Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Scannatoio Marzo 2017, Ritorno alle origini

« Older   Newer »
  Share  
Schrödinger's cat
view post Posted on 8/3/2017, 10:20




Io penso di riuscire a pubblicare in serata, o male che vada domani.
 
Top
Fab Taurus
view post Posted on 8/3/2017, 15:18




Caspita avevo letto come termine il 26.03, non il 12.03 xD che pirla. Stavo ancora lavorando sulla bozza mentale e invece mi tocca scrivere e in fretta!!
 
Top
view post Posted on 8/3/2017, 15:22
Avatar

Co-moderatore dello skannatoio
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
1,630
Location:
Macerata

Status:


CITAZIONE (Fab Taurus @ 8/3/2017, 15:18) 
Caspita avevo letto come termine il 26.03, non il 12.03 xD che pirla. Stavo ancora lavorando sulla bozza mentale e invece mi tocca scrivere e in fretta!!

Ho capito: devo ricominciare a inserire errori nelle date, così almeno le notate :lol:
 
Top
Beatrice S.
view post Posted on 10/3/2017, 00:17




Le specifiche mi intrigano parecchio. Mi sarebbe piaciuto ispirarmi a qualche racconto di Poe o Lovecraft... ma purtroppo questo mese sono tirata con le tempistiche quindi non ce la faccio T^T

ma leggeró volentieri i racconti di chi si metterá in gara :p082:
 
Top
view post Posted on 10/3/2017, 08:47
Avatar

Co-moderatore dello skannatoio
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
1,630
Location:
Macerata

Status:


CITAZIONE (Beatrice S. @ 10/3/2017, 00:17) 
Le specifiche mi intrigano parecchio. Mi sarebbe piaciuto ispirarmi a qualche racconto di Poe o Lovecraft... ma purtroppo questo mese sono tirata con le tempistiche quindi non ce la faccio T^T

ma leggeró volentieri i racconti di chi si metterá in gara :p082:

Se leggi, commentali pure :) Non puoi fare la classifica ma i commenti sono bene accetti
 
Top
view post Posted on 10/3/2017, 09:09
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


Vedo ancora pochi racconti!!
Forza, ragazzi: mettetecela tutta!
 
Top
Schrödinger's cat
view post Posted on 10/3/2017, 17:54




L’uomo della sabbia



C’è qualcosa di sinistro nella cura con cui mia sorella Elizabeth ha provveduto a distruggere nel fuoco ogni minimo indizio che potesse rimandare alla nostra infanzia in quella casa.
Da quel suo gesto ho iniziato a sentirmi oppresso da un pensiero ridondante — e fra le numerose incomprensibili anomalie che la psicologia ha tentato di spiegare nell'ultimo decennio, non ve ne è certo una più singolare di quella per la quale più la nostra mente si sforza a richiamare una cosa da lungo tempo dimenticata, più ci sentiamo lontani dal riuscire a recuperare quel ricordo.
Sento ancora l’eco di quelle notti, che ora tornano in me, con un retaggio di quella paura che non ho mai affrontato. A volte mi sentivo persino colpevole, senza sapere di quale efferato crimine la mia coscienza si è macchiata.
Forse, non sono in grado di spiegare esattamente quello che sto affrontando e che la mia mente è costretta a subire.
C’è un costante rumore di fondo di pensieri e sentimenti sgradevoli, di follie e di terror panico che continuano a turbinare dentro la mia testa, al punto da essere divenuti causa di numerose e forti emicranie.
Ho provato ad affrontare il mio problema affidandomi alla medicina convenzionale come avrebbe fatto chiunque, ma mi sono vergognato a dover ammettere con me stesso che l’alcool si è rivelato in più occasioni una panacea rispetto al quantitativo di antidolorifici che assumevo.
Quando ho iniziato a sentire di non poter più andare avanti in quella maniera e che stavo rischiando di compromettere una brillante carriera come insegnante alla cattedra di lettere e filosofia ad Harvard, mi sono spinto disperatamente fino alla vecchia tenuta di famiglia in un velato pomeriggio di Novembre.
Avevo il sospetto che da bambino avessi subito un forte trauma in quella casa, e che mia sorella si sentisse in qualche modo colpevole riguardo alla mesta vicenda cui poteva aver assistito.
Mi trovavo dinanzi ad un edificio a due piani, che si ergeva su un ampio terreno nelle rigogliose campagne del Maryland, chiuso da un alto e solido muro di mattoni ricoperto, in alcuni tratti, da un fitto strato di rampicanti.
Un refolo di vento si è sollevato dai campi e ha iniziato a soffiare piegando le grigie e spoglie chiome dei pioppi che crescevano al limitare di quel muro.
Da moltissimo tempo la maggior parte delle camere non veniva calpestata da piedi umani. Un velo di polvere si è posato sull’antica mobilia che si andava via via accentuando insieme ad un odore umido e pungente di aria stagna provocato da un fioritura di muffa sui muri.
Ero ben consapevole di essere sempre stato un bambino solitario e dotato di una febbrile immaginazione. Per anni ho cercato di convincermi che molto di quel che ho provato allora, se non tutto, poteva dipendere dallo sconcertate effetto di quella casa e di certe storie che la nostra matrigna era solita raccontarci la sera.
Ricordavo con orrore la vecchia camera dove noi bambini passavamo le nostre notti, a nasconderci sotto le coperte, come per difenderci da una minaccia invisibile che ci spiava nell’ombra – ma io pensavo trattarsi di una sorta di gioco macabro con poche regole, tra me e mia sorella, in cui nessuno dei due doveva aprire gli occhi fino al mattino seguente.
I letti erano esattamente disposti come un tempo, contro la parete, e tra la vecchia libreria e un baule che conteneva i nostri giocattoli. Il vecchio armadio in legno d’ebano era rimasto nell’angolo della stanza poco distante dall’ampia finestra celata da pesanti drappeggi riccamente adornati.
Ho scostato le tende per far entrare più luce, e in quel momento mi sono accorto del rapido declinare del giorno che stava già lasciando spazio alle sfumature del crepuscolo; ma fortunatamente mi restavano ancora un paio di ore prima che l’ultima diligenza lasciasse il paese per la stazione.
Abbassando lo sguardo mi sono accorto della presenza di alcuni graffi sugli infissi della finestra che erano stati coperti con una mano di vernice. Avevo appena iniziato a fantasticare sulla possibile causa, quando mi sono accorto di un altro dettaglio interessante: i segni continuavano anche sul pavimento.
Così, deciso a investigare più a fondo su quei misteriosi segni sono arrivato ad addentrarmi fino alla stanza in cui dormivano i miei genitori e mi sono fermato davanti ad una vecchia culla.
In balia di chissà quale visione onirica il mio sguardo è rimasto fisso nel vuoto, mentre la mia mente si inabissava in lontane reminiscenze e la mia coscienza sprofondava lentamente in uno stato di catatonia.

Quella sera, di tanti anni fa, avevo deciso di portarmi dietro una torcia che nascosi sotto al cuscino. Mia sorella stava tenendo d’occhio la situazione in corridoio, mentre la sua mano sinistra era chiusa in un pugno in cui stava nascondendo qualcosa.
«La matrigna sta arrivando». Sussurrò rivolgendosi a me con una certa tensione nella voce. Mi fece cenno di fare silenzio.
Si andò a infilare sotto le coperte.
Pochi attimi dopo lei entrò, come di consuetudine, a rimboccarci le coperte e ad augurarci la buona notte. Era una donna molto più giovane di nostro padre, ma era così amorevole con noi che ci trattava come fossimo suoi figli.
Quando spense le luci e chiuse la porta, io accesi la torcia e mi accostai al letto di Elizabeth.
«Li hai portati?». Domandai con un leggero tremore nella voce.
«Sì». Aprì la mano sinistra per mostrare quello che aveva tenuto nascosto fino a quel momento. Due piccoli globi biancastri rotolarono nelle mie mani.
«Ah che schifo!». Mi lamentai.
«Non farli cadere, e vai a metterli sul vassoio!». Ordinò perentoria, indicando il tavolino da tè che usava per giocare con le sue bambole.
«Di chi sono questi occhi?».
«Non fare domande cretine e mettili lì».
«Pensi che funzionerà?».
«Sì, vedrai che ci lascerà stare… ma soprattutto lascerà stare il piccolo Matthew».
«Potremmo provare a incollargli le palpebre durante la notte, così non potrà aprirli».
«Non essere scemo, lo sai che non si può».
«Beth… posso sapere perché stai piangendo?».
La vidi asciugarsi gli occhi con la manica del suo pigiama tutto merlettato, mentre i lunghi capelli biondi calavano sul suo viso rosso e rotondo.
«Quegli occhi sono di Palla di Neve...». Spiegò.
Per qualche attimo rimasi sbalordito, non sapendo cosa rispondere. Poi, realizzai il terribile gesto che aveva dovuto compiere per salvare il nostro fratellastro.
«Hai ucciso il tuo coniglio!? Beth… ».
«Zitto Daewon! O si prende il coniglio, o si prende Matthew».
Mi tolse il coraggio di rispondere, e così feci semplicemente ciò che mi aveva chiesto. Posai con cura sul piattino i due bulbi oculari, per poi correre a nascondermi sotto le coperte nel mio letto.
Non dovemmo attendere molto prima di udire il sinistro e ormai purtroppo familiare cigolio della finestra, e il rumore di quei passi leggeri che camminavano rapidamente per la stanza. Sentivamo tutti e due il suo respiro caldo e fetido. Si avvicinò prima al letto di Elizabeth, e poi venne anche da me.
Lo potevo sentire respirarmi addosso, ma non avrei aperto gli occhi per guardarlo.
Allora, la creatura che ci faceva visita ogni notte, da ormai un mese, si allontanò e la sentii avvicinarsi al centro della nostra camera.
Forse, aveva appena visto gli occhi di Palla di Neve posati su quel piattino di finto argento. Speravo che accettasse la nostra umile offerta, per poi non farsi più rivedere – ma come potevamo sapere che si sarebbe accorto che quegli erano gli occhi di un coniglio?
Ci fu un’improvvisa colluttazione.
Il tavolino venne rovesciato a terra e la creatura ringhiò rabbiosamente. La sentimmo arrampicarsi per i muri della stanza, mentre faceva ticchettare orribilmente contro le pareti di legno i suoi lunghissimi artigli che noi potevamo solo immaginare nelle nostre fantasie.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi sentii Elizabeth piagnucolare sotto al suo cuscino pregando perché ci lasciasse in pace.
«Ti ho dato gli occhi che volevi… perché non li hai voluti?».
Era straziante sentire quella creatura spostarsi sopra di noi, a volte lo faceva apposta a sfiorarci. Non ci avrebbe mai lasciato in pace.
Qualche attimo dopo abbiamo sentito Matthew piangere nella camera accanto.
La creatura si fermò a prestare ascolto e in quel momento, immaginai di veder sorridere nelle tenebre una fila di denti affilati come rasoi.
Matthew aveva iniziato da pochi giorni ad aprire gli occhi e sentivo che la creatura se ne era accorta. Elizabeth continuava a singhiozzare sotto le coperte.
Ero il fratello più grande e mi sentivo in dovere di fare qualcosa, ma la paura mi bloccava e onestamente, avrei avuto più dispiacere a perdere una sorella del mio stesso sangue che un fratellastro che non avevo ancora conosciuto. E non volevo certamente sacrificarmi per loro due. Credo che Beth fosse della stessa idea in quel momento, perché la sentii smettere di piangere, come se volesse colpevolmente far sentire meglio alla creatura il pianto di Matthew.
La creatura accettò la nostra silenziosa offerta, e poco dopo udimmo i suoi inconfondibili passi lasciare la nostra stanza per dirigersi verso la camera in cui piangeva il nostro fratellastro.
Sentimmo il piccolo Matthew strillare come non aveva mai fatto prima e l’orribile e agghiacciante rumore della carne che veniva strappata dal corpo. I nostri genitori non udirono nulla e se ne resero conto solamente al mattino quando si svegliarono.

Quando mi sono ridestato da quell’incubo a occhi aperti, la luce intermittente di una mezzaluna gettava i suoi pallidi raggi sopra alla vecchia culla di Matthew.
Adesso ricordavo tristemente che cosa mia sorella ha cercato di dimenticare per anni. Eravamo complici di aver causato la morte di un innocente.
Quella orribile esperienza aveva lasciato traccia di un terrore incancellabile nei nostri animi, al punto da farci desiderare di non ricordare mai più di quella notte.
L’orrore con cui abbiamo a che fare da bambini viene tramandato ancora oggi in una leggenda che si perde tra mito e realtà.
Der Sandmann, o l'uomo della sabbia, ha un aspetto vagamente simile ad un uomo-uccello. Le sue mani hanno lo stesso numero di dita di un essere umano, ma le sue appendici sono più lunghe e nodose. Ogni estremità termina in un artiglio affilato, e i suoi arti sono esili e magri.
I lineamenti del suo viso hanno la parvenza di qualcosa di umano, di simile a noi; ma i suoi tratti sono spigolosi e pronunciati, in modo particolare il naso, molto simile al becco di un uccello, e la sua bocca larga è evidenziata da un fila di denti acuminati. Si dice che il suo corpo sia costantemente segnato da una fame insaziabile. Le sue vittime predilette sono i bambini, che depriva dell’organo della vista per darlo in pasto ai suoi pargoli che vivono al sicuro in un nido sulla Luna.
In altre leggende, l’uomo della sabbia, ha un aspetto più umano. Porta con sé una bisaccia dentro cui tiene una sorta di polvere magica che sparge sugli occhi delle persone per addormentarle, donando loro piacevoli sogni.
Non so dire con precisione fin dove la leggenda tramandata sia vera e dove inizi la parte che il popolo ha deciso di aggiungere per dare nuove infiorettature, ma se io e mia sorella siamo vivi è solo perché abbiamo tenuto fede a questa storia che la nostra matrigna soleva raccontarci prima di andare a dormire.
Ci sentiremo per sempre colpevoli per Matthew, ma se neanche Dio l’ha protetto, questo significa che al mondo esistono soltanto mostri, e che noi esseri umani siamo completamente indifesi contro di loro.

Edited by Schrödinger's cat - 12/3/2017, 09:37
 
Top
view post Posted on 10/3/2017, 23:29
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


Mentre lentamente lo Skannatoio comincia a riempirsi, vi informo che, nella sezione apposita, ho postato la classifica degli Skannatoi del 2016.
Con mia grande sorpresa, nell'ultima tornata Bloody è riuscita a superare CMT, e si piazza al primo posto per il 2016 con 48 punti. Il buon CMT perde di un soffio (46 punti), ma ha l'invidiabile primato di quattro primi posti su 5 Skannatoi portati avanti. Terzo posto per Shanda, che ottiene comunque un punteggio eccellente (41) punti.
CHe dire, complimenti a loro e complimenti a tutti gli altri che si sono impegnati nell'anno trascorso.
 
Top
Fab Taurus
view post Posted on 11/3/2017, 10:54




Qualcosa prende forma, e in strani eoni pure il nulla può prendere vita. Scherzi a parte, qualcosa sta nascendo, e lo pubblicherò anche fosse inconcluso. Tuttavia non sarà qualcosa di lovecraftiano... non propriamente. (don't worry, niente kaiju)
 
Top
Fab Taurus
view post Posted on 12/3/2017, 22:54




Karnebog Lo Spendente


di F.T.Hoffmann (aka FabTaurus)





Lo studio era freddo, angusto e poco illuminato. Un antro opprimente, reso ancor peggiore dalle innumerevoli cataste di oggetti che si alzavano in precarie costruzioni geometriche per tutta la superficie della stanza. Così, assiepati senza alcun criterio razionale, stavano i tesori perduti di almeno mezza dozzina di mondi, tanto che nello stesso agglomerato potevano convivere i dodici volumi miniati del “De Vermis Mysteriis”, il Fiore di Vetro del Pianeta Croan’dhenni e la spada nera dell'eroe di Melniboné. In mezzo a tutto questo, abbarbicato sul suo scranno, stava un uomo, torvo come un drago in odor di furto.
“Un nome, un destino” recitava un antico detto degli uomini, e proprio per questo l'uomo sullo scranno aveva deciso di non limitarsi a un destino solo.
Karnebog lo Splendente, questo era stato il suo nome negli ultimi duecentoventi anni, ma di certo non l'unico con cui era conosciuto. Prima c'era stato Ulamoth il Saggio, Gothmark del Sole Rosso, Jess'na la Serpe, L'Urskmug, e molti altri. Presso i Cimbali della piana di Mu era Arkenno la Mano di Dio, mentre nelle litanie degli Hyxos era Gorg il Sacrilego. Le Aramostre lo appellavano Doderamo, e per i Demoni del Piano Di Sotto era Compagnone, Beccacarcasse e Arraffone. I Piani Alti non gli interessavano, per cui lì non aveva nome, ma quello datogli sul pianeta Govon era così vasto da riempire una biblioteca, e così lungo che per pronunciarlo serviva un'intera vita umana. Così, e in mille altri modi, egli era conosciuto, ricordato o maledetto.
Un destino solo, così come un nome solo, era troppo poco per uno come Karnebog, l'uomo che aveva trasceso l'umano tanto da rassomigliare a un Dio.
Tuttavia nonostante la sua vita immortale, le imprese, i tesori, il sapere e il potere, Karnebog si sentiva profondamente e dolorosamente insoddisfatto.
Nemmeno due settimane prima era riuscito a rubare gli infernali segreti sartoriali di Sir Bone, e prima ancora aveva studiato i segreti della Casa Assoluta.
Tuttavia sentiva un vuoto nell'anima, un vuoto che era sempre stato incapace di riempire, un vuoto che spasimava sempre più per essere colmato.
Furioso con il mondo e con sé stesso, Karnebog si alzò di scatto, abbandonando la Stanza delle Vittorie. Nel corridoio le torce cinetiche divamparono al suo passaggio e lo accompagnarono nell'intricato complesso di cunicoli del palazzo, mentre riflessi dorati danzavano attorno ai tatuaggi che aveva sul cranio glabro.
Giunto davanti alla Stanza di Confinamento accartocciò le massicce porte blindate in un attacco d'ira telecinetica e vi entrò senza rallentare. In preda a una febbrile intuizione cominciò a rovistare fra globi di cristallo, ed enigmi tridimensionali.
“Pan'delum!” ringhiò, “Pan'delum, dove sei? Rivelati Genio infingardo”, ma non ottenne risposta alcuna.
Sempre più impaziente Karnebog passò alle minacce. “Non ho tempo da perdere Pan'delum, palesati, o quando ti avrò trovato ti trasfigurerò in un parassita intestinale di suino.”
Ancora silenzio.
“Pan'delum, questa è la tua ultima opportunità!” e mentre diceva ciò, cominciava già a cantilenare un incantesimo che sapeva di lame affilate e segugi infernali.
“Sono qua sotto cialtrone di un cartomante. Non serve che scomodi l'Atroce Rabdomanzia di Darvilk” esclamò infine una voce stridula. Karnebog si abbassò faccia a terra e finalmente la vide. Al di sotto di una credenza, un globo poco più grande di una biglia era illuminato di un tenue bagliore.
Il Mago allungò una mano e l'afferrò.
“Com'è che sei finito là sotto? Credevi davvero che bastasse una caduta di mezzo metro per rompere la sfera? Sai, forse la tua saggezza è sopravvalutata.”
La risposta sdegnata non tardò ad arrivare: “ Come osi, io che conosco i segreti della vita e della morte, il passato e il futuro di ogni creatura. Io che..."
“Eppure, nonostante la tua grandezza sei mio... ospite...” lo punzecchiò Karnebog.
“Sarò anche tuo prigioniero, al momento, ma non sono io ad aver bisogno dei tuoi consigli” fu la conclusione della voce dentro la biglia, prima di spegnersi e diventare fredda.
Il Mago avrebbe voluto frantumare la sfera e l'anima al suo interno fino a ricavarne farina, ma preferì concedere una vittoria allo spirito astioso, nella speranza di blandirlo.
“È vero. Hai ragione. Sono stato irrispettoso, Pan'delum. Io Karnebog lo Splendente, Mago dai mille Destini, ho bisogno dei tuoi consigli”.
Una scintilla si accese nuovamente nella sfera. Il demone voleva essere trattato con i guanti.
Nonostante il sangue roboante sulle tempie, Karnebog non perse la calma. “ Ti chiedo scusa Grande e Sommo, Pan'delum, Padre di tutti i Geni, Re dei Demoni della Mente, Principe...”
La sfera cominciò a irradiare sempre più luce, mentre una voce via via più cavernosa lo interrompeva:“Io sono Pan'delum, lo Spirito più Grande. Il mio nome è noto a tutti i più savi e non abbisogna di epiteti gloriosi né tenebrosi, e nemmeno di mille nomi e mille destini. Io sono quello che sono, e quello che sono è Pan'delum. Misero umano, tu conosci le mie condizioni.”
“L'ultima volta che ti ho liberato, mi ci sono voluti dieci anni per ritrovarti. Dieci anni e la sanità mentale del mio Apprendista.”
“Ti garantisco che la prossima volta te ne serviranno cento. E venti Apprendisti. La Libertà è il mio prezzo.”
“E sia” ringhiò esasperato Karnebog. Inginocchiato al suolo tracciò nella polvere intricati segni di potere e vi pose in mezzo la biglia. Infine vi sputò sopra.
La superficie di vetro cominciò subito a sfrigolare come un tizzone, e in breve una miriade di crepe comparvero sulla superficie. Consapevole che Pan'delum era mortalmente vulnerabile all'umano sguardo, Karnebog si affrettò a coprire i suoi occhi. Un crepitio statico e una zaffata di ozono indicarono che il Genio era libero.
Karnebog continuò: “ Ora sei libero, ascolta quello che ho da dirti. Per tanto tempo io mi sono sforzato di diventare il più Grande, il più Temuto. Sono stato, guerriero, stregone, re e Dio. Le epiche imprese di questa epoca derelitta non sono per me che granelli di sabbia in una clessidra: qualcosa che scorre in poco più di un istante. Posso spaventare la morte e imprigionare le anime, viaggiare fra le Stelle e fra i piani del Cosmo. Posso tutto ma non riesco più a trovare un senso alla mia esistenza. Dentro di me io vedo il nulla. Orsù dimmi, Genio, ove posso trovare ciò che ho perso.”
Il Genio stette in silenzio qualche istante. Karnebog riusciva a percepirne la presenza, ma rimase stupito quando sentì un freddo dito toccarlo sulla fonte. Un brivido elettrico gli attraversò la lingua, e solo allora Pan'delum parlò.
“Ah. Siamo infine giunti al nodo più profondo” esclamò il demone, e prima che Karnebog potesse dire altro, continuò : “La mia risposta è divisa in due parti. Una che conoscerai ora, L'altra invece l'ho seppellita nella tua mente molto, molto in profondità. È inutile che la cerchi, resterà inaccessibile fino a quando il comando ipnotico non sarà rotto. E l'unico modo per rompere il comando è seguire la prima parte della risposta: Esci. Esci dal tuo Palazzo della Mente, abbandona l'Iperuranio in cui ti sei barricato. Torna fra gli uomini, cammina fra loro, vivi fra loro. Per dieci anni non osare tornare nel tuo Palazzo. Questo è quanto ha da dirti Pan'delum. E ora Addio”
L'eco dei quelle parole non era ancora svanito che un movimento nell'aria si trasformò subito in un grande vento. Quando il fischiare dello zefiro svanì, l'aria si riempì di suoni. Strepiti, strilli, musica, voci arrivavano da tutte le parti. Quando Karnebog riaprì gli occhi, il Genio era svanito, e con esso la Stanza di Contenimento, il suo Palazzo della Mente e l'Iperuranio.
Era nella piazza del mercato di chissà quale città, circondato da una moltitudine di genti pallide e allampanate. Un freddo Sole vermiglio si stagliava nel cielo in posizione di mezzodì. Era grande quanto la ruota di un carro, ma i suoi raggi stanchi riuscivano a stento a separare la notte dal giorno.
Seguendo il consiglio di Pan'delum, Karnebog lo Spendente si immerse nella luce sanguigna di quel crepuscolo eterno, sparendo nella folla.

A lungo Karnebog vagò sulla Terra, in quell'era al tramonto. Per i primi cinque anni si mescolò alle genti più svariate, vivendo ora come un principe, ora come un mendicante. Fu servo, e fu padrone, sposò le fedi più svariate, e cercò di insegnare le scienze ormai perdute.
In quei primi cinque anni, Karnebog riscoprì i piaceri e le sofferenze dell'essere umano, e ricordò cosa lo aveva spinto a trascendere quella condizione. Dolore, morte, umiliazioni e piaceri effimeri, a questo si poteva ridurre la vita. E nel capire questo, fu ben felice dell'imminente Morte del Sole, giusto rimedio per quella anomalia che era l'uomo.
In quegli anni, una cieca rabbia riempì il vuoto nel suo petto, una rabbia che trovava radici nell'irrazionalità delle genti, nel loro folle agitarsi per tutta la vita senza un obbiettivo. A molti di loro regalò conoscenze inimmaginabili, sufficienti a salvare dieci volte gli abitanti della Terra, ma questi le dimenticarono o le usarono per elevarsi sugli altri.
Fu così più volte tentato di usare i propri poteri per vendetta e ripicca. Una volta, andò fino alle porte dell'Iperuranio, desideroso di liberare le terribili piaghe della dimensione infernale, catturate sei secoli prima, ma la voce di Pan'delum lo fulminò.
“Non oltre, Mago. Non oltre, o mai più troverai risposta alla tua insoddisfazione.”
“La risposta l'ho trovata, e si chiama Disprezzo. Il mio Ruolo nel mondo è quello di punire l'umanità!”
“Torna nel Mondo, hai ancora cinque anni per capire!”
Seppur furibondo Karnebog ubbidì, e fu così che durante il sesto anno conobbe infine Astarte e con ella l'amore e la passione carnale. Aveva già avuto altre compagnie: sia umane, che cibernetiche, che aliene; ma con lei fu diverso. Con lei anche osservare il languire del Sole era qualcosa di speciale. In quel periodo Karnebog si riempì d'amore, e dimenticò della rabbia.
Due anni visse con lei, e assieme concepirono un figlio, ma greve fu il dolore quando egli nacque morto. Privo dei suoi testi di magia, dei suoi demoni e dei suoi amuleti, Karnebog non poté far nulla per richiamare alla vita quel suo figlio. Raccogliendo il corpo fra le mani, abbracciò per la prima volta il significato di impotenza. Umano come mai si era sentito prima Karnebog, si recò di nuovo alle porte dell'IperUranio, ma la Voce del Genio era lì ad attenderlo.
“Non oltre, Mago. Non oltre, o mai più troverai la risposta che cerchi.”
“La risposta l'ho trovata e si chiama Amore. Il mio ruolo nel mondo è quello di essere amante e padre. Permettimi di salvare questo mio figlio.”
“Torna nel Mondo, hai ancora due anni per trovare il tuo posto”
Straziato dal dolore, Karnebog ubbidì, ma quando tornò da Astarte, scoprì che ella era caduta in una spaventosa melancolia. In capo a due mesi avvizzì come un fiore reciso. Una mattina Karnevog si accorse di essere rimasto solo: sulle lenzuola candide, rimaneva un'impalpabile traccia di cenere e nulla più. Così svanì Astarte, e assieme a lei svanì anche l'amore dal cuore di Karnebog.
Folle di dolore, colui che un tempo era stato il Mago dai mille Nomi e dai mille Destini si spogliò della propria identità e scappo nel deserto cercando la Morte.
Per quasi due anni vagò fra le sabbie gelide e le rocce spazzate dal vento, vagò così a lungo da giungere alle porte dell'Iperuranio, ma questa volta non ci fu più nessuna voce a intimargli di fermarsi. Camminò sulle strade del sogno, fino ad arrivare al suo Palazzo della Mente, ma non trovò altro che rovine. L'unico elemento ancora riconoscibile era la Sala delle Vittorie, grazie allo scranno che ancora svettava alto e maestoso, e sullo scranno sedeva un Nano deforme.
“Oh, Karnebog,” lo salutò, ma la sua voce sapeva di scherno “Oh Karnebog, tu pietra filosofale, granello di Dio! Tu lasciasti in alto te stesso, più in alto di tutti — ma ogni pietra lanciata deve ricadere! Ed eccoti qua, meteora e cataclisma. Tu ti condannasti alla tua stessa lapidazione”.
Karnebog rimase interdetto. Ma subito una risposta gli salì alla gola, quasi non fosse la sua voce a pronunciarle.
“Zitto, mezzuomo!” disse la voce di Karnebog “Tu non sei che il vuoto dentro di me, tu non sei che il parassita della mia anima! Ma io sono il più forte: — tu sei un abisso di nulla, un omuncolo privo di scopo, sei il vuoto di un ditale! Basterebbe un secondo dei miei ultimi anni a colmarti fino a distruggerti.”
E nel mentre che diceva ciò il Nano si allungava e si trasformava urlando come un demonio.
Vendendo cosa stava accadendo Karnabog ricarò la dose e cominciò a raccontare tutto quello che aveva vissuto in quegli anni, e mentre faceva questo un sapore di sangue gli invase la bocca. Infine del nano non rimase nulla e al suo posto, molle e floscio restava un corpo di serpe privo della testa.
Proprio allora Karnebog capì di aver trovato una risposta al vuoto che per tutta la vita lo aveva assillato. In quell'istante, con un rumore di vetri infranti, la seconda risposta di Pan'delum gli risuonò nelle orecchie.
Erano le parole di un incantesimo , il più lungo mai concepito a memoria d'uomo, così complesso che Karnebog per un attimo ebbe il timore di non riuscire a ricordarlo, lui che fra tutti i Maghi era poteva ricordare più incantesimi di tutti.
Ma a sorprenderlo ancor di più fu la natura dell'incantesimo. Era per lo più un trasfigurazione, ma aveva il ritmo di un patto, i ricorsivi di una trasmigrazione. Era una forza grezza e mostruosa, capace di strizzare lo spazio-tempo e i rapporti di causalità.
“Questa è una magia che non può essere fermata, questo è un incantesimo inestricabile!”
Nell'ultimo anfratto di memoria libera, risuonò l'ultima postilla di Pan'delum “Non sei obbligato a pronunciarlo, ma questo è il destino che io ho visto per te. Qualsiasi cosa succeda, addio Mago dai Mille destini”
Ma Kernabog non aveva bisogno di quell'ultima provocazione. Ormai sapeva cosa fare. Aprì le braccia, così come per tutti i più grandi incantesimi, e le parole inesplicabili, capaci di far tremare le stesse fondamenta dell'Universo presero forma.
Ai suoi tempi era stato lupo, topo, orso e falco, ma questo incantesimo era diverso.
Sto diventando immenso, pensò.
Proteso verso il cielo, ascese nello spazio al di fuori della Terra. Karnebog lo Splendente era stato il suo ultimo nome, e davvero egli adesso splendeva.
Un nome un destino, dicevano gli antichi.
Il suo ultimo pensiero fu una risata, una risata che sapeva di vita e di speranza, una risata che aveva il suono di un nuovo Sole che nasce.
Un nuovo Sole per la Terra.
 
Top
view post Posted on 13/3/2017, 01:21
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


Bene, vedo che abbiamo un altro partecipante... spero che prima di domattina si presenti anche qualcun'altro!!
 
Top
view post Posted on 13/3/2017, 08:06
Avatar

Co-moderatore dello skannatoio
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
1,630
Location:
Macerata

Status:


Chiuse ufficialmente le iscrizioni.

Allora siamo in 3. Quindi questo mese NON bisogna dare i punti ai commenti (essendo solo in 3 i punti ai commenti vanno a pesare tanto quanto le classifiche e crea situazioni problematiche).

Commentate come sempre e fate la vostra classifica personale.

Buona lettura.
 
Top
view post Posted on 13/3/2017, 19:42

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


Buonasera, ecco i miei commenti e relativa classifica

L’UOMO DELLA SABBIA DI Schrödinger’s Cat

La storia è molto godibile. Contiene sia elementi lovecraftiani (il personaggio di Daewon, docente di lettere e filosofia alcolizzato per via di un trauma infantile) sia elementi che ricordano l’Henry James del “Giro di vite” (la complicità maligna dei due bambini contro il fratellastro e la matrigna nel punto della storia in cui si rendono conto dell’inutilità del sacrificio degli occhi del coniglietto Palla di Neve), mentre l’eco della seconda leggenda è indubbiamente hoffmaniano.
Mi è piaciuta molto l’immagine dei graffi sul legno e sul pavimento quando descrivi la casa dal punto di vista di Daewon adulto e anche la culla vuota del fratellastro Matthew (l’orrore, qui, assume punte davvero agghiaccianti).
Anche la descrizione dell’Uomo della Sabbia nella stanza dei bambini è molto efficace (un mostro umanoide con tratti da uccello tipo grifone).
Le due leggende nel finale rendono sia più credibile il personaggio di Daewon sia forniscono una spiegazione molto interessante della leggenda dell’Uomo della Sabbia.

Attenzione a : aria stagna (meglio: stagnante)

Refuso: un fioritura per una fioritura
Refuso: sconcertate per sconcertante
Mi fece cenno di fare silenzio. Si andò a infilare sotto le coperte (frase troppo tronca, la riscriverei: andandosi a infilare sotto le coperte, mi fece cenno di fare silenzio).





KARNEBOG LO SPLENDENTE di F.T.HOFFMANN (AKA FAB TAURUS)

Il tuo racconto, molto ben scritto, contiene molti elementi del fantasy dell’epoca d’oro di Weird Tales: leggendolo mi sono venuti in mente nomi come Clark Ashton Smith, E.Hoffmann Price, Fritz Leiber e anche Robert Howard e Lovecraft (soprattutto nel riferimento al “De Vermis Mysteriis”, il testo malefico di Ludwig Prinn e nel riferimento alla città di Mu). La lettura è molto piacevole. Il personaggio di Karnebog lo Splendente, mago dalle mille esistenze e destinato a diventare il Sole della Terra, ha qualcosa di epico (non mancano infatti i riferimenti mitologici: Astarte è una divinità assiro-babilonese, e le innumerevoli incarnazioni di Karnebog rimandano alla figura del dio indù Shiva). Pan’delum, la creatura demone imprigionata nella biglia, ha una natura duplice: da una parte è suo prigioniero, dall’altra gli suggerisce le parole giuste per l’incantesimo finale (e ha un aspetto interessante: prima scintilla di luce nella biglia, poi demone nano). Commovente la storia d’amore di Karnebog Lo Splendente per Astarte, finita con la morte di lei, ma preceduta da quella del loro figlio (la magia di Karnebog si è rivelata impossibile nell’incarnazione terrestre di lui).


Attenzione a:
rivelati genio infingardo (manca la virgola dopo genio)

LA MIA CLASSIFICA È:

KARNEBOG LO SPLENDENTE di F.T.HOFFMANN (AKA FAB TAURUS)

L’UOMO DELLA SABBIA DI Schrödinger’s Cat
 
Top
Fab Taurus
view post Posted on 14/3/2017, 18:47




Salve a tutti, prima di commentare le storie vorrei compiere un' autodenuncia a posteriori: nel rileggere i racconti dei miei colleghi mi sono reso conto di aver completato solo metà delle specifiche richieste, ossia quelle relative alla forma (di cui rivelerò gli ispiratori a fine concorso). Certo, ho cercato di soddisfar anche l'opzione ucronica, ma ciò non toglie che in definitiva, scrivendo di fretta, mi sia scordato di approfondire una leggenda o un personaggio del fantastico. A voler essere paraculi potrei arrampicarmi sugli specchi e dire che la leggenda approfondita è quella della nascita del sole, o il viaggio dell'eroe, o addirittura il genio/demone Pan'delum,; in realtà quel punto mi è passato di mente, mentre scrivevo. Mi sembrava giusto ammettere la cosa senza nascondermi dietro alcune ambiguità del racconto.
Ad ogni modo i lettori sono liberi di leggervi ciò che preferiscono, e di ritenersi soddisfatti del racconto anche così com'è.

Ora vorrei postarvi i miei commenti e la relativa classifica

L’UOMO DELLA SABBIA DI Schrödinger’s Cat

Per te, ancor più che per Alexandra(Shanda) lo stile ispiratore è il tardo gotico di matrice Poe/lovecraftiana, uno stile che padroneggi davvero molto bene soprattutto per lessico, costruzione del periodo e resa introspettiva del personaggio.
Ho trovato affascinante l'espediente del sacrificio animale, cruento e realistico, mentre mi è piaciuto di meno l'espediente del neonato. L'ho trovato non completamente coerente (perchè se aveva gli occhi del coniglio, ha preso anche quelli del bimbo? perchè non quelli dei genitori?) e superflua. Poteva benissimo essere assente, e il racconto avrebbe funzionato altrettanto. In un racconto gotico non è necessario il senso di colpa per una atrocità passata, ma è sufficiente l'orrore celato nel subconscio. che negli anni logora il protagonista fino alla rivelazione finale. Quì magari avrei preferito un finale più "resa dei conti" con il faccia a faccia fra il protagonista e der sandmann, visto il sopraggiungere della notte.
Altro elemento che non ho apprezzato è lo spigone/infodump finale, che sarebbe stato più bello come racconto organico della matrigna ai bimbi. Bene ma non benissimo la considerazione finale, è un po' piatta.
In generale il tuo racconto non brilla di originalità, ed è più un ottimo esercizio di stile.



LA SIGNORA DEI BISCOTTI - di ALEXANDRA FISCHER

Anche il tuo racconto si ispira a arie goticheggianti più ottocentesche, meno lovecraftiane di S'Cat e invece più ispirate a Hoffmann/Poe.
Nel tuo caso, però, pur avendo apprezzato molto l'impianto del racconto (l'idea e gli sviluppi sono molto più belli di quelli di S'Cat), non posso elogiare la forma. Lo stile non è gotico, nè per lessico nè per costruzione nè per introspezione. Il racconto usa narratori interni, ma il gotico non può essere narrato da troppi punti di vista: bisogna preservare il necessario mistero fino alla fine. Se vorrai mai riscriverlo, ti consiglierei di usare solo uno fra Sarey o il Gideon o la sorella per narrare la vicenda.
Inoltre il racconto, proprio a causa di questo narratore salterio è troppo spezzettato per un racconto di questa lunghezza;finisce per risultare incompleto.
Sempre per i motivi sopra indicati ho trovato abbastanza inconsistente la pazzia di Sarey. Il finale è infatti un po' affrettato. L'avrei giustificato se tu avessi pubblicato domenica sera, ma avendo tu consegnato con largo anticipo, forse avresti potuto migliorare il finale.
Devo ammettere di non aver riconosciuto una leggenda, ma sono sicuro ci sia motivo per cui mi aspetto un tuo suggerimento. Il mio dubbio è fra una "semplice storia di casa stregata", una tua personale interpretazione del genio nella lampada, oppure un racconto che parla di malattia e per farlo ne astrae un archetipo mostruoso (il ratto bianco). Attendo delucidazioni.
Ad ogni modo ti esorto a riscrivere il tutto perchè l'idea ha un suo valore e sarebbe un peccato lasciarla perdere.


LA MIA CLASSIFICA È:

1)L’UOMO DELLA SABBIA DI Schrödinger’s Cat
2)LA SIGNORA DEI BISCOTTI di ALEXANDRA FISCHER
 
Top
view post Posted on 14/3/2017, 19:30

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


Ciao F.T.Hoffmann,
grazie del commento. Io ci ho provato (orpo, sempre questo narratore che salta da tutte le parti). Riguardo alla leggenda: ho messo la Casa dei Sette Abbaini di Hawthorne come indizio di un influsso goticheggiante, a seguire, ho inserito il ratto bianco come omaggio a Brown Jenkins (il familiare della Strega ne "I sogni della Casa Stregata" di Lovecraft) in questo caso inteso come emanazione demoniaca e vampiresca della casa stessa, che uccide gli abitanti per restare in vita. La lampada con la fiamma che corrisponde alla vita della persona è una mia invenzione. Seguirò il tuo consiglio sul Narratore in fase di riscrittura.
 
Top
57 replies since 1/3/2017, 10:34   846 views
  Share