GregoryLa nuda lampadina oscillava lenta, dando vita a ombre sinistre lungo le pareti della soffitta impolverata.
«Forte!» disse Sergio, mentre con rapidi colpi della mano toglieva un manto di polvere vecchio almeno cinquant’anni dal coperchio di un baule di legno scuro. «Secondo te cosa ci sarà qui dentro?».
Laura si accovacciò vicino al fratello, guardandosi intorno per evitare di toccare qualcosa che potesse sporcarle i jeans.
«Secondo me, un sacco di vecchi vestiti puzzolenti di naftalina» pronosticò.
«Invece io dico che c’è qualcosa di fichissimo!»
«Tipo? Una mappa del tesoro? Un sacchetto di diamanti? L’ingresso a Narnia?»
Sergio le mostrò la lingua, mentre infilava le dita sotto il coperchio e lo sollevava, spandendo nel contempo una nuvola grigiastra di polvere.
«Tu non hai fantasia, sei troppo vecchia. Razza di guastafeste… Oh, guarda!»
Laura si sporse in avanti con un paio di colpi di tosse.
«Caspita!» esclamò. «Niente meno che un mucchio di cartacce ingiallite…»
«Non capisci niente. Ma come fai ad avere la media del nove? Secondo me fai gli occhi dolci al maestro, ecco cosa…»
«Mollala, scemo».
«Sì, non c’è altra spiegazione. Sei troppo ignorante…»
«Ti ho detto piantala, nanetto. Hai otto anni…»
«Quasi nove!»
«…
otto anni, e ti credi chissà chi...»
«E guarda che tu ne hai solo uno più di me, genio».
«Ne ho le scatole piene. Io me ne torno di sotto, la nonna ha detto che ci avrebbe dato latte e biscotti».
«No, aspetta! Sai che non vuole che io stia qui da solo… Dai, fammi vedere cosa c’è qui dentro…»
«Cinque minuti, okay?»
«Va bene! Allora, vediamo… ehi, questi sono i diari di guerra del bisnonno!»
«Davvero? Da' qua» Laura prese un quaderno ingiallito dalle mani del fratellino e iniziò a sfogliarlo. Le pagine erano dense di scrittura, una calligrafia curata e svolazzante che lei stentava a decifrare; qua e là, fotografie di soldati e cartoline dei luoghi dei combattimenti.
«Ehi, menomale che non te ne fregava niente» si lamentò Sergio, e continuò la sua perlustrazione. «No! Non ci credo… guarda qui!».
Sergio alzò le braccia e si poggiò sulla testa un elmo di ferro che, decisamente troppo grande per lui, scese a coprirgli del tutto gli occhi.
«Dai, fa’ vedere» disse Laura, e si sporse per prenderlo.
«No, questo è mio! Tu leggi i diari, una cosa per ciascuno».
«Ma dai, fammi solo vedere!»
«No, no e no».
Sergio spinse ancora più in giù l’elmo con le manine, deciso a tenerselo a dispetto delle brame della sorella.
«Cavoli, Sergio, dai! Lo dico alla mamma!»
«La mamma lavora, oca!»
«E allora alla nonna!»
«L’ho preso prima io!»
«Ma io sono più grande, decido io!»
«Molla!»
Sergio si alzò in piedi, pronto a fuggire con il suo bottino, ma Laura gli fu subito addosso; lui allora diede uno spintone alla sorella, che scivolò sul quaderno del bisnonno, rimasto a terra, e cadde all’indietro, trascinando con sé l’elmo e scaraventandolo verso la parete alle sue spalle.
Ci fu un rumore forte di metallo contro metallo, e l’elmo rotolò verso un angolo buio della soffitta.
«Ecco, guarda che l’hai rotto, stupida…» si lamentò Sergio.
«Ma non dire scemate, quei cosi riparavano dai proiettili... figurati cosa può avergli fatto un voletto come quello… piuttosto, ti conviene correre perché appena mi alzo da qui sarai tu a romperti…»
«Hiii, guarda! Forte!» disse Sergio, ignorando le minacce della sorella.
Laura si alzò, le braccia già protese verso il collo inerme del fratellino; ma guardando a terra si bloccò con una smorfia di disgusto.
«Bleah! Ma che schifo!»
Mi sono perso.
Non ce la farò mai. Contano su di me, ma io li deluderò, lo so.
Che dolore.
Sono stato ferito, perdo sangue. Maledetti tedeschi.
Non posso fermarmi… ma no, devo. Devo riposare, forse se riprenderò fiato riuscirò a ritrovare la strada. Ecco, laggiù. Atterrerò laggiù.
E che il cielo mi assista.«Addirittura
che schifo? Ma dai! È solo un uccello».
«Sì, ma è stecchito! Mi fa un senso ‘sto scheletrino, è inquietante…»
«Forte!» ripeté Sergio. Si guardò intorno, raccolse da terra un pezzo di legno e iniziò a pungolare il cadavere.
«Piantala, lascialo lì. Chissà che malattie porta…»
«Ma che malattie, se è morto cosa vuoi che faccia. Però io prima non lo avevo mica visto…»
«Neanche io. Mi sa che era lassù» Laura indicò un tubo di metallo che si perdeva tra le travi del soffitto.
«Cos’è?»
«Credo sia il tubo del caminetto. Sai quello murato che c’è nel salotto? Vedi, qui c’è questo buco tappato, probabilmente una volta il tubo scendeva fino sotto. Si vede che quell’affare era incastrato là e l'elmo del bisnonno picchiando contro il tubo lo ha fatto cadere».
«Forte!»
«Ma a scuola ti insegnano qualche altra parola oltre a “forte”?»
Sergio le rispose con una pernacchia.
«Chissà da quanto tempo stava lì» le chiese poi.
«Non ne ho idea. Su, lascialo dov’è. Vado a dirlo alla nonna, ché lo butti via».
«Aspetta! Guarda qui. Secondo te questo cos’è?»
Ho freddo.
Sto tremando.
Laggiù c’è un comignolo acceso, vedo del fumo. Forse potrò trovare un po’ di calore in attesa di ripartire.
Che male...
«Cos’è cosa?»
«Questo affare rosso… No! Non ci credo! Sai cos’è questo? È un piccione viaggiatore! Come nel film di Valiant, ti ricordi?». Sergio allungò una mano e prese da una delle zampette un piccolo cilindro color mattone.
«Che…»
«..schifo, lo so. Sembri un disco rotto, Laura. Questo invece, è troppo…»
«…forte, anche tu sembri un disco rotto, piattola. Su, già che l’hai preso, adesso aprilo».
Sergio tirò via il tappo con le manine tremanti di emozione.
«Ci mettevano i messaggi cifrati, qua dentro» le spiegò.
«Lo so, ho visto anche io il film…»
«Questo piccione qui dev’essersi perso e non ha mai consegnato il suo messaggio. Pensa, forse la guerra sarebbe finita in maniera diversa se ce l’avesse fatta. Chissà che piani di battaglia contiene…»
Il bambino estrasse con cautela un foglietto arrotolato. Lo spiegò e lo appoggiò al pavimento. La carta scricchiolava minacciando di spaccarsi ma lui la teneva con delicatezza.
«È in inglese» commentò Laura.
«Per forza, erano gli inglesi che usavano i piccioni…»
«Lo so, voglio dire che non è cifrato. È un testo normale»
«Che c’è scritto?»
«Non so… a parte qualche parola qua e là non ci capisco niente».
«Ignorante… continuo a non capire la tua media del nove…»
«Senti, a parte che sono in quarta elementare, mica puoi pretendere miracoli. Ma poi voglio dire che non riesco proprio a leggere. È una calligrafia strana, un po’ come quella del bisnonno. Ci sono tutti ‘sti ghirigori, guarda qui. Questa credo sia una D maiuscola, ma con tutti quegli svolazzi mica ne sono sicura».
«Portiamola alla nonna, magari lei ci riesce».
Il fumo è fastidioso, ma almeno sento un po’ di calore.
Sono tanto, tanto stanco. Ho percorso tanti chilometri, e poi... quel campo di battaglia... così tanti uomini sdraiati sull'erba, così tanto rosso sotto di loro... e i proiettili... sono stato fortunato, mi hanno colpito alla zampa. Poteva essere l'ala, e allora...
Coraggio, Gregory. Ce la puoi fare.
Con un po’ di riposo potrai ripartire.
Anche se non so se riuscirò a ritrovare la rotta. L’ho persa tempo fa, e sento di essere così lontano…«Tu lo sai l’inglese, vero nonna?»
«Sì. La mamma è più brava, ma credo di potermela cavare. Però, è incredibile quello che avete trovato. Chi l'avrebbe detto... Intanto volete latte e biscotti, tesori?»
«No, dopo! Prima leggi, dai» la incalzò Sergio, saltellando davanti al tavolo della cucina.
«D’accordo, fammi cercare gli occhiali. Allora» disse, dopo essersi seduta. «Comincia con
Dear John… Caro John. È una lettera. Allora, fatemi dare prima una lettura veloce».
Sono qui da un po’. Ora devo trovare la forza di ripartire, prima che faccia buio.
Un momento… cos’è quello?Gli occhi della nonna erano lucidi.
«Che c’è, nonna?» chiese Laura.
«Allora, è un piano di battaglia? Tattiche di guerra, obiettivi da attaccare? Cosa?»
«Non c’entra nulla con la guerra» disse la nonna. «O meglio, la guerra c’entra, ma non è un messaggio bellico. È solo… un messaggio».
«Uffa… speravo in qualcosa di più fico…» si lamentò Sergio.
No! Un falco… spero non mi veda… dannazione, mi ha visto. Devo volare subito via di qua!
No! Lasciami andare, ho una missione da compiere, non posso essere il tuo pasto!
L’ala, no! Prima la zampa, ora l’ala destra… dannato uccello… sto cadendo… devo farcela… il camino, sto cadendo nel maledetto camino… è così buio qui… e così stretto… sono incastrato, non posso muovere l’ala sana… come potrò uscire… oh no… il fumo… no, il fumo mi sta soffocando, non riesco a respirare… non riesco… Lucy… no…
«”Caro John”» lesse la nonna, «”dove sei? Mi hanno detto che sei stato dichiarato disperso in Italia… la mamma dice che equivale ad affermare che sei morto, di non vivere di inutili false speranze. Ma io so che non è così.
Ho preso Gregory. Ricordi, quando addestravamo i nostri piccioni lui ti trovava sempre, ovunque fossi. Era il nostro gioco, ma ora è l’unica speranza di farti giungere le mie parole. Se papà o il colonnello Foster lo sapessero finirei in grossi guai, centinaia dei nostri uccelli sono stati abbattuti in missione, non avrei mai dovuto usarne uno, e uno dei migliori, per scopi personali.
Ma quello che devo dirti è troppo importante. Ricordi la sera prima della tua partenza? Io non la dimenticherò mai. Non
ti dimenticherò mai… anche se fosse vero che tu… ma no, non voglio crederci, non devo crederci, per il bene del nostro bambino. Sì, John. È questo che ti voglio dire. Sarai padre, amore mio.
Ora capisci perché ho dovuto usare Gregory? Perché è così importante che lui ti trovi e ti consegni questo messaggio? Se sei vivo, e io so che tu lo sei, sono certa che Gregory ti troverà. Ti amo. Ricorda che ti aspettiamo. Lucy”».
«Uh, che roba sdolcinata» disse Sergio. «Va là, a questo punto fai che darmi latte e biscotti». Scese dalla sedia e andò in bagno per lavarsi le mani prima della merenda.
Laura invece aveva perso l’appetito. Guardava la lettera e sentiva nel petto una strana sensazione mai provata; un vuoto dolceamaro, un senso di nostalgia che le vibrava nell'anima. Anche la nonna lo sentiva, lo capiva dai suoi occhi.
Pensò a Lucy. Al suo piccolo. Chissà se era ancora vivo? Chissà se avrebbe potuto trovarlo, magari con internet sarebbe persino stato possibile. Avrebbe chiesto aiuto a mamma e papà.
Poi pensò a John e una lacrima solitaria le scese lungo la guancia. Chissà se era comunque ritornato a casa. Se aveva avuto la sorpresa di un bambino, o una bambina, che aveva gli occhi del suo stesso colore.
O se invece Gregory era morto invano, portando un messaggio di speranza a uomo a cui ormai ogni speranza era stata per sempre negata.
Autorizzo Jackie all'eventuale pubblicazione su Skan Magazine
Ciao ragazzi! A questo giro mi tocca per forza di cose pubblicare in fretta e furia. Domani ho entrambe le pesti a casa per la festa patronale, quindi scordiamoci pure di poter scrivere qualcosa; venerdì l'Enel toglie corrente a tutto il quartiere per l'intera mattina, quindi niente pc; e nel weekend se tutto va bene non sono a casa. Morale, o oggi o niente.
Avrei preferito poter lasciare il racconto a decantare un po' per poi rileggerlo prima di postare, ma rischierei di non postare affatto e siccome la storia c'era e mi ci sono pure un po' affezionata, ho dato il massimo per riuscire a fare tutto oggi. Quindi mi scuso fin d'ora per eventuali refusi o errori che sarebbero di certo venuti alla luce con un paio di riletture in più Spero che comunque la storia vi possa piacere. Buona lettura e buona giornata a tutti!