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Skannatoio, Ottobre 2013, edizione XXIII, Effetti collaterali
* Campionato aut-inv 2013, 3 di 12

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kaipirissima
view post Posted on 2/10/2013, 20:00




Cavolo! avevo pensato anch'io a un farmaco in fase di sperimentazione... Secondo me la risposta è sì, resta da chiedersi, adesso, se sia un'idea originale. :blink:
 
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Slash1588
view post Posted on 3/10/2013, 09:14




CITAZIONE (kaipirissima @ 2/10/2013, 21:00) 
Cavolo! avevo pensato anch'io a un farmaco in fase di sperimentazione... Secondo me la risposta è sì, resta da chiedersi, adesso, se sia un'idea originale. :blink:

Maledizione :(
 
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White Pretorian
view post Posted on 3/10/2013, 12:06




Sol, nell'Ottocento Cocaina, Morfina e Oppio erano considerati medicinali. va bene lo stesso li inserisco in questo contesto?
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 3/10/2013, 12:19




Si, ma se poi nel racconto diventano droghe (vedi Sherlock Holmes) vai fuori tema.
 
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view post Posted on 3/10/2013, 19:58

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IL VASO VERDE
Di Alexandra
Posai la fotografia sul mobile di marmo bianco venato di grigio, stupendomi anche lì di quanto la casa fosse asettica.
D’accordo, si trovava nel quartiere delle farmacie e degli studi medici, ma le altre, in confronto, erano covi di batteri e di muffe.
Quanto a queste ultime, ce n’erano anche qui, a dire il vero, malgrado io non avessi visto, allora, la “mia “ muffa.
Papà si sarebbe innervosito molto con me, se non gliel’avessi portata.
Fa il medico dentista nell’ospedale cittadino e gli piace aggiornarsi come medico.
Oltre a curare le bocche della gente, si interessa alla chimica delle medicine.
Il suo problema è: come vivremmo se la penicillina non dovesse più funzionare.
E guai a chi gli dice che esistono gli antibiotici sintetici.
Si infuria, visto che ne sono i “cugini”.
Per lui, il brutto dovrà venire presto, nella nostra città.
Niente più penicillina, ormai.
Papà ne dà la colpa alla mania della pulizia che ha colpito la maggior parte della gente negli ultimi anni, come un male subdolo che ti accorgi di avere solo quando è troppo tardi.
Venendo qui per conto suo, ho visto con i miei occhi quanto abbia ragione.
A casa, nostra, da quando è morta la mamma, sembriamo accampati, ma almeno stiamo bene.
Conviviamo con i nostri batteri e le nostre muffe.
A me non dispiace vederne qualche volta sul pane che do alle tortore.
Mi rassicura che ci sia ancora qualche mattoncino per costruire la fortezza penicillina contro le infezioni.
Peccato che ce ne siano così pochi.
Colpa della cattiva informazione.
Non che la gente, da noi, creda nella storia della Sporcizia Cattiva trasmessa dalla televisione per rifilarci detergenti e disinfettanti anche per le amebe.
No.
La colpa, nel nostro caso, è del signore della fotografia.
Qui sorride su uno sfondo agostano, dove predominano il giallo e il seppia, da quando è tornata di moda la fotografia stile Anni Trenta, per quanto ricostruita da una variante di Photo Shop.
Vedo anche il nome e il cognome di questo signore: Erberto Saracchi.
Credo di averlo sentito nominare, ma non ne sono sicurissima.
Poso la fotografia, resa ancora più “vintage” dalla cornice di legno.
Accanto, un vaso verde di porcellana cinese “craquelé” mi fa venire un sospetto atroce.
Strano a dirsi, ma ho riconosciuto l’odore della Penicillina di Papà mischiata all’Alito del Drago.
Vorrei prendere il vaso e guardarci dentro, ma la padrona di casa è entrata nel soggiorno:- Insomma, signorina, l’ha trovata?
- No, non ancora, ma non credo che le farò perdere altro tempo. Sono a buon punto.
La padrona di casa, alta e segaligna, si sistema la crocchia spettinata e liscia il pizzo dei polsini dell’abito di velluto color prugna.
Poi mi dice:- Scusi, ma sono ancora sconvolta. Non so cosa farò dell’alloggio, nessuno verrà più a viverci e io non posso dimenticare di averlo. Vorrei poterlo chiudere, ma so che tanto la porta d’ingresso si riaprirà da sola e i mobili scricchioleranno di notte.
Sospira, povera donna.
Poi mi confessa:- Il vaso verde era suo. Ci teneva la penicillina insieme a quell’assurdo tè che ha comperato nell’erboristeria all’angolo, dalla Marfatti.
La conosco.
E’ il suo contrario, una donnina piccola e cicciottella, vestita sempre con dei pigiami orientali.
Si dà arie da erborista fattucchiera.
- Da quando gli ha venduto quel tè, una panacea per il mal di denti, il signor Saracchi non è stato più lo stesso. Alito di Drago e penicillina non è il massimo. Pensi che la Marfatti me ne ha dato un po’, quando ho sofferto per l’estrazione del molare destro ed è stato terribile, con la penicillina che Saracchi mi ha prestato.
Io reagisco meglio che posso.
Benedetta gente.
Sempre a scambiarsi i medicinali.
Non sanno che c’è papà?
Io sono ancora accanto al vaso verde, lo sposto, con la scusa di fare ordine.
- Ma cosa fa?
La padrona di casa cerca di allontanare la mia mano, ma io vedo le ditate su un grumo di polvere che lei non ha fatto in tempo a strofinare via.
Vedo briciole bianche, penso a Saracchi.
E’ diventato il Pollicino che dissemina parti di se stesso nel bosco buio dove la morte lo ha guatato con gli occhi di mille gufi, appollaiata sui rami di alberi contorti e privi di foglie.
Con la coda dell’occhio, sbircio il sacchetto grigio dal quale esala un aroma terroso e la scatola con le pastiglie di penicillina.
E’ schiacciata e graffiata, come se Saracchi l’avesse contesa a qualche animale.
Una mano adunca, simile a quella di un drago saggio che vorrebbe insegnare l’educazione al cacciatore cattivo che ha fatto strage della sua specie, mi scuote.
Il timbro della voce della donna diventa gutturale, facendola assomigliare ancora di più a un drago furente:- Non vorrà riportarla a suo padre, spero? Contagerebbe i suoi pazienti, distruggendo l’intera città.
- Come fa a dirlo? Sappia che mio padre vuole studiarla per capire come mai abbia dato questi effetti collaterali a Saracchi.
- Glielo dico io. Colpa del tè e del vaso. La Marfatti ha rubato ai morti e loro si sono vendicati su di lui.
Prende il vaso e me lo tende:- Anche su di me. Quella specie di erborista si diletta di magia nera. Usa le erbe maligne, glielo dico io. Guardi come mi ha ridotta, ma me ne sono tolta per tempo. Non lui, povero Saracchi. Ho la sua parola che nessun altro assumerà questa roba?
- Ma certo- le dico, con forza.
- Allora lo prenda. La maggior parte dei rumori che sento di notte viene da qui. E’ lui, che non ha ancora trovato la pace. I denti devono fargli male parecchio. Gli si sbriciolano ancora. Ha visto, no? E credo che non siano la sola parte di lui che continua a farlo, anche ora.
Mi spinge verso la porta.
Io l’assecondo, anche per non far cadere il vaso.
Le domando:- Mio padre può tenerlo?

Lei mi risponde:- Ma sì, già che c’è, lo faccia pure cadere. Non finirebbe in pezzi più piccoli di quanto sia finito Saracchi. Sa che l’ho trovato io? Era sulla poltrona accanto al tavolo di marmo, scomposto, con tutte le ossa rotte e gli penzolava anche la mascella.
- Non capisco. Qualcuno l’ha aggredito?
- No, ma cosa dice? Era solo. Il silenzio e l’ordine del salotto sono stati i particolari che mi hanno spaventata più di tutto. Se ne è semplicemente andato in pezzi, giorno dopo giorno e nessuno se n’è accorto. Vada ora.

Più tardi, a casa da papà, mi rifiuto di uscire dal laboratorio che ha ricavato dalla vecchia dispensa.
Non mi importa che sia in compagnia di un collega e di un sedicente spiritista nemico della Marfatti.
Voglio sapere cos’è successo a Erberto Saracchi.
- D’accordo, Livia, puoi restare- mi dice lui, scostandosi il ciuffo di capelli neri e aggiustandosi il riporto come può.
E’ tutto sudato e rosso in viso.
Capisco che abbia bevuto qualcosa di forte, prima di cominciare l’analisi della “sua” penicillina.
Ufficialmente, Saracchi è morto di infarto e meno male che viveva da eremita nell’alloggio Anni Trenta.
L’ambiente ospedaliero è diverso, però.
Questa pubblicità potrebbe dare delle seccature a papà.
Mi sembra di vedere il primario sogghignare soddisfatto del passo falso di papà con le muffe, eppure lui è uno dei pochi a credere ancora che possano servire a qualcosa così come sono e non sintetizzate in laboratorio.
Povero papà.
Lo vedo tergersi la fronte con il fazzoletto e ultimare l’esame del campione delle pastiglie che lui stesso ha prescritto a Saracchi.
Quanto al tè, l’ha già esaminato, arricciando il naso per il disgusto.
Lo spiritista ne ha preso un pizzico e l’ha annusato:- Colpa di questa camelia. E’ infetta. Quella scema della Marfatti l’ha presa dalla pianta che si trova sul confine del cimitero.
- Perché?- gli chiede Sidoni, il collega di papà –credeva forse che la penicillina da sola non bastasse a curare il mal di denti?
- Fantasie. Secondo le credenze erboristiche, l’Alito di Drago annullerebbe gli effetti collaterali degli antibiotici: nervosismo, decalcificazione, disturbi intestinali. Peccato che per il Saracchi non sia stato così.
Papà interviene:- Come mai?
E’ disperato.
Dall’epoca dell’ultima visita, Erberto Saracchi non si è più fatto vedere, dicendo che la penicillina non gli stava facendo niente e aveva deciso di cambiare cura e medico.
All’epoca aveva ancora un aspetto normale, per cosa ne so io.
Lo spiritista era stufo di passare da ciarlatano per colpa della Marfatti, tanto da aver voluto presenziare all’autopsia di Saracchi insieme a Sidoni.
- Ve lo dico io- annunciò –La colpa è di questo vaso, oltre che del tè e del luogo in cui cresce la camelia.
Poi, per dare forza alle sue parole, si rivolge a Sidoni:- Ascolta, Nicola, non hai detto tu stesso che il corpo di Saracchi era come scavato dall’interno?
- Sì.
- Le ossa non erano forse diventate come grissini? E’ una tua espressione.
- Lo ammetto.
L’uomo andò avanti, agitando le mani:- Anche gli organi interni sembravano divorati dall’infezione, dico bene?
- Dove vuoi arrivare?- gli domandò il collega di papà.
Era la stessa cosa che volevamo sapere papà e io.
- Nel suo caso, gli effetti collaterali si sono potenziati annullando la cura perché aveva bevuto il tè sbagliato.
- Dovremmo fare arrestare l’erborista e strappare via la camelia?- intervenne mio padre.
- No, Osvaldo- gli disse lui –semmai riprendere a tenere le case come tu tieni la tua. Per farlo, la gente dovrebbe rallentare i ritmi di vita.
- Più facile trasferirsi su un altro pianeta- intervenni io.
- Se non avverrà, moltissima gente diventerà intollerante agli antibiotici e cadrà nelle scorciatoie della magia nera, anche se non così, forse.
Restammo a guardarci.
Papà era ancora addolorato per Saracchi.
Non immaginava che fosse ridotto così male.
- Ascolta, Ivano, avrebbe potuto salvarsi, se uno come te lo avesse fermato in tempo, buttando via quel tè, per esempio?
La risposta dello spiritista lo gelò:- Aveva la soluzione a portata di mano per farlo. Lanciare il vaso verde con il suo contenuto sul confine del cimitero, dove c’è la camelia e tutto si sarebbe fermato. Io glielo avevo anche detto, al negozio, prima che la Marfatti mi mandasse via quasi a calci.
- Vi eravate incontrati altre volte?- gli domandai.
- No, Bice. Solo quel mattino. Usava già il bastone, ma avrebbe ancora potuto salvarsi.
- Come mai non lo hai aiutato?- strillai.
- Ha preferito curare il mal di denti accettando il patto con gli inquilini precedenti. C’è gente che fa di queste cose. Non tutti i sogni dell’Alito di Drago sono fatti di pellicola colorata che si squarcia al mattino. Gli piacevano gli Anni Trenta e gente vissuta all’epoca lo ha preso in simpatia e gli ha fatto un favore.
Tacemmo.
Non c’era altro da aggiungere.
Papà prese il vaso e lo chiuse nell’armadio a muro, residuo dell’antica dispensa.
Uscimmo dal laboratorio.
Il vaso verde lo sogno quando ho il mal di denti.
Per fortuna papà fa arrivare la penicillina dall’estero.

Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine.

Salve Sol ci ho riprovato, meditando il racconto un po' di più, anche per via di problemi di connessione. Che bello averlo scritto, superando la paura del "realmente esistente" riferito al farmaco della specifica. La storia mi è venuta fuori così.
 
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anark2000
view post Posted on 3/10/2013, 22:48




Mister Universo


Mario stava ammirando i possenti muscoli del corpo allo specchio, quando la figlia entrò in camera.
- Hey, disturbo?
- No Vanessa, - brontolò il padre - hai bisogno di qualcosa?
- Volevo solo dirti che esco a mangiare una pizza con Beppe, ti arrangi da solo per la cena?
- Non ti preoccupare, mi preparerò una bistecca.
- Babbo, dovresti mangiare più equilibrato, perché non provi la cucina biologica? Sono molto preoccupata per la tua salute, con tutti quegli anabolizzanti che prendi, ci manca che ti rovini anche lo stomaco!
- Bah, so io cosa mi serve e gli integratori che uso sono molto conosciuti nel mondo del culturismo e sono un prodotto farmaceutico garantito.
- Il nome giusto è steroidi... e tu ne stai facendo un uso sproporzionato.
- Però guarda che roba, ho i muscoli che esplodono.
La ragazza sospira.
- Piuttosto dimmi, come va con il tuo fidanzato? Ormai fa qualche annetto che vi frequentate.
Dopo un attimo di esitazione, Vanessa rispose: - Bene, bene. Ultimamente fa il misterioso, mi sa che ha in serbo qualche sorpresa.
- Spero si tratti di una bella sorpresa, - minacciò il padre, ghignando – altrimenti... - Concluse il discorso pompando i pettorali in una danza alternata.
- Smettila scemo!
I due si fecero una grassa risata e lei si gettò tra le braccia di Mario, che la eclissò in una delicata morsa.
- Io vado, tu fai il bravo e non guardare la televisione fino a tardi.
- Divertitevi, e salutami Beppe.
- Va bene. Al mio rientro ti racconterò tutto. Ciao babbo, ti voglio bene.
L'uomo la baciò sulla fronte e la congedò.
Vanessa avrebbe voluto svelare il suo segreto al padre, ma decise di aspettare sino a sera.
Le sembrava più giusto.

La voce si insinuò all'interno del sogno come un coltello rovente che penetra un blocco di burro.
- Mario, svegliati.
Gli occhi si aprirono appena appena e ci volle poco per ricordarsi che stava seduto sul divano di fronte allo schermo al plasma, ancora meno per comprendere la stranezza della defunta moglie che lo stava fissando dalla televisione. L'uomo sbarrò gli occhi.
- Mario, ce ne hai messo di tempo.
Quello che non gli riusciva bene, era parlare.
- Calmati, non stai sognando. Respira lentamente.
- Che cazzo succede?
- Ho detto calmo.
In effetti, Mario si rese conto che stava stringendo un cuscinetto quasi a farsi sanguinare le dita.
- Sto sognando? Clarissa?
- Non mi ascolti neanche da morta, vedo.
- Ho capito, è un incubo, Vanessa aveva ragione sugli anabolizzanti.
- Su questo non posso darle torto, ma non sono di certo questi i problemi che puoi avere a causa delle porcherie che prendi.
- Integratori - precisò lui.
- Silenzio! - tuonò lei. - Avevi promesso che ti saresti preso cura di nostra figlia, che non le avresti fatto mancare nulla!
- Ma di cosa stai parlando? La tratto con tutto l'amore che merita una principessa. È felice.
- Illuso, presto il mondo le crollerà addosso e tu non ci potrai fare nulla, maledetto egoista!
Sulla nota di quell'insulto, Mario spalancò gli occhi. Quello che vedeva era il soffitto dal letto di camera sua.
- Lo sapevo che era un incubo. In effetti potrebbe esser colpa degli integratori.
Con un gesto non curante, si girò sul fianco e tornò a dormire in pochi minuti.

La mente percepì il suono della chiave nella toppa, e Mario uscì dalla fase R.E.M.
- Babbo, sono tornata! - disse Vanessa, appena entrata nella stanza.
Un lungo sbadiglio anticipò la meno rapida risposta. - Che ore sono?
La radiosveglia indicava appena le dieci.
- Allora, com'è andata? - disse, sedendosi sul letto.
- Bene, Beppe mi ha chiesto di sposarlo!
- Che cosa? - gridò il padre, sbigottito.
- Si, si! Mi ha chiesto di sposarlo!
- Hai capito il misterioso? - fece Mario. - E tu cosa gli hai risposto?
- Ho detto si! - concluse Vanessa, saltandogli al collo.
- Beh, sono felice per te, piccola. Ti sarà preso un colpo quando te l'ha chiesto.
- Si, ci sono rimasta di stucco, ma mai come lui quando gli ho detto che aspettiamo un bambino!
La saliva strozzò Mario, che tra colpi di tosse non riusciva a ribattere.
Calmati, respira lentamente.
Il ricordo di quelle sinistre parole lo aiutò a ristabilire una certa lucidità.
- Accidenti, il colpo lo hai fatto prendere anche a me...
- Scusa babbo, sono troppo eccitata. Hai ragione, dovevo dirtelo con più garbo.
- No, no. Va bene. È una notizia fantastica... tua madre sarebbe orgogliosa di te.
Illuso.
Mario non poteva fare a meno di rivivere i recenti ricordi legati al sogno. Era una situazione davvero imbarazzante.
- Babbo, va tutto bene? Sei contento delle belle notizie?
- Certo, piccola. Scusami, sono solo molto sorpreso.
All'improvviso, l'uomo si avventò burrascoso sulla figlia e la prese in braccio. La cullò in una girandola di balli affettuosi.
- Diventerò nonno!
Vanessa continuava a ridere felice.
- E sarà meglio per il tuo futuro sposo che si comporti bene, altrimenti... - un grugnito profondo completò la frase.

- Papà!
L'urlo di terrore lo destò dal sonno, Mario scattò subito in piedi.
- Che succede? - ribatté l'uomo, preoccupato.
Vanessa non rispose, sembrava guardasse altrove. Poi corse verso di lui, che cercò di abbracciarla, ma si accorse subito che qualcosa non andava, poiché le passò attraverso come un fantasma.
- Ma che cazzo!?
Si voltò di scatto e solo allora si accorse che il suo corpo esanime era rimasto sul divano, con gli occhi sbarrati. Vanessa stava piangendo appesa al collo del morto.
- Te l'avevo detto che le sarebbe crollato il mondo addosso. - La voce della moglie proveniva, pungente, dalla televisione alle spalle. Mario si girò per affrontarla.
- Che cosa cazzo hai fatto? - minacciò, in seguito.
- Io? Sei tu che ti sei imbottito di quella robaccia per soddisfare il tuo ego! Il tuo cuore ha ceduto, cosa credevi? Hai cinquant'anni!
L'uomo non sapeva cosa dire.
- Adesso è arrivato il momento di espiare!
Detto questo, Clarissa si allungò verso di lui, uscendo dallo schermo. Le braccia della donna sembravano stuzzicadenti a confronto di quelle del marito, ma, con grande stupore da parte di quest'ultimo, erano così forti da trascinarlo nell'oblio che lo attendeva dall'altra parte del plasma.
Vanessa neanche si accorse della televisione che si spense da sola.

Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo mio racconto su 'Skan Magazine'.

Nota importante sul farmaco utilizzato nel mio racconto:


Edited by anark2000 - 6/10/2013, 17:25
 
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view post Posted on 4/10/2013, 10:38
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Milena Vallero

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Interazioni pericolose

Distesa sul pavimento, la testa poggiata contro il duro parquet.
Il dolore allo stomaco era passato, ma lei sapeva che la pausa sarebbe stata di breve durata.
Un altro colpo di tosse. La gola diede voce al proprio dolore con un fiotto di sangue che dipinse un quadro astratto sul turchese pallido della camicia.
Jessica alzò gli occhi sulla scrivania. Il laptop aperto sembrava guardarla. Sullo schermo la foto di un vasetto di vetro rovesciato da cui usciva una manciata di pillole gialle. Accanto, la frase Come alleviare nausea e mal di stomaco in caratteri blu scuro le feriva gli occhi con la sua muta accusa.
Barbara glielo diceva di stare attenta.
«Ma stai tranquilla» le rispondeva sempre lei. «Guarda che mi informo sempre bene prima di prendere qualsiasi cosa».
E così in effetti aveva sempre fatto. O almeno, pensò ora, ne era sempre stata convinta.
Per ogni disturbo, per ogni problema, internet aveva la soluzione. Era lì, a portata di mano. Bastava un po' di pazienza e qualche dimestichezza con le ricerche booleane.

Aveva iniziato con le pillole per dimagrire. Certo, aveva sentito anche lei di ragazze morte per aver ingerito medicinali dai funesti effetti collaterali. Ma lei non ci sarebbe cascata. Si era informata con cura, girando diversi siti, leggendo le risposte di medici ed esperti su forum e piattaforme apposite. E le pillole che aveva acquistato erano state miracolose.
Cinque chili in quattro settimane.
Favoloso.
Dopo quel successo era diventata una vera esperta.
Le si era poi aperto il mondo delle medicine alternative e si era beata di quelle nuove conoscenze.
Aveva trovato il rimedio per i capelli grassi, i brufoli, le unghie che si sfaldano. Aveva scoperto che il carbone vegetale aiuta l'intestino, che la genziana favorisce la digestione, che l'artiglio del diavolo è un ottimo antinfiammatorio.
Il cassetto del comò era pieno di medicinali, ma soprattutto di erbe, tisane e infusi, cui negli ultimi quindici giorni si era aggiunto un vasetto ambrato dall'etichetta gialla.
«Gingko Biloba?» aveva detto Barbara quando lo aveva visto. «E cosa sarebbe?»
«Per la memoria» aveva risposto Jessica. «Con tutti gli esami che ho, sto andando fuori di testa. Ho scoperto che questa roba aiuta alla grande. E comunque, se non fa bene non farà neanche male» aveva aggiunto facendo spallucce. «È tutto naturale».
Barbara aveva posato il flaconcino e storto il naso.
«Sarà» aveva risposto prima di uscire dalla stanza. «A me non convince molto questa tua mania. E poi guarda che naturale non è per forza sinonimo di innocuo».
«Uffa, so cosa faccio» aveva risposto scocciata, ingurgitando al volo un flaconcino di probiotici.

Un altro colpo di tosse. Altri schizzi di sangue a completare il macabro dipinto.
Jessica sentì lo stomaco irrigidirsi. Lacrime scesero dagli occhi sapendo che di lì a poco il dolore sarebbe stato quasi insopportabile.
Sentì colare il naso. Meccanicamente si pulì il viso con la mano, che rimase striata di rosso.

Il giorno prima era tornata dalla Facoltà con un forte mal di gola.
Barbara era già rientrata e l'aveva vista arrancare per raggiungere la sua stanza.
«Ehi, cosa succede?» le aveva chiesto. «Hai una faccia... sembri uno zombie con l'anemia» aveva scherzato.
«Mal di gola» aveva risposto Jessica con voce rauca. «Ho iniziato a star male durante l'ora di letterature comparate. Mi sa che ho anche qualche linea di febbre. Ora mi prendo un paio di aspirine».
«Vai dal dottore, è meglio» le aveva detto l'amica, guardandola di sottecchi.
Jessica aveva sbuffato. «Ma va, non è il caso. Te l'ho detto, un paio di aspirine e starò meglio. Poi darò un'occhiata su internet, mi sembra che l'echinacea aiuti per...»
«Ecco, lo sapevo. Ma la vuoi smettere di curarti sempre da sola? Guarda che un giorno o l'altro starai male di brutto».
«Oh, ma chi sei? La mia coinquilina o mia madre?»
Barbara aveva alzato le mani davanti a sé con una smorfia e si era seduta sul divano. Aveva aperto il libro di storia moderna e vi aveva nascosto dietro il volto.
«Fai come vuoi» aveva detto la sua voce da dietro quella cortina di cellulosa, «solo se crepi non mandare il tuo fantasma a farmi visita».
«Vai a quel paese, Barbie» le aveva detto ridendo.
«Chiamami ancora Barbie e ti ci mando io all'altro mondo» aveva detto Barbara, lanciandole un cuscino.
Jessica aveva fatto appena in tempo a ripararsi dall'attacco dietro la porta di camera sua.
Aveva ingoiato subito due compresse e si era concessa un'ora di riposo, per poi buttarsi di nuovo di malavoglia sui libri.

Quella mattina, grazie alla notevole quantità di aspirina ingurgitata nelle dodici ore precedenti, Jessica si era svegliata con un mal di gola ridotto ai minimi termini.
Si era però ritrovata, come a compensazione di quel successo, con una fastidiosa nausea e per tutto il giorno aveva sofferto di giramenti di testa improvvisi.
«Ti prego» aveva borbottato mentre, nel bagno del secondo piano della Facoltà, tirava lo sciacquone dopo aver rimesso l'intero pranzo. «Non ora, maledetta influenza intestinale. Lasciami almeno tentare filologia domani...»
Nel pomeriggio avrebbe avuto una lezione importante, l'ultima prima dell'esame di filologia germanica del giorno dopo. Ma solo l'idea di rimanere fuori in quello stato peggiorava il suo senso di nausea, quindi aveva deciso di tornare a casa.
Il viaggio era stato un martirio. Le stazioni della metropolitana parevano essersi allontanate di chilometri l'una dall'altra. L'odore stantio nel vagone aveva minato le difese del suo stomaco e a stento era riuscita a trattenersi dal vomitare sulle scarpe dei suoi compagni pendolari.
Una volta giunta al suo appartamento si era infilata subito nella sua camera e si era sdraiata sul letto. Barbara non c'era e non sarebbe arrivata prima delle sei.
Jessica si era addormentata dopo pochi minuti, ma il suo sonno era durato ben poco. A svegliarla era stato un feroce mal di testa. Nell'alzarsi dal materasso le era sembrato che il cervello si fosse trasformato in un sacco pieno di chiodi.
Erano le quattro.
Lo sguardo si era posato sulla scrivania colma di libri.
Filologia germanica era una materia tosta. Doveva reagire, curarsi come si doveva e rimettersi in tempo per l'indomani. Ne andava del suo programma di studi.
Con estrema fatica era andata in bagno a rinfrescarsi. Poi aveva buttato giù altre due aspirine e due capsule di Gingko.
«Serve un trattamento urto» aveva detto dopo aver ingoiato le capsule. «Dopo l'esame dormirò tutto il giorno, ma oggi non c'è scusa che tenga».
Mentre parlava, una fitta allo stomaco l'aveva colta di sorpresa facendole cadere di mano il flaconcino, che per fortuna aveva fatto in tempo a richiudere. Si era seduta alla scrivania abbracciandosi l'addome in preda ai crampi.
Dopo qualche tempo, non avrebbe saputo dire quanto, finalmente il dolore aveva iniziato a scemare.
Con un sospiro e un gemito aveva avviato il browser e si era data da fare per trovare subito qualche rimedio che le sistemasse in fretta testa e stomaco.
Stava spostando il cursore su alcuni link piuttosto promettenti, quando un conato improvviso le aveva rivoltato le budella. Un fiotto di bile acida mista a sangue aveva inzaccherato in un macabro ventaglio la tastiera del laptop e un paio dei libri posati lì accanto.
Jessica si era spaventata e aveva tentato di urlare, inutilmente. Si era alzata dalla sedia ma le gambe non avevano retto. La stanza aveva iniziato a vorticare e lei si era trovata sdraiata sul pavimento.
Tutto intorno a lei le era sembrato alieno, di dimensioni impossibili. Il letto alla sua sinistra le pareva l'Everest. Aveva afferrato il copriletto con le mani, tentando di tirarsi in piedi. Ma non aveva nemmeno avuto la forza di stringere le dita sulla stoffa.
La borsa appesa al gancio sulla porta poteva benissimo trovarsi in un'altra galassia. Impensabile cercare di recuperarvi il cellulare e chiamare aiuto.
In quel momento i crampi le avevano di nuovo attanagliato le interiora e per qualche secondo aveva perso ogni contatto con il mondo.

Ora anche gli occhi iniziarono a farle strani scherzi.
Ricordò l'espressione tipicamente anglosassone vedere il mondo attraverso occhiali rosa. Era letteralmente quello che le stava accadendo, ma senza la connotazione positiva che la frase idiomatica sottintendeva.
Se si fosse guardata allo specchio, avrebbe forse visto i suoi occhi lacrimare sangue, come i vampiri di True Blood?
Che fossero di sangue o no, le lacrime le scendevano copiose giù per le guance.
Cosa le era successo? Perché stava così male? E soprattutto: ne sarebbe uscita viva?
Pensò a Barbara. La mente era annebbiata. Ricordava vagamente che lei sarebbe ritornata intorno alle sei. Ma che ora era adesso? Più si sforzava di far mente locale, più il cervello sembrava di proposito rifiutarsi di funzionare.
Girò la testa verso destra e si trovò a un paio di centimetri dal vasetto di Gingko che le era caduto poco prima. Focalizzò la sua attenzione sul giallo dell'etichetta, che ora le appariva di un brutto arancione. Lesse il nome dell'azienda. Il peso netto del contenuto. La parola Aspirina.
Aspirina? Si chiese. Cosa c'entrava?
Spostò di più il capo verso il barattolo e lesse l'intera frase.
Attenzione: l'utilizzo di questo prodotto in concomitanza con alcuni medicinali come l'Aspirina e altri FANS può causare gravi effetti collaterali. Chiamate immediatamente il vostro medico in caso di perdite ematiche, vomito, mal di testa, capogiri o debolezza.
Jessica ricordò con orrore il suo mal di gola. Lei che si vantava tanto di informarsi con attenzione, non aveva nemmeno letto l'etichetta su un flaconcino che prendeva in mano quotidianamente. Scoppiò in una risata isterica che ebbe però luogo solo nella sua testa. Il suo corpo era ormai troppo debole anche per quello.
Lentamente il mondo intorno a lei si fece sempre più scuro e indistinto.
Le forze la stavano abbandonando del tutto.
Pensò ai suoi genitori. Alla mamma, alle lasagne che ogni anno preparava per il pranzo di Natale perché sapeva che lei le adorava. Al papà e al suo prossimo pensionamento. A sua sorella Lisa, incinta di cinque mesi, e a un nipotino che lei non avrebbe forse conosciuto mai.
Pensò ai suoi amici, compagni di corso, ai pranzi veloci al bar tra una lezione e l'altra; al suo rapporto con Marco, che forse col tempo sarebbe potuto diventare qualcosa di importante; alla tanto agognata laurea, che a quel punto non aveva più alcun senso.
Il suo cuore si era rattrappito in un grumo color pece grondante angoscia, rimpianto, paura e nostalgia per un futuro immaginato ma che non sarebbe mai giunto.
Spostò gli occhi stanchi sul monitor del laptop, che in quel momento, come se anche lui avesse deciso di abbandonarla, entrò in stand-by e si fece nero.
A quel punto, come per un effetto cinematografico, la prospettiva di Jessica cambiò.
La stanza parve capovolgersi. La nausea aumentò, per poi sparire del tutto.
Lo stomaco, la testa, tutto sembrò zittirsi. Non c'era più alcun dolore.
Per qualche istante si vide dall'alto, cinereo sacco d'ossa coperto di sangue, ombra distrutta di ciò che era stato un essere umano che aveva amato, sofferto, gioito e pianto.
A quella vista un alito di amarezza l'avvolse. Ma fu solo un secondo. Un sorriso le si disegnò sulle labbra. Cercò di allungare una mano per carezzare con affetto quella pelle bianca, ma il corpo a terra sembrava allontanarsi poco a poco. Sentì un lieve tepore circondarla e le sembrò che la luce intorno a lei mutasse di intensità. Un attimo. Poi più nulla.
Un'ora dopo, Barbara rientrò dalla Facoltà e chiamò l'amica cinguettando un «come andiamo oggi?».
Ma ormai solo il silenzio poteva risponderle oltre la porta chiusa.

Autorizzo Jackie de Ripper all'eventuale pubblicazione su Skan Magazine.
 
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kaipirissima
view post Posted on 4/10/2013, 11:53




Nooooo, ma che cavolo! Ma quando scade? . Vado a controllare.
Martedì, c'è un w end di mezzo fiuuuuuuu
 
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view post Posted on 4/10/2013, 12:12
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Milena Vallero

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CITAZIONE (kaipirissima @ 4/10/2013, 12:53) 
Nooooo, ma che cavolo! Ma quando scade? . Vado a controllare.
Martedì, c'è un w end di mezzo fiuuuuuuu

Eh eh! ;) Io mi sono dovuta sbrigare perché nei prossimi giorni sono impegnata e temevo di "perdere il treno"... prenditela pure con calma tu che puoi! :) Buona creazione e buon weekend! Baci :wub: :wub: :wub:
 
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White Pretorian
view post Posted on 5/10/2013, 18:43




Sol devo per forza usare uno specifico medicinale o posso parlare in generale dell' abuso....?
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 5/10/2013, 18:56




Amici miei, gli eventi delle ultime settimane mi hanno portato a dover prendere una spiacevole (almeno per me) ma necessaria decisione: con questa edizione si chiuderà per non solo quest'avventura da moderatore, ma la mia permanenza sul forum della Tela.
Le ragioni sono molteplici, alcune serie, legate al mio privato (lavorativo in particolare), altre stupide, altre ancora ideologiche.
Un anno e mezzo fa ho vinto la mia idiosincrasia verso i network e verso la narrativa in un solo colpo, iscrivendomi a un forum che mi ha dato moltissimo. Ma nonostante questo un luogo di totale libertà non può rimanere a lungo congeniale a chi, come me, vive di ordine, gerarchia, disciplina e dovere.
Sulla Tela ho conosciuto persone che ritengo straordinarie, altre a me poco affini. Da buon alchimista, alla fine dell'opera, mi porto dietro il "secretum", la parte migliore.
Abbandono il forum, non la Tela. Alec e io (che in questo periodo siamo diventati buoni amici) abbiamo molti progetti in cantiere.
Non vi lascio orfani: so per certo che Alessio e Jackie stanno vagliando un nuovo moderatore: competente, del mestiere e, soprattutto, esterno fino a oggi al forum (la miglior scelta che si potesse fare per evitare problemi pregressi). A chiunque verrà dopo di me, i migliori auguri.
A tutti voi va il mio grazie per avermi insegnato molto.
Faccio come il Dottor Manhattan: lascio questo universo per uno meno complicato.
Adieu mes amì.
 
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cristiano r.
view post Posted on 5/10/2013, 19:41




SULLA CRESTA DELL'ONDA




Dopo l'annunciato ritiro, ho spostato il racconto Sotto La Lente, categoria fantasy.
:alienff:

Edited by cristiano r. - 10/10/2013, 10:27
 
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kaipirissima
view post Posted on 5/10/2013, 20:38




CITAZIONE (Sol Weintraub @ 5/10/2013, 19:56) 
Amici miei, gli eventi delle ultime settimane mi hanno portato a dover prendere una spiacevole (almeno per me) ma necessaria decisione: con questa edizione si chiuderà per non solo quest'avventura da moderatore, ma la mia permanenza sul forum della Tela.

Accidenti, come mi dispiace. :(

E adesso? Devo assolutamente farmi venire un'idea per questo Skanna cascasse il mondo.
 
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cristiano r.
view post Posted on 5/10/2013, 23:28




E adesso senza le tue frasi in latino, tedesco, giapponese e ... aramaico, senza gli insegnamenti esoterici...che barba, che palle che noia!
Scherzi a parte (ma neppure troppo) un megainboccallupo!!!!!!!!!!
Ci mancherai Panda spokkioso! Le cose serie te l'ho gia scritte via pm.
Grazie di tutto!

:alienff: ^_^ :alienff:
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 6/10/2013, 08:33




CITAZIONE (Sol Weintraub @ 5/10/2013, 19:56) 
Adieu mes amì.

crybaby
 
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100 replies since 30/9/2013, 17:56   1954 views
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