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Skannatoio Gennaio 2017, Avete un'aspirina?

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view post Posted on 6/1/2017, 14:02

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I DONI

Di Alexandra Fischer

La distesa desertica immersa nella luce dell’alba lo sbigottì.
L’uomo si rialzò da terra ripulendosi dalla sabbia.
La sua mente formulò un nome: Sonora.
Una voce dietro di lui lo fece sobbalzare.
- No, questo è il Tonal. Siamo finiti dall’altra parte. Anche se, sì, è ancora Sonora. È cambiata soltanto la tua maniera di percepirla.
L’uomo si guardò le mani, spalancando gli occhi.
Erano rosee, ben diverse da quando le aveva viste pochi istanti prima di cadere a terra, spossato dalla febbre.
Passò al volto, trovandolo nelle stesse condizioni.

- Sono guarito – esultò – il male dei conquistadores mi ha abbandonato.
- Attento – lo avvertì la voce – stai usando il tuo Corpo del Sogno. Quello vero è nella sabbia che ti sei lasciato alle spalle.
L’uomo si girò verso la voce e vide un fascio di fibre luminose disposte in forma ovale.
Alcune di esse erano ridotte a brandelli.
Nel mezzo della forma ovale luminosa, uno squarcio più grande di tutti stava aumentando di dimensioni, simile a un’infezione.
- Maestra, la tua vita è alla fine per colpa mia. Sono stato un pazzo a venire qui prima che sorgesse il sole. Avevi ragione. I nagual infettati dalla malattia dei bianchi mi hanno aspettato qui nel Tonal per rubarmi la salute.
L’uomo si chinò davanti alla forma ovale e capì perché la donna non avesse assunto a propria volta l’aspetto umano.
La voce gli disse: - Non preoccuparti. È stato giusto così. Io ti ho proibito di raggiungere la città e tu lo hai fatto ugualmente perché dovevi prendere il dono che ti è stato destinato.
L’uomo pensò al controllo del suo Corpo del Sogno.
Quando si era risvegliato vedendosi nella piana del Tonal ancora immersa nel buio della notte, attorniato da figure dagli occhi rossi, aveva le mani intrecciate, proprio come quando si era addormentato in preda alla febbre e al prurito causato dalle pustole rosse.
Aveva visto le mani in sogno ed era riuscito a intrecciarle come quando era sveglio.
Per tutto il tempo, aveva percepito accanto a sé la presenza della maestra, Paquita, ma senza riuscire a scorgerla.
Vedendola sotto forma di uovo luminoso, ne capì il motivo.
- Per aiutare me, ti sei indebolita e ora i colpi della tumbadora ti stanno uccidendo per colpa mia.
- La tumbadora comincia a colpirci da quando nasciamo, non è altro che lo scorrere della vita. Fa parte di noi, come la malattia. Tu dovevi contrarre la tua per accorgerti del Tonal ed ereditare il mio potere. Sono vecchia, Alvaro.
- No, maestra – le disse l’uomo, mentre gli occhi nerissimi gli si riempivano di lacrime.
- Invece sì – insistette la voce, mentre l’apertura nell’uovo luminoso si spalancava sempre di più – e ora, affronta la tua prova. Guarisci il corpo che usi dall’altra parte. Fallo e i sacerdoti avranno pace. La loro ricompensa ti aiuterà a controllare i poteri che ti affiderò alla mia morte.
- Non so cosa fare. Io me li sono trovati davanti aprendo gli occhi, ma sono scomparsi. Dove mi trovo? Questa non è Sonora.
Paquita gli rispose: - Sì invece. Ti trovi sempre nello stesso posto del nostro addestramento. Hai solo cambiato modo di vederlo. Lo stesso vale per i sacerdoti. Non riesci a percepirli perché ti sei ammalato come loro. Aiutali, è da molto che aspettano chi li guarisca. E tu puoi farlo a partire da te stesso. Ora hai portato qui anche il tuo corpo in carne e ossa. Comincia a risanarlo.
La forma ovale luminosa si dissolse nella luce del giorno fattosi ormai pieno, ma lui continuò a sentire accanto a sé la maestra.
Alvaro vide quattro uomini avvolti in mantelli di cotone con una barella sulla quale era adagiato il corpo di carne e ossa che usava nel mondo reale.
All’apparenza erano indios come lui, ma dai loro occhi rossi e dalle pustole che li sfiguravano, comprese di trovarsi davanti ai sacerdoti uccisi tanto tempo prima dal morbo dei bianchi e impossibilitati perciò a trasferire i loro poteri di nagual in nuovi apprendisti.

Si sedette a terra e la sua trasformazione ebbe luogo.
Divenne una lucertola di deserto e si avvicinò al se stesso febbricitante camminando sulle vesciche e le pustole.
Sapeva come si chiamava quella malattia.
Morbillo.
La assunse su di sé e il suo corpo in carne e ossa guarì.
Il suo corpo del Sogno assunse per un istante l’aspetto di un uovo di fasci luminosi, due dei quali si erano spezzati.
Quando si rialzò dalla barella, nella luce del tramonto, vide i sacerdoti trasformarsi in aquile e volare via.
La sua maestra non gli parlò, ma Alvaro sapeva di aver superato la sua prova.
Lo capì quando le grandi aquile aprirono i loro becchi.
Allora assunse di nuovo l’aspetto di un uovo di fasci luminosi e venne beccato da ognuna di esse, finché le fibre danneggiate non furono riparate.
Mentre le ombre del crepuscolo calavano sul deserto, si sedette nella sabbia, consapevole del suo nuovo potere.
Aveva guarito i sacerdoti e costoro gli avevano trasferito i loro doni entrando a far parte del fascio di fibre luminose che costituiva il suo essere.
Lo avrebbero assistito diventando i suoi alleati nagual, impedendogli di passare al male.
 
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Tonylamuerte
view post Posted on 7/1/2017, 14:25




Niente da fare… Mi sono ammalato, e anche questo mio presunto ritorno, salta.
X Rejuky o CMT:

in extremis, è possibile partecipare solo come lettore o commentatore?

Ciao!
 
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I.T.E.S
view post Posted on 7/1/2017, 19:16




Quante menti ho percepito in questo luogo, quante paure, e pensieri e ricordi, di ognuno di loro.
Prima di prenderli nel mio abbraccio, li ho sentiti tutti. Vite spezzate.
Ricordo ognuna di esse, da quella del primo essere senziente sino ad ora. Uomini, fauna e flora.
Tutto ciò che tocco muore e viene con me, che porto corona, che sono di tutti voi signora e padrona*.
Attraverso muri di energia, scale, porte blindate fatte di ferro, materia, atomi.
Una per una ho visitato le loro stanze come ospite non invitato, non gradito.
Li ho osservati, mentre dormivano, mentre mangiavano, mentre sfogavano i loro istinti animali.
Nel mio essere io vedo ogni cosa, risiedo in ogni dove e sono in ogni quando. Tuttavia io non vengo di mia intenzione, ma seguo la chiamata, quella della natura o quella del fato.
Stavolta sono accorsa sollecitata da un errore umano, l'ennesimo. L’uomo in sala macchine ha rilasciato nell’aria una sostanza tossica e io sono giunta, senza forma. Sebbene non fosse il loro tempo, ho dovuto rispondere a questa chiamata: non ho potuto esimermi dal reclamare queste vite. Per l’errore di uno, molte vite ho preso con me.
Io non porto giustizia, conforto o spiegazione.
Da giorni vago tra questi grigi corridoi, scatenando il panico e l’agitazione. Per primo ho preso suo figlio, il più debole di tutti, aveva appena tre anni. Poi la moglie.
Impotente, lui ha osservato la vita lasciare i loro occhi.
Gli altri sono caduti uno ad uno nel giro di poche ore, ma lui resiste ancora: è forte, intelligente. Si è chiuso dentro la sua cabina, ha capito che l’aria è contaminata e ha aumentato la percentuale di ossigeno per indebolire gli agenti chimici presenti in essa, ma è tutto inutile. Si è accorto troppo tardi di ciò che stava accadendo. Il suo sangue è ormai infetto, i polmoni faticano a trattenere l’ossigeno, gli occhi si tingono di rosso e le vene in risalto stanno assumendo un colore bluastro.
Sì, capitano, io ti vedo, seduto nel tuo ufficio che cali velocemente le dita sulla tastiera e scrivi. Sei solo. Ti sei rinchiuso dentro per non farmi entrare, ma non c’è ostacolo che io non possa oltrepassare, non c’è materia che mi possa contenere: io pervado la realtà.
Un corridoio, una porta, delle scale e infine un altra porta. Sono accanto a te, adesso.
Sei solo uno dei tanti viandanti che passano per le strade di questo mondo, la tua vita non vale né più né meno delle altre. Tuttavia vi ammiro, voi uomini, che tentate di resistermi: disperatamente provate a rinviare il vostro ultimo momento, aspettando qualcosa, forse una risposta al vostro insaziabile bisogno di sapere perché. Ma credetemi se vi dico che una risposta non c'è e non arriverà mai.
Ora ti sono alle spalle e osservo lo schermo che proietta le tue parole.
"...Calma. Provo un innaturale calma nel sapere che sto morendo, forse è colpa dell'aria che respiro, chissà. Non capisco e non capirò mai il gioco che il destino ha voluto fare con me. Perché io devo morire per ultimo su questa nave?
L'ultimo di questa spedizione, di noi che siamo partiti verso un mondo migliore, per non morire tra le macerie di un pianeta in fiamme. Stavamo inseguendo qualcosa, un sogno, ma la morte ci ha seguito e..
Tutto ciò non ha più importanza, ormai.
Non mi spaventi, né ti temo, rimpiango solo di essere solo, in questo ultimo viaggio, senza poter rivedere mia moglie, senza sentire la sua mano nella mia.
Ma dopotutto non sono solo, tu sei qui accanto a me, ti sento nell'aria, ultima compagnia di un uomo la cui vita ora si confonderà fra le altre, per essere dimenticata. Cosa posso fare io, contro un destino cosi scellerato?
Ho impostato la guida automatica, la nave raggiungerà il pianeta Earth III tra un anno.
Lascio queste parole e tutti i dati dell'equipaggio nei file del mio diario di bordo.
Non ho più tempo, le mie mani quasi tremano e scrivere sta diventando difficile.
Mi cola del sangue dal naso, è così rosso...
È un colore che mi è sempre piaciuto, il rosso carminio dei cuori delle stelle che bruciano al centro dei loro sistemi.
Ho mentito: ho paura.
Ma non potrei mai vivere dopo aver visto i miei cari morire, nessun uomo dovrebbe sopravvivere ad una tale vista. Sono stanco.
Abbraccia questa nave, spazio, e conducila là, dove non potrò mai più arrivare.
Ora mi hai..”
Le tue dita si staccano dalla tastiera virtuale, capitano, ti sfreghi la faccia, la vista si annebbia del tutto. Tiri indietro la sedia e con fatica cerchi di alzarti, le gambe cedono, la mano cerca istintivamente il tavolo ma stringe solo il vuoto. Cadi a terra, supino.
Il petto si alza e si abbassa, si alza e si abbassa sempre più velocemente, d’istinto ti porti le mani alla gola.
Rantoli, non riesci a respirare, il corpo percorso da spasmi. Ti protendi col collo in cerca di aria - un ultimo sforzo, l'inarrendevole istinto di sopravvivenza dell'uomo - ne basterebbe così poca, così poca capitano.
“..preso.”



*Angelo Branduardi, Ballo in fa diesis minore
 
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view post Posted on 8/1/2017, 11:40
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Losco Figuro

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CITAZIONE (Tonylamuerte @ 7/1/2017, 14:25) 
Niente da fare… Mi sono ammalato, e anche questo mio presunto ritorno, salta.
X Rejuky o CMT:

in extremis, è possibile partecipare solo come lettore o commentatore?

Ciao!

Io con lo Skan non c'entro, ti serve WP. Per USAM ti risponderei di sì :)
 
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Valter Carignano
view post Posted on 8/1/2017, 18:52




Ogni riccio un capriccio
di Valter Carignano

– Ma lei lo sa cosa vuol dire che tutti gli uomini s’innamorano di me? Va avanti da… da sempre!
La donna sbuffa e incrocia le braccia. Il maresciallo Filippo Santantonio le sorride con cortesia.
– Vede… beh, intanto la ringrazio di essere venuta subito. Cerchiamo qualche notizia in più per aiutare il signor Saracino, dell’oreficeria di fronte a casa sua. Lui è all’ospedale, insiste a dire che è lei che l’ha infettato.
La donna non lo ascolta: – E guardi come devo andare in giro conciata. ‘Sta specie di turbante, occhialoni, vestiti che manco una barbona… e pure così, guai se al mattino me ne dimentico. Appena mi affaccio alla finestra, paf, la frittata è fatta. Il primo che mi vede è cotto.
Santantonio prende tempo, si appoggia allo schienale della sedia e sfoglia le carte che arrivano dal’ospedale. Assapora l’aria fresca che entra dalla finestra, piena di mare e fiori. Pensa. E anche oggi siamo arrivati a sera. Beh, poteva essere una giornata peggiore. Un furtarello a un turista, un incidente d’auto, un po’ di scartoffie… e poi questo tipo che si vuole buttare di sotto perché dice che la donna che ama gli ha passato una qualche malattia. Il bello è che una specie di malattia ce l’ha davvero, ma i medici non sanno che pesci pigliare e me l'hanno rifilato a me.
– Cotto, lei dice… capisco. Ma mi spieghi meglio. Lei è fidanzata con Saracino?
– Ma che fidanzata? Non siamo mai nemmeno usciti insieme.
– Ah. Quindi non è vero che lui la ama.
– Come? Ma certo che è vero. Mi ha vista una volta, e questo è bastato. Solo che poi gli è venuta la pelle grigia e si è spaventato.
– Sssì… non ho capito tanto bene. Mi vuole spiegare meglio?
Così facciamo arrivare la fine del turno e lasciamo i pazzi agli psicologi o alle cartomanti.
– Spiegare meglio… – La donna sembra fissarlo attraverso gli occhiali neri. – E’ un po’ lungo. Lei cosa ne sa di mitologia greca?
Santantonio tossicchia: – Non molto, o meglio quello che sanno un po’ tutti: gli dei, Giove, Venere…
– Sì, quello. Bravo. Vede, mio padre me lo diceva sempre: sei sfortunata, non è bene che una donna sia troppo bella o troppo intelligente, nel nostro ambiente gira tanta invidia. Eh, lui era saggio, altro che un mostro, come dicevano alcuni… invidia, appunto. Ma lui se ne fregava, cosa crede? Stava tranquillo nella sua isola con la mamma e i loro sudditi, e naturalmente io e le mie due sorelle, che crescevamo felici e contente. Ma non durò molto. Con tutte le navi che andavano e venivano, la voce cominciò a girare, e anche se badavo bene a non uscire mai senza camuffarmi un poco ero bellissima lo stesso. E una sera, una civetta viene a posarsi sul davanzale della mia finestra.
Sanantonio allunga la mano per chiamare il brigadiere Camusso all’interfono. Schiaccia il tasto, ma poi ci ripensa. Massì, lasciamola parlare. Che fastidio mi dà? Magari a lei invece fa bene.
La donna beve un sorso d’acqua, riprende: – Io la riconobbi subito, e forse fu anche questo che le diede fastidio, oltre al resto.
– La civetta?
– Sì, è quello che ho detto, no? Comunque, quella presuntuosa entra senza essere invitata e mi si siede di fronte. Mi hanno riferito che sei molto bella e intelligente. Bella, lo vedo, ma intelligente… vuoi fare una gara con me? Mi chiede. Lì per lì, avrei voluto dirle che era una maleducata a entrare in casa d'altri così, ma coi parenti, sa, non è mai bello litigare. Noi eravamo quasi cugine… cioè, non proprio, mio padre era una specie di prozio del suo… ma è un po’ complicato, lasciamo stare.
– Una civetta, ha detto. Parente di suo padre. E la civetta si siede davanti a lei.
– Sì. No. Stia attento, per favore: sul davanzale era una civetta. Adesso era sotto forma di donna. Quella baldracca era venuta con il mantello e tutta l’armatura, sapeva che faceva un certo effetto, alta e ben tornita com’era. In ogni modo, comincia a farmi domande, rompicapo, indovinelli… che ridere! Non faceva in tempo a finirli che già le rispondevo, e vedevo che la cosa la faceva parecchio arrabbiare. Intanto si era fatta l’alba e mi fa: Andiamo a fare un giro al porto, vuoi? E ci andiamo. E allora lei si accorge che i marinai la guardano - e ci mancherebbe! - ma che guardano molto di più me, che nella fretta ero uscita senza trucco pesante e tutto. Insomma, non ci ha visto più. Come ti permetti di rivaleggiare con Atena? mi dice, passando alla terza persona come se questo avesse dovuto intimorirmi. Ma che rivaleggiare? rispondo io, e intanto cominciava a venirmi un diavolo per capello. Sei tu che sei venuta qui da me a rompermi le scatole. E magari io sono più bella di te perché sono nata come tutti, e non dalla testa di mio padre come una specie di forfora. Non l’avessi mai detto! Comincia a maledirmi e se ne vola via sbraitando che non sarebbe finita lì, che non sapevo contro chi mi ero messa e via di seguito. Pensi lei che figura. La figlia di Zeus… patetica.
Santantonio è ammutolito. Atena, Zeus… quindi questa donna si ritiene parente di un dio della mitologia greca. Anzi, più bella di un dio. Stiamo messi bene. Come si chiamava, quella dottoressa dei servizi sociali? Fruga dentro un cassetto. Dove avrò messo quel biglietto… vabbè poi lo chiedo a Camusso, lui si ricorda sempre tutto.
La donna continua: – E allora succede che dopo qualche mese me ne stavo sola sulla spiaggia a passeggiare e ad aspettare l’alba quando sento una voce. ‘Voltati e preparati a morire, tu che hai disonorato la mia dea’. Mi giro e vedo un guerriero girato di spalle, con un’ascia nella mano destra e uno specchio nella sinistra. ‘Mica male’ penso, vedendo il suo viso nello specchio. Anche lui mi vede, sempre attraverso lo specchio, no?, e a quel punto s’immobilizza, si volta e s’inginocchia. ‘Tu… tu sei bellissima’ mi dice, con un filo di voce e l’espressione ebete. ‘Alè, un altro. ’ penso io ‘Chi immaginava che a quest’ora ci sarebbe stato qualcuno in giro?’. Però era davvero carino, quel ragazzotto, e fu così che io e Perseo ci mettemmo insieme.
– Scusi un momento, signora, abbia pazienza. – Schiaccia il tasto dell’interfono: – Camusso, sei occupato? Ah, una deposizione… beh, quando finisci passa da me, per favore. – Riattacca, sorride alla donna: – Scusi, eh, ma mi è venuta in mente una cosa da fare dopo e allora… Perseo, mi diceva.
– Sì, fu una bella storia. Era molto meno stupido di tanti altri, era bello… insomma, poteva anche durare. Ma la baldracca ci si mise in mezzo.
– La baldracca.
– Ma sì, Atena, sempre lei. Era gelosa come una scimmia, non ne voleva proprio sapere che io fossi più bella di lei. Prima aveva messo in giro in giro un mucchio di stupidaggini sul fatto che ero un mostro con serpenti al posto dei capelli e che vedermi impietriva, poi per gelosia richiama Perseo per compiere qualche stupida impresa e alla fine grazie all’aiuto di Hermes e Ate – che sono suo fratello e sorella, lo sa, no? – mi maledice, questa volta per davvero. Ma io non sono mica una cretina, cosa crede?, e insieme alle mie, di sorelle, facciamo un contro incantesimo. Insomma, molto meno danno di quanto la baldracca sperasse, ma da quel momento i miei capelli ricci sono diventati im–pet–ti–na–bi–li. Uff.
La donna incrocia di nuovo le braccia, l’espressione imbronciata. Santantonio esita, si schiarisce la voce.
– Ma scusi, signora. Forse non ho capito bene io. Che c’entra tutto questo con il signor… aspetti… ah, ecco qua: il signor Saracino, che che dice che la ama e che lei l'ha infettato? Una malattia sconosciuta, oltretutto, a quanto dicono i medici.
– Ma come, cosa c’entra? Gliel’ho appena spiegato: dopo quella maledizione qualunque uomo che mi veda senza l’incantesimo che dissimula la mia bellezza deve per forza amarmi, è così da sempre. Ma per voi le maledizioni non hanno senso, siete un po' indietro, me lo lasci dire, e le chiamate malattie. Comunque, chi mi vede, se non è un genio, si trasforma in un pupazzo che fan qualunque cosa io gli chieda. Se capitasse a lei la stessa cosa con tutte le donne si annoierebbe, no?
– Ehm, certo… come no.
– Appunto, vedo che mi capisce. L’altra mattina presto mi sono affacciata alla finestra senza incantesimo sul volto e lui, dalla strada, mi ha visto. Da allora mi perseguita, io non gli ho dato nessuna speranza ma non si rassegna. La pelle grigia e spessa non passa, se non si rassegnano, e già va bene così, perché secondo la maledizione della baldracca sarebbe dovuta diventare di pietra proprio, altro che grigia. Comunque, ogni tanto finisce pure che si uccidono, cosa devo fare?
– Ssì… quindi è già successo?
– Due o tre volte. Vediamo… a Roma qualche tempo prima che uccidessero Cesare, a Londra quando c’era quello scrittore, Shakespeare… Ma in genere io mi trasferisco, dopo un po’ se ne fanno una ragione, vivono con la mia immagine in testa per sempre ma tornano normali. Beh, almeno una dea l’hanno vista, non sono poi così sfortunati. Solo che qui mi trovavo bene e pensavo di fermarmi un po’ di più.
– Signora, lei mi sta dicendo che ha duemila anni?
– Ma che duemila, almeno il triplo. Sono quella che i vostri libri di mitologia chiamano Medusa, no? Figlia di Forco e Ceto e bla bla bla. Come devo spiegarglielo? Avessi saputo che lei era così tonto non dicevo niente. Non venivo proprio, anzi. Per una volta che uno vuole aiutare…
– Beh, vede, signora… come dire… deve ammettere che la sua storia è strana. Comunque, lei non è imputata di nulla e può tranquillamente andarsene…
– Ah, no! Adesso lei mi prende per pazza. Ora glielo dimostro.
– Che cosa, signora?
– Che sono quella che dico. Ecco…
Santantonio comincia a essere un po’ stanco.
Diomio, come faccio a liberarmi di questa matta? Assecondiamola e facciamola finita.
La donna pronuncia una parola in una lingua strana, poi si toglie lentamente gli occhiali e il turbante. Santantonio vede i riccioli scarmigliati uscire leggeri, vaporosi, morbidi, quasi come dotati di vita propria. Il suo sguardo si sposta sul volto, il più bello che abbia mai visto. Gli occhi sono pozze meravigliose di saggezza e intelligenza e amore, le labbra schiuse promesse di piaceri infiniti, il corpo ora non più infagottato assolutamente perfetto.
– Convinto? – chiede Medusa. Sanantonio emette un monosillabo, lo sguardo perso ed ebete.
Uffa, mi tocca trasferirmi un’altra volta, pensa Medusa.

Edited by Valter Carignano - 8/1/2017, 22:24
 
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Atacama4
view post Posted on 8/1/2017, 21:26




Non giungerò mai alle ore diciassette.

Dopo tre quarti d’ora alla guida, prendo la tangenziale, uscita Capodimonte. A sinistra il golfo di Napoli deturpato dall’abusivismo edilizio, a destra per chilometri cimiteri di auto arrugginite. Poi ancora discariche con oggetti di ogni forma e grandezza fuori uso mostrano della città un volto poco umano. Di colpo sembra di entrare in una dimensione parallela. Imbocco la galleria e qui rimango in attesa una ventina di minuti prima di iniziare a procedere lentamente. Sarà successo di certo un incidente, ma ora si cammina, seguo la pista che forma una U e mi blocco di nuovo appena all’uscita della galleria. “E adesso che altro è successo?”
Davanti a me solo un pullman e un altro paio di auto, un piccolo sforzo e sarei passata. Invece no!
Un gruppo di persone, in prevalenza donne e bambini, hanno messo il cassonetto in mezzo alla strada e con le sedie hanno occupato il rimanente spazio. Un cartellone strilla: “Disoccupati”.
E questi veramente non c’hanno un tubo da fare. Si sono accomodati bambini e donne ( in tutto saranno dieci ), alcune sfumacchiano e il serpentone dietro di me continua a crescere, però sotto la galleria non ci si sta per niente bene con tutti i gas di scarico, qualcuno potrebbe sentirsi male. Infatti credo di avvertire lamenti di bambini e imprecazioni di adulti.
“E ora che faccio? Luca prendi l’agendina per favore?”
“Qui non c’è nemmeno un bar”.
“Qui non c’è proprio niente, Luca” avrei bisogno di qualcosa per lo stomaco, sento che inizia un dolore a livello del piloro che via via aumenterà, già lo so.
L’orologio del cruscotto segna le sedici, l’ora dell’appuntamento con Nando alla GRS.
“Pronto, Casa Editrice GRS? C’è Nando? Sono M.P.”
Sì. Un attimo”.
“Pronto?”
“Ciao Nando. Sono M.P. Mi trovo a Capodimonte, ma bloccata da un gruppo di manifestanti. Sto qui accanto a una chiesa”.
“Cos’è? Una manifestazione?”
“Ma no, è un gruppetto che ha bloccato la strada con i cassonetti della spazzatura”.
“Ho capito, succedono spesso questi disagi. Sempre loro, ormai spadroneggiano, non credo ce la potrai fare. A piedi non mi puoi raggiungere, è distante, ma in auto ci vogliono due minuti”.
“No certo, non lascio qui l’auto. Non ci voleva… è poca la distanza?”
“Sì, devi seguire la strada a sinistra e salire su”.
“Salire?”
“Sì, salire in collina. Speriamo si sblocchi. Alle diciassette ho un altro appuntamento. Dammi il numero del cellulare che ci teniamo in contatto”.
“Aspetta, lo cerco. Luca, dov’è l’agendina? Ah, ecco. Per le diciassette ci vorrebbe solo un miracolo”.
“ Ci sentiamo fra un po’”.
“Mamma, io scendo a vedere se trovo un bar”.
“Meglio così, almeno non stai qui a lamentare per la lunga attesa. Vedi se hanno qualcosa per il mal di stomaco. Inizia a farmi male”.
“Non credo. Un bar non è una farmacia”.
Ha ragione pure lui. Hanno tutti dannatamente ragione.
Ma qui non si apre nessuno spiraglio. Mi sporgo dal finestrino, una persona piuttosto anziana sta protestando, e faccio un tentativo maldestro di darle manforte.
“Lì sotto la galleria qualcuno potrebbe sentirsi male. Ve la prendete questa responsabilità?” inizio a urlare.
E due vaiasse che aspettavano di sputare in faccia a qualcuno le proprie ragioni.
“E la nostra, te la pigli tu? ‘E ccriature senza mangià, e vuje che facite?”
Qualcuno, sceso dall’auto, cerca di esprimere un pensiero.
“A noi ci danneggiano, ma hanno ragione. Qui c’è solo munnezza, questa gente ha imparato negli anni a conviverci”.
“Ma sono solo quattro gatti, chi li prende sul serio?” faccio io che non mi scende il fatto di rimanere bloccata lì. Ora solo un evento sovrannaturale può salvarmi per farmi giungere in tempo all’appuntamento.
Cerco di dominare la rabbia, sono passati venti minuti. Un automobilista protesta che non ci sono le forze dell’ordine: “Napoli è una cosa incredibile, solo qui succedono queste cose”.
Mi sembra così ingiusto che ci impediscano di circolare. La galleria intasata di auto potrebbe costituire un pericolo serio e quelle donne che hanno inscenato la manifestazione si sono accomodate sui cassonetti a fumare come fossero in salotto. Le forze dell’ordine sono arrivate, ma nulla si muove. I mariti non ci sono, hanno mollato mogli e prole. E parto di nuovo all’attacco sporgendomi dalla portiera.
“Lì sotto la galleria qualcuno si sta sentendo male, siete disoccupati, ma alle sigarette non ci rinunciate”.
Si avvicina quella che sta fumando con parlata al lanciafiamme, insieme a un’altra con fare minaccioso. Noto qualcosa di poco umano nella morfologia delle orecchie che sporgono dai capelli corti e neri di una delle due, e biondicci dell’altra legati in un mollettone: gli organi uditivi, più grandi del normale, terminano a punta come quelli di un sorcio, o come quelli di un alieno, dal momento che mi sembra di essere entrata in una dimensione straniante.
“Ma tu che vvuò?” squittisce quella col casco nero.
“Voglio passà” rispondo per nulla intimidita, imitando la loro parlata.
“E ffà o ggiro” di rimando la biondiccia. Si voltano e tornano a sedersi sui cassonetti.
In realtà non posso fare inversione, un rialzo di cemento di mezzo metro, divide i due sensi di marcia. Con una santa pazienza mi rimetto ad aspettare.
Squilla il telefonino e premo il tasto per rispondere, ma non mi riesce: fosse una volta che riuscissi a rispondere. Sarà Nando. Lo richiamo, ma risulta irraggiungibile. La coppia anziana si ferma accanto alla mia auto e ci mettiamo a parlare.
“Ma se la prendono con noi, a che serve? Ci danneggiano soltanto. Dovrebbero recarsi al Comune”.
“Sono disoccupati ma comprano le sigarette, il costo è pure aumentato. Glielo ho detto prima, in due a momenti mi aggrediscono tirandomi le borsette addosso” rido divertita quel tanto per esorcizzare il senso di frustrazione.
“Signora non le conviene mettersi a discutere con questa gente, è anche gente così… strana”.
“Come strana?”
“Io sto dalla parte delle persone deboli, ma questo non va bene” dice avvicinandosi
un ragazzo alto e magro. Poi fa qualche battuta sui partiti politici e conclude:“ Sono tutti uguali”.
Infine mi spazientisco nel vedere le forze dell’ordine che non fanno niente.
“E noi qui come tanti stupidi ad aspettare”.
“Gente strana, troppo diversa da noi. O siamo troppo buoni noi” chiosa la coppia anziana.
Do’ un colpo di clacson e seguono altri, in tutto un paio di minuti, suggellati dall’ultimo colpetto del mio. Suona il cellulare ma anche stavolta non mi riesce di rispondere. Luca sta tornando, avrà preso il caffè, almeno spero.
Sull’altra corsia si ferma un’auto del Comune, scende una persona e si dirige verso il gruppo. Ma forse è un alieno sceso da un disco volante tra noi a incontrare altri suoi simili, perché dopo qualche minuto viene liberata la strada. Il miracolo è avvenuto, ma sono le ore diciotto ormai e lo stomaco ha smesso di dolere.
 
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view post Posted on 8/1/2017, 23:05
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Apprendista stregone

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L'ho scritto di getto e non l'ho riletto con la dovuta attenzione. Lo lascio alle vostre mannaie...

Il regalo

Di Paolo Spoto

Busso educatamente, giro la maniglia e apro la porta della stanza numero 57. Appena varcata la soglia mi assale un odore di disinfettante e detergente a buon mercato. Conosco l'arredamento di questa stanza a memoria: pareti tinteggiate di azzurro tenue, un colore pastello che invita alla calma, un solo letto dotato di testata con ossigeno vicino all'immancabile finestra, un armadietto, una sedia e un tavolino per pasti scorrevole.
Entro con calma, sfoderando il mio migliore sorriso e mi richiudo la porta alle spalle.
«Buonasera. Chi è lei? Non la conosco?»
«Ciao, Gloria. Sono il dottor Mariano Chiodi e da oggi mi prenderò cura di te. Puoi darmi del tu, se vuoi...»
Appena finisco di parlare, sento in bocca l'amaro sapore della menzogna. Spero che Dio possa perdonarmi per quello che ho intenzione di fare.
Mi avvicino, sempre sorridente e tendo la mano verso di lei. La trovo stanca e spossata da due anni di terapia, iniezioni e tutti i problemi legati alla chemioterapia. L'ho vista piangere, di paura e di rabbia, ma non l'ho mai vista cedere. Questa sera, nei suoi grandi occhi azzurri, noto che quella fiamma che brillava nei suoi occhi si è spenta per sempre. Quello sguardo di pacata rassegnazione, mi riempie di tristezza. Probabilmente il dolore ha avuto il sopravvento sulla sua voglia di vivere e, dal canto mio, non ce la faccio più a vederla soffrire in questo modo.
«Buonasera dottore...»
«Avevo detto di darci del tu: ricordi?»
«Come vuole... anzi come vuoi tu, Mariano. Felice di conoscerti.»
Mi stringe la mano debolmente e si mette a sedere, facendo forza sulle braccia. Una piccola smorfia di dolore le deforma il volto.
«Sono contento che abbiano mandato te, invece che il dottor Pastoni...»
«Perché? Cosa c'è che non va nel dottor Pastoni?» chiedo con curiosità.
«Troppo vecchio e noioso. Lei.. tu mi spiri fiducia, non so perché.»
Le dò una mano a metterle i cuscini dietro la schiena. Poi comincio a sondare il terreno.
«Allora, Gloria: come ci sentiamo oggi?»
«Non molto bene per la verità » risponde chiudendo gli occhi e appoggiando la testa calva alla testata del letto. «Credo di avere la febbre e mi sento tutte le ossa rotte. Le gambe, poi, mi fanno un male cane.»
Mi siedo sul letto e le tocco la fronte con il dorso della mano. Scotta, la temperatura deve essere molto alta.
«Ho solo undici anni e sono già da rottamare» prosegue, abbozzando un sorriso.
Rispondo sorridendo a mia volta e, allungando il braccio, afferro la sua piccola mano con la mia. Il tuo dolore cesserà presto piccola mia, te lo prometto.
Seguono alcuni secondi di imbarazzato silenzio, durante i quali le osservo il volto. Le sue efelidi spiccano sugli zigomi pallidi. come granelli di zucchero di canna su un piatto di porcellana.
«Dottore... cioè Mariano: è vero che morirò presto?»
La sua affermazione, pronunciata con un filo di voce, ha l'effetto di colpirmi come se me la gridasse in faccia.
«Perché dici questo?» rispondo con fermezza, quasi a voler cancellare con le mie parole quello che ha appena detto. Tra l'altro conosco già la riposta prima che inizi a parlare.
«Me lo ha detto il primario. In verità non me l'ha proprio detto, gliel'ho sentito dire tre giorni fa. Alcune volte, prima delle visite di controllo, faccio finta di dormire, per sentire quello che dicono i dottori alla mamma. Quando sono sveglia non parlano. Fanno la faccia strana, la portano fuori dalla stanza, e non mi fanno mai ascoltare i loro discorsi...»
«Hai sbagliato a dirmelo« rispondo con delicatezza. «Adesso che so il tuo piccolo segreto, farò sempre uscire la tua mamma, quando avrò qualcosa da riferirle.»
«Non credo che lo farò ancora. Non dopo quello che sentito...»
Mi fissa di nuovo, i suoi stupendi occhi azzurri piantati nei miei. Il dolore e la paura che percepisco in quello sguardo sono come stilettate nella mia anima.
«Le ha detto: "Mi dispiace, signora Bartolo, abbiamo tentato tutto il possibile. Non credo ci sia altro che la medicina moderna possa fare." Poi ho sentito la mamma che si alzava dalla sedia e usciva di corsa piangendo. Dopo qualche minuto è tornata e con me si è comportata come sempre, cercando di ridere e scherzare. Ma aveva certi occhi rossi...»
Alza gli occhi al soffitto e sento la sua mano che stringe forte la mia. Quando torna a fissarmi, gli occhi sono velati di lacrime.
«Mariano, io non ho paura di morire» prosegue con la voce arrochita dal pianto. «Don Gianni mi ha detto che quando si muore, se si è stati buoni, si torna dal nostro Padre Celeste che è nel cielo. E io penso di essere stata una bambina buona.»
Si ferma un attimo, respirando profondamente. Una piccola lacrima scivola lentamente sulla sua guancia. «Mi dispiace per la mamma. Dopo la morte di papà, sono l'unica cosa che la fa star bene. Se io muoio... lei...,»
Il resto della frase si spegne in un borbottio incomprensibile. Mi avvicino e l'abbraccio, consentendole di appoggiare il viso sulla mia spalla. Gloria, ricambia l'abbraccio, singhiozzando rumorosamente, in un pianto liberatorio. Quando si stacca da me, poggiando di nuovo la testa sul cuscino, noto che un rivolo di sangue le sta colando dal naso. Prendo un fazzolettino di carta dal pacchetto che si trova sul comodino e glielo porgo.
«Tieni Gloria, pulisciti il naso. Se me lo permetti, approfitterei del bagno interno. Mi scappa la pipì.»
Entro nel piccolo bagno e ripenso a Gloria seduta nel suo letto. Ormai non le resta più molto da vivere.
Quale Dio può permettere tutto questo dolore?
Capisco che c'è solo una cosa da fare, ma non devo fare di testa mia. Non posso agire senza la sua approvazione. Mi inginocchio sulle fredde piastrelle e rivolgo i palmi verso l'alto.
«Signore, ti prego, ascoltami...»
E lascio che la mia invocazione salga verso il cielo.
Dopo qualche minuto ritorno da Gloria. La trovo sempre nella stessa posizione, seduta, con la schiena appoggiata ai cuscini. Le prendo di mano il fazzoletto macchiato di sangue e lo getto nel cestino dei rifiuti.
«Senti, Gloria: sai dirmi dov'è la tua mamma?»
«Credo sia andata a comprarmi un regalo. Povera mamma, cerca sempre di non farmi mancare niente.»
«E se stasera le facessi tu un regalo? Un regalo speciale, di quelli che apprezzerebbe tantissimo?»
Mi fissa curiosa, un debole sorriso accende il suo volto.
«Sarebbe un'ottima idea» risponde. «Ma cosa posso regalare alla mia mamma? Mi sento così debole che non riesco neanche ad alzarmi dal letto e, nelle mie tasche, non ho neanche un centesimo.»
«A questo ci penso io... hai detto che ti ispiro fiducia, vero?»
Senza aspettare la sua risposta mi alzo e le poggio le mani sulle spalle.
«Mariano ma cosa fai?»
Mi chino. Su di lei e la bacio sulla fronte.
«Le tue labbra... sono così calde...»
Unisco la mia fronte con la sua e prego che il miracolo si compia.
«Sento un calore che mi avvolge... è bellissimo.»
Mi stacco con riluttanza da Gloria. La fisso in viso e mi accorgo con gioia che il suo sguardo non è più offuscato dal dolore. I suoi occhi brillano, come limpide acquemarine.
«Come ti senti piccola?»
«La schiena, le gambe... i dolori sono scomparsi. Sento un calore dentro al corpo che... dottore come hai fatto?»
Le ultime parole sono pronunciate a fatica, impastate dal sonno: il processo di guarigione ha bisogno di molto riposo.
«Adesso dormi» le dico. «Mi raccomando non dire a nessuno quello che è successo. Sarà il nostro piccolo segreto. Intesi?»
Gloria non mi risponde, sta già scivolando in un sonno sereno, privo di dolore e preoccupazione. Si addormenta pochi istanti prima che entri lei, trafelata, con un pacco regalo in mano. Si toglie il cappotto blu, lo ripiega in due e lo posa sulla sedia. Poi si volta e poggia con delicatezza il regalo sul comodino. Si è vestita con cura: stivaletti, collant neri, gonna poco sopra il ginocchio e maglioncino di cachemire grigio. I capelli neri le ricadono sulle spalle in morbide onde. Si siede sul letto e stringendo la mano della sua bambina, si mette a piangere silenziosamente.
Anche se non può ne vedermi né sentirmi mi avvicino e la abbraccio, parlandole, sperando che in qualche modo possa riuscire a sentirmi.
«Non piangere più, è tutto finito. Non so il perché, ma le mie suppliche sono state ascoltate. Ho chiesto e ottenuto una proroga: per i prossimi ottant'anni Gloria non avrà particolari problemi di salute. Stalle vicino e cerca di renderla una donna in gamba come lo sei tu. Buon Natale, amore mio!»
Non so se il mio messaggio le è giunto, ma vedo che smette di piangere. Alza la testa, chiudendo gli occhi, mentre le sue labbra si muovono recitando una silenziosa preghiera.
Ora è tempo di lasciarle sole, il mio compito, per oggi, è finito.
Sono sbalordito.
Ho ottenuto quello che un Custode non può sperare di ottenere neanche dopo secoli di ineccepibile servizio. Sarà tutto merito di questa magica notte, ma adesso è meglio che rientri. Devo far parte del coro celeste questa sera. Non voglio arrivare in ritardo.
Rivolgo un ultimo sguardo a mia figlia. Anche se sta dormendo, le sue labbra sono increspate in un tenero sorriso.
«Buon Natale, Gloria, ci vediamo domani. Come al solito sarò al tuo fianco e ti terrò lontano dai guai»
Dopodiché spalanco le mie candide ali e mi preparo a raggiungere il regno dei cieli.
A proposito: buon compleanno, Gesù.

Edited by Incantatore Incompleto - 8/1/2017, 23:21
 
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view post Posted on 9/1/2017, 00:09
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Uhao! In 5

Ok, allora lo skanna si terrà regolarmente. L'unica differenza è che, essendo in pochi, i punteggi che darete ai commenti verranno contati dimezzati. Non vi preoccupate ci penso io in fase di classifica.

Potete iniziare a commentare.
 
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view post Posted on 9/1/2017, 10:11
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CITAZIONE (reiuky @ 9/1/2017, 09:10) 
Uhao! In 5

Ok, allora lo skanna si terrà regolarmente. L'unica differenza è che, essendo in pochi, i punteggi che darete ai commenti verranno contati dimezzati. Non vi preoccupate ci penso io in fase di classifica.

Potete iniziare a commentare.

Uomo di poca fede... e tu che non volevi neanche far partire lo Skanna... :p109:

A questo punto mi sembra ovvio che le preiscrizioni possono essere farlocche.

Ricordatevi di recitare una preghierina serale per il vostro Incantatore di quartiere. :B):

A volte essere insistenti, può essere la cura per (quasi) tutti i mali. :p107:

Ci rivediamo per i commenti... :p097:
 
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view post Posted on 9/1/2017, 11:04
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CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 9/1/2017, 10:11) 
A questo punto mi sembra ovvio che le preiscrizioni possono essere farlocche.

e che sarebbe il caso di rinunciarci :P
Avrei partecipato anche io se non mi fossi arenato
 
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view post Posted on 9/1/2017, 11:13
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CITAZIONE (CMT @ 9/1/2017, 11:04) 
CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 9/1/2017, 10:11) 
A questo punto mi sembra ovvio che le preiscrizioni possono essere farlocche.

e che sarebbe il caso di rinunciarci :P
Avrei partecipato anche io se non mi fossi arenato

Infatti anche a me pare che siano abbastanza aleatorie.

Dove ti sei Arenato CMT?
 
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view post Posted on 9/1/2017, 11:16
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Losco Figuro

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CITAZIONE (reiuky @ 9/1/2017, 11:13) 
Dove ti sei Arenato CMT?

Su quello che stavo scrivendo, avevo un'idea ma non riuscivo a darle una conclusione
 
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view post Posted on 9/1/2017, 11:43
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CITAZIONE (CMT @ 9/1/2017, 11:16) 
CITAZIONE (reiuky @ 9/1/2017, 11:13) 
Dove ti sei Arenato CMT?

Su quello che stavo scrivendo, avevo un'idea ma non riuscivo a darle una conclusione

Peccato. :(
 
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view post Posted on 9/1/2017, 12:13
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CITAZIONE (CMT @ 9/1/2017, 11:16) 
CITAZIONE (reiuky @ 9/1/2017, 11:13) 
Dove ti sei Arenato CMT?

Su quello che stavo scrivendo, avevo un'idea ma non riuscivo a darle una conclusione

Un tipico caso di "ansia da prestazione dello scrittore". succede anche ai migliori, non ti preoccupare :P :P
 
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