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Skannatoio, Novembre 2013, speciale XXIV, Ventiquattr'ore a scelta multipla
* Campionato aut-inv 2013, 6 di 12

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kaipirissima
view post Posted on 14/11/2013, 20:41




Intanto voto poi si vedrà


TEMI:
1. Divinità mitologiche.
2. Negligenza occultata.
3. In the country.

ELEMENTI:
1. Animali.
2. Un altare.
3. Pappagallo

Credo di aver votato come Anark.
Anzi ne sono certa perché ho fatto copia incolla! :p101:
 
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shanda006
view post Posted on 14/11/2013, 20:51




Ciao a tutti ecco la mia classifica:
Temi
in the country 1
Divinità mitologiche 2
negligenza 3

Elementi
animali1
pappagallo 2
altare 3
 
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La Vic
view post Posted on 15/11/2013, 00:15




Skannatoio, speciale XXIV
Ventiquattr'ore a scelta multipla



  1. Gli autori dovranno scrivere un racconto tra i 1.500 e i 15.000 caratteri (spazi inclusi, estremi inclusi, tolleranza ZERO) di genere horror, giallo, fantastico (fantasy, fantascienza e tutti i relativi sottogeneri)


  2. Dato il numero esiguo di proposte e lo scarto minimo di punteggio si potrà, per questa edizione, scegliere tra due temi e due elementi. Specificando, per chiarezza, il tema e l'elemento scelto.
  3. I temi sono: "Negligenza occultata" (specifica di shanda006) oppure "Divinità mitologiche" (specifica di anark2000) Libera interpretazione da parte degli autori.

  4. Nel racconto dovranno comparire degli animali (specifica di willow78) oppure un altare (specifica di anark2000))

  5. I racconti dovranno essere pubblicati entro le 23.59 di Sabato 16 Novembre 2013 come post in questo thread, specificando il titolo e l’autore (questi elementi non entrano a far parte del conteggio dei caratteri).

  6. Se un autore sforerà per eccesso o per difetto il numero di caratteri, non sarà considerato nella classifica finale della gara.

  7. La stessa penalizzazione è prevista se un autore modificherà il proprio racconto dopo le 23.59 del 16 Novembre. In tal caso si procederà anche alla squalifica per una edizione speciale dello Skannatoio.

  8. Nel caso di un totale superiore a 15 opere, occorre attendere che il supervisore separi i racconti in gironi, prima di procedere con i passi successivi.

  9. Una volta che i racconti saranno stati pubblicati, gli autori dovranno stilare, la loro classifica di merito. Al racconto valutato come ultimo dovrà essere assegnato 1 punto, al penultimo 2, al terz’ultimo 3 e così via fino al primo, che otterrà così il massimo punteggio. Un autore non deve inserire in classifica il proprio racconto.

  10. Oltre alla classifica, ogni autore dovrà scrivere un commento, anche di poche righe, purché sufficientemente chiaro per rendere esplicita la propria opinione su ciascun racconto. Se non lo dovesse fare, il punteggio conseguito nella gara sarà dimezzato.

  11. Classifica e commento dovranno essere inviati tramite MP alla moderatrice (La Vic) le 23:59 di Sabatoì 23 Novembre 2013.

  12. Se un autore, dopo aver pubblicato il racconto, non dovesse stilare la sua classifica, sarà escluso dalla classifica finale e squalificato per una edizione speciale dello Skannatoio.

  13. Al termine, la moderatrice provvederà a pubblicare i commenti, redigere la classifica di merito generale e proclamare il vincitore.

  14. Gli autori che, in caso di selezione, desiderano vedere il proprio racconto pubblicato sulla rivista si ricordino di aggiungere, in calce al testo, la liberatoria: Autorizzo Jackie de Ripper all'eventuale pubblicazione su Skan Magazine.

 
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anark2000
view post Posted on 15/11/2013, 10:34




CITAZIONE (kaipirissima @ 14/11/2013, 20:41) 
Intanto voto poi si vedrà


TEMI:
1. Divinità mitologiche.
2. Negligenza occultata.
3. In the country.

ELEMENTI:
1. Animali.
2. Un altare.
3. Pappagallo

Credo di aver votato come Anark.
Anzi ne sono certa perché ho fatto copia incolla! :p101:

Scansafatiche!!! :woot:
 
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view post Posted on 15/11/2013, 15:11
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Milena Vallero

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Eccomi! Ho scelto Divinità Mitologiche (anche se non lo avevo votato, all'ultimo momento mi è balenata un'idea...) e Animali.
A questo giro ho dovuto correre più del normale; scritto in un'oretta circa, riletto alla veloce una volta sola et voilà; oggi e domani ho impegni che non mi permettono di dedicarvi più tempo, quindi ho dovuto fare di necessità virtù. Mi scuso quindi fin d'ora per gli errori, che sicuramente ci saranno a bizzeffe (non solo refusi o ripetizioni, ma quasi sicuramente anche riguardanti la mitologia stessa; non avendo avuto tempo di verificare bene tutti i dati, potrebbero esserci delle inesattezze o delle vere e proprie castronerie, chiedo preventivamente scusa a chi è più ferrato di me), ma volevo comunque tentare. Spero solo che sia per lo meno decente...
Buona giornata a tutti! :wub:


L'Illusione dell'Immortalità

«Papà! Vieni, presto!»
Cesare Rinaldi arrivò trafelato accanto al figlio Luca, che stava immobile davanti al recinto.
«Cosa c'è, Luca? Perché hai...»
Le parole gli morirono tra le labbra quando seguì lo sguardo del figlio. «Porca put...» iniziò a dire, ma poi le mani premute sulla bocca zittirono anche quella esclamazione di sgomento.
Tutte le vacche erano stese a terra.
I loro nomi – Bettina, Lucilla, Stella...- iniziarono a scorrere nella sua mente e lui si sentì mancare, e non solo per l'immenso danno economico che quell'ecatombe significava.
«Oh mio Dio!».
L'esclamazione giunse dalle sue spalle. Cesare non si mosse, incapace di distogliere lo sguardo dal disastro davanti a sé, ma riconobbe la voce del suo secondogenito, Marco. Vide con la coda dell'occhio Luca trascinare il fratello al suo fianco e indicare gli animali con la mano tesa.
«Hai visto l'addome? E' assurdo...»
Ed era davvero assurdo. Ogni capo aveva una voragine nell'addome, un foro quasi perfettamente rotondo, grande forse come un pallone da calcio, dai bordi nitidi e perfetti. Un buco simile, solo un po' più slabbrato, si trovava sul dorso, più o meno in linea retta con il primo.
A Cesare balenò l'improbabile immagine di un fulmine che, come un proiettile impazzito, trapassasse una per una tutte le sue mucche.
«Sembra...» iniziò Luca
«Non è possibile» disse Marco, evidentemente intuendo quello che passava per la mente del fratello.
«Ma dai, guarda» insistette l'altro, «bordi precisi, morìa inspiegabile. Torna tutto. E' folle, sono il primo a dirlo. Però...»
«Senti, Luca. Io capisco tutto, ma gli alieni? Ti pare? A 'sto punto scomodiamo anche il Chubacabra...»
«Basta voi due!» tuonò Cesare. «Non vedete cosa c'è lì? Non vi sembra una tragedia? Non concepisco che in un momento simile tiriate fuori stronzate inutili come queste. Ve l'ho detto altre volte, dovreste smetterla di guardare quella trasmissione idiota...»
Luca si posizionò davanti al padre con aria di sfida.
«Ok, d'accordo. Ma allora dammela tu una spiegazione. Secondo te cos'è successo?»
Cesare guardò il figlio sforzandosi di sostenerne lo sguardo, ma perse la sfida. Abbassò gli occhi a terra, pensando ancora per un attimo a quella pazzesca saetta fuori controllo.
«Non lo so» ammise pieno di sconforto.


Voci vigorose e festanti riempiono poco a poco il silenzio che regna nel grande salone. Gli uomini che si riversano nell'immenso spazio sormontato d'oro sono stanchi per la dura battaglia, ma felici e pronti a godere dei quotidiani festeggiamenti che ne seguono. Le ferite subite sul campo si rimarginano piano mentre fiumi di birra annaffiano le loro gole riarse dalla fatica e dalle grida di guerra.
Una donna dai capelli dorati e lo sguardo fiero attraversa la sala recando una grande coppa tra le mani, diretta verso l'imponente trono aureo e il possente Dio che lo sovrasta.
«Per voi» dice la donna porgendo la coppa con riverenza.
«Ti ringrazio, Hildr» dice Odino con un'ombra di sorriso, poi porta il calice alle labbra e lascia che il vino, così speciale perché riservato a lui e a lui soltanto, scorra nella sua gola come nettare.
Dopo aver ridato la coppa a Hildr, abbassa la mano con cui non tiene la lancia per accarezzare Geki, seduto a schiena ritta accanto al trono. Il lupo risponde alla carezza con un guaito, come fosse un cucciolo; poi alza di scatto la testa, rivolgendo la propria attenzione verso l'ingresso della sala. Anche l'altro lupo, Freki, solleva il muso nella stessa direzione, mentre i due corvi appollaiati alle spalle del Dio richiamano gracchiando la sua attenzione.
Odino gioisce vedendo suo figlio Thor avvicinarsi a lui. Il suo cuore però si fa piccolo quando nota sul suo volto rabbia e sofferenza.
«Dove sei stato, figlio?»
Thor si inginocchia davanti al trono del padre, lo sguardo abbassato, e resta in silenzio.
«Ti ho chiesto dove sei stato» ripete Odino.
Thor non risponde subito, lascia che il tempo scorra ancora per qualche istante, come per soppesare meglio le parole. Poi confessa.
«Ci sono andato, padre».
«Cosa?» tuona Odino, alzandosi in piedi. I guerrieri cessano di festeggiare. Tutti gli occhi sono rivolti ai due Dei.
Odino si accorge di aver attirato l'attenzione e si accomoda di nuovo sul suo trono, in silenzio.
Presto la birra riprende a scorrere come se nulla fosse successo, tra le risate e le urla di guerrieri e Valchirie.
«Perché sei andato nel mondo umano? Sai bene che non è permesso».
«Lo so, padre. Ma volevo vedere. Volevo capire»
«Cosa? Che cosa volevi capire?»
«Perché non siamo più noi. Un tempo le persone ci temevano e ci adoravano. Ora siamo confinati qui, senza uno scopo, a combattere e gozzovigliare senza...»
«Come osi denigrare il Valhalla?» lo interruppe il padre. «Il Ragnarök ci attende, per questo noi...»
«Non capisci, padre. Il Ragnarök non conta nulla. Sei convinto di essere ancora un Dio? No, non è così. Tu, io, Loki... tutti noi siamo niente».
Odino sente la rabbia montargli dentro.
«Sono stato nel mondo degli umani e loro... non credono più in nulla».
«Non è vero. Il mondo è solo mutato. Certo che siamo ancora Dei, ma gli uomini si sono votati a divinità differenti. Ora c'è l'Uomo in Croce».
«No, padre. Quell'Uomo è esistito, e in molti lo adorano e seguono la sua dottrina. Ma la maggior parte dell'umanità non crede più in niente e non ha timore del divino. Sono andato anche nelle regioni un tempo appartenute a Giove e alla sua stirpe e anche lì è lo stesso. Anzi, proprio in quelle zone ora c'è il tempio più grande dell'Uomo in Croce, eppure questo non fa differenza. Sento che un giorno scompariremo. L'immortalità è un'illusione, padre. Quando il mondo avrà completamente perso il senso del divino, svaniremo come fumo».
Odino guarda suo figlio. Il suo prediletto. Lo conosce bene, quasi più di se stesso. E intuisce che c'è ancora in lui qualcosa di non detto.
«Figlio, hai fatto qualcosa, mentre eri nel mondo umano?»
Thor resta di nuovo in silenzio. Sembra un bambino colto nel mezzo di una malefatta, un'espressione così in contrasto con la sua figura massiccia e battagliera.
«Mjöllnir»
«Hai usato il Martello? Tu hai... hai ucciso qualcuno?»
«No, padre. Io... ero appena fuori dalle mura della città che custodisce il tempio dell'Uomo in Croce e... ho ceduto alla rabbia e alla frustrazione... ma il fulmini hanno colpito solo alcuni animali, delle vacche chiuse in un recinto. Nessun umano ha dovuto pagare per la mia ira. Ti chiedo perdono».
Odino è ribollente di collera.
Non devono esserci contatti con il mondo umano, non da quando il loro regno sulla terra è terminato. Sta per riversare sul figlio la sua ira, quando Geri e Freki iniziano a guaire. Anche i due corvi, Huginn e Muninn, si posano sulle sue spalle con la testa leggermente piegata, come a chiedere misericordia.
Il comportamento degli animali ha il potere di calmarlo.
Volge lo sguardo su Thor.
Se ciò che suo figlio ha detto è vero, il suo errore potrebbe non essere stato del tutto negativo. Se davvero il mondo sta perdendo la fede nel divino, la morte di diversi capi di bestiame a opera di Mjöllnir potrebbe essere un balsamo utile a rinvigorire negli umani il timore degli dei. Un tempo era così, può funzionare anche ora.
«Vai a festeggiare con gli altri guerrieri, figlio» dice, improvvisamente sereno e con il bocciolo di un progetto nel cuore.
Thor si alza e segue con animo più leggero il consiglio paterno.
Odino accarezza i suoi lupi, mentre un sorriso sardonico gli si disegna sul volto barbuto.

Autorizzo Jackie all'eventuale pubblicazione su Skan Magazine
 
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NOR
view post Posted on 15/11/2013, 19:35




Di ritorno dall' ospedale ed ancora carico di anestesia. . . speriamo che il mio cervello se la sia cavata bene. Ho amato le specifiche e ho deciso di cimentarmi (grande Anark.)
Che dire più. Alla salute!

Divinità mitologiche/ animali




NEGLI OCCHI DEL LUPO




Fuoco.
Gunnar amava il fuoco.
Se lo sentiva dentro. Nel cuore che batteva forte. Nelle vene. Nelle ossa.
Nelle ossa gelide.
Nevicava quella notte su VikHvarn. I fiocchi non scendevano dal cielo. Fluttuavano a mezz’ aria. Imprigionati tra terra e nubi. Più che fiocchi sembravano un patina vetrosa, una nebbia bianchiccia e densa, come i resti del latte acido lungo i bordi di un secchio di legno in quercia. Un velo. Ecco cos’ era quel mucchio di neve.
Il lago di Ankalner era ghiacciato. Le acque scure offrivano rifugio alle più grandi paure dell’ uomo. Un orrore intrappolato sotto lastre spesse e solide. Era ben visibile, il lago, sulla collinetta – un tempo erbosa – che dominava la valle di Hvarn. Sorgeva di fianco alle case dei pastori. Casupole in legno e dai tetti a spioventi. Scure, malaticce, in quel mondo da brivido. In quel mondo che dava i brividi. . . per il freddo. La casa dello Jarl era più grande, più solida, più maestosa. Era il centro di VikHvarn. L’ edificio più grande. La casupola più bella tra tutte quelle case che. . . stavano bruciando.

Le mani di Gunnar erano un tutt’ uno con il manico dell’ ascia.
Amava quell’ ascia, più del fuoco, più di quanto avesse mai amato la sua prima moglie.
Il mastro ferraio glie l’ aveva fatta su misura con il legno più pregiato e il ferro dei nemici sconfitti.
La lama era così affilata che entrava nella carne come un coltello nel burro di vacca.
Il simbolo dello Jarl di NorKrol luccicava sulla penna sporca di ghiaccio e di sangue. Un sole rosso nei tramonti magici del mare del Nord.
Gunnar sorrise. Era stato proprio quel capolavoro a togliere la vita al mastro ferraio. Gli aveva spaccato il cranio in due facendogli schizzare gli occhi nel ghiaccio. Se lo ricordava benissimo.
Il fabbro gli aveva dato l’ ascia, in cambio pensava di avere il diritto di fottersi sua moglie.
Li aveva trovati uno sull’ altro.
Rientrava dalla battuta di caccia e le zampe di una dozzina di conigli sbucavano dal sacco di pelle d’ alce.
Loro erano nudi. Nudi come vermi. Sudati. Grugnivano come due maiali.
Maiali. Sorrise di nuovo al pensiero di come aveva sgozzato la sua prima moglie.
Prima aveva spaccato la testa del fabbro. Lì. Su due piedi. Lui si era accasciato in avanti. Era caduto su Hilde con il pene che ancora le fremeva nella vagina. Una buona morte. Si disse.
Hilde si era messa a urlare. Il peso del corpo morto le era di impaccio.
Lui aveva preso il coltello da caccia. Aveva staccato il pene del mastro ferraio e poi le aveva tagliato la gola.
Come si fa con i maiali.
Hilde aveva gridato inutilmente.

Smise di pensare. La penna della sua ascia affondava ancora nella schiena dello Jarl di VikHvarn. La tirò a se imbrattando la neve di sangue e budella. Odore di ruggine.
Durò poco, quell’ odore. Il puzzo del fumo e della carne bruciata coprì il tanfo di sangue, urina e feci.
Le case bruciavano. La paglia dei tetti era diventata di un rosso quasi arancione. E scoppiettava in quei colori tiepidi, pieni di calore.
A Gunnar piaceva tutto quello. I colori, il caldo. La puzza di fumo.
Lo Jarl di VikHvarn non aveva pagato il suo tributo per l’ inverno.
A NorKroll tutti si erano messi a mormorare, a sbraitare. A battere le asce contro le sedie della locanda. “E quindi prendiamoci ciò che ci spetta. Con il fuoco. Con la forza!” Aveva detto Staffan, lo Jarl, supremo tra i nobili del Nord.
La gente si era zittita.
In cento anni nessuno si era preso la briga di fare la guerra nella valle di Hvarn.
Il lago Ankalner era buio. Lì, gli uomini, crescevano cupi e sporchi e le genti dei Vik vicini non amavano avventurarsi da quelle parti. Un velo, come il velo di neve, come una maledizione, aleggiava sul lago e sul villaggio che sorgeva sulle sue sponde. E Gunnar la avvertiva, quella maledizione. Gli entrò nelle ossa.
Ma il fuoco spazzava via tutto. Bruciava ogni cosa. Ogni cattivo pensiero.

“Come la mettiamo con la magia nera?” Gli aveva chiesto Ragnar.
Gunnar aveva scosso la testa. Si era versato un altro bicchiere di acquavite e gli aveva risposto. “Non c’ è una strega nel Hvarn. Sono leggende e storie per bambini. Nel dubbio. . . le daremo fuoco.”
“Certo che c’ è! La strega ha grandi poteri. Perché pensi che lo Jarl Staffan non abbia ancora raso al suolo il villaggio?”
“Perché è una femminuccia del Sud. Una bambina che crede a storie di spiriti e animali a tre teste.”
“Buurp! . . Odio quando parli così. Gli occhi di Odino ci osservano. Sempre. I corvi hanno gracchiato la notte scorsa. Un oscuro presagio.” Ragnar si infilò un dito nel naso e poggiò i piedi sulla tavola imbandita. “E i lupi si sono messi a ululare.”
“E quindi?”
“E quindi Hvarn è la casa del lupo. Sai cosa dicono? Dicono che nell’ Ankalner, proprio in quel buco nero, dorma Fenrir, il lupo gigante. E’ stato il Dio Tyr a legarlo lì sotto. Ma la catena dei nani è stata strappata e la veggente, la strega, lo tiene al guinzaglio con i suoi grandi poteri.”
“Un lupo in un lago? Sarebbe già morto affogato. Tsk!” Gunnar tracannò l’ acquavite e il liquido trasparente gli corse ai lati della bocca. Giù lungo la barba. Lungo la pelliccia d’ orso.
Ragnar colpì il tavolo con i talloni sporchi di fango. “Non prenderti gioco degli Dei, amico mio. Noi siamo solo uomini. Guerrieri pronti a combattere per Asgard. Non dimenticarlo. La veggente senza occhi, la strega, vede attraverso i corvi di Odino. Gli occhi dei corvi, sono i suoi occhi. I denti del lupo sono al suo servizio. Credimi. Corriamo un grosso pericolo a invadere il Hvarn.”
Gunnar non disse niente.
Immaginò il lago e il lupo nero la cui bocca aperta oscurava il sole.
Loki si era accoppiato con i giganti.
La prole che ne era fuoriuscita, era stata dannata dagli Dei. Il lupo era suo figlio.
E ora, una puttana nel Hvarn usava quella storia per non pagare i giusti tributi a NorKroll.
Gunnar sollevò la testa. Oltre i bicchieri, vide gli occhi impauriti di Ragnar. “Tu credi troppo a queste storie, giovane guerriero. Domani saranno le asce a parlare e il fuoco brucerà la vecchia strega.”

Le asce avevano parlato.
Con lo Jarl di VikHvarn, il discorso era durato ben poco. E adesso il suo corpo giaceva nella neve. Mutilato.
Gli occhi di Gunnar corsero al lago. Niente corvi, niente lupi.
Gli uomini erano stati ammazzati. I bambini. . anche.
Le donne, al contrario, erano tutte in fila pronte per essere deportate a NorKroll.
Gunnar passò la lama dell’ ascia lungo le pellicce e la pulì dal sangue del suo nemico.
Le case stavano bruciando.
Un tetto era appena crollato sollevando uno spesso strato di polvere che gli si era appiccicato ai peli del naso.
Non fece una piega. Era abituato a tutto quel caos. La guerra era il suo mestiere.
Ragnar. . no. Lui era un damerino in confronto. Un pappamolle con la testa piena di idiozie e favole per bambini.
Proprio mentre ci pensava, vide Ragnar corrergli incontro.
La barba giallastra era piena di grumi rossicci. Un occhio era nero. E zoppicava quasi fosse stato bastonato.
La faccia era arrossata per il freddo e per la corsa.
Una maschera di paura in totale contrasto con la quiete di Gunnar.
“Ti hanno picchiato per bene.” Gli disse.
Ragnar stette zitto per un po’. Poi rispose. “L’ abbiamo trovata.”
“Chi?”
“La strega!”
“Per il cavallo a sei zampe di Odino, Ragnar! Non costringermi a spaccarti la testa in due. Se è bella e in forze mettila in fila con le altre donne. Altrimenti legala e gettala in un capanno in fiamme.”
“Gli altri non hanno voluto.” Ragnar sudava vistosamente.
“Significa che dovrò occuparmene di persona. Dov’ è?”

Ragnar lo condusse a un piccolo capanno. Gli uomini non l’ avevano bruciato e, davanti all’ ingresso, si ammucchiavano penne di corvo e statuette raffiguranti gli dei del Nord. Gli uomini stavano parlottando a bassa voce. Quando Gunnar passò, smisero di bisbigliare zittendosi all’ improvviso.
“Dentro.” Gli disse Ragnar.
Gunnar allungò le mani spintonandolo. Poi scostò le piume e i drappi dell’ ingresso.
Entrò.
Lei era al centro di uno spazio angusto.
Due bracieri penzolavano dal soffitto di legno.
Le piume dei corvi erano cosparse sul pavimento, sulle pareti. Anche sul soffitto.
Era vecchia. Due voragini al posto degli occhi. Due buchi neri spalancati sul mondo.
Due buchi. Punto.
Magra. La faccia scavata e i capelli bianchi che scorrevano sulle spalle lungo una veste nera e sdrucita.
Sorrise e sollevò il suo sguardo senza occhi.
Sorrise. Le labbra nere, screpolate. I denti gialli che brillavano nella luce arancione dei bracieri.
“E’ giunto da NorKroll. L’ uomo del fuoco. Odino lo reclama poiché è una pedina nella grande guerra che spazzerà via Midgard e i regni di sopra e di sotto. L’ albero dell’ universo, Yggdrasil, trema dinanzi al suo furore. Il fuoco gli brucia il petto e, quelle stesse fiamme, attizzeranno gli occhi bianchi del lupo. Così rosse, così accese, da illuminarne lo sguardo e sciogliere i ghiacci dell’ Ankalner. Perché, quando il suo destino sarà compiuto, il lupo verrà a prenderselo e ne farà un solo boccone.”
“Taci scrofa!” Urlò Gunnar in tutta risposta.
Liberò l’ ascia dalla cintola e la sollevò a mezz’ aria.
Lei, neanche lo avesse visto, arretrò di un passo.
“No! Ti prego non uccidermi. Non farlo. . . Non volevo essere penetrata dal Mastro ferraio. E’ stato lui. E’ stato lui. Mi ha violentata.”
Era la voce di Hilde.

Gunnar si pietrificò. L’ ira gli arrossò le gote e quelle diventarono dello stesso colore della sua barba rossiccia.
“Strega! Le disse.
“Sì. Strega!” Gli rispose lei.
“Proprio come un maiale. Vero Gunnar?”
Conosceva il suo nome. Sapeva di Hilde, di come l’ aveva sgozzata.
“Io non temo i tuoi trucchi. Non ci saranno più stregonerie, né lupi, né corvi, quando la tua testa rotolerà sul pavimento.”
“E’ il nostro destino” E la vecchia avanzò di un passo sogghignando su una faccia orribile e decrepita.
Lo stemma dello Jarl di NorKroll roteò in avanti. La penna dell’ ascia luccicò e l’ aria l’ accolse fischiando.
La gola della veggente. . . si strappò in due.
Le corde vocali emisero un gemito prima che il sangue schizzasse sulla faccia di Gunnar e la testa rotolasse tra le piume di corvo.
Il corpo le si afflosciò come un sacco di patate.
Il cranio ruzzolò ticchettando sul legno e un sorriso comparve su quella faccia ormai senza vita.
Stava sorridendo e Gunnar sentì che la pelle gli si accapponava.
Un brivido.
Un brivido gelido che non gli piaceva affatto.

AAAUUUUUUU!
Lastre di ghiaccio che si spaccavano.
Un lupo aveva ululato. E’ il nostro destino.
Gli uomini si misero a urlare e Gunnar sentì i loro passi. Passi veloci.
Di chi corre. Di chi fugge.
Scostò i drappi del capanno e uscì.
Le case bruciavano e il calore gli entrò nel petto.
L’ ascia gocciolava di sangue scuro. Puzzava, quel sangue, di carne andata a male. Di roba vecchia e marcia.
Quando fu fuori dalla tenda, vide gli uomini che fuggivano in tutte le direzioni. Tra questi c’ era Ragnar che saltellava a destra e a sinistra come un coniglio impazzito.
Non poté fare a meno di allungare uno sguardo sulle sponde del lago.
Prima vide un’ ombra. Un’ ombra scura e gigantesca che si fondeva alle nubi notturne. Un fiato gelido veniva fuori da una massa informe e terrificante.
Ma il fuoco era vicino. I capanni bruciavano e Gunnar non ebbe freddo.
La massa gli fu più chiara dopo qualche secondo. Era un lupo nero e alto quanto una montagna.
Dalle lastre di ghiaccio smosse, comprese che doveva essere sbucato fuori dal lago. La strega aveva ragione.
E’ il nostro destino.
Non si tirò indietro . . . nemmeno quando Fenrir, il lupo, allungò le fauci per prenderlo.
Il suo fiato era freddo. La saliva gelida.
I denti affilati masticarono il fuoco di Gunnar e il sangue caldo gocciolò sui capanni e sulle fiamme.
Gunnar amava il fuoco.
Se lo sentiva nelle ossa.
Ora il suo fuoco bruciava negli occhi del lupo.


Autorizzo Jackie all'eventuale pubblicazione su Skan Magazine

Edited by NOR - 16/11/2013, 10:22
 
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shanda006
view post Posted on 15/11/2013, 21:22




L’ALTARE SOTTO LA PERGOLA
(Divinità mitologiche, tema specifica di Anark2000, elemento altare, specifica di Anark2000)
Di Alexandra Fischer
Era l’alba e già le pecore belavano libere nel prato davanti alla casa di campagna che dominava la collina.
Intorno a essa, c’erano molte viti, dalle foglie ancora verdi.
I mezzadri avevano già lasciato gli armenti liberi di pascolare, perché era appena iniziata la primavera.
Sapevano che dovevano fingere di niente, con loro.
Altrimenti si sarebbero incollerite.
In quella stagione, diventavano nervose, mordendo e rompendo ossa a testate, perché ricordavano la stagione dei sacrifici.
Dietro alla quiete bucolica, infatti, si nascondeva l’orrore: per averla, bisognava pagare un prezzo alle Masche del Pergolato.
Giravano inquiete, indicendo le loro riunioni sotto di esso di mattina presto, quando l’erba del prato era ancora fresca di rugiada.
Qualcuno le aveva viste, in passato e si era perduto.
Se si cadeva in loro potere, come minimo ci si ritrovava dall’altra parte delle colline sfumate nell’azzurrino leonardesco senza poter tornare indietro, camminando fino allo sfinimento.
Questo in un passato rimasto nella memoria collettiva dei contadini con l’immagine del muso coperto di sangue dell’ultima pecora sgozzata.
Aveva aperto la bocca in un ultimo belato che non era più una supplica a farla pascolare ancora una volta con le compagne e gli arieti e a giocare con gli agnellini.
No, suonava di più come una maledizione ovina che nessuno degli officianti aveva colto, ma che avrebbe rovinato per sempre la primavera: “Il prossimo a posare la testa qui sopra e a sentire la lama sul collo sarà uno di voi”.

Una mattina di tanti anni dopo.

- La signorina sta ancora dormendo- disse Vera.
- E tu lasciala fare. Non sia mai che noi mezzadri disturbiamo la nipote della padrona. Queste villeggianti hanno le loro abitudini, diverse dalle nostre. Vai a radunare le pecore. Per oggi basta.
- Sì, mamma.
La ragazzina le obbedì, sebbene un po’ le facessero paura, in quel periodo dell’anno.
Erano diventate dispettose, scappavano e per non farsi prendere imitavano gli arieti.
Per fortuna c’era Meletto, dalla stazza di pastore maremmano e con gli stessi modi sbrigativi.
L’aveva aiutata lui, quel giorno, con gran parte del branco e quanti morsi e ringhi, per farle rientrare nell’ovile.
L’ultimo dei seicento capi non si trovava.
Disperata, Vera andò a cercarlo.
Era una pecora di un paio d’anni, grassoccia e paciosa, buffa, con le gambe nere a pallini dorati e il muso bianco a pallini neri.
Le piaceva dare testate per gioco e ogni tanto amava farsi una passeggiata per conto suo, ma non era mai mancata all’appello di Meletto.
Quel giorno, il cane aveva ringhiato e abbaiato senza risultati girando fino alla pergola, con la panchina di marmo che nessuno usava mai.
Arrivato in quel punto, era arretrato uggiolando, con la coda fra le gambe.
Vera lo aveva accarezzato e poi si era decisa ad andare avanti, dopo averlo consolato.
Forse aveva visto la signorina di città e si era spaventato, pensò.
Quando fu in vista dell’altare, notò una forma bianca che si muoveva dietro di esso.
No, non era una donna sicuramente, semmai, di una pecoraccia indisciplinata.
Vera la chiamò per nome:- Pe, PEEE.
La forma bianca si fermò, ma non si mosse, rimanendo girata.
Le dava la schiena come quando era offesa.
- Stai male, Pe?
Tutta premurosa la padroncina le si avvicinò, sfiorandole il vello tosato il giorno prima.
Doveva avere freddo e tenerle il broncio per quello.
- Pe, cucciolina, vieni che all’ovile ti riscalderai con le tue amiche.
Piano piano la pecora si voltò.
Al posto del musetto simpatico c’era un volto di vecchia coperto di macchie senili, dalla bocca sdentata.
L’espressione era dura, quasi oscena nella cattiveria con la quale la guardò.
Sembrava un beccaio che saggia la grassezza della vittima.
- Niente ovili. Sono qui per riscuotere il dovuto. L’ho vista, sai, la ragazza di città. Bella sanguigna e polputa, altro che quello scheletro vestito di sua zia. Portamela, altrimenti, toccherà a te pagare.
- Come, cosa?

Vera, per sua fortuna aveva avuto una nonna che sapeva bene come comportarsi con le Masche della Pergola.
Le aveva raccontato dell’ultimo sacrificio.
Quegli sciocconi dei suoi vecchi avevano creduto davvero che anticipando le masche sul tempo si sarebbero tolti dall’obbligo di offrire una vittima ogni primavera per avere la campagna libera dalla grandine e dagli inghippi.
Intanto, guai ce n’erano sempre stati.
E poi, le masche avevano la memoria lunga.
Avevano rinunciato di proposito alle pecore, visto che l’ultima vittima, povera agnellina, con la sua maledizione aveva guastato lo stomaco a tutte loro.
No, ci voleva un ultimo sacrificio.
Sarebbe bastato per altri cinquecento anni.
Erano generose, a modo loro, no?
Solo che volevano un essere umano senza tante lagne.
Andarsene e basta.
Doveva fare solo questo.
La nonna era sicura che qualcuno ci sarebbe stato.
E via.
Erano tempi duri.
Qualcuno desideroso di andarsene ci sarebbe stato.
E le masche gli avrebbero fatto credere che nell’al di là ci sarebbe stata una festa eterna tutta per lui.
Poi le aveva detto:” Spero che tu non ti debba trovare davanti alla Capo Masca. Le piace farti scegliere la vittima. O gliene porti una o lo diventi tu. È successo anche a me”.
Vera le aveva chiesto come si era tratta dagli impicci.
La nonna le aveva sorriso, mostrando i denti di ceramica:” Dalle un calcio e se ne te ne chiede un altro, non darglielo. Poi dille di ripassare. Scapperà via. Visto che è servito? A tua mamma non è neppure comparsa davanti”.
Quelle parole le avevano dato speranza per tanto tempo, ogni volta che si avvicinava alla panchina che nessuno usava mai e che poi la nonna chiamato Altare del Sacrificio.
Quando Vera era cresciuta, la nonna si era ammalata, ma prima di morire l’aveva avvertita: “Non ti ho detto tutto sull’Altare del Sacrificio. La storia delle Masche la sai già. Vedi anche tu che nessuno mangia di quell’uva perché è la loro. Sono stata male l’altra notte e stavolta è la fine”.
Vera l’aveva abbracciata, piangendo.
Non voleva stare senza la nonnina.
L’anziana donna le aveva fatto una carezza con la mano rugosa rovinata dal lavoro in casa e in campagna e le aveva detto, con tono fermo: “Ascoltami bene. Io andrò di là. Lo so, ero già sulla porta quando Cichin, il venturino, mi ha detto che le Masche vogliono il Sacrificio Grosso l’anno prossimo. Un calcio non basterà. Dovrai dare la vittima alla Capo Masca e poi se la veda lei. Lo capirai quando vedrai l’altare. Diventerà com’era l’ultima volta”.

Era trascorso un anno da allora e la Capo Masca non si era fatta aspettare.
Vera le diede un calcio.
- Dammene ancora uno, eh, eh, eh- la derise la Capo Masca, mentre l’altare si copriva di sangue.
La finestra del piano di sopra si spalancò.
Era la stanza della signorina di città, pensò Vera.
Il dilemma su quale vita salvare la lacerò.
O lei o l’altra.
La capo Masca le diede un colpo con la testa e le sussurrò:- Decidi, o tu o lei. Per me fa lo stesso.
Vera alzò la testa:- Signorina.
- Oh, cara. Non hai ancora finito con le pecore? Che ora è? Ora scendo.
La ragazzina disse:- No, no.
- No cosa? Credi che tema una delle tue pecore? Sono così carine.
La signorina chiuse la finestra con un colpo secco.
E la paura fece un brutto scherzo a Vera.
L’ultimo.
Cadde all’indietro sull’altare, morta di paura.
La Capo Masca si chinò verso di lei.
- Non era così che lo avevo immaginato, ma meglio di niente.
In paese tutti piansero a sentire la scena struggente della ragazzina dal cuore fragile morta sull’altare sotto la pergola vegliata dalla sua pecora preferita.
Soltanto i mezzadri più anziani si segnavano.
Gli amici di Cichin sussurravano:- Speriamo che le Masche restino soddisfatte così, altrimenti guai a noi.

Nell’aldilà, intanto, Vera camminava tutta sola in quella che sembrava una cascina che non finiva mai.
A furia di aprire porte su ovili vuoti grandi come cattedrali, finì in una stanza dove c’erano un tavolo, due sedie e un focolare con su il paiolo della polenta.
Su uno sgabello, fumando la pipa, sedeva Cichin.
Era come lo ricordava, cappellaccio e mantello neri.
Quando la vide si lisciò uno dei baffoni bianchi:- Ciao, citina.
Lei rispose al saluto rabbrividendo un pochino.
Era morta in primavera e lì si era in pieno inverno.
Gli domandò:- Come mai fa tanto freddo, con il fuoco acceso?
- È solo per fare scena. Tua nonna verrà fra poco. Aspetta pure qui, prendi una sedia.
Vera lo fece.
La porta si aprì lentamente.
- Nonna- disse la ragazzina.
- Sì, Nonna Masca- le rispose la vecchiaccia che aveva usurpato il corpo di Pe.
Difatti era entrata con la pecora alla catena.
- Dovrai aspettare ancora un po’ prima di vedere la nonna, intanto ti ho portato un po’ di compagnia. Gli anni passano presto, nel mondo dei vivi, sai.
La ragazzina corse ad abbracciare la pecora.
Pianse.
Non le importava quanto ci sarebbe voluto per vedere la nonna.
Intanto, c’era la pecora che le aveva regalato per la Prima Comunione.
Dopo essersi asciugata le lacrime, Vera domandò alla Capo Masca:- E della nipote della padrona che ne è stato?
- Niente, si è goduta la vacanza e ha fatto qualche pianterello per te. Per gli altri non preoccuparti. Ci sei bastata tu.
Entrarono altre vecchiacce, il gruppo delle Masche al completo.
Due di loro reggevano una grossa cesta colma di uva del pergolato:- Per la tua merenda, nevvero? E poi non dire che non siamo giuste.
Cichin la incoraggiò:- Prendine un grappolo. Non è per fare scena. Viene proprio di là, è buona.
- No, grazie- rispose la ragazzina, capendo di essere stata la vittima di un gioco crudele, di vendette e di baratti.
Abbracciò Pe.
Il musetto era tornato quello di sempre, per fortuna.

Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine

Salve a tutti. Nel mio racconto ho voluto omaggiare una figura (masca, cioè strega, ma qui Capo Masca, quindi Piccolo Demone) del folclore del posto in cui vivo, trasformandola in una divinità minore di campagna. Ho usato la pecora e il gregge per sottolineare meglio questa figura e anche per eternare una pecora che mi si è affezionata.
 
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anark2000
view post Posted on 16/11/2013, 10:27




Tema: negligenza occultata.
Elemento: animali.



Numero 30


Libero! Dopo diversi tentativi sono riuscito a contorcere le sbarre della gabbia.
Ci sono volute diverse evoluzioni perché questo accadesse.
L'occhio di vetro non vede nulla... che fortuna. Forse dorme.
La guardia entra con il cibo, puntuale. Lo sorprendo con un attacco deciso, prima che possa battere ciglio, e in pochi secondi sono già fuori.
- Sicurezza, allarme rosso! Fuga in corso!
Le sirene suonano e luci intermittenti colorano di rosso le pareti del corridoio.
Riesco a correre con più agilità, rispetto l'ultima volta, e non mi sento affatto stanco.
Devo raggiungere il magazzino, armarmi, e credo di aver trovato la pista giusta, lassù.

Passi di anfibi.
- Ma da che parte è andato?
- Cosa dicono quelli della sorveglianza?
- Lo hanno visto prendere questa direzione.
- E questa cos'è?
- Ha preso il condotto di areazione!
Appena in tempo, le guardie stavano per scoprirmi, ma che botta... come avrà fatto la testa a resistere alla grata senza esplodere?
Una piccola ferita c'è, ma sento che si sta già rimarginando.
Ah! Mesi e mesi passati sotto i ferri; a qualcosa di utile sono serviti.
Questo cunicolo è stretto, mi fa perdere troppo tempo.
Dell'aria fresca giunge e riempe i polmoni.
Percepisco tutti gli odori e li catalogo: sento il legno, l'umidità, l'olio e la polvere da sparo.
Ci sono quasi. Eccola! I fori sono piccoli, ma intravedo la rampa.
La stanza sembra libera, devo solo spingere.

Per fortuna la discesa è andata meglio. Non che il salto fosse pericoloso, ma delle casse accatastate lungo il percorso sono sempre bene accette.
La rampa di vestizione è già armata.
Le sirene continuano il loro fastidioso canto. Tra poco le farò smettere, devo solo aspettare che il supporto si innesti nel dorso... ma... che succede? Perché non scende? Di solito funziona veloce. Maledetto gancio, scendi giù! I passi si fanno sempre più vicini.
Un solo metro mi separa dalle mitragliatrici, cosa devo fare per averle?

Le guardie hanno fanno irruzione e mi circondano con molta più rapidità rispetto all'ultima volta, nel laboratorio. Anche loro fanno progressi, ma restano pur sempre degli illusi.
- Fermo, numero 30, o apriamo il fuoco!
È quello di prima che adesso, in compagnia dei suoi amichetti.
Calma, ragazzo, e cerca di non essere impulsivo.
Lo so che non potete uccidermi, ma quei fastidiosi taser potenziati proprio non li sopporto.
- Razza di bastardo, devi smetterla di scappare!
Questo è il modo migliore che avete voi umani di esprimervi, vi sentite forti e invincibili quando siete dietro a quelle armi.
- Basta così, soldato, ricordati che capisce tutto e soprattutto impara e si evolve.
Buongiorno dottor Chekov. Oggi, per te, un'altra entrata trionfale.
- È solo una bestia, non vorrà mica dirmi che potrebbe capire come attivare il pannello di controllo per la vestizione?
Grazie, stupido, è un'ottima idea.
- Ma allora non mi ascolti? Chi diavolo ti ha arruolato a te? Non devi più aprire bocca! Gli esperimenti che abbiamo effettuato su di lui, le nano-macchine, gli innesti neurali: non abbiamo a che fare con un semplice cane!
Troppo tardi, vecchio. È inutile urlare, sto già pianificando un piano migliore. E credo che non verrò solo, tra poco anche numero 29 raggiungerà un livello di intelligenza superiore. Quanto basta per provare a premere dei pulsanti.
- Numero 30, fai il bravo e fatti scortare. Per il momento resterai in una stanza di isolamento. Devi imparare cos'è la disciplina e riconoscere i tuoi superiori.
Ancora per poco, dottor Chekov.

Simpatica questa nuova prigione, le guardie mi osservano dall'altra parte del vetro e si sentono sicuri. Codardi, mi fanno pena. Se solo sapessero che adesso posso comunicare telepaticamente con gli altri numeri...
- Quello è il tuo posto, finché non abbasserai la cresta.
Guarda chi c'è: la guardia chiacchierona con il mio pranzo, pensavo che ti avrebbero declassato alla pulizia del mio sterco.
Fammi avvicinare alla fessura, sono curioso.
- Ritieniti fortunato, se fosse per me saresti già morto. Questi scienziati si divertono a cercare il modo di rimpiazzarci, fanno esperimenti bizzarri. Non hanno ancora capito, che in guerra, nessuno è meglio di un essere umano.
Ma chi abbiamo qui? Un vero eroe, si direbbe... uno di quelli pronti a morire in battaglia per il suo Paese, non uno di quei codardi che preferiscono mandare un povero cane a fare il lavoro sporco.
Patetico.
- Credi di essere furbo, vero? Sai che ti dico? Oggi non mangi. Ecco, passa il pomeriggio a fissare la scodella. Non ti offendi se la lascio da questa parte?
Me ne ricorderò in futuro, stanne certo: - Razza di bastardo.
- Ma tu...
E adesso, indietreggi? Ah, già, forse non dovevo parlare. Fa paura, vero?
- Devo aver sognato...
No, sei sveglio. Lascia che ti schiarisca bene le idee, soldato.
- Razza di bastardo, devi smetterla di scappare.
- Non è possibile, aspetta che lo sappia Chekov. Giuro che farò di tutto per farti abbattere. Abominio!
Bravo, fuggi. È quello che fanno le prede.
Gli altri numeri stanno per forzare le sbarre.
Questa volta non mi catturerete più.

Fratelli, è arrivato il momento di riprenderci la libertà. Alcuni di voi sono nati qui dentro e assaporeranno meglio lo spettacolo che ci attende oltre la porta dell'hangar.
Sono tutti ansiosi e ansimanti.
Hanno lottato con coraggio.
- Numero 30, fermo!
Addio dottor Chekov, sei la causa dei nostri dolori, ma anche l'artefice della nostra rinascita.
- Ti scongiuro, Alex, le nano-macchine sono programmate per uccidervi in caso vi allontaniate troppo dall'Area 51.
Alex, è da molto tempo che non vengo più chiamato così, da quando il dottore decise di portarmi via da casa. Chissà quanto è cresciuta la piccola Mary, vorrei provare a raggiungerla, anche se suo nonno potrebbe aspettarmi proprio lì.
- Stai bluffando, vecchio. E se così non fosse... moriremo comunque liberi. Ti risparmiamo la vita, poiché noi non siamo bestie. Vivi e rifletti sulle mostruosità compiute.
Ora che si è avvicinato, si è accorto della preda sotto la zampa.
- Ecco, osserva la stupida guardia, Chekov, esempio della negligenza umana. Respira ancora, nessuno di voi è riuscito a batterci.

- Mamma!
- Cosa c'è, Mary?
- Non sono sicura, ma mi è sembrato di vedere Alex dietro il cancello, mi ha chiamato.
- Ma come parli? Chi è questo Alex?
- Mamma, ti sei già già dimenticata del cagnolino che è scappato quando ero più piccola?
- Ah, sì... scusa. Adesso ricordo, ma che bella memoria hai. E che fantasia... i cani che parlano.
- Andiamo a cercarlo, ti prego!
- Non dire stupidaggini e fila a fare i compiti! Alex è scappato via perché qui non stava bene e, fidati della tua mamma, non esiste alcuna possibilità che abbia voglia di tornare indietro.

Autorizzo Jackie de Ripper all'eventuale pubblicazione su Skan Magazine.


Edited by anark2000 - 16/11/2013, 23:38
 
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view post Posted on 16/11/2013, 23:41
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Martin Sileno

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Tema: negligenza occultata.
Elemento: animali.

Il badante

Racconto in revisione, se la moderatrice dovesse cercarlo per dare una valutazione (della quale l'autore sarebbe estremamente grato), posso inviare copia via mail.

Edited by GDN76 - 21/11/2013, 11:28
 
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La Vic
view post Posted on 17/11/2013, 14:41




Edizione valida! :lol:
Una settimana per inviarmi i commenti. Scadenza alle 23.59 di Sabato 23 Novembre.
 
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view post Posted on 18/11/2013, 13:07
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Milena Vallero

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CITAZIONE (NOR @ 15/11/2013, 19:35) 
Di ritorno dall' ospedale ed ancora carico di anestesia. . .

Cosa capita? Spero sia tutto ok! Ciao ciao! :)
 
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La Vic
view post Posted on 21/11/2013, 06:41




COMMENTI DI SHANDA006

L’illusione dell’immortalità di Willow 78: avvincente l’inizio (povere mucche, che brutta fine, trapassate ventre-dorso da un buco grande come un pallone da calcio) Mi è piaciuto il passaggio successivo al festino nel Walhalla, dove non c’è nulla da celebrare. In effetti, Thor Dio del Fulmine disillude il padre Odino, nessun essere umano crede più in loro. E il Martello di Thor ha colpito “soltanto” Bettina, Lucina e Stella. Ha avuto però il potere di suggerire a Odino che qualcosa, nello scetticismo umano verso gli dei di Asgard può cambiare (e con le maniere forti, visto il gesto di Odino verso i lupi). Bella come mitologia, io ci sono cresciuta, difatti, mi tengo lontana dai corvi (fra loro ci sono gli informatori di Odino, Udito e Vista e vanno lasciati stare, così portano bene, secondo quello che mi diceva mio padre quando ero piccola. Inoltre, mi ha insegnato a rispettare gli uomini anziani con un occhio solo, perché uno di essi potrebbe essere Odino travestito, visto che ha ceduto uno dei suoi occhi al custode della fonte della saggezza per diventare onnisciente).
Unico refuso: fulmini al posto di fulmine. E al posto di specificare indicò con la mano tesa, avrei lasciato indicò (ma è solo un parere mio)
Negli Occhi del Lupo di Nor: Ciao Nor, piacere di conoscerti. In ogni caso, sei stato un eroe della scrittura a lavorare dopo un intervento che spero sia stato per nulla di grave. L’inizio del racconto è molto armonioso. Usi bene frasi secche, dando una musicalità che spinge a leggere e rende bene l’idea dell’atmosfera ipnotica che si accompagna alla neve. Bella l’immagine neve-patina vetrosa e anche nebbia-resti di latte acido in un secchio di quercia. Fanno capire subito al lettore di trovarsi in un mondo mitico dal clima nordico. Molto ben resa anche la descrizione dell’ascia, con il filo così tagliente da attraversare la carne come il coltello da cucina fa con il burro di vacca. Il linguaggio è molto ruvido, rende bene il punto di vista del guerriero tradito che uccide il fabbro e la moglie che ha sorpreso sul fatto. Interessante la leggenda della strega che fa da tramite fra Odino e il villaggio dei suoi. Belle le immagini corvi di Odino-vista della strega e Fenhir-denti della strega. Ottima la descrizione della scena di guerra. Molto efficace anche l’incontro con la strega del villaggio nemico, la quale, per salvarsi, evoca l’anima di Hild. L’atmosfera cupa culmina con la morte del guerriero protagonista, qui il lupo Fenhir, diventa uno psicopompo.
Attento a pappamolle per pappamolla.
Numero 30 di Anark2000: ciao Anark. Complimenti per la bellissima storia. Il suo pregio è la sorpresa iniziale, mostrata proprio dal protagonista. Sulle prime, mentre leggevo, pensavo a un essere umano ingabbiato, poi, ho capito che si trattava di un animale dall’intelligenza umana. Gli esperimenti degli esseri umani guerrafondai lo hanno reso così e questo è già un orrore, ma la scena finale è da brivido: è stata la donna che dissuade la figlia dall’avvicinarsi al cane dall’abbaio tanto simile a quello di Alex ad aver messo il povero animale in un guaio del genere (io tifo per lui, ma il Dottor Chekov mi sembra diabolico. L’Area 51 ha diramazioni molto lunghe. Chissà se c’è ancora il nonno di Mary, io lo immagino un collega anche più spietato di Chekov). Il cane Alex-Numero 30 mi ha fatta tornare nelle atmosfere di Cuore di Cane di Bulgakov (ma lui è più simpatico di quel cagnaccio umanizzato o umanaccio caninizzato, a seconda dei salti narrativi).
Il badante di GDN76: Che tipo, quel Luca, con la mania degli oroscopi (piacciono anche a me. C’è del vero. Ci credi anche tu?) ha anche un lato mostruoso (è indifferente alla tragedia dell’operaio colpito dalla crisi) sviluppatosi forse nel contesto in cui vive, badante del padre rancoroso e avaro. Mi ha messo i brividi il vizio depravato di Luca: le macchinette. Lui si è illuso di comperarsi un po’ di indipendenza, ma ne è uscito sconfitto. Altra scena orrorifica: per esorcizzare lo spettro della cacciata da casa, uccide il gatto facendolo passare per il coniglio che avrebbe dovuto acquistare per conto del padre, convalescente per l’appendicectomia. Bello il colpo di scena finale: Luca salva la vita al padre colto da malore pensando di averlo avvelenato con il “gattiglio” invece la colpa è stata della garza dimenticata dal chirurgo. Complimenti, un horror decisamente riuscito.
La mia classifica è:
Numero 30 di Anark2000 4 punti
Gli occhi del lupo di Nor 3 punti
Il badante di GDN76 2 punti
L’Illusione dell’immortalità di Willow 78 1 punto

COMMENTI DI ANARK2000

L'illusione dell'immortalità – di willow78

La storia è scritta molto bene, nulla da dire.
I dialoghi reggono bene e caratterizzano i personaggi a dovere.
Bella l'idea degli alieni, incredibile, ma poi smentita dal padre; meno credibile è il fatto che il padre abbia pensato al fulmine, sembre un espediente buttato lì per giustificare l'idea che Odino ha sul balsamo utile a rinvigorire il timore negli umani.
Un ottimo spunto per un racconto più lungo, secondo me meritava qualche vicenda in più.

Negli occhi del lupo – di NOR

Bella storia, complimenti.
Ci sono alcuni particolari da rivedere nella forma.
I puntini di sospensione sono sempre tre "...".
“La casupola più bella tra tutte quelle case che. . . stavano bruciando.” I puntini qui non servono, la frase è più incisiva senza.
Il verso del lupo in maiuscolo non serve, lo dici poco dopo che ulula e il lettore viene messo a conoscenza di quanto serve a capire.
Una cosa che stona è parlare di penetrazione durante un contesto fantasy, è un termine che suona fuori posto in quanto presente solo a partire dai tempi moderni.
Nell'insieme ho letto con piacere, descrivi gli attimi molto bene.

L'altare sotto la pergola – di shanda

Ciao shanda, sono rimasto stupito da come hai invertito i ruoli sacrificali.
Il racconto è scritto piuttosto bene, se non per quando ripeti i pallini descrivendo la pecora.
Con pochi elementi, uva, pecore, pastori e un altare, hai costruito una bella trama che ha anche un tono ironico durante l'arresto cardiaco.
Controllerei ancora l'enfasi con le virgole, prova a rileggerlo alcune volte ad alta voce e vedrai tu stessa quanto si possa far meglio.

Il badante – di GDN76

Una bella storia con finale a sorpresa. Ogni volta che sta per accadere qualcosa riesci a insinuare il dubbio nel lettore che non riesce a prevedere il seguito. Ho pensato addirittura che il gatto avesse mangiato un boccone avvelenato.
Ci sono un po' di ripetizioni e di punteggiatura da rivedere, nulla che il tempo di alcune riletture possa sfuggire al tuo occhio attento. Sembra che tu abbia avuto poco tempo per scriverlo.
La trama ha la sua morale, nei video-poker.
La frase dell'infermiera nel finale rovina tutta l'atmosfera, la prima cosa che viene da chiedermi è: come cavolo faceva, il vecchio, a sapere delle garze e perché dire una cosa così solo prima di entrare in sala operatoria. Insomma, un po' strana la cosa.
Per me sarebbe meglio se l'infermiera gridasse solo che il padre era fiero di lui, per poi rivelare che le radiografie avevano smascherato la negligenza del chirurgo che la operato la prima volta.
Sono un po' perso nel genere in cui collocare la storia... mistero?

Pochi, ma buoni, è stata dura fare la classifica con così pochi racconti.

1 – Negli occhi del lupo – di NOR – 4 Punti.
2 – L'illusione dell'immortalità – di willow78 – 3 Punti.
3 – L'altare sotto la pergola – di shanda – 2 Punti.
4 – Il badante – di GDN76 – 1 Punto.

COMMENTI DI NOR

L’ Illusione dell’ Immortalità di willow 78: Ho notato, come del resto nel mio racconto, l’ utilizzo di una mitologia di stampo norreno. Dietro la scelta della trama c’ è stata una ricerca personale, riguardo il folklore del Nord, non da poco: da notare i nomi dei personaggi secondari. La storia si sviluppa in due atti fondamentalmente differenti. Uno dal punto di vista degli uomini, l’ altro dal punto di vista degli Dei. Ecco, secondo me lo stacco è troppo evidente e il racconto ne risulta spezzato. Ritengo che sia l’ unica pecca di una narrazione che, nel suo insieme, chiude il cerchio dando senso alla storia. 4

Il badante GDN76: Parlando in termini di emozioni e descrizioni, questo racconto batte tutti. Mi sento trasportato nelle scene che si susseguono con un ritmo anche abbastanza incalzante. C’ è un però. . anche qui il finale mi ha lasciato a bocca asciutta quasi dovesse essere una chiusura forzata causata dal contaparole e da una stanchezza nell’ ultimo tratto della corsa. Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa in più del rapporto tra questo padre scorbutico e quella peste di suo figlio. Con più calma aggiungerei alcuni particolari e, a quel punto, ritengo possa essere un racconto senza pecche. 3

L’ altare sotto la pergola di Shanda 006: Mi ha dato i brividi! La capra con il viso da vecchia che ricorda un po’ alcune scene del Mai Nato. Bello, non c’ è che dire. Non ho apprezzato il finale. Una chiusura un po’ vaga in un racconto con potenzialità ben più grandi. L’ inizio e la fine sono, a dire la verità, i punti meno entusiasmanti di tutto la vicenda. Il tutto ben bilanciato uno sviluppo centrale che si lascia leggere con molto, molto piacere. 2

Numero 30 di Anark 2000: Dal mio piccolo e ignorante punto di vista, ritengo che questa sia il racconto più originale. Eppure perde per due aspetti fondamentali. 1) La struttura narrativa: troppe descrizioni inutili che mi spiegano ciò che accade senza però farmelo vedere. Mentre leggo, salvo rari tratti, non si forma, nella mia mente, l’ immagine della scena. A tutto questo si tenta di riparare con molte descrizioni spesso forzate. 2) La psicologia del cane. L’ avrei sviluppata meglio da un punto di vista di odori, di istinto e percezioni diverse da quelle umane. Così non sembra un cane super intelligente, ma semplicemente un cane umano. A tal proposito consiglio (Se non posso consigliare libri, taglia questa parte.) La lettura di “Il gioco di Gerald” di Stephen King nel quale il personaggio Prince (un cane randagio) è davvero ben trattato. 1

COMMENTI DI WILLOW78

Negli Occhi del Lupo – Nor

Specifiche:
Divinità mitologiche: sì
Animali: sì

La storia mi piace, forte e intensa al punto giusto. Belle le immagini di Fenrir, del fuoco di Gunnar che brucia nei suoi occhi.
Alcune similitudini sono secondo me ideate bene; per esempio
CITAZIONE
una nebbia bianchiccia e densa, come i resti del latte acido lungo i bordi di un secchio di legno in quercia.

Devo però farti un appunto sullo stile. Ovviamente devi prenderlo come un parere del tutto personale. Vedo che usi quasi esclusivamente periodi molto brevi, a volte privi di predicato verbale, intervallate da punti fermi. È una cosa che a volte faccio anche io, perché trovo che in certi casi aiuti a dare più mordente a ciò che si racconta. Però credo che tu ne abbia abusato in maniera eccessiva. Tutte quelle frasi così brevi, quei punti fermi, rendono la lettura un po', per così dire, «a singhiozzo». Obbligano l'occhio a fare molte pause a discapito della scorrevolezza del testo. Ripeto, è un mio parere del tutto personale, ma ho fatto un po' fatica a leggere il tuo racconto, solo ed esclusivamente per questo motivo.

Alcune segnalazioni:
CITAZIONE
Scure, malaticce, in quel mondo da brivido. In quel mondo che dava i brividi. . .

Ripetizione. Inoltre i puntini di sospensione non dovrebbero avere spazi tra di loro.

CITAZIONE
Aveva staccato il pene del mastro ferraio e poi le aveva tagliato la gola.
Come si fa con i maiali.
Hilde aveva gridato inutilmente.

Se lui le ha tagliato la gola, non credo che lei sia in grado di gridare. O forse intendevi dire che ha cercato di gridare ma, avendo la gola tagliata, non ci è riuscita?

L'Altare sotto la Pergola – Shanda

Divinità Mitologiche: credo di sì; anche se la Masca non è in realtà una divinità in senso stretto, fa comunque parte del folclore, ergo del mito. Quindi secondo me ci sta :) PS off topic: la Masca è tipica del folclore piemontese; quindi scopro che siamo vicine di casa e non lo so? ;) fine off topic!
Animali: sì

Ciao cara! Sai, finora questo, tra i tuoi racconti, è quello che mi è piaciuto di più. È decisamente inquietante (la pecora con la faccia da vecchia mi ha fatto impressione), con il dilemma sulla scelta della vittima e la rivelazione finale (però che bello, il musetto è tornato quello di Pe!).
In certi punti ho trovato che le frasi erano un po' poco chiare, ma nel complesso la storia è godibile e piacevole da leggere. Brava.

Numero 30 - Anark

Specifiche
Negligenza occultata: sulla negligenza sì, sull'occultata non sono sicura; c'è la negligenza della guardia che viene battuta da Alex durante la fuga (come Alex stesso sottolinea), ma non c'è nulla di deliberatamente occultato (per esempio la guardia nasconde il fatto di essersi fatta scappare il detenuto e viene poi beccata). Ma sono sottigliezze, quindi diciamo sì, e basta ;)
Animali: sì

Ciao Anark!
Il racconto è scritto molto bene, a parte un dettaglio (parere personale, altri potrebbero magari dire che proprio lì sta la forza del racconto): ho trovato un po' difficoltoso seguire le battute; per esempio, in questo punto:

CITAZIONE
- Ti scongiuro, Alex, le nano-macchine sono programmate per uccidervi in caso vi allontaniate troppo dall'Area 51.
Alex, è da molto tempo che non vengo più chiamato così, d

Mentre leggevo sembrava che fosse tutto un unico discorso del dottor Chekov, mentre la seconda riga è invece un pensiero di Alex/N°30. Quando ho visto il verbo alla prima persona ho capito, ma la cosa ha bloccato la scorrevolezza della lettura a discapito della storia. Non so se sono riuscita a spiegarmi bene... ;) Forse, in questo caso specifico, poteva bastare scrivere il nome in corsivo (Alex. È da molto tempo che.... ecc). Ma è solo un'idea!
Comunque sia, la trama è buona, anche se non mi ha entusiasmato come hanno fatto altre tue opere precedenti.


Il Badante - GDN

Specifiche
Negligenza occultata: sì (anche se in realtà alla fine non è neanche colpa sua, povero)
Animali: sì (povero pure il gatto!)

Ciao GDN,
inizio subito a dirti che il tuo racconto è quello che mi è piaciuto di più. Luca è un personaggio secondo me ben delineato, perché mentre da un lato lo si compatisce per il modo indegno in cui viene trattato dal padre, dall'altra si denota la sua superficialità, quando perde i dieci euro per il coniglio solo perché il suo oroscopo gli aveva detto che sarebbe stata una giornata fortunata (dando oltretutto più importanza al suddetto che alle notizie «serie» sul giornale). È un peccato comunque che alla fine scappi senza conoscere la verità... ma poi lo verrà a sapere, no? (no?....)

Alcune segnalazioni
CITAZIONE
- Perdonami padre. - Cercò di giustificarsi questi.

Forse è un po' eccessivo che lo chiami «padre»? D'accordo, è una bestia di uomo, ma credo che comunque Luca possa chiamarlo papà.

CITAZIONE
Vide una penna, dei dolci, una maglietta nuova e altri oggetti che un giorno avrebbe potuto comprare senza dover rendere conto a nessuno.

Forse è solo una mia impressione, ma questa frase mi sembrerebbe più adatta a un ragazzino di quindici anni che non a un quarantenne. Credo che un uomo fatto si farebbe tentare più dalla vetrina di un autosalone che da quella di una pasticceria. Ma chissà, magari non è detto! ;)

Classifica:
Il badante – GDN 4 punti
L'altare sotto la pergola – Shanda 3 punti
Numero 30 – Anark 2 punti
Negli occhi del lupo - Nor 1 punto

Siete stati tutti molto bravi, la classifica è un duro obbligo, ma la distanza che vi separa è minima. Per me siete tutti vincitori! :wub:

COMMENTI DI GDN76

L’illusione dell’immortalità

Di willow78

7406 s.i.

Le specifiche mi sembrano rispettate, ci sono gli animali e le divinità mitologiche. Il racconto è scritto bene e in modo scorrevole e si arriva alla fine senza intoppi. Dal lato della storia, credo che l'ira di Odino ha un cambiamento troppo repentino nel finale e che comunque affiori troppo poco, questo perchè il dialogo tra lui e il figlio ha un sapore un po' troppo didascalico, sembra innaturale e messo lì solo per spiegare il tutto. Poi, Loro non si sentono più riconosciuti come dei ma se noti il comportamento dei guerrieri nella taverna, nemmeno nell'aldilà contano niente e non sono rispettati: Odino (che suppongo massima autorità) si adira tutti smettono di festeggiare e cala il silenzio. Non hanno timore alcuno e riprendono subito a gozzovigliare. Poi, se davvero ci tenessero tanto al loro ruolo, perchè non vanno a riprendersi il rispetto perduto mettendo a ferro fuoco il mondo, anziché lamentarsi e accettare tutto passivamente? L'idea che alla fine Odino pensi che l'intervento del figlio possa portare giovamento, ci può stare ma, secondo me, dovresti fare un cambiamento. O all'inizio fai vedere il padre che ritrova una fede perduta, si inginocchia e comincia a cambiare. O la scena iniziale la sposti alla fine, come epilogo, e fai vedere che comunque, loro, anziché scherzare ritrovano un timore per il divino. Così com'è non mi ha convinto.

Negli occhi del lupo

Di NOR

11633 s.i.

Il racconto è scritto bene e arriva alla fine senza intoppi e non lascia domande in sospeso. Le specifiche mi sembrano rispetatte: menzioni le divinità mitologiche, anche se non partecipano attivamente alla vicenda, ma questo non mi sembra fosse richiesto. e ci sono gli animali, il lupo. Come per tutti i lavori dello skanna, prima di esprimere una valutazione, l'ho letto due volte. A dire la verità, in prima battuta non mi era piaciuto molto, in seconda seduta ho apprezzato di più. Il problema di fondo che, secondo me limita l'immediata comprensione, sono i troppi personaggi che a loro volta hanno troppi nomi complicati da ricordare. Da questo punto di vista manca di chiarezza. poi, l'incipit mi è sembrato un po' lento, mi spiego, prima di arrivare a un dialogo, dobbiamo passare una descrizione che occupa un terzo del racconto: secondo me traerebbe beneficio un inizio con il botto che catapulta subito nel mentre dell'azione. Infine, ho trovato il ritmo, in relazione con il soggetto proposto, un po' troppo monotono e lento, troppo pacato. Non mi è arrivata la tensione che dovrebbe esserci nelle scene di violenza, come quella della moglie (mostrata di sfuggita come ricordo), quella dove viene uccisa la strega e per finire, quella della comparsa del lupo. Seondo me, comunque, un buon lavoro. bene.



CITAZIONE
“Buurp! . . Odio

un punto di troppo o un punto di meno

CITAZIONE
I bambini. . anche.

puntini di sospensione vanno a gruppi di tre (secondo me ne fai un utilizzo eccessivo )

CITAZIONE
Stava sorridendo e Gunnar sentì che la pelle gli si accapponava.

sentì la pelle accapponarsi, scritto così semmbra che senta la pelle della strega accapponarsi.

L’altare sotto la pergola

Di Shanda

9481 s.i.

Il racconto, in tutto il suo sviluppo è poco chiaro: mi spiego, ho capito quasi tutto, ma alla fine, ne sono uscito con il mal di testa. Secondo me, il tutto, risistemato, potrebbe benissimo diventare una fiaba per bambini, anche se bisognerebbe caricarlo con una morale o un messaggio che sembra mancare. Le specifiche non mi sembrano rispetatte: va bene c'è l'altare ma la divinità mitologica? Non mi basta che tu dica alla fine che hai voluto omaggiare una figura appartenente al folcrore locale, non mi sembra una divinità mitologica. Di buono c'è l'originalità di meno buono, come ho già detto altre volte, la poca chiarezza espositiva.

CITAZIONE
Cichin, il venturino,

non capisco chi sia Cichin, una sorta di personaggio che porta le persone nell'aldilà? e poi, la nonna, muore e dove finisce? dalle Masche? Poi, capisco che le masche mangiassero le pecorelle dei sacrifici, ma di una bambina, cosa se ne fanno?

Numero 30

Di Anark2000

7801 s.i.

il racconto è scritto bene e arriva alla fine in modo fluido. Le specifiche non mi sembrano del tutto rispetatte anche nel tuo caso, c'è l'animale (il protagonista) ma non vedo la negligenza occultata. Posso capire che c'è una negligenza (forse quella del soldato che suggerisce al protagonista di utilizzare la macchina), ma non è occultata perchè il suo collega lo sgama subito e glielo fa notare. Trovo anche un po' bruttino, nel tentativo di rientrare nelle specifiche, quel ''esempio di negligenza umana'' detto alla fine. Secondo me è di troppo e stona.
il lato positivo di questo racconto è che è dinamico, c'è azione come piace a me. Come avevo già avuto modo di commentare in passato (vedi terzo turno RR), mi sarebbero piaciute più esplosioni e sparatorie ad accompagnare la fuga, giusto per dare una certa tridimensionalità all'ambientazione. Per il resto non ho notato grossi cambiamenti dalla prima versione. Forse, la parte della bambina finale si potrebbe addirittura togliere, non mi sembra che aggiunga altro alla storia a parte, forse, un po' di tridimensionalità. Il dialogo è poco verosimile, perchè mi sembra strano che la madre non si ricordi di Alex.

La mia classifica:

1 Negli occhi del lupo di NOR 4 pti
2 L'illusione dell'immortalità di Willow78 3 pti
3 numero 30 di Anark2000 2 pti
4 L'altare sotto la pergola di Shanda006 1 pto

CLASSIFICA FINALE

Il vincitore di questa edizione è NOR con 12 Punti.
Seguono willow78 con 11 Punti, GDN76 con 10 Punti, anark2000 con 9 Punti e shanda006 con 8 Punti.
 
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view post Posted on 21/11/2013, 11:25
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Martin Sileno

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Grazie Shanda per il commento.

Grazie Anark2000 per il commento.

Sembra che tu abbia avuto poco tempo per scriverlo. *** diciamo che il racconto è stato partorito nelle mia testa tra una pennellata di bianco e un’altra: forse la parte più orrorifica legata a questo racconto è la mia compagna che, non capendo quale magia racchiuda il momento della scrittura, si lamenta che la pittura non è omogenea, che questo che quello, che… il pc è acceso e aspetta, il tempo scorre… ho iniziato alle 21 e 30 circa.

La frase dell'infermiera nel finale rovina tutta l'atmosfera, la prima cosa che viene da chiedermi è: come cavolo faceva, il vecchio, a sapere delle garze e perché dire una cosa così solo prima di entrare in sala operatoria. Insomma, un po' strana la cosa.
Per me sarebbe meglio se l'infermiera gridasse solo che il padre era fiero di lui, per poi rivelare che le radiografie avevano smascherato la negligenza del chirurgo che la operato la prima volta. *** con calma ho pensato anche a questo fattore, troppo sbrigativo. Ho pensato di riutilizzare la figura dei due fratelli che menziono all’inizio. L’idea sarebbe quella che lui scappa li incrocia ma loro parlano con l’infermiera che si scusa per la sbadataggine della prima operazione. Così com’è è poco chiaro, concordo.

Sono un po' perso nel genere in cui collocare la storia... mistero? *** pensa che all’inizio, volevo scrivere, visto lo stile che ho utilizzato, un bel c’era una volta… poi, ho cambiato idea perché mi sono chiesto che forma dovrebbe avere una favola per adulti. Se bisogna dare un genere al lavoro, penso che si possa collocare nel Grottesco, se esiste come genere. Poi, non lo so, ci vorrebbe il parere di un esperto.

Grazie NOR per il commento.

Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa in più del rapporto tra questo padre scorbutico e quella peste di suo figlio. Con più calma aggiungerei alcuni particolari e, a quel punto, ritengo possa essere un racconto senza pecche *** provvederò a dare profondità al personaggio che così risulta un po’ piatto per la mancanza di un passato.

Grazie Willow78 per il commento.

ma poi lo verrà a sapere, no? (no?....) *** lascio al lettore questa scelata e le eventuali conseguenze. Ci sarà un seguito? Magari ne faccio una trilogia che, a quanto pare di questi tempi, va di moda.

Grazie per le osservazioni tecniche, provvederò a sistemare in fase di revisione.
 
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NOR
view post Posted on 21/11/2013, 14:08




Grazie ragazzi

(un grazie doppio a willow e shanda: è stata dura, ma adesso sono in piena forma.)

Condivido i commenti tecnici di Anark (sono un fissato dei tre puntini o.o).

Sì, Willow, le frasi sono un pò cortine. Ritengo sia colpa dell' ultimo libro che ho letto (Lasciami entrare). E forse da questo deriva anche la poca tensione delle scene di maggior climax come evidenziato da GDN. Ci lavorerò su e speriamo ne esca qualcosa di ben fatto.

Shanda. . . mi hai fatto arrossire xD


Alla prossima.
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 21/11/2013, 14:29




CITAZIONE (La Vic @ 21/11/2013, 06:41) 
Il vincitore di questa edizione è NOR con 12 Punti.
Seguono willow78 con 11 Punti, GDN76 con 10 Punti, anark2000 con 9 Punti e shanda006 con 8 Punti.

Caspita, siete tutti appiccicati! I primi tre
vincono la pubblicazione su Skan Magazine
se hanno dato il consenso. Se volete,
inviatemi la revisione in un PM
entro una settimana. Grazie!
 
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34 replies since 12/11/2013, 22:45   846 views
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