Questo racconto è dedicato agli Sneaker Pimps, ai Little Dragon e ai Placebo
le cui musiche mi hanno aiutato a riesumare e riadattare questo racconto postato Sotto la Lente 19 mesi fa.
All'epoca il brano ricevette la bellezza di...1 commento!
Speriamo questa volta vada meglio, anche perchè le specifiche dello speciale mi sembravano calzare a pennello e allora, anche se non volevo partecipare, alla fine mi sono detto why not!?
Buona assuefazione.
IL CACCIATORE
(Una storia infernale)
“Scrivere è terapeutico! ti aiuterà vedrai, sarà come esorcizzare i demoni che sono dentro di te”
Così mi disse la troia angelica, la prima volta in cui ci sedemmo sotto al pergolato di una casa sperduta nella campagna.
Quel giorno faceva molto caldo e anche molto freddo, quasi nello stesso momento; stavo infatti rientrando in comunità, la terza volta negli ultimi quattro anni.
I vizi sono duri a morire, i tossici pure.
Il mio sangue infetto, tra l'altro, era ormai mutato in un composto chimico non meglio identificato:
Valium, Tavor, Serenase, Diazepan, Prozac e Kataprezan,
Metadone,
Brown Sugar e Cocaina.
Queste ultime due, a volte, sciolte insieme nel solito cucchiaio e poi sparate in vena con la medesima siringa.
Senza contare le paranoie prodotte dal mio cervello lique-fatto.
Tutto questo scorreva dentro di me.
Fluido alchemico malefico, ammaliante, velenoso.
Comunque lo sapevo: scrivere non sarebbe stata una buona idea.
Più che esorcizzarli, i demoni, li ho evocati. A dire il vero non ne avevo neppure bisogno.
Io, la morte, ce l'avevo già stampata in faccia.
Forse perchè mio padre era un uomo dal grilletto facile e da bambino sono cresciuto tra i cadaveri, tra le armi:
fagiani e doppiette,
cervi e coltelli,
daini e pallottole,
lepri e...cani.
Quando rientrava dal consueto massacro domenicale, aveva sempre lo sguardo soddisfatto, compiaciuto, elettrizzato, neanche fosse tornato da un immaginario Vietnam, con tanto di medaglia al valore.
“Non c'è niente di meglio di una bella battuta di caccia!” E scaricava il suo bottino di animali impallinati sul tavolo della cucina.
Non c'è niente di meglio che fare la guerra! E scaricava un sacco di teste mozzate sul tavolo della cucina.Ecco cosa percepivano le orecchie e gli occhi di un ragazzino.
In qualche modo però, avrei dovuto abituarmi a quell'orrore.
Ardito, di nome e di fatto, mi portava spesso con il suo plotone.
Una volta fu davvero terribile: un cinghiale ferito, braccato dalle prime ore dell'alba, in un ultimo disperato tentativo per non finire l'esistenza nelle pappardelle di mia madre, squarciò un fianco del povero Fido.
“Girati Lucio!” Urlò l'omone.
Non ne ebbi il tempo.
Uno sparo, un guaito.
“Il cane è solo una bestia creata dal Signore per servire l'uomo”
Mi disse proprio così, guardandomi dritto negli occhi, mentre mi pisciavo addosso dalla paura.
Una figura inquietante, una sagoma avvolta nel fumo del colpo appena esploso: ho vissuto per trent'anni con questo ricordo, con quest'immagine impressa nella testa.
Ho vissuto per conoscere la sofferenza, sotto tutte le forme, abbastanza per convincermi di una cosa: non esiste nessun Dio morto ai bordi delle strade.
Tutt'al più, ai bordi delle strade, ci sono solo altri cadaveri, a volte ancora vivi, di barboni puzzolenti, di alcolizzati congelati dal freddo e di transessuali brasiliani da cinquanta euro a botta.
Io lo posso dire, perchè ho dormito con loro sulle panchine dei parchi, ho bevuto dalla solita bottiglia e mi sono prostituito nelle stesse vie, masturbando vecchie checche bavose per racimolare qualche soldo.
Con gli occhi socchiusi, lo sguardo lineare offuscato dalla morfina, ho atteso una dose tagliata con il veleno per topi, ma l'unico Dio che rispondeva sempre alle mie chiamate si chiamava Haziz, era tunisino e tirava fuori ovuletti di cellophan ripieni di ottima eroina dal buco del culo, dietro la stazione centrale.
Mi sono fatto in ogni punto del corpo e della città:
nelle braccia, segnate dal marchio dei reietti, nascosto dietro ai piloni dei cavalcavia di periferia;
nei piedi, tra i lividi provocati dai fuori vena e dai capillari scoppiati, accovacciato tra le macerie dei magazzini dismessi;
sul collo, mentre guardavo il riflesso ingiallito di un fantasma negli specchi dei cessi pubblici, in via dell'Indipendenza.
“Vedrai che ti farà bene” Ripeteva faccia d'angelo, ancheggiando dentro ai blu jeans attillati, con la camicetta bianca un po' troppo sbottonata che sventolava corsara, pronta ad affondare lo sgangherato rellitto umano seduto davanti a lei.
Le piaceva fare la parte della crocerossina salva anime dannate.
Maledetta rizza cazzi!
“Ti avrà pur detto qualcosa di buono. Magari ti ha dato dei consigli, o raccontato una storia... tu scrivi qualsiasi cosa ti torni a mente”
Consigli? Figuriamoci! so tutto sulla polvere da sparo, su dove piazzare le trappole, su come mimetizzarsi. Conosco anche ogni singolo richiamo degli uccelli...
un po' come te! avrei voluto risponderle.
Una storia? Mille storie! Saghe, oserei chiamarle.
Anche la sera a cena, quando guardavo la tv, persino i Puffi rievocavano la mattazza:
...ed era tutto pieno di sangue... l'abbiamo spellato a casa dello zio...io ooodio quando si inceppa il fucile!Qualcosa è andato storto nella mia infanzia.
Ultimamente però mi sento meglio, non sono stato neppure più rinchiuso nel reparto psichiatria, forse proprio perchè ho iniziato a scrivere, come diceva lei.
All'inizio erano solo scarabocchi, disegni, ma poi ho scritto veramente, soprattutto indirizzi: quante cazzo di volte ha cambiato domicilio...la puttana!
E allora cosa ho fatto?
Ho messo in pratica i consigli di mio padre.
Ho battuto la pista, fino a quando ho annusato
il profumo della preda impaurita.E alla fine ti ho scovata, Lucilla.
Adesso sei tu che dovresti scrivere, per esorcizzare le tue paure.
Devo ammettere che non è stato facile ritrovarti: darti la caccia la fuori, nella giungla metropolitana, si è rivelata un'impresa assai ardua, quasi quanto muoversi nella boscaglia.
Il tuo odore di troia misto Chanel n.5 però, per tua sfortuna, mi si era già infilato nelle narici spalancate, sotto la pelle, dentro le vene tagliate e ricucite.
Sono stato davvero bravo, nelle notti di luna piena, a nascondermi dietro ai lampioni fuori uso. Quando poi scendevi nella metro, balzavo come un felino affamato nel vagone adiacente al tuo.
Di giorno invece, ero un fetido rifiuto urbano che ribolliva sotto al sole.
Aspettavo il calar della sera accanto ai cassonetti dell'immondizia, nella speranza vederti uscire dalla tana, solamente per poi guardarti fare la Vip nei locali alla moda della città. Farti fotografare dai cellulari delle tue amichette ti faceva sentire importante... the beautyful people.
Un tardo pomeriggio ci siamo pure sfiorati, eri una dea, un'apparizione divina!
Te ne stavi statuaria di fronte la vetrina di un bar, intenta ad ammirare il riflesso delle tue curve, dei capelli riccioluti e dei passanti in adorazione di quel culo perfetto firmato Dolce & Gabbana, non mi hai neppure notato.
Ho cercato di toccarti con una mano, di chiamarti, di farmi vedere, un po' come il giovedì, in comunità, quando conducevi la terapia di gruppo.
Se solo ti fossi accorta di me, prima di svanire tra la folla, forse, adesso, non ti farei tutto questo.
Forse, adesso, non mi farei tutto questo.
Sai una cosa, da quando ti ho conosciuta ho scritto molto, ma non credo di essere diventato bravo.
Alla fine è stato inchiostro sprecato, tipo il sangue schizzato a caso sul muretto dei giardini, dopo il buco della buona notte.
Tu però non puoi capire, le fantasie che mi stuprano il cervello sono così complicate e contorte, così cariche di violenza; faccio davvero fatica a liberarmene... se solo potessi ascoltare i miei pensieri per un istante, allora sì, capiresti.
Di un fatto però sono certo: oggi, grazie a te, sono diventato un buon cacciatore.
Mio padre ne sarebbe orgoglioso.
Un vero peccato comunque, il nostro poteva essere una grande amore, invece è andata a finire decisamente male.
Lucio e Lucilla, una storia infernale.
Edited by cristiano r. - 27/9/2013, 13:56