo. "Per me fu il romanzo Demian di Herman Hesse. Quando lo rilessi, anni dopo, fu con un misto di malinconia che scoprii che quel libro non mi rappresentava più".
La signora sorride. "Il Maestro una volta disse: bisogna morire molte volte per imparare a vivere. Di romanzo in romanzo, di tragedia in tragedia, di personaggio in personaggio, di vita in vita... " la voce sembra spegnersi, mentre in sala le luci si affievoliscono e nel silenzio, che ha invaso il teatro, il buio ci avvolge.
Il sipario si apre.

Il sipario si chiude.
Nessun applauso.
Il buio è fuori e dentro di noi. Sono emotivamente sconvolta. L'unica azione che compio è respirare.
Timido alle mie spalle un applauso, poi un altro e così fino a fare esplodere il teatro. Un boato che attraversa come un'energia il mio corpo.
Anche le mie mani, frenetiche, applaudono. Senza riposo, colpendosi con forza, fino a farsi male.
Le luci si accendono. Gli applausi aumentano d'intensità.
Il sipario si apre, le luci si spengono. Gli applausi cessano.
La scena è rimasta immutata. Il corpo, emaciato, anoressico del Maestro è ancora lì, immobile.
Qualcuno chiama il suo nome, "Maestro" altri il nome del personaggio appena rappresentato "Heathcliff", ma la scena non muta.
Il sipario si chiude. Gli applausi e le grida ricominciano.
Il sipario si apre. Sulla sedia dove prima c'era il corpo il vuoto. Assenza presenza.
Lampi di luce inondano la sala. Il sipario cala frusciando e una donna scivola al centro, attende il silenzio.
"È con immenso dolore che vi comunico che il Maestro ci ha lasciati. Già da tempo il suo fisico era provato. Il suo desiderio più grande era di recitare qui, nella sua città, per l'ultima volta. Siamo felici che questo gli sia stato concesso. Ricordiamolo con un applauso". E inizia a battere le mani poi, come una marea, l'intera sala si alza e applaude ancora più forte. Sorpresa mi volto verso la mia vicina.
Il posto è vuoto.
Chiedo all'uomo nella poltrona successiva dove sia, ma lui mi guarda sorpreso. Nessuna signora, il posto era rimasto libero per tutto lo spettacolo.
Un brivido mi percorre la schiena, mentre nella mia anima echeggiano queste parole: "Catherine Earnshaw, possa tu non trovare pace finché io avrò vita; dicesti che io ti avevo uccisa; perseguitami allora! Gli assassinati perseguitano i loro assassini, credo. So che dei fantasmi hanno vagato sulla terra. Sii sempre con me, assumi qualsiasi forma, fammi impazzire! Solo non lasciarmi in questo abisso dove non riesco a trovarti! Oh Dio! Non ci sono parole per dirlo! Non vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza la mia anima!"

Edited by kaipirissima - 7/2/2013, 23:47
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 8/2/2013, 00:05




Ecco gli otto racconti in gara. Mi pare che
tutti rispettino i requisiti di lunghezza.
Avete due settimane per commentare i racconti
e pubblicare le vostre classifiche.

"L'arena dei Plusgene" di Polly Russell #entry525653383
"Da Ribiez" di shanda06 #entry525907781
"La guerra del metallo freddo" di anark2000 #entry525937651
"La vittima giusta" di Rovignon #entry526279930
"Sura per un Dio meccanico" di Sol Weintraub #entry526309663
"Ombre danzanti" di Aser #entry526317148
"Per una goccia di libertà" di Miksi #entry526333176
"Atto unico" di kaipirissima #entry526341761
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 8/2/2013, 10:56




Skannatoio inaspettatamente corposo, siamo passati dal rischio di perdere l'edizione ad avere un buon numero di racconti. Direi che la nostra Dama può ritenersi soddisfatta.
Tutto sommato il bilancio dei lavori e buono: alcune perle, qualche tentennamento, ma la qualità rimane sempre alta.

- - -



L'ARENA DEI PLUSGENE di Polly Russell

GRAMMATICA E SINTASSI:
CITAZIONE
Mi stanno dando del vigliacco e forse hanno ragione ma, non ho nessuna intenzione di crepare per il loro sollazzo.

Sposterei la virgola prima del "ma".

CITAZIONE
"Genepiatti" di merda!

Perché le virgolette? Secondo me non sono necessarie.

CITAZIONE
Non c'è serratura, né chiusure di alcun genere, me lo hanno saldato al collo tre anni fa.

Sostituirei la seconda virgola con un punto e virgola, meglio ancora un punto fermo, per dare maggiore enfasi alla frase.

CITAZIONE
Dovrei andarmene ma da qui non posso vedere alcun punto di arrivo, collare di merda! Riuscissi ad aprirlo sarei già sdraiato al sole in qualche isola tropicale.

Al posto della virgola metterei il punto fermo e poi andrei a capo.

CITAZIONE
Invece devo sperare che il gruppetto qui davanti si sposti, magari affacciandomi, scorgo qualcosa.

Anche qui opterei per una pausa lunga al posto della prima virgola. La seconda va tolta perché
taglia il predicato.


CITAZIONE
Ho pagato quasi seicento carte per vedere dei veri "Plusgene" combattere

Anche qui le virgolette stonano.

CITAZIONE
Ho pagato quasi seicento carte per vedere dei veri "Plusgene"combattere,
se non c'è l'incontro, rivoglio indietro i miei soldi.»

Idem come sopra per le virgole. Pausa più lunga e predicato separato.

CITAZIONE
Riesco ad affacciarmi afferrando le sbarre di questa specie di finestra, e sorpresa
delle sorprese, l'unica cosa visibile oltre all'arena è un palazzo di una trentina di piani. Fisso una finestra in alto, da cui non proviene luce.

Ripetizione.

CITAZIONE
Il mio corpo perde consistenza e peso, fluttuo nel nulla, ma
sono solo pochi attimi, fa freddo.

Di nuovo pasticci di punteggiatura. Consiglio sulla costruzione:
"Il mio corpo perde consistenza e peso; (o anche due punti) fluttuo nel nulla per pochi attimi. Fa freddo.


CITAZIONE
È questo dannato collare a produrre le anomalie e tutto questo dolore.

Metterei "il dolore" evitando la ripetizione.

CITAZIONE
Materializzarmi era naturale come correre e altrettanto facile, un tempo.

Preferirei "Un tempo materializzarmi era naturale come correre, e altrettanto facile.

CITAZIONE
Mi affaccio dalla finestra, due dei miei
carcerieri sono in strada, e i loro bastoni elettrici non promettono nulla di buono.

Toglierei la seconda virgola.

CITAZIONE
Saranno un paio di chilometri, per quanto possano correre, riuscirò a seminarli.

Toglierei la seconda virgola.

CITAZIONE
ma i colpi alla porta non mi permettono delle prove preliminari.

Toglierei "delle".

CITAZIONE
Le braccia e le gambe mi fanno un male d'inferno e se non recupero in fretta, sarà stato tutto vano.

Punto fermo al posto della "e" dopo "inferno". Via la virgola.

CITAZIONE
Finalmente i miei occhi si abituano alla luce, mi bruciano anche, ma credo sia normale, è quello che vedo intorno a me che non è come dovrebbe.

Io metterei: "Finalmente i miei occhi si abituano alla luce; mi bruciano, ma credo sia normale.
Quello che vedo intorno a me, al contrario, non è come dovrebbe.


CITAZIONE
Il colpo al torace deve avermi incrinato una
costola, un'altra "misura preventiva", per assicurasi che non esca vivo dall'incontro.

Di nuovo via le virgolette e la seconda virgola.

CITAZIONE
Hanno scelto il mio migliore amico uccidermi.

Manca un "per".

CITAZIONE
Il tappeto è coperto dai bicchieri di plastica e cartacce e il vociare è sempre più forte.

Metterei un punto e virgola o un punto fermo al posto della seconda "e".

CITAZIONE
Mi sollevo, aggrappato alle
corde e guardo il mio compagno

O togli la prima virgola o ne aggiungi una seconda prima (o al posto)
della "e".


COMMENTO:
Ciao Polly, eccoci qui all'ennesimo commento.
Sinceramente mi trovo leggermente in difficoltà a giudicare questo tuo pezzo; non per il racconto in se ma per le sensazioni che mi ha dato, soprattutto alla luce di una passata esperienza con un altro utente che prese molto a male parole simili. Credo tuttavia che tu abbia imparato a conoscermi abbastanza bene da capire la buona fede dietro le mie considerazioni, quindi bando alle ciance.
Commentandoti in maniera assidua, di recente, ho notato come i tuoi racconti si delineino in due filoni ben precisi, non narrativi, ma stilistici. Da un lato abbiamo dei piccoli capolavori di forma e contenuto, dall'altro dei pezzi che, seppur molto belli per idea e ambientazione, risentono, a mio parere, di una realizzazione eccessivamente piatta e bidimensionale, quasi fossero sceneggiature piuttosto che racconti. La tua "Arena", purtroppo, ricade in questa seconda trancia.
L'ambientazione è accattivante, molto fumettosa e la storia, nella sua semplicità, è efficace; direi che, anzi, invoglia ad approfondire il proseguo delle vicende.
Il ritmo, pur nella concitazione degli eventi, non cattura. Manca di pathos, limitandosi a descrivere
azioni che, specie nella prima parte, diventano pesanti e ripetitive. Io apprezzo la lentezza e gli schemi ciclici (vedi il tuo racconto dei dadi) ma se sono calati in un contesto appropriato.
Altro grosso limite, sempre parlando a titolo personale, è una caratterizzazione psicologica dei personaggi banale, stereotipata o, in alcuni casi, completamente assente.
Quest'ultimo punto è quello che mi lascia maggiormente interdetto, specie sapendo con quanta cura solitamente crei i tuoi protagonisti.
Diciamo che considero questo tuo pezzo uno scivolone, ben conoscendo le tue capacità di scrittrice, forse dovuta (e arriviamo a ciò che fece imbestialire qualcuno all'epoca) all'eccessiva fretta nel postare.
Ripeto, l'idea è buona, necessita solo di una seconda, corposa ripassata.

IN CONCLUSIONE:
:) Trama e ambientazione.
:angry: Atmosfere poco corpose; psicologia dei personaggi insufficiente.

Una buona bozza che, se ripresa in mano, può diventare un bell'urban fantasy d'azione.

- - -



DA RIBIEZ di shanda06

GRAMMATICA E SINTASSI:
CITAZIONE
E’ di nuovo sera, nella casa fuori città del grande pittore Ribiez, ed egli continua a girarci intorno nella sua Mini bianca, indeciso se entrare o meno.

Attenzione al vizio di forma. Il soggetto della frase è "sera" quindi se non lo cambi sembra che Ribiez giri intorno a lei anziché alla casa.

CITAZIONE
Non così, non doveva immedesimarsi troppo nella parte, quante volte voleva svenire?

Io metterei un punto esclamativo al posto della prima virgola e un punto fermo al posto della seconda.

CITAZIONE
aveva preso tutte le pastiglie che aveva potuto.

Ripetizione. Cerca di variare il verbo.

CITAZIONE
Nell’ingresso ci sono un paio di poltrone e un divano a grandi fiori stampati, e un televisore sulla destra.

Sostituirei la prima "e" con una virgola e toglierei la seconda.

CITAZIONE
Dapprima, si sente appena, e poi diventa sempre più forte.

Toglierei la prima virgola e la "e".

CITAZIONE
Raffigura una caverna gigantesca dall’ingresso in penombra, in fondo al quale c’è una porta chiusa.

"alla quale", presumendo si riferisca alla caverna.

CITAZIONE
-Non capisco- dice De Pastri, accorso dietro all’amica per vedere di cosa si tratta; crede che sia uno scherzo dell’amico, e riprende tutto ciò che vede –come è potuta succedere una cosa così?

Ripetizione.

CITAZIONE
La voce rise di lui

"ride", altrimenti abbiamo un cambio di tempo. Ma credo si tratti di un refuso.

CITAZIONE
Bambino prodigio, mi ricordo di te, vieni, ora, affrontami.

Io metterei: "Bambino prodigio, mi ricordo di te. Vieni ora, affrontami.


COMMENTO:
Alexandra, mi fa davvero piacere vederti finamente attiva nei laboratori del forum.
Scelta che avresti dovuto fare prima, visto il risultato.
Il tuo "Da Ribiez" è un racconto non solo nelle mie corde, a essere sicero, un racconto che ti invidio. Onirico, simbolico, psicomagico.
Una storia che avrei potuto scrivere. Che avrei voluto scrivere.
In poche righe ci hai regalato quello che, ai miei occhi, appare come un'allegoria dell'accettazione del sé. Una ricerca di confronto e affronto con i propri demoni.
In un'atmosfera oltremondana, quasi orfica, assistiamo al carosello di archetipi che si affacciano, uno dopo l'altro, orchestrati da una scrittura che è quasi regia.
In un tuo precedente racconto citai Lynch, ed eccolo di nuovo comparire, non solo nelle tematiche, ma nei modi, nelle "inquadrature".
La tua scrittura guida il lettore con una visione settoriale, chirurgica, come l'occhio della macchina da presa. Ti soffermi sui dettagli mantenendo l'orrore e l'inquietudine sullo sfondo ma, comunque, sempre visibile a margine, come un'ombra sotto il lampione.
Termino qui con una frase, tratta dal libro di un grande uomo e grande medico, amico e maestro, che proprio il tuo racconto mi ha riportato alla mente: "Dopo un certo tempo non provi anche tu un senso vago di... non so ben dire, come se svanissero gli accenti e i contorni delle cose? Un'amarezza costante mi accompagna, una sottile inquietudine incartoccia i miei passi e li rende innaturali, più poveri. Che cos'è tutto ciò, cosa mi spaventa e mi insegue oltre il rumore che metto tra me e il mondo?".
Complimenti.

IN CONCLUSIONE:
:) Atmosfera; peronaggi; costruzione della storia e sua simbologia.
:angry: Al di là di pochissimi errori, nulla da segnalare.

Un allucinante viaggio nella nigredo umana. La storia di una scoperta e, forse, di una rettificazione.

- - -



LA GUERRA DEL METALLO FREDDO di anark2000

GRAMMATICA E SINTASSI:
CITAZIONE
Era una splendida notte stellata di mezzo autunno: su nel cielo, la costellazione di Orione era più brillante che mai.

Metterei un punto fermo al posto dei due punti.

sfrecciava rasente a pochi metri dal mare per non farsi individuare dai radar nemici
Gusto personale, avrei messo "a volo radente". "a pochi metri dal mare" invece lo metterei in inciso.

CITAZIONE
come un aquila

Refuso: "un'aquila".

CITAZIONE
Io e Bradley abbiamo avuto la prontezza di lanciare l'urlo, ma, essendo

Punto e virgola al posto della prima virgola, per staccare e dare maggiore enfasi.

CITAZIONE
- Urlo scarico, modalità carburante ristabilita. Si consiglia la massima prudenza in territorio nemico. - Tante grazie, pensò Brian.

Ti correggo la formattazione del discorso diretto.
"- Urlo scarico, modalità carburante ristabilita. Si consiglia la massima prudenza in territorio nemico.
- Tante grazie - pensò Brian.
"

CITAZIONE
troppo lente per centrare il bersaglio: il telaio mimetico garantiva sempre l'effetto sorpresa mentre il visore ottico notturno dei nemici, spiazzato dai riflessi cromatici, cercava ancora di inquadrare il bersaglio

Ripetizione.

CITAZIONE
Meglio così, si disse.

- Meglio così - si disse.

CITAZIONE
Le ali del suo gioiello di tecnologia furono progettate

"Erano" o "erano state", altrimenti cambi tempo.

CITAZIONE
da quando ci fu la rivolta cibernetica

"dai giorni della" suonerebbe meglio.

CITAZIONE
tra lui e la porta, adesso, si trovava un altro grosso robot, un cyborg da combattimento modello terra bruciata

Sostituirei con un punto e virgola e metterei un punto fermo a fine frase.

CITAZIONE
Il robot cadde in ginocchio, poi, dopo qualche secondo, iniziò o a cadere lentamente all'indietro

Ripetizione. E ti è scappata una "o" di troppo. ^_^


COMMENTO:
Ehilà Anark, ben ritrovato.
Devo ringraziarti, mi hai fatto tornare ragazzino quando, seduto sul tappeto di casa, guardavo a occhi sbarrati i vari Jeeg, Mazinga, Gundam e Zambot 3 (clamoroso).
Vabbé, non diciamo stupidaggini, lo faccio ancora oggi, rimpiangendo l'enorme Voltron immeritatamente distrutto dai miei fratelli.
Come avrai capito i robottoni suscitano in me un fascino particolare.
Ma, al di là della passione personale, ho trovato il tuo pezzo godibilissimo. Ben scritto, ben strutturato, dosato con cura tra scene d'azione e descrizioni tecniche.
Ho notato una straordinaria cura nei dettagli: a partire dalla leggenda della Banshee (Brian O'Brien) fino ad arrivare alle manovre in volo dell'aereo.
Peccato che, visto anche il limite dei caratteri, tu non ti sia maggiormente spinto nell'approfondimento dell'universo distopico che vediamo fare da sfondo alla vicenda.
Ed è proprio questo l'unico invito che mi sento di farti per migliorare il racconto, se vorrai riprenderlo in un secondo tempo: ampliare le vicende dietro la storia, raccontando non solo del protagonista, ma anche della sua squadra, rendendo la perdita dei compagni non solo un evento marginale, ma un duro colpo anche per il lettore, dando il via a una catena emotiva che cresce con gli eventi.
E Brian di empatia ne ha da vendere.
Da amante del giappone a amante del giappone posso dire di riconoscere il retaggio culturale nel tuo descrivere: il duello finale tra i due guerrieri robot così simile allo iaijutsu dei samurai. Un tocco di classe.
Che altro dire se non rinnovarti i complementi e attendere altre tue storie.

IN CONCLUSIONE:
:) Descrizioni; azione; personaggi.
:angry: Ambientazione e vicende meritevoli di approfondimento.

Robottoni! Che altro dire...

- - -



LA VITTIMA GIUSTA di Rovignon

GRAMMATICA E SINTASSI:
CITAZIONE
teneva i suoi ferri del mestiere, quindi, dopo

Sostituirei con un punto e virgola.

CITAZIONE
Poi, però, si era reso conto che non era sufficiente.

Toglierei il "però".

CITAZIONE
I risultati ottenuti furono fin da subito incoraggianti.

Attento al cambio di tempo.

CITAZIONE
giovani ragazze allo sbando liberando le strade dalla prostituzione

Virgola dopo "sbando", per mantenere il ritmo.

CITAZIONE
ergersi a anche a giudice e boia

Refuso, ti è scappata una "a".

CITAZIONE
eppure, non era stato facile dominarsi

Toglierei la virgola.

CITAZIONE
In una girandola di schegge di vetro, fu dentro

Anche qui toglierei la virgola.

CITAZIONE
Purtroppo per te, non ti considero al servizio dell’umanità

Via la virgola.

CITAZIONE
Ma come, non pensi a tuo figlio?

Una donna che vuole tenere unita una famiglia punterebbe sul "nostro".


COMMENTO:
Ciao Ale, ben ritrovato.
Stile e forma del racconto sono buoni. Il ritmo è ben cadenzato, in linea con gli eventi del racconto. I personaggi sono ben costruiti, sufficientemente introspettivi; forse un po' troppo cinematografici ma, in ogni caso, funzionali alla storia.
Il problema, riscontrato man mano che procedevo nella lettura, è un diffuso sendo di "già visto".
La figura del giustiziere, dell'antieroe in declino, degenerato alle stregua dei criminali cui da la caccia è abusata in ogni ambito: dalla letteratura, al cinema, al fumetto. Ma questo, di per se, non è mai un problema.
Quello che invece si poteva, a mio parere, evitare è la presenza di alcune scene chiamate: accennare alla moglie e poi specificare che il volto della vittima rimane invisibile equivale a far dire al lettore "la vittima è lei di sicuro".
Anche lo sproloquio post mortem dell'assassino, nel quale sbandiera l'empatia che prova verso il suo carnefice, è l'archetipo del rapporto super eroe-super cattivo.
Solitamente sono restio a dire: "io avrei fatto così" ma permettimi di indirizzarti verso due punti di forza che in nuce hai inserito nel tuo racconto.
Primo: il giustiziere attende che l'assassino compia il rituale sulla vittima; addirittura trova una scusante per il suo lassismo. Io sottolinerei maggiormente questa parte, emblema di una degenerazione profonda già in atto. E se il protagonista godesse nell'osservare i martiri perpetrati dalla sua nemesi. Se avesse davvero un transfert nei confronti de suo bersaglio?
Se, infine, il dialogo si svolgesse davvero de visu tra i due e l'uomo decidesse si di uccidere la sua nemesi, ma in accordo con lui, magari sottoponendolo alle brutalità da questo perpetrate? Avremmo davvero un ribaltamento carnefice - vittima, giustiziere - aguzzino, in un passaggio di testimoni psicologici. Spero di essere stato chiaro.
Secondo: che colpo sarebbe per il lettore se il giustiziere, davanti al corpo della moglie, si rendesse conto di non provare nulla o, peggio ancora, di provare piacere nel vederla ridotta in un simile stato? E se intervenisse prima del tempo, trovandola ancora viva e, spinto da pulsioni oscure, si sostituisse all'assassino completandone il lavoro, comprendendo appieno il piacere da lui provato nel perpetrare atti così orribili?
Insomma Ale, hai buttato giù un'ottima base che meritata di essere coltivata.
Un ultimo appunto: la scena del salto con la corda è un po' troppo Die Hard, presumo che, dato il tuo lavoro, ti sia capitato di farlo come è capitato a me. Rendila leggermente più realistica. ;)

IN CONCLUSIONE:
:) Forma; personaggi; idea di fondo.
:angry: Intreccio banale.

Un buon thriller che necessita di qualche innovazione.

- - -



OMBRE DANZANTI di Aser

GRAMMATICA E SINTASSI:
CITAZIONE
dai quei mostri scuri

Refuso. "da".

CITAZIONE
le cui movenze seguivano il tempo di un suono martellante

Avrei usato "ritmo".

CITAZIONE
Perché non ci riesco? Si chiedeva.

Io avrei messo questa frase a capo, rispetto alla precedente, per enfatizzarla. E il pensiero in corsivo.

CITAZIONE
L'avvolse, con le dita mingherline

Toglierei la virgola.

CITAZIONE
uno dei suoi pochi, veri, amici

Via la virgola.

CITAZIONE
Tom, sfiduciato, non si chiedeva più se avessero trovato il capanno del custode. No. Si chiedeva se mai avessero ritrovato l'uscita.

:p093: :p093: :p093:
Aser, in nome di Dio!!! AVREBBERO!!!


CITAZIONE
nella stanza predominava il buio.

Usa semplicemente "dominava".

CITAZIONE
tre grossi martelli pendevano a testa in giù. Sull'orlo di un grosso tavolo

Ripetizione.

CITAZIONE
i ogni direzione

Refuso. "in"

CITAZIONE
signor Tom

Se accetta di chiamarlo con il diminutivo allora togli il "signore".

CITAZIONE
parole poi, il vecchio si congedò

Sposta la virgola prima del poi.


COMMENTO:
Fila subito in ultima posizione per quell'errore tremendo!
Scherzo. :lol: Ciao Aser, ben ritrovato.
Sono davvero molto felice di leggerti perché, questa volta, hai sfornato davvero un bel pezzo.
Il tuo non è un racconto complicato, né nello stile, tantomeno nella trama. Potrebbe essere uno dei "Piccoli Brividi" o, tornando indietro, uno dei "Racconti dalla Cripta" dove la paura, quella sottile, archetipa, a volte ridicola nella sua semplicità, si fonde nel quotidiano.
La società ci ha abituati alla crudezza gratuita, ormai non distogliamo più lo sguardo di fronte ai più crudi olocausti. I vari Fulci e Deodato hanno fatto scuola e oggi sul grande schermo il sangue è spruzzato con gli idranti.
Eppure, per quanto sia difficile che accada al giorno d'oggi, il trovarci soli, la notte, su un sentiero di campagna, ci provoca un malessere che non riusciamo a spiegare.
La nostra psiche, nel profondo, non si è affrancata dall'orrore sottile e antico, fatto di ombre e sussurri, retaggio dell'uomo antico, dei suoi miti e dei suoi misteri.
Attraverso gli occhi di tre bambini tu ci riporti a questa dimensione onirica, fiabesca, dove le ombre hanno corpo e forma. E lo fai, te ne rendo merito, mantenendo un registro adatto all'età che descrivi, sia nei dialoghi che nelle decrizioni.
Non ti perdi nella forma, nei dettagli, perché un ragazzino non lo farebbe.
Nelle tue Ombre Danzanti c'è tutto: il coraggio, la spavalderia, l'incoscienza, la paura e la fantasia.
E l'insegnamento finale che ci dice quanto sia bello, infondo, ritrovare ogni tanto i fantasmi e gli orchi che un tempo popolavano i nostri sogni. Perché, una volta vegli, guardandoli dissolversi, capiamo di essere al sicuro.
Bravo.

IN CONCLUSIONE:
:) Atmosfera; personaggi; sensazioni.
:angry: Errori di distrazione sparsi qua e là. (Ma, a onor del vero, molto meno del solito)

Una bella storia del brivido. Ben scritta e ben raccontata.

- - -



PER UNA GOCCIA DI LIBERTA' di Miksi

GRAMMATICA E SINTASSI:
CITAZIONE
Si comportava più come fosse un gatto: la sua presenza aveva più il sapore dell’assenza

Ripetizione.

Assolutamente nient'altro da segnalare.


COMMENTO:
Veronica, che sorpresa vederti spuntare all'improvviso. Sono felice di rileggerti.
Credo che il commento al tuo racconto sarà il più breve di tutto lo Skannatoio e questo perché, in tutta sincerità non c'è davvero nulla da segnalare.
Il pezzo è, a mio parere, perfetto così com'è: un climax di delirio e follia.
Chiunque operi nel campo della mente sa bene quanto la fobia, portata all'eccesso, possa trasformarsi in psicosi e, da questa, in delirio.
Quella sviluppata da Michael potrebbe essere assimilata alla merinthofobia o a una forma estesa e riflessa di cleithrofobia., se non altro per il fatto che il bambino sembra trasferire su altro un malessere personale, che solo alla fine sfoga su se stesso.
Detto questo la tua interpretazione è magistrale.

IN CONCLUSIONE:
:) Direi tutto.
:angry: Direi niente.

Un piccolo capolavoro che non guadagna il vertice del podio perché, a mio gusto, il simbolismo vince sul delirio uno a zero.

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ATTO UNICO di Kaipirissima

GRAMMATICA E SINTASSI:
Niente da segnalare.


COMMENTO:
Non è là, non in paradiso, non fra i morti. Dov'è? Brava Kaipi, un delicato omaggio alla nostra Emily.
Bello questo stralcio, a cavallo tra realtà e sogno, così come il palco su cui si svolge la vicenda, così come la regione effimera popolata dagli spiriti del passato che ritorna.
Un pezzo intimista, cardiaco che tuttavia, a mio parere, acquisterebbe un valore aggiunto se mostrasse qualcosa in più.
Il sipario si apre, il sipario si chiude, ma nel mezzo cosa resta? Perché è nel mezzo che tutto si compie. Ci mostri una vicenda attraverso gli occhi e i sensi di una protagonista esterna, ci fai vivere il dramma e la gloria di una morte estatica, quasi trascendente.
Il teatro che simula la realtà e la compenetra. L'eroe muore, e la morte lo raggiunge portando con se i suoi spettri. Ma, di quest'atto, noi non vediamo che gli effetti.
Se il Maestro è Heathcliff allora avrei voluto vedere, anche attraverso occhi esterni, il suo sguardo posarsi sulla platea e incontrare quello di Catherine/Caterina e, in quello scambio, leggere le parole "Se io ora ti sfidassi a farlo, ne avresti il coraggio? Se lo avrai ti terrò con me. Non giacerò là da sola.".
Allora veramente, come dice la vecchia amante, lo spazio si sarebbe dilatato e ristretto, avvicinando e allontanando non i personaggi, ma questi con il lettore.
E' una troncatura che fa male e lascia un vuoto, specie in virtù del bel finale.
Celando il nucleo di un'esperienza interiore della quale ci è negata l'esperienza.

IN CONCLUSIONE:
:) Ambiente; personaggi; forte impatto emotivo.
:angry: Sensazione di incompletezza dovuta alla parte centrale tronca.

Un racconto "incompleto" dal grande potenziale.

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CLASSIFICA:
1°) DA RIBIEZ di shanda06 7 Punti
2°) PER UNA GOCCIA DI LIBERTA' di Miksi 6 Punti
3°) LA GUERRA DEL METALLO FREDDO di anark2000 5 Punti
4°) OMBRE DANZANTI di Aser 4 Punti
5°) LA VITTIMA GIUSTA di Rovignon 3 Punti
6°) ATTO UNICO di Kaipirissima 2 Punti
7°) L'ARENA DEI PLUSGENE di Polly Russell 1 Punto

Spero condividiate le motivazioni.
Nessun rancore. ^_^
 
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189 replies since 30/1/2013, 23:34   3017 views
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