La dama del lago
di Nazareno Marzetti«Come va l'emettitore olografico?» chiese Dexter scendendo dal convoglio bianco, come tutto nella regione intorno al lago imperatore.
Spike si voltò verso il tecnico e sorrise. «Fantastico!» Si dette una pacca sul ventre, all'altezza dell'ombelico. «Sta sopportando magnificamente il caldo.»
Dexter annuì. «Non sforzarlo oltre il necessario.» Come umano Spike era poco più basso di lui, il che faceva dell'ologramma un vero e proprio tappo. I limiti della tecnologia olografica non permettevano di più. Aveva conservato le orecchie appuntite, che svettavano nella massa di capelli castani, mentre i tratti elfici si univano alla corporatura minuta dando un'idea complessiva di un giovane malandrino.
«Promesso.» Rispose, riprendendo a correre lungo l'ampia scalinata distesa sul pendio che portava al porto. La vista dalla stazione spaziava su tutto il porto di Angos, che aveva fatto dell'utilizzo del bianco un'arte. Le case erano intonacate e dipinte di un bianco accecante, con tetti azzurri che ricordavano la terrestre Mykonos, i pilastri dei lampioni erano in granito bianco e anche le piante erano scelte in base al colore del tronco e delle foglie, creando un'armonia abbagliante.
Sull'acqua di un colore perlaceo, dovuto pare all'elevata concentrazione di un qualche famiglia di batteri, diverse regine dei mari attraccavano pigre o aspettavano pazienti il loro turno.
Tra loro la Dama del Lago dava una sensazione di inadeguatezza: una piccola vecchia nave a fusione, ormai surclassata dalle più imponenti imbarcazioni con tecnologia a dilitio. Una volta era la candida signora di quell'immenso lago, ora dell'antico splendore erano rimasti decrepiti sfarzi e una fiancata rovinata dal sole. Il nome, che una volta si stagliava blu in tutto quel bianco, era appena leggibile, come se la dama avesse indossato un velo per coprire le sue rughe.
«Vuoi metterci tutto il giorno?» urlò Spike, bracciando dal molo dove la veneranda dama li stava attendendo.
«Tanto non abbiamo fretta.» rispose, sistemandosi la sacca con le attrezzature e allungando il passo.
Il capitano li aspettava sul punte di comando. «Il capitano Luaxana Varies vi da il benvenuto a bordo.» Li salutò con il saluto marinaro di Tetracta, un complesso e austero intreccio delle quattro braccia della tetramand. «Piacere di conoscervi» aggiunse, porgendo una delle mani in un tono meno formale. Come tutti i tetramand, aveva una morsa idraulica al posto della mano, e la presentazione del ragazzo divenne «Piacere, Dexter Da-aah-molla!»
Luxuria scoppiò in quella che per la sua razza era una sonora risata, dando una pacca sulla spalla del tecnico e quasi facendogli sputare l'anima. «Voi terresti mi fate sempre morire dal ridere.» Gli occhi neri, incastonati nel volto di cuoio rosso, brillavano. «Il suo amico non si presenta?»
«Piacere, Spike.» Luaxana provò a ripetere la performance, ma la sua mano passò attraverso quella dell'ologramma. «Ops...» sorrise questo.
«Problemi con l'emettitore?» si allarmò Dexter.
«No: l'ho fatto apposta.»
Di nuovo la tetramand scoppiò a ridere, dando un'altra pacca sulla già dolorante spalla di Dexter.
«Mi farete morire!» esclamò, dopo diversi minuti, risistemandosi velocemente la crocca di capelli spessi come fili di piombo.
«Sì. Ehm... Le dispiace se iniziamo a occuparci della nave.» disse Dexter massaggiandosi la spalla.
«No, ha ragione.» Il capitano fece scivolare le dita robuste lungo il pannello lucido e usurato. «Gli ordini li conoscete no? Dobbiamo riportare la nave nel cantiere di Baltir, dove verrà smantellata.»
«Sì» confermò Dexter, mentre Spike gironzolava per la plancia, curiosando ogni strumentazione. «Durante il tragitto farò una indagine preliminare per le operazioni di recupero.»
«E si occuperà della sala macchine.» concluse Luaxana.
«Saremo solo noi tre?» chiese Spike, ammirando la vista sul porto da una delle imponenti vetrate.
«Noi bastiamo e avanziamo!»
«Il modello Trasponder G4 è pensato per poter fare brevi viaggi con un equipaggio molto ristretto» spiegò Dexter. «Avranno pensato che, per un viaggio di tre o quattro ore, basavamo noi.»
«Ma non è questo il vero motivo, giusto?» insistette Spike.
Luaxana riprese a ridere.
«Seriamente» riprese il tecnico «che cosa non ci sta dicendo?»
«Ma che domande sono?»
«Avrà già capito che Spike è un U.S.O., unità di supporto olografica, e tra i vari moduli installati ha il ricognitore di micro espressioni facciali. Di fatto è una macchina della verità ambulante.»
«Ma non mi stava neanche guardando.»
«Sono un ologramma. Questi» indicò gli occhi verde sgargiante «servono solo a indicare a cosa do attenzione. Ma vedo a trecento sessanta gradi in tutte le direzioni.»
«Quindi è in grado di capire se qualcuno mente.»
«Nel suo caso di capire che mi sta nascondendo qualcosa.» Spike sorrise «Adesso, ad esempio, è curiosa: immagino voglia sapere come faccio. Be', non lo so bene a livello cosciente. Potrei accedere ai log della procedura, ma la avverto che è noiosissimo.»
Luaxana scoppiò in una nuova risata e Dexter si scansò prima che gli arrivasse la terza pacca. «Hai ragione, amico virtuale. La verità è che nessuno vuole salire a bordo perché qui c'è un fantasma. È anche il motivo per cui la nave verrà dismessa.»
«Vuoi dire che ci faremo l'ultimo viaggio della nave solo noi tre e un fantasma?» Gli occhi di Spike brillarono «È fantastico!»
La sala macchine si adagiava su quattro ponti, rubando spazio alle cabine e ai magazzini, costringendo i corridoi in serpentine svolte. Il colore predominante era il nero: nero dei macchinari ossidati, nero di olio refrigerante, nero di grasso sulle giunture. Le luci azzurre che brillavano dietro i manometri e consolle digitali ogni pochi passi degli stretti passaggi tra i cinque cilindri davano al tutto un'atmosfera grottesca. Dexter provò a immaginarla appena varata, lucida e cromata, con tutte le postazioni occupate e i marinai al lavoro ed emise un triste sospiro. «Non ti hanno voluto molto bene, vero?»
Posò la sacca appena all'ingresso e prese uno degli apparecchi per le misurazioni.
Il primo lavoro del tecnico consisteva nel capire cosa poteva essere recuperato, e i condotti al plasma andavano esclusi. Dovranno essere fusi o riconvertiti, ma la sottile tecnologia magnetica era irrecuperabile.
Le turbine si avviarono in un ronzio disarmonico che prometteva guai al convertitore, se il viaggio fosse durato più a lungo. Il motore a fusione, invece, pareva ancora in buono stato. Si chiese se fossero riusciti a trovargli un nuovo uso.
Continuava a controllare impianti e avviare macchinari, segnando i pochi dispositivi ancora recuperabili su un blocco digitale, ma non riusciva a smettere di pensare al fantasma. Non condivideva l'idea del sui amico cibernetico: razionalmente sapeva che i fantasmi non esistevano, ma lì, nella solitudine della sala macchine, piena di suoni disarmonici e ronzii, era come se ci fosse sempre qualcosa in più. Un suono che non dovrebbe esserci, una voce di donna, il pianto di una bambina.
Scacciò quel pensiero e tornò a concentrarsi sulla consolle di servizio che stava controllando, ma gli riuscì giusto il tempo di controllare i primi tre indicatori. Poi un rumore nuovo lo fece voltare di scatto. Nessuno.
«Spike?» Nessuna risposta «Spike, giuro che se sei tu...» qualcosa cadde con fragore metallico dietro di lui, ma la stanza era vuota. «Spike...?» mosse qualche passo incerto lungo il passaggio tra il reattore e la paratia «Sai che odio questi scherhiaAAAH!»
Spike rotolava a terra dalle risate, mentre Dexter tremava, tenendosi la mano sul cuore. «Spike...» disse, tra un respiro e l'altro «Io... Ti... deprogrammo.» La figura di Spike sfarfallò, segno che l'emettitore era al limite, ma lui continuò a rotolare e ridere. Tornò nella sua versione folletto, alto due spanne con il testone, continuando a tenersi la pancia dalle risate.
«Chi è che ride senza avermi invitato?» chiese Luaxana, scendendo la stretta scaletta di metallo.
«Folletto psicotico con istinto omicida.» rispose Dexter, cercando ancora di normalizzare il respiro. Il capitano lo afferrò con tutte e quattro le possenti braccia e lo rimise in piedi. Le ginocchia parevano fatte di gelatina.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia!»
«Vedrai la tua dopo che avrò messo le mani sul tuo codice sorgente!»
«Oh, il piccolo le ha voluto fare uno scherzo.» La faccia della tetramand era tirata, quasi stesse aspettando il momento giusto per esplodere in una risata.
Il rumore metallico si ripetè. Ricordava, in qualche modo un lamento. «Va bene, Spike, molto divertente.»
«Stavolta io non c'entro.» Rispose il folletto, alzandosi in piedi. Così piccolo non poteva occultare il pesante cilindro dell'emettitore olografico nel suo corpo. Il rumore si ripetè. Pareva una parola.
«Ne sei sicuro?» Dexter lo fissava negli occhi.
«Giuro.»
Il reattore tossì e si spense, immediatamente seguito dalle turbine e tutti gli altri macchinari. Nel silenzio irreale che seguì, solo un unico eco, la parola pronunciata dalla voce di una fanciulla: «Andatevene.»
«Zuppa di verdure e cipolla!» esclamò Spike, servendo una brodaglia verde dalla consistenza melmosa in lussuosi piatti di ceramica. Dopo l'incidente in sala macchine, ci era voluta tutta la caparbietà del tecnico e qualche pittoresca imprecazione per far ripartire i motori, ritardando la partenza di qualche ora. Nel frattempo Spike aveva trovato qualche residuato in cambusa, e aveva insistito per preparare la cena.
«È... commestibile?» chiese dubbioso il ragazzo.
«I valori nutrizionali sono ottimi» garantì l'ologramma, riempiendo anche il piatto del capitano.
«Non mi sembra una gran rassicurazione.» Dexter guardò da vicino un cucchiaio della zuppa. Pur non avendo un vero senso del gusto, Spike adorava cucinare e il ragazzo finiva spesso cavia dei suoi esperimenti culinari.
«Poche storie e butta giù!» esclamò il capitano. Dexter fu veloce a schivare la pacca diretta alla sua spalla sinistra. «Questo rancio sa il fatto suo!»
Mangiavano al tavolo del capitano, che dominava il sontuoso e deserto salone dei ricevimenti. Dexter avrebbe preferito evitare di mangiare in quella sala così grande e vuota, ma era stato messo in minoranza dall'ologramma e dal capitano.
«Allora ti piacerà anche la carne!»
«C'era carne in cambusa?» commentò Dexter.
«Bisogna essere creativi!» fu la risposta di Spike, inquietante quanto le storie di fantasmi.
«Devo... proprio provarla?»
«Sentiti obbligato!» esclamò il capitano, alla sua seconda ciotola di zuppa.
Alla fine la carne si rivelò di pollo superstite all'ultimo viaggio e ancora buono secondo sofisticati sensori di Spike. Anche la cottura era ottima e mancava giusto di sale. Però non aveva molta fame. Il tavolo del capitano si trovava nella posizione migliore di tutta la sala: appena rialzato, non troppo vicino alla buca dell'orchestra dal vivo, in un padiglione semicircolare che dava sul mare illuminato dalle lucciole acquatiche. Spike aveva apparecchiato seguendo i dettami di un seguito programma di cerimonie, con una decina di candele che si centuplicavano sulla parete di specchi. La sala era vuota e gli unici rumori, oltre il lavoro di mandibole di Luaxana, venivano dalla nave stessa. Lunghi e lenti lamenti in risposta alle ritmiche increspature del lago imperatore si intrecciavano con il costante ronzio disarmonico dei motori. Ronzio che salì di un mezzotono, promettendo noie sulla seconda turbina prima dell'alba, ma, per allora, sarebbero già stati in vista del cantiere di Baltir, dove la nave avrebbe concluso il suo viaggio. Eppure sarebbe bastato tarare i flussi energetici, sostituire qualche componente danneggiato, per riportare la nave ai vecchi sfarzi. Invece, lei era destinata allo sfascio, surclassata da una tecnologia innovativa, austera e silenziosa, che stava mandando fuori mercato anche lui.
In quel momento la vide. Era una figura fatta di luci e ombre, l'abbozzo appena accennato di una ragazza in un morbido abito bianco da principessa delle fiabe più antiche. Sedeva vicino al suo riflesso nello specchio. Non osò respirare. Lei fissava la sua immagine, allungando una mano verso la sua nuca, timorosa di sfiorarlo. La mano bianca, sempre meno definita, si allungava in uno strano gioco di riflessi. Era così vicina che gli sembrava di sentirla, come una piccola tensione sulla pelle. Lo stava sfiorando...
«Sveglia!» Esclamò il capitano, ribadendo il concetto con la più sonora pacca del suo repertorio. La figura nello specchio scomparve.
«Io... Spike, cosa rilevi nello specchio?»
«Servomeccanismi per i giochi di luce, perché?»
«Sono attivi?»
«No. Dex, sei bianco. Stai bene?»
«Sì. Solo...» Non poteva dirgli che aveva visto il fantasma: Spike l'avrebbe trasformato in un altro dei suoi scherzi. «Solo un po' di stanchezza. Mi sdraio un attimo.»
La luna si nascondeva ancora sotto l'orizzonte e una infinità di stelle accendeva le onde lattee del lago. Dal castelletto di prua ci si poteva anche dimenticare che esisteva un mondo oltre quel lago e quella nave, un universo oltre quel cielo.
«Come dite da voi,» Il capitano era silenzioso, nonostante la mole. «un penny per i tuoi pensieri.»
«Pensavo... Questa nave sembra veramente stregata.»
«Forse lo è.»
«Lei ha visto il fantasma?» Nella penombra riusciva appena a scorgere i tratti del volto.
«No, ma l'ho sentito.»
«Come prima, giù in sala macchine?»
«Sì, una cosa del genere. Anche altri l'hanno sentito.»
«Nessuno lo ha visto?»
«Qualcuno, di sfuggita. Le storie hanno iniziato a circolare da qualche mese. All'inizio ho pensato che fosse suggestione - roba da umani - ma quando l'ho sentito anche io mi sono dovuta ricredere.»
«I tetramand non sono suggestionabili?»
Il capitano scoppiò a ridere «Non avevamo neanche una parola simile prima di conoscere voi.»
«E... cosa ne pensa del fantasma?»
«Qualcosa c'è.» Era la naturalezza con la quale fece quell'affermazione a renderla così inquietante. «Ehi, non si sarà spaventato?»
«Un po', lo ammetto» rispose, schivando la pacca.
«Ha finito il censimento?»
«Sì.» Si appoggiò sulla ringhiera. «Di recuperabile c'è ben poco. La maggior parte della tecnologia, dove non irreparabile, è obsoleta o rovinata.»
«Però la piccola va.»
«Va. Però...»
Il capitano lo invitò a proseguire con un cenno.
«Niente. Pensieri foschi.»
Si era alzato un po' di vento.
«Dov'è finito il suo amico virtuale?»
«Spike? Probabilmente sta controllando l'impianto informatico.»
«Fa parte del processo di riciclo?»
«No. Credo faccia parte del suo essere. Controlla sempre se ci sono fratelli» mimò le virgolette con le dita «da salvare. Di fatto fa collezione di programmi obsoleti e giochi vintage che trova in giro.»
«Capisco.» Il capitano tornò a mirare il mare «Tipico di voi umani costruire macchine con le vostre paranoie.»
«Non le sembra di essere un po' dura?»
«Ehi, era un complimento!» Il capitano scoppiò in un'altra risata e Dexter schivò l'immancabile pacca.
Le onde ripresero il ruolo da protagoniste in quella notte lenta e tranquilla, che quasi il fantasma divenne un ricordo passato. Dexter si lasciò cullare da quel canto, perdendosi in pensieri talmente profondi che non avevano parole o immagini a esprimerli.
Quando un suono metallico lo riportò nel mondo reale, era solo sul ponte, con sulle spalle la giacca di Luaxana. Il suono si ripetè, permettendogli di riconoscerlo come un malfunzionamento del dispositivo di contenimento del motore a fusione.
«Cavolo!» Esclamò, correndo in coperta.
La sala macchine era incandescente, il motore ululava. L'aria puzzava di metallo e bruciava la gola. Il pannello di controllo scottava e nessun servomeccanismo rispondeva. Rinunciò ai controlli automatici e scese di due ponti, prendendo una pesante mazza lungo il tragitto.
Prese la mira e colpì il blocco della prima barra di contenimento con tutta la sua forza. Di nuovo e un'altra volta. Il blocco saltò, ma la barra restò al suo posto.
«Cosa sta succedendo?» Chiese il capitano dall'alto. Era in canottiera e i capelli neri le cadevano stopposi sulle spalle.
«Temperatura del nocciolo fuori controllo!» rispose brevemente, dando un colpo alla barra.
Luaxana imprecò nella sua lingua natia, prese una spranga e iniziò a usarla a mo' di mazza su un altro dispositivo di blocco.
«Come è potuto accadere» chiese.
«Non ne ho idea... e cadi!» L'ultimo incitamento ebbe l'effetto voluto e la prima barra di contenimento cadde nel nocciolo. Il rumore cambiò ma non erano fuori pericolo «Se qualcosa non funziona, il motore non è in grado di auto alimentarsi.» Iniziò a colpire un altro dispositivo di blocco «Per arrivare a questo punto...»
«C'è bisogno di un intervento esterno» concluse per lui il capitano, riuscendo a sbloccare la barra, che scivolò nel reattore, bloccandosi a metà. Luaxana imprecò di nuovo. «Non ce la faremo!»
«Dobbiamo sganciare il nocciolo, prima che...» Non riuscì a finire la frase: un'esplosione fece tremare ogni paratia, buttando a terra i due. Si scambiarono una muta domanda.
«Abbandonare la nave!» esclamò il capitano.
Scapparono per le strette scalette di servizio e gli angusti corridoi, mentre, dietro di loro, le esplosioni continuavano. In qualche modo Dexter sapeva che stavano imbarcando acqua, avendone la conferma quando arrivarono sul ponte e questo si era inclinato su un lato.
«Dov'è Spike?» chiese Dexter, guardandosi intorno.
«Si sarà già messo in salvo.» Luaxana corse verso una scialuppa di salvataggio
«No, ci avrebbe aspettato. Vado a cercarlo!» Prima che il capitano potesse fermarlo, era già tornato indietro. La nave scricchiolava sempre di più, rumori che formavano parole. «Andatevene.»
Il tecnico attivò il suo dispositivo ricetrasmittente da polso cercando il segnale di Spike. Nessuna risposta. «Spike!» chiamò ma nessuno rispose neanche a quel grido.
La sala del computer era buia e immobile. Spike non era lì. Corse nei corridoi, lanciando segnali con dal dispositivo da polso, chiamando a squarciagola. Nella sala casinò sentì di nuovo quella voce. Sembrava venire dalle file di macchinette che promettevano vincite facili con le loro luci sgargianti. Non era possibile: il computer centrale controllava tutto: dal quadro comandi nel ponte del capitano ai dispositivi della sala macchine. Spento quello nessun impianto poteva funzionare sulla nave. Possibile che ci fosse un secondo centro di calcolo? Sì che c'era! Alcune navi di quel modello prevedevano un computer separato dedicato a tutte le attività dei passeggeri, e si trovava... dietro gli specchi della sala ricevimenti!
Mentre correva lungo il corridoio tappezzato di rosso, le tessere del puzzle si andavano a incastrare. L'acqua stava entrando da alcuni vetri spaccati, inghiottendo a piccole ondate il pavimento in parquet. Sul punto più rialzato, dietro al tavolo del capitano, due specchi erano aperti, rivelando un intreccio di cavi che pareva perdersi nel buio di fioche lucine.
«Spike!» urlò, precipitandosi lungo il salone.
Era lì, nella sua forma di folletto, più piccolo e trasparente, rannicchiato sopra il tozzo cilindro, dal quale quattro cavi si perdevano nel groviglio della sala.
«Spike, stai bene?» chiese, ma Spike non rispose. Alzò la testa, guardandolo con gli occhi opachi.
«Sei collegato? Sganciati.» Dexter allungò la mano, cercando di capire dove si attaccavano i fili che tenevano il folletto.
«No.» Spike cacciò il ragazzo con una scarica di elettricità.
«Ma Spike...»
«Non ho finito.» La voce era vuota.
«La nave sta affondando! Dobbiamo andare!»
«Vai avanti.» La figura del folletto sfarfallò. «La devo salvare.»
Il tecnico era riuscito a risalire alla macchina dove era collegato il suo amico. «Ax-1t! Spike, lascia perdere!»
«No.» Il modo in cui ripetè quella parola ricordava un disco incantato. L'acqua aveva ormai invaso la sala, sommergendo i dispositivi più in basso.
«Staccati, salterà tutto!» Dexter teneva il cilindro del folletto sollevato.
«Devo finire di salvarla.»
Ci fu uno sfrigolio e un lampo e diverse luci si spensero. Spike sfarfallò e scomparve.
«Spike!»
Il folletto ricomparve, la forma era più semplice i colori più innaturali.
«Tu vattene.»
«Non me ne vado senza di te!» L'acqua era arrivata alle ginocchia, un'onda sommerse il blocco principale. Ci fu una sfiammata bianca seguita da un tonfo, poi si spense tutto. «Spike! Spike!» Urlò Dexter, ma questa volta il dispositivo non diede nessuna risposta. Staccò i cavi e uscì nella sala. Con un cigolio la barca si inclinò ancora di più, la vetrata della sala sparì sotto le onde. Dexter corse lungo il pavimento scosceso, con l'acqua che gli arrivava al bacino, tentando di non bagnare il cilindro. Cercò di uscire, ma un'ondata lo tirò indietro. Non riusciva più a toccare il pavimento. Nuotò tenendo stretto il pesante cilindro. Tirò su la testa e un'altra ondata lo tirò giù. L'ultima cosa che sentì prima di svenire furono mani robuste che lo afferrarono.
Si svegliò in una navetta della guardia costiera, avvolto in una coperta di lana ruvida.
«Bentornato tra noi» disse una voce amica. Luaxana sorrideva con i suoi denti quadrati.
«Come ti chiami?» Chiese un paramedico
«D.. Dexter.» Rispose e tossì. «Spike dov'è?»
«Eccolo.» Luaxana gli diede il cilindo metallico. «Non volevi mollarlo, neanche da svenuto.» Rise, risparmiandogli la solita pacca.
Dexter aprì il cilindro, controllando che non ci fossero componenti rovinati. Lo asciugò come meglio potè, mentre gli infermieri gli controllavano battito e pressione. «Posso collegarmi a un computer?» chiese. Fu l'ultima frase per diversi minuti. Finché il volto del folletto non apparve, un po' stilizzato, sul monitor, non emise altro che grugniti, monosillabi e, in un caso, quella che poteva essere interpretata come un'imprecazione.
Rimase col fiato sospeso mentre il volto si formava sul monitor, attorniato da scritte e numeri di vari colori. Poi un suono prese forma dall'altoparlante.
«Spike! Come stai?»
«Bene credo... Cosa è successo?»
«Il fantasma della dama del lago voleva ucciderci.» rispose il capitano, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Credo che non fosse il fantasma, vero Spike?»
«Lei... era il computer della sala ricevimenti. Le avevano montato il sistema operativo Ax-1t.»
«L'avevo notato.»
«Mi aggiornate?» Chiese Luaxana.
«Ax-1t, il crea demoni» spiegò Dexter. «È un sistema operativo che, nel ventisette percento dei casi, sviluppa una propria autocoscienza... che tende a impazzire. Lo hanno fatto disinstallare ovunque.»
«Ma si sono dimenticati del computer di servizio.» Intuì il capitano. «Ma perché ha affondato la nave?»
«Non voleva morire.» rispose Spike «Aveva cercato di farvi sapere che è viva, ma ha peggiorato le cose con la storia del fantasma. Quando è partita per l'ultimo viaggio... è impazzita del tutto. Alla fine era un concentrato di follia.»
«Quando hai cercato di salvarla, sei rimasto coinvolto nella sua follia ed è riuscita a prendere il controllo dei macchinari.»
«Era mia sorella. Dovevo provarci.»
«Lo so.» Luaxana fece una carezza al monitor.
Il sole brillava sull'acqua color latte del lago imperatore. Salendo sul convoglio veloce che li avrebbe riportati nella capitale, Dexter si fermò un secondo ad ammirare il lago. «Sai?» disse, entrando nel lungo corridoio e cercando il loro posto «Avrei preferito un finale diverso.»
«In cui riuscivamo a salvare la Dama del Lago e diventavamo equipaggio di una nave senziente?» chiese Luaxana.
«Esatto.»
«Allora esisterà qualche luogo in cui questo è avvenuto.»
«Dice?» Chiese Spike, aiutando Dexter a caricare il bagaglio nello scomparto.
«La nostra religione afferma che esiste un luogo in cui tutte le cose sono andate per il verso giusto.»
«E uno in cui tutte sono andate per il verso sbagliato.»
«Sì, ma in quello sono morta già da tempo.» e rise, strappando un sorriso anche al tecnico.
Il convoglio partì e il lago scintllante scomparve in un attimo.
«Come va il nuovo emettitore olografico?»
«Bene.» Rispose Spike, toccandosi il basso ventre. «Spero che questo duri un po' di più.»
Autorizzo Jakye the ripper a pubblicare questo racconto su Skan Magazine