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Scannatoio Marzo 2018, Siamo tutti equilibristi che camminano sopra un filo...

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view post Posted on 9/3/2018, 16:49
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CITAZIONE (Gian de Steja @ 7/3/2018, 23:37)
E vabbè, ma questa è cattiveria pura! Quanto tempo è che non scrivo nello scannatoio? Boh, saranno due anni? Io vi giuro che tutti i santi mesi faccio una capatina per vedere le specifiche e poi... Niente. Aria, foglio bianco. L'ultima volta che ho scritto qualcosa di simile a un racconto credo sia stato proprio qui dentro. E allora, per la malora, mi prenoto anche io a 'sto giro, voglio vedere se questo vincolo smuove la mia innata pigrizia.
Ci vediamo alla consegna degli elaborati (spero). :rolleyes:

Bene bene. Benvenuto :) Credo che non ti ho mai letto quindi per me è un bene arrivato :)

CITAZIONE (CMT @ 8/3/2018, 09:01)
E quindi che cambia dal dire semplicemente "penso che ci sarò"? ^__^;;

Che non tutti lo fanno.
CITAZIONE (CMT @ 8/3/2018, 09:01)
Comunque no, non ci sono.

Eddai.... :p091:

CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 8/3/2018, 18:48)
Dato che mi frullano molte idee in testa (una peggio dell'altra) chiedo: va bene intendere l'"equilibrio" come equilibrio tra due personaggi? Nel senso che un confronto tra i due resta in equilibrio senza nessuno che riesca a prevalere?

Certo che sì. Facci sognare :)

CITAZIONE (willow78 @ 9/3/2018, 09:19)
Ciao ragazzi! Molto, troppo tempo che non ci sentiamo... la mia musa ahimè ha deciso di andare in vacanza e ancora non si è fatta risentire. Ho provato a mandarle qualche Whatsapp ma non esce nemmeno la spunta blu... uffa...
Ma queste specifiche mi piacciono molto, quindi provo (sperando di non dover ritrattare) a prenotarmi. Ho una vecchia, vecchissima idea mai del tutto realizzata che potrebbe essere perfetta per questo skan... provo a riesumarla e a vedere cosa salta fuori!

Bene e benissimo.
 
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view post Posted on 9/3/2018, 19:41

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FALSA ETERNITA’ di Alexandra Fischer
L’uomo con lo zaino camminava guardando su: la passerella di vetro che collegava le due parti della città non era vuota come al solito, c’era qualcuno nel mezzo e osservava il paesaggio che si trovava al di sotto.
L’uomo proseguì il cammino sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle e guardò avanti a sé.
La figura sulla passerella era avvolta in un mantello marrone che gli fece pensare a uno degli studiosi della vicina biblioteca venuto apposta per lui.
Doveva affrettarsi, perché nello zaino si era portato qualcosa da mostrare loro assolutamente: non gli pesava sulla schiena, ma sulla coscienza sì.
La figura incappucciata dal cappotto marrone osservava il paesaggio sotto di sé, badando appena alla figuretta di passaggio, scambiandola per uno dei raccoglitori di frutta secca offerta in quel periodo dell’anno dagli alberelli nodosi sparsi sulle colline ricoperte di cespugli ed erba.
Non aveva fretta di tornare nella biblioteca, perché il resto dei suoi compagni era ancora chiuso nelle proprie stanze.
Dopo aver sbrigato qualche commissione, si era persa nella contemplazione del paesaggio.
Il fiume scorreva lento e attraverso le acque cristalline si vedevano i dorsi bianchi maculati d’oro dei pesci che lo affollavano durante la stagione migratoria.
Le colline dei dintorni, ricoperte di erba verde e alberi nodosi, le fecero pensare all’ultima volta che aveva visto la capo bibliotecaria.
Nervosa come non mai, si era incamminata nel corridoio con un guanto di cuoio spesso lamentandosi del ritardo dell’animale portafortuna della città.
Ripensando al candido piumaggio e al volo elegante della creatura alata lungo la galleria della biblioteca, si sentì inquieta.
L’ultima volta che era accaduta una sparizione simile, c’era stata la guerra.
Quando le apparvero nitide nella mente le nicchie con le statue raffiguranti i demoni di almeno cento inferni preparati dai nemici per i prigionieri di guerra, la voglia di restare a contemplare il paesaggio le passò di colpo.
L’uomo con lo zaino aveva preso una scorciatoia e pregustava già di recarsi nella biblioteca con la piuma e la testimonianza sulle circostanze che gliel’avevano fatta trovare.
Tra l’altro, avendo sentito parlare dagli anziani della sua città delle splendide statue colorate nella galleria, era impaziente di vederle.
Secondo la tradizione, rappresentavano gli stati di estasi in almeno cento paradisi preparati per gli eroi di guerra tanto magnanimi da tenere in vita i prigionieri insegnando loro il rispetto verso le minoranze come la loro.
Risalendo il sentiero, la torre ottagonale della biblioteca di pietra bianca gli fece passare la stanchezza: era quasi arrivato e si sarebbe potuto sprofondare in uno dei divani bassi e morbidi che intervallavano gli scaffali dei libri.
Gli occhi della figura in cappotto marrone lo seguirono presentendo la fatica di dover spiegare agli altri studiosi la presenza dello straniero proveniente da un paese sul punto di tornare a essere nemico.
Tale era stato l’avvertimento della capo bibliotecaria, la quale aveva deciso di andare incontro all’animale sacro per capire la causa del suo ritardo.
L’uomo con lo zaino arrivò per primo davanti all’ingresso della torre e vide una presenza bianca nella nicchia al di sopra della porta.
Sulle prime la scambiò per l’animale portafortuna della città, ma, osservando meglio, vide che la creatura era sospesa sul tetto nell’atto di posarvisi sopra e comprese di stare vedendo una statua.
L’effetto ottico lo meravigliò, facendogli venire ancora più fretta di entrare nella biblioteca per saperne di più.
La figura incappucciata dal cappotto marrone entrò subito dopo di lui e guardò la scultura sul tetto trovandola leggermente spostata, segno che la pietra magnetica contenuta al suo interno risentiva della lontananza della capo bibliotecaria e dell’animale portafortuna.
L’equilibrio della terra si stava di nuovo stabilizzando dopo una delle crisi che lo aveva attraversato: cicliche e silenziose, fino ad allora non avevano avuto grosse conseguenze sulla città, ma lo studioso, turbato dall’arrivo dell’uomo con lo zaino, cominciò a respirare brevemente preparandosi alla meditazione.
In assenza della capo bibliotecaria avrebbe dovuto capire da solo quali erano le intenzioni dello straniero.
Lo trovò seduto nella prima sala di consultazione, mentre osservava con gli occhi sbarrati una delle assistenti bibliotecarie intenta a prendere un paio di grossi tomi fluttuando a mezz’aria fra gli scaffali.
Sulle sue ginocchia faceva mostra di sé una lunga piuma bianca dai disegni esagonali.
Lo studioso provò una fitta di commozione nel vederla, quasi fosse stata un saluto della capo bibliotecaria rivolto a lui.
L’aveva pur vista sul confine, mentre si incamminava verso le macerie della città vecchia e poi era tornato in biblioteca.
La sofferenza ebbe il sopravvento pensando che una sola piuma dell’uccello portafortuna era un presagio da non sottovalutare: l’equilibrio si sarebbe consolidato, sì, ma a prezzo di qualche separazione e l’idea di dover restare da solo a dirigere la biblioteca non gli andava giù per niente; aveva ancora tanto da imparare e così i suoi colleghi.
Li vide fluttuare da uno scaffale all’altro con il volto celato dalle sopravvesti grigie munite di cappucci come il suo, sentendosi vulnerabili sotto lo sguardo dello straniero.
L’uomo con lo zaino, invece, pur sentendosi alleggerito dopo aver consegnato la piuma alla bibliotecaria, era ancora provato dal viaggio e la permanenza fra quegli scaffali di libri alternati a statue dai colori accesi e dalle zanne ricurve dalle quali uscivano lingue stillanti veleno lo metteva a disagio al punto da costringerlo a guardare le illustrazioni del libro che aveva sostituito la piuma sulle sue ginocchia.
Rappresentavano parti della sua città, montuosa, e intervallata da case squadrate di pietra rivolte verso le macerie di Niveo, da sempre minacciate da orrori invisibili ma dalle mascelle robuste in grado di frantumare le rocce.
Il bibliotecario lo interpellò a proposito della piuma: «Dove l’avete trovata?»
«Sul ciglio del baratro dove c’era una di voi, in bilico. Allontanava con le mani scintille luminose che già avevano attaccato parte delle rocce sulle quali stava.»
La rivelazione fu un duro colpo per il bibliotecario, il quale si vide solo a capo dell’intera comunità di conservatori di testi.
«Volete dire che è morta?»
«No, è riuscita a ritrovare vivo l’uccello di Niveo e questo mi ha lasciato una piuma affinché vi dicessi che non c’è nulla da temere per l’equilibrio della vostra città e…della mia.»
Il bibliotecario, di indole sospettosa a causa della vita ritirata, gli domandò: «Vi ha detto come si chiamava?»
«Bayrmo. E io sono Heldar di Bergenia».
L’uomo gli indicò l’illustrazione raffigurante la terra delle montagne situata poco al di là delle macerie della parte vecchia di Niveo.
Il bibliotecario comprese di essere rimasto chiuso fra quelle mura troppo a lungo: conosceva il mondo al di fuori della biblioteca e dei dintorni soltanto attraverso le illustrazioni dei libri e anche l’uomo che si trovava seduto davanti a lui gli era sembrato un disegno animatosi per caso fintanto che non gli aveva parlato.
«Se credete, vi porterò da lei e dal pennuto.»
Il bibliotecario esitò: «Riposatevi, prima. C’è tutto il tempo.»
Pensò che aveva molto da chiedergli e da mostrargli mentre si preparavano a quel viaggio.
«Cosa sapete di noi custodi del sapere?» gli domandò per prima cosa.
«Che vivete nella biblioteca della parte antica della città e…sì, l’idea del ponte di vetro fu vostra, per dimostrare la bellezza e la fragilità dell’equilibrio di Niveo e delle terre che la circondano. Conosco anche il vostro nome, Lyvem. Bayrmo stessa mi ha detto di cercarvi affinché voi e nessun altro aveste il suo messaggio».
Il bibliotecario gli disse: «Io di voi so soltanto quello che ho letto su questi libri, alcuni così fragili da essere sul punto di sfaldarsi malgrado tutte le cure»
L’uomo con lo zaino gli rivolse uno sguardo comprensivo:«Voi appartenete a una razza a parte, non potreste mai mescolarvi con la gente dei valichi.»
Nel dirlo, rivolse verso di lui le mani dalla pelle rinsecchita dal gelo montano e poi aggiunse: «La scultura alla cima dell’edificio assomiglia poco al vostro animale portafortuna»
«Che intendete dire?» gli domandò il bibliotecario, provando un senso di allarme.
«Vorrei potervelo mostrare conducendovi subito là, ma è impossibile. Può darsi che sia volato via nel frattempo» gli disse l’uomo con lo zaino.
Il bibliotecario lo rassicurò: «Ma voi mi ci porterete proprio ora.»
«Come?» gli domandò stupefatto l’uomo con lo zaino.
«Così» replicò il bibliotecario sfiorandogli la fronte.
A quel gesto, l’uomo con lo zaino ricadde sul sedile, ma il bibliotecario lo intravide appena, perché la sua mente si era spostata di lì, raggiungendo il confine insieme a quella del suo interlocutore.
Si sentì graffiare la testa e pensò alla leggenda degli artigli dell’uccello portafortuna, capaci di determinare il destino degli abitanti di Niveo incidendo il loro destino sulle creste ossee della scatola cranica.
Subito dopo gli apparvero di fronte le macerie della parte antica della città e il fatto che fosse in penombra lo spaventò anche più degli esagoni luminosi che gli comparvero di fronte disposti come una sorta di sentiero.
Sobbalzò quando si sentì toccare la schiena dal bibliotecario e lo sentì dire:«Avanti, io ho la piuma con me e non dovete lasciarvi disorientare dalle leggende».
Terrorizzato dalle capacità telepatiche dell’individuo, l’uomo con lo zaino avanzò in bilico sugli esagoni luminosi, che si solidificarono al suo passaggio e divennero una superficie vetrosa identica al ponte di collegamento fra la biblioteca e Niveo.
«Siamo noi i veri artefici del nostro destino. Coraggio» gli disse il bibliotecario, abituato da sempre a viaggi mentali di quel tipo.

Al termine della strada, videro la capo bibliotecaria con l’uccello portafortuna sul guanto di cuoio all’estremità del ponte mentre una nube di pulviscolo luminoso li circondava.
L’uomo con lo zaino rimase interdetto, pensando a un prodigio magico, ma il bibliotecario si affrettò a lanciarle la piuma, che lo disperse per poi andare a riattaccarsi al corpo del pennuto.
La capo bibliotecaria mosse il braccio e l’uccello volò in direzione del pulviscolo appena dissoltosi e interpellò l’uomo con lo zaino:«Heldar, ti ringrazio di avermi riportato la piuma, il Cuore di Niveo ne sentiva la mancanza.»
Il bibliotecario le domandò, sbigottito: «Tutto qui? Lui e io non ci troviamo forse qui per salvarvi e riportarvi indietro?»
Lei gli rispose:«No, Lyvem. Quella che hai visto è la retroguardia delle forze demoniache. Ho combattuto parecchio e ora debbo restare qui a fronteggiare i prossimi attacchi. Hedar ha aiutato il Cuore di Niveo a non soccombere. Sii suo amico.»
Il bibliotecario Lyvem glielo promise pur sentendosi schiantare: Bayrmo era stata fondamentale nella sua vita, non osava neppure immaginare una vita senza di lei, ma rivelarglielo era al di sopra delle sue forze, così domandò a Heldar: «Contro chi ti sei battuto?»
L’uomo con lo zaino replicò: «Predatori del bosco, sporchi di fango e coperti di rami, nulla di cui avere paura».
Lyvem invece ne ebbe, e parecchia: a quella descrizione si adattava l’avanguardia dei demoni rimasti nelle macerie.
«Capo bibliotecaria Bayrmo, allora quest’uomo dispone di grandi poteri e potrebbe scendere giù nella città a distruggere quel che resta delle armate»
«No, torneranno ciclicamente perché anche loro fanno parte dell’equilibrio. Il nostro animale portafortuna è il cuore pulsante di Niveo, ma anche i demoni lo sono, e di terre che io devo assolutamente esplorare e credimi, non ho più nulla da temere da loro».
La capo bibliotecaria si tolse il cappuccio mostrandogli i graffi e le ferite delle creature demoniache e Lyvem ne fu molto rattristato.
Heldar, invece, fu atterrito dal volto di lei: la pelle grigiastra nascondeva a malapena un teschio e lui si chiese da quanto tempo funzionasse la biblioteca senza che nuovo personale vi si avvicendasse.
Istintivamente si allontanò di qualche passo da Lyvem, il quale gli disse:«So molto poco delle montagne dalle quali provieni, se davvero dovrò dirigere la biblioteca di qui in avanti, vorrei che ti me ne parlassi.»
La capo bibliotecaria gli suggerì: «Visitali anche con lui. Tutto quello che hai imparato sui libri non basta. Esci, Lyvem, riprendi forze».

Quando si riscossero dalla meditazione, Heldar era pallidissimo e con lo stomaco sottosopra.
Lyvem era tristissimo, ma determinato a seguire l’ultima esortazione di Bayrmo.
Ma prima aveva ancora qualcosa da fare per il suo nuovo amico: «Sei venuto a portarmi un messaggio di grandissima importanza. Meriti una ricompensa e io ti porterò a vedere la parte nuova di Niveo».
Heldar lo seguì terrorizzato, ma la vista delle piccole abitazioni a quattro piani di pietra bianca abbellite da mosaici raffiguranti il Cuore di Niveo in tutti i colori e con pietre via via più preziose lo rappacificò con se stesso: la visione avuta durante il viaggio mentale fra le macerie: doveva essere un inganno dei demoni.
Quando poi giunse nel centro della città dalle splendide torri di pietra dura traforata, si lasciò incantare del tutto, perso anche nella contemplazione degli arredi fastosi e delle splendide merci esposte nelle vicinanze.
Delle mummie inconsapevoli di essere tali non avrebbero creato tanta bellezza.
La vista dei passanti a volto scoperto lo rassicurò.
Lyvem, invece, non faceva altro che riempirsi gli occhi: aveva quasi dimenticato Niveo e le illustrazioni dei libri letti nei momenti di nostalgia dei primi tempi non le rendevano affatto giustizia.
Si rammaricò soltanto di avere pochissimo tempo a disposizione per soffermarvisi: doveva raggiungere l’edificio principale della città, dove il Cuore di Niveo aveva nidificato fino a poco tempo prima.
E gli importava poco se Heldar lo avrebbe seguito o meno: sentiva che quella appena avvenuta era la prima delle crisi abbattutesi su Niveo, la cui storia doveva essere molto più recente di quanto Bayrmo gli avesse fatto credere.
Non appena entrò nella torre, una piuma bianca a disegni esagonali planò verso di lui dall’alto e poi ne seguì la voce di Bayrmo:«Hai ragione. Niveo è un mondo che la mia mente ha creato da poco. Vedo che ti è piaciuto, allora rimanici e non volere sapere troppo.»
Pensando all’aspetto della capo bibliotecaria le domandò: «I miei colleghi e io siamo morti come te, vero?»
«Lo scoprirai mentre combatti contro i demoni. Ti saluto.»
Heldar, entrato nella torre più tardi di quanto volesse, guardò prima le piume e poi Lyvem.
«Useremo quella contro i demoni? Ma non ce l’aveva Bayrmo?»
«Ha voluto farci un favore, ma non serve contro di loro. Vederla qui, ridarà fiducia alla gente, ora usciamo, ci sono altri luoghi come questo da visitare prima di affrontarli.»
L’uomo con lo zaino gli obbedì subito: l’atmosfera della torre gli era parsa satura di energia primordiale, come la montagna durante la stagione dello scioglimento dei ghiacci e della ripresa della vita.
 
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view post Posted on 9/3/2018, 20:01
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Apprendista stregone

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Sembra di essere ritornati ad uno dei mitici Skannatoi di Master Lo Monaco... :wub:

Mancano solo CMT, Ceranu (ormai in pianta stabile su Minuti Contati), la mitica Bloodfairy e Kaipirissima.... a proposito: aveva detto che si sarebbe fatta perdonare con il prossimo Skanna....

Forza Kaipi! Salta a bordo! :1392239590.gif:

Gargaros, forza! Aspettiamo anche te! :1392239679.gif:
 
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view post Posted on 14/3/2018, 15:41
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Milena Vallero

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Perché se superi certi limiti può capitare di sbandare

1.
Rosso.
Il soffitto sopra di lei, le luci dei faretti,
(dannati cosi, perché qualcuno non li spegne?)
tutto è rosso.
La testa brulica di pensieri confusi. Elisa alza un braccio, le dita incontrano i capelli; sono appiccicosi, come se uno sciame di api avesse eletto il suo capo ad alveare per poi ricoprirlo di miele.
(Cos'è questo casino?)
(Dove sono? Allo zoo, forse? Cos'è 'sto suono, l'ululato di un lupo?..)

Chiude gli occhi. Li riapre, sperando che il rosso se ne vada, ma è ancora lì. E brucia. Il pensiero la fa piangere. Altro bruciore, come piombo fuso. Ma almeno le lacrime lavano via tutto quel rosso.
Quella è la mia borsa? pensa, quando finalmente le riesce di mettere a fuoco una macchia color lavanda poco più in là. E vicino alla borsa... è una scarpa, quella?
Sì, ma non è mia...
Il suo nome.
Qualcuno sta sussurrando il suo nome.
Elisa volta il capo con uno scricchiolio del collo. La testa le gira e lo stomaco minaccia una dolorosa eruzione, ma lei riesce a placarlo, almeno per il momento.
«Elisa...»
Lucia.
Perché piangi, Lucy? vorrebbe chiederle. Cosa succede?
«Stanno arrivando, Elisa; ora tutto andrà bene... »
Chi sta arrivando? Chi?...
Il lupo.

No. Non un lupo. Una sirena.
Ecco chi sta arrivando. L'ambulanza.
Oh Dio, Dio... cosa mi è successo? Dove sono, cosa…?
A un tratto lo sguardo si posa di nuovo sulla scarpa sconosciuta. Al suo fianco c'è un oggetto rosa. Piccolo, così piccolo che il tacco sottile quasi lo nasconde alla vista.
E d’improvviso ricorda.
«Oh Dio! Cosa ho fatto?»
L'urlo erompe nel suo cervello, ma le corde vocali riescono a stento a emettere un suono roco.
Quell'ululato non è un lupo, e nemmeno un'ambulanza.
Stanno per portarla via, ma la sua destinazione non è l'ospedale. La disperazione la assale con violenza e dalla gola tracima finalmente un grido, mentre aspetta con orrore che il freddo delle manette le avvolga i polsi.

2.
«Che confusione!» esclama Lucia dopo che le porte automatiche si sono chiuse alle loro spalle.
«Beh, è il primo giorno di saldi, cosa pretendi?»
«Speravo che la gente fosse ancora tutta in ferie, domani è l'Epifania»
«Anch'io, ma chi visse sperando...»
«Contessa Elisa, si contenga per favore» ride Lucia. «Dai, andiamo prima che ci freghino tutte le occasioni. Cos'hai intenzione di prendere tu?»
«Un giaccone nuovo e magari un paio di gonne per la scuola; tipo questa, guarda che bella».
«Un po' cortina, no? Speri mica che Bernardi ti dia nove di matematica?».
«Scema... comunque hai ragione, è un po' troppo corta ed è pure di lana, 'sta roba segna troppo. Poi finisce che sembro un cotechino avanzato da Capodanno».
«Uh, ricominciamo con 'sta storia del cotechino?»
«Senti, non rompere, ok?»
«Ah, io rompo? Non tu, che ogni tre per due ti lamenti di quanto fai schifo?»
«Beh, è vero. Tu non hai i miei problemi»
«Ah no? E questo cos'è?» dice Lucia, dandosi delle lievi pacche sui fianchi.
«Cos'è? Un sedere fuori legge, ecco cos'è. Dovrebbero impedire alla gente di portarsi dietro dei fondoschiena così magri. Almeno per rispetto di chi non se lo può permettere».
«Neanche tu fossi obesa, dai».
«In realtà sì».
«No, senti. Abbiamo fatto insieme il test sull'indice di massa corporea, ed è venuto fuori che sei solo leggermente sovrappeso».
«Quelle sono cazzate. Puoi fare tutti i test del mondo, ma per le aziende che producono abbigliamento io sono obesa. Secondo loro con diciassette anni dovrei andare in giro vestita come nonna Abelarda. Un maglione informe, un paio di jeans e via. Anzi, magari un bel sacco dell'umido... Te l'ho detto, no? Sono andata prima di Natale a cercarmi una giacca, e non ne ho trovata una che mi si chiudesse. E ho provato la XXL!»
«Secondo me hai sbagliato qualcosa».
«Ti dico... uhmpf, lascia perdere!»
«Dai non fare così!»
«Lascia stare, ti dico. Tutte le volte è la stessa storia. Non voglio incazzarmi, deve essere una bella giornata. Dai, andiamo di là. Mi sembra di aver visto dei cappotti...»
Lucia sospira, scuotendo la testa. Si preannuncia un pomeriggio difficile.

3.
Elisa, cosa succede?» la preoccupazione nella voce di Lucia è densa come sciroppo. «Aiuto, sbrigatevi, per favore!»
Elisa avvicina le braccia al volto, per nascondere l'orrore, per fingere di non esistere. E le sue mani sono piene di sangue.
«No no no no no....»
«Eli, smettila, così mi spaventi!»
«Dov'è, Lucia? Dov'è lei? Cosa le ho...? Oh Dio...»

4.
«Andiamo, sono sicura che qualcosa troverai. Proviamo di là...»
Elisa emette un verso simile a un grugnito, prima di appendere l'ennesima gonna all'appendiabiti. Lucia si lascia scappare un risolino, che l'amica però non prende molto bene.
«Sono contenta che almeno una delle due si stia divertendo» borbotta.
«E dai, Eli... non farla tanto lunga».
«No, no, io non la faccio lunga. Sono 'sti stronzi che dovrebbero farle più larghe!» dice, e dà uno spintone alla fila di gonne grigie a quadri tra cui pochi istanti prima ha inutilmente cercato una taglia che le andasse bene. Una signora impellicciata alla sua sinistra la squadra con una smorfia di disapprovazione.
Lucia sbuffa. «Non so più come fare con te. Quante volte te l'ho già detto che devi sbattertene? Sei bella, Eli! Stai benissimo così come sei e...»
«Stai dicendo una marea di cazzate, Lucy! Lo so io, lo sai tu. Piantiamola di prenderci per il culo». Dietro gli occhi un pizzicore preannuncia un'imminente esplosione.
«Bene. Se dico solo cazzate allora arrangiati. Incazzati con gli stilisti, manda affanculo il mondo intero, non me ne frega niente. Solo evita di smettere di mangiare come hai fatto l'anno scorso, che non ho voglia di venire al tuo funerale».
Il pizzicore dietro gli occhi si fa sempre più insistente. Le palpebre si inumidiscono e goccioline,come rugiada, compaiono sulle ciglia.
«Scusa» mormora. «È che tu non capisci. Non potrai mai capire. E lo so, lo so. Lo dice anche mia mamma. Non è 'sta tragedia che ne faccio io, sono altri i problemi nel mondo. Ci sono persone che combattono malattie incurabili, altre che affrontano lutti e guerre, altre che non hanno abbastanza soldi per sfamare i propri figli. Io cos'ho? Una famiglia, una casa, la salute. Dovrei vergognarmi a fare tante storie per... questo!» dice, premendo i fianchi tra le mani. «Ma... non è solo questione di estetica. Fosse solo estetica potrei anche sbattermene, potrei pensare che in fondo Fiona è rimasta orchessa invece di tornare principessa stragnocca e magra perché sono altre le cose che contano... però, quando leggi quella doppia X sull'etichetta, e poi non riesci a tirare su la zip... ti senti inadeguata, rifiutata. Perché è come se qualcuno, in un codice segreto ma fin troppo chiaro, ti dicesse che sei sbagliata. E soprattutto che è tutta colpa tua. Ti giuro, Lucy, è uno schifo».
Elisa si volta, per non dover guardare l'amica negli occhi. Poco più in là, da uno dei camerini di prova esce una ragazza.
«Cosa dici, mi ingrossa?» chiede alla giovane che l'accompagna mentre si rimira con poca convinzione nell'ampio specchio sulla parete accanto. Elisa fissa le gambe chilometriche, la vita sottile, la leggera scollatura che mette in risalto due seni non più grandi di due mele
(coppe di champagne)
e, soprattutto, fissa lo sguardo sul capo che sta provando. La stessa gonna a portafoglio grigio perla che lei ha provato poco prima. La stessa in cui lei non entrava, nemmeno prendendo la taglia più grande dell'assortimento.
Lo sguardo si sposta leggermente a destra. Nel riflesso dello specchio ci sono due ragazze, ora. Una bellissima e slanciata. L'altra più bassa e rotondetta. Il volto di quest'ultima pare quello di una fattucchiera, gli occhi spalancati, le labbra storte in una smorfia. Elisa guarda una ragazza, poi l'altra, poi una, poi l'altra... e infine accade qualcosa.
Un oggetto, piccolo e rosa, si interpone fluttuando sullo schermo tra le due ragazze.
Una piuma.
Venuta da chissà dove, forse spinta fin lì da uno sbuffo di corrente; forse uscita da un piumino imbottito, forse da uno di quegli assurdi boa, tipo quelli che tanto vanno a Carnevale. O forse evocata da quella silfide in gonna grigia, simbolo di leggerezza, metafora della sua leggiadria, spregio silenzioso della goffaggine di una diciassettenne di sessantacinque chili.
A quel punto qualcuno, a tradimento, le infila ovatta nelle orecchie. Qualcun altro, invece, gioca con la luce del negozio: all'improvviso tutto è più chiaro, più nitido. Gli oggetti prendono una strana luminescenza, il contrasto è più elevato, i contorni rilucono di un'aura iridata, dal rosso al viola intenso. Tutti intorno a lei iniziano a muoversi al rallentatore.
Infine, qualcosa nella sua testa emette un inquietante clic.
Quel qualcosa, Elisa non lo sa nominare, non lo sa descrivere. Sente però che, qualunque cosa fosse, si è appena rotto. E che rompendosi ha minato l'equilibrio instabile del suo autocontrollo.
Le sue mani si chiudono a pugno. Mentre la voce di Lucia, lontana anni luce, le rivolge parole incomprensibili, Elisa si lancia come una furia contro la giovane davanti a lei.

5.
«Eli, calmati, per favore» Lucia tiene le mani dell'amica tra le sue, cercando senza successo di calmare i suoi spasmi.
L'ululato delle sirene si spegne e in pochi istanti compaiono due uomini e una donna. Tutti e tre indossano divise color arancione, con bande catarifrangenti su petto, busto e ginocchia. Uno degli uomini si china e si rivolge a Elisa.
«Come ti chiami?» le chiede. Ma lei non può rispondere, non ci riesce. Perché è lei che deve fare le domande, qui. Non molte, in realtà. Solo una. Ma nessuno sembra volerle rispondere.
«Dov'è? Dov'è lei?»
La confusione aumenta. Le parlano, la toccano. Una sensazione di improvviso vuoto d'aria la avvolge e il soffitto sopra di lei
(faretti, maledetti, accecanti faretti)
prende a muoversi. Forse l'hanno caricata su una barella? Non era la polizia, allora; era davvero un'ambulanza. Un raggio di speranza si fa strada nel suo petto, subito spento dal ricordo
(la piuma)
della ragazza con la gonna grigia.
Odio. Puro, semplice odio.
Si è impadronito di lei e le ha fatto fare qualcosa di orribile.
La polizia arriverà, di certo. E per fortuna. Non potrebbe essere altrimenti dopo quello che ha fatto, dopo il livore che ha mosso i suoi piedi, sollevato le sue mani, avvelenato la sua mente. Che l'ha fatta correre verso la ragazza con un solo intento.
Distruggere.
Mentre il soffitto del negozio lascia il posto a quello dell'autoambulanza, quel qualcosa che aveva fatto clic poco prima si rimette in sesto. I colori tornano quelli di sempre. I suoni rientrano nei loro canoni abituali. La sua mente ritrova l'equilibrio perduto.
E allora anche i ricordi si schiariscono.
E… no, non era odio, quello che l'ha spinta. O meglio, non solo. C'era anche stanchezza, e disgusto, e rassegnazione.
Come se quella neonata consapevolezza avesse attivato degli interruttori nascosti, all'improvviso un dolore lancinante si fa strada nel suo addome. Elisa solleva la testa quel tanto che basta a guardarsi il ventre. La maglia è strappata, intrisa di sangue e punteggiata qua e là da scaglie di vetro.
Piange di nuovo, ma questa volta sono lacrime di sollievo. Ha fatto, sì, qualcosa di orribile. Ma per quanto assurdo, sconsiderato e, sì, anche un po' patetico, è mille volte meglio di quello che temeva. Perché con questo, alla fine, sa di poter convivere.

6.
Silvia si passa le mani tra i capelli. Quello che è successo è così assurdo...
«Tutto bene, signorina?» la responsabile di negozio è tornata alla carica, sarà la quarta volta.
«Sì, tranquilla. Gliel'ho già detto, ho solo preso una botta contro quel tavolino».
«Sarò lieta di aiutarla, nel caso le servisse qualcosa. Oh, e la gonna che indossa, la stava provando quando...? Insomma, se le piace, offre la casa. Deve solo passare alla cassa per lo scontrino di cortesia».
«Sì, sì, grazie. Molto gentile...»
Mi sa che ha paura che le faccia causa, o che so io...
«Oh, finalmente sono arrivati quelli del 118» dice Sonia al suo fianco. «Vuoi farti dare un'occhiata anche tu?»
«Ma non scherzare, per un livido. Più che altro lei...
(Elisa… come la mia sorellina)
guarda in che stato...»
«Chi, quella squilibrata? Ma lascia pure che se la portino via! Ma ti rendi conto? Quella è matta da legare, spero la chiudano da qualche parte con una bella camicia di forza vecchio stile. Oh, sai che quando è partita di corsa pensavo che ce l’avesse con te?»
Per un attimo anche io...
Silvia ripensa a quel suono improvviso alle sue spalle. Un rumore gutturale, non un grido ma altrettanto spaventoso. Dal riflesso sullo specchio l’ha vista avvicinarsi lesta.
Così bella. L'aveva notata poco prima, invidiandole quei bei capelli dorati, così lucidi al confronto della stoppia che lei si ritrova in testa.
E come ha detto a Sonia, per un istante ha pensato che ce l'avesse con lei. Ma poi ha notato la direzione dei suoi occhi. Erano rivolti a un'altra ragazza: quella che la bella sconosciuta bionda vedeva riflessa nello specchio.
E poi, tutto è successo così in fretta.
Lei che le sfreccia accanto, spingendola via. Lo specchio che si rompe sotto il peso della sua furia, e la mano che afferra un coccio e lo usa per ferirsi. Il ventre, le braccia... solo l'intervento della sua amica ha evitato che si sfregiasse anche il volto.
«Bah… so solo che mi ha spaventata a morte» prosegue Sonia. «Con quella faccia, sembrava un'indemoniata. Oh, guarda là. Ma ti eri accorta di aver perso una scarpa?»
«Cosa?... Ah, no. Si vede che mi è saltata via quando mi ha spinto. Devo essere andata per bene nel panico per non accorgermene, eh?» Silvia si alza con un sorriso forzato a raccogliere la scarpa, felice di allontanarsi dal fiele indifferente che esce dalla bocca dell’amica. Quando la prende in mano, una piccola piuma rosa si solleva per un istante per poi adagiarsi di nuovo, lieve, a terra. Silvia la guarda per un momento, poi si volta verso lo specchio rotto.
La ragazza, Elisa, sta gridando, mentre viene issata sula barella; continua a ripetere la stessa domanda: «Dov'è? Dov'è lei?»
Anche Silvia ha delle domande. Quanto sono gravi quelle ferite? Cosa le succederà, ora?
Ma soprattutto una, quella più importante, ma anche quella più spaventosa, poiché la risposta potrebbe nascondere
(potrebbe succedere anche a me)
un'inquietante verità.
Perché?
 
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view post Posted on 14/3/2018, 15:58
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bene bene bene

e gli altri come stanno messi?
 
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view post Posted on 14/3/2018, 21:44
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (reiuky @ 14/3/2018, 15:58) 
bene bene bene

e gli altri come stanno messi?

Sono al lavoro. Spero di farcela.
 
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view post Posted on 15/3/2018, 17:09
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Losco Figuro

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CITAZIONE (reiuky @ 9/3/2018, 16:49) 
CITAZIONE (CMT @ 8/3/2018, 09:01)
Comunque no, non ci sono.

Eddai.... :p091:

Eh ma non è perché la prenotazione mi fa passare la voglia (anche se è così), è perché non riesco proprio a scrivere di questi tempi :(
 
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Gian de Steja
view post Posted on 16/3/2018, 15:59




Una giornata sbagliata(di Gian de Steja, fu Gian_74)

Sembrava una giornata come le altre. Harry decise che quel giorno sarebbe andato a cercare qualcosa da mangiare, qualcosa di diverso dalle solite scatolette di fagioli o cereali di merda.
Si era arrampicato su un albero dove aveva visto una grossa pera, un po' nascosta dal fogliame rigoglioso che le mancate potature avevano favorito. Quella scoperta gli fece perdere la solita lungimiranza e prudenza che mai dovrebbe mancare a chi vive in un ambiente post-apocalittico; fu così che si sporse fino a spostare il suo fottuto baricentro un po' oltre la base di appoggio.
L'altezza era quella che era e la caduta in sè non sarebbe stata neanche troppo rovinosa, se non fosse stato per quei maledetti cannicci che qualche stronzo aveva tagliato a mezzo metro di altezza, invece di lasciarli a filo del terreno. Il paletto infilzato nella spalla gli procurò un dolore lancinante che gli tolse il respiro per una decina di secondi, tentando di divincolarsi con contorsioni da fachiro. Niente da fare: non riusciva ad alzarsi. In poco tempo riuscì a riprendere il controllo, si concentrò per pensare e arrivare a valutare la situazione: forse non tutto era perduto, il villaggio era lontano ma magari qualcuno lo aveva visto dalla torre, fors...

**** **** ****

«Ehi Jack, vieni un po' qui, mi sembra di aver visto qualcosa muoversi laggiù.» Jack prese il fucile e puntò il mirino nella direzione indicata.
«Cristo, non si vede un cazzo, è tutto rigato 'sto mirino.» Guardò ancora per alcuni istanti «Sì è uno zombie. E' a terra, deve essere rimasto impigliato in qualcosa e sta cercando di liberasi. Questo vale doppio, amico!»
L'altro prese un piccolo mirino staccato e piuttosto malconcio appoggiato sul tavolo: «Mmmmm, sì, sembra proprio un vagante. E' tutto tuo Jack.»
Jack si mise in posizione: gambe larghe, corpo in equilibrio, fucile ben appoggiato alla spalla, occhio sul bersaglio, concentrazione, respiro trattenuto e... BANG!
Il colpo echeggiò per la vallata, seguito pochi istanti dopo dalle urla di vittoria dei due amici, che videro chiaramente lo spruzzo rossastro dovuto all'esplosione della testa del malcapitato.
«Con questa hai superato tuo fratello, Jack!»
«Jack 49, Harry 48! Ancora uno e ho vinto la scommessa!»
 
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view post Posted on 18/3/2018, 16:31
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Apprendista stregone

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Sono ancora dietro ai compiti dei bambini (frasi sul congiuntivo, schede varie con addizioni e sottrazioni e riassunto di scienze sugli anellidi). Non ce la faccio a postare.

Me lo concedete qualche giorno di proroga?

In caso contrario, mi scuso con tutti e ci vediamo ad Aprile.... :(
 
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view post Posted on 18/3/2018, 18:23
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Custode di Ryelh
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Ecco quì.

Alla fine, non ho nemmeno sfruttato l'idea dell'equilibrio tra due personaggi. Stava uscendo fori una cosa troppo tamarra.
La conservo per un'altra occasione. ;) ;) :1392239620.gif: :1392239620.gif:

Indovina cosa avviene a cena…



- Per cominciare abbiamo antipasto di cacciagione con olive denocciolate. Poi c’è il bollito di manzo con salsa di zucca, accompagnato da carciofi ripieni di mollica e capperi. Il dessert è una sorpresa.
Daimar elenca le portate che ha appena servito, facendo indugiare la mano sull’unico piatto ancora coperto, poi arretra e fa un leggero inchino. Di rimando, il Ministro applaude.
- Che piatti stupendi, Barone! Una vera delizia per gli occhi. Niente a che vedere con quello che preparano a Jinrai.
- Il nostro capo cuoco era uno degli chef più rinomati di tutti la colonia, prima che mio marito lo assumesse per il nostro servizi personale – risponde mia moglie. – Assaggi pure: le assicuro che il sapore non ha niente da invidiare all’aspetto.
Senza farselo dire due volte, il nostro ospite parte subito all’assalto dell’antipasto. La voracità e l’espressione deliziata sul volto lasciano intuire che nelle cucine hanno lavorato bene.
Mentre mia moglie si unisce alla cena, io faccio segno al cameriere di riempire i bicchieri.
- Eccellenza, se non le dispiace proporrei un brindisi.
Il Ministro alza la faccia dal piatto, con un’espressione che sembra tradire la seccatura per l’interruzione, poi prende il suo bicchiere.
- A cosa vuole brindare, Barone?
- Al futuro di Yatama. A questo giorno destinato a cambiarne per sempre il destino…
- …e alla concordia – interviene mia moglie. – Alla guida illuminata che ha finalmente posto fine ad anni di conflitto e di disordini sociali. La sua guida, Eccellenza.
Il Ministro ride, poi butta giù d’un fiato il vino, facendo segno al cameriere di versargliene dell’altro.
- “Guida illuminata”. Lei mi lusinga troppo, Baronessa – dice l’uomo, interrompendosi per bere ancora. – Ho fatto solo quello che andava fatto. Nella mia posizione, sarebbe stato un crimine non impegnarsi per mettere fine alla crisi.
Posato il bicchiere, riprende a mangiare con rinnovato vigore. Io lo imito, ma con più eleganza e meno appetito.
Quando sono sicuro che non mi veda, lo osservo mentre porta i bocconi alla bocca e spio i sussulti del suo pomo d’Adamo. Li conto uno dopo l’altro.
- Ad ogni modo, ho davvero apprezzato il suo brindisi, Baronessa – fa il Ministro. – Tra l’altro è straordinario il modo in cui le sue parole si siano ricollegate a quelle di suo marito. Sembrava quasi che fossero state preparate apposta.
- È una cosa che ci dicono spesso, Eccellenza. Io e mio marito abbiamo sempre avuto un legame speciale e tutti questi anni di matrimonio lo hanno solo reso più forte. Intuiamo i pensieri e le azioni l’uno dell’altra come se fossimo una persona sola.
Mia mia moglie mi stringe la mano e io le rispondo con altrettanto calore. Il Ministro annuisce con aria compiaciuta, ma nello sguardo che io e lei ci scambiamo c’è più di quello che lui non intuisca.
- Sa, Ministro, questa qualità ha un sacco di aspetti positivi inaspettati. Non ha idea di quanti discorsi che ho recitato davanti all’Assemblea siano quasi interamente opera di mia moglie. Lei sa sempre come esprimere i miei pensieri in parole.
Il Ministro ride di nuovo.
- Si dice che dietro un grande uomo, ci sia sempre una grande donna. Nel suo caso, Barone, direi che il grande uomo e la grande donna corrono affiancati.
- Purtroppo, non riesco a tollerare la noia del confronto politico – risponde mia moglie. – Accompagno spesso mio marito all’Assemblea, ma non riuscirei mai a sopportare l’idea di dover tenere un discorso davanti a tutti, soprattutto se fossi costretta a rispondere all’interrogazione fatta dal membro di qualche altra corrente. Per fortuna, ci pensa mio marito a portare avanti le nostre battaglie comuni.
Il Ministro ride forte, battendo la mano sul tavolo. Il suo piatto è già vuoto: senza nemmeno che ci sia bisogno di un cenno, Daimar gli avvicina la portata di bollito e carciofi.
- Questo vuol dire che devo ringraziare anche lei per il nostro successo, Baronessa: il discorso di suo marito all’Assemblea ha convinto anche i Tradizionalisti più ostinati e ha spianato la strada all’approvazione della riforma agraria, anche nelle sue parti più controverse. Se non fosse stato per lui, a quest’ora staremmo ancora discutendo di percentuali e confini.
- Effettivamente, mia moglie ha preparato gran parte del mio intervento – ammetto, mentre Daimar serve anche a me la portata successiva. – Ma non sono state le mie parole a convincere i miei compagni: godo dell’appoggio di molti nella fazione tradizionalista e non è stato difficile convincere gli altri capicorrente che la proposta di riforma che lei stava presentando fosse la più moderata possibile. Davanti alla prospettiva di scelte più radicali, hanno tutti accettato di approvarla.
Il Ministro annuisce, poi indica il bollito con aria estasiata.
- Se l’antipasto era eccezionale, questo… questo… ah, non trovo nemmeno le parole per descriverlo! Penso che questa sia la cena migliore di tutta la mia vita!
- Non ne ho alcun dubbio, Eccellenza. Abbiamo preparato tutto affinché non potesse essere altrimenti – dice mia moglie, prendendo il bicchiere in mano. – Posso proporre un altro brindisi?
Stavolta il Ministro non sembra, seccato. Si limita ad annuire e a prendere il bicchiere con ancora la bocca mezza piena.
- Un brindisi a chi ha avuto la forza di impegnarsi per cambiare le cose, la pazienza di sopportare le cose che non potevano essere cambiate…
- …e la saggezza di distinguere le prime dalle seconde – concludo io, facendo segno di auguri con il bicchiere.
Il ministro beve il vino, poi ricomincia a mangiare. Dopo il bollito, si appresta a finire anche i carciofi.
- Se continuiamo a farci così tanti complimenti da soli, a qualcuno potrebbe venire il sospetto che stiamo mentendo – fa il Ministro. – Però avete ragione: con l’appoggio suo e la benevolenza neutrale di gran parte delle correnti della Seconda Fondazione, il mio governo è riuscito a riportare l’ordine pubblico a un livello accettabile e ha portato a compimento riforme che sarebbero sembrate impensabili solo un anno fa. E pensare che molti mi avevano detto che lei sarebbe stato il mio principale ostacolo.
A quelle parole, io mi limito ad alzare le spalle. Mia moglie tradisce giusto una leggera smorfia di disappunto.
- Ammetto che all’inizio nemmeno io ero favorevole a un “governo della cultura”. L’ambiente accademico è sempre rimasto fuori dal contrasto tra Tradizionalisti e Seconda Fondazione, quindi costituiva un’incognita. Quando, poi, è stato fatto il suo nome, ho avuto ancora più dubbi. Anche se è cittadino di Yatama, lei non è nato qui, e la sua materia di ricerca mi lascia ancora oggi perplesso…
- La verità, è che non riesce nemmeno a pronunciarne correttamente il nome. Lui avrebbe preferito che a guidare il governo fosse il Professor Rigan, il genetista, oppure quel famoso esperto di robotica, come si chiamava? – la Baronessa si sforza per una manciata di secondi di ricordarlo, poi alza le spalle. – Ad ogni modo, gli ho fatto presente che la vostra proposta era un’occasione, non una minaccia e l’ho convinto che, con il giusto tempismo, avremmo potuto salvare la nostra colonia dal declino. Io ho convinto lui, lui ha convinto il resto della fazione.
- Eccellente, Baronessa, davvero eccellente. Ed è una fortuna che lo abbia fatto, altrimenti adesso non solo non sarei al governo, ma non sarei nemmeno potuto venire ad assaggiare questi ottimi piatti – Lo sguardo del Ministro si sposta sulla portata coperta da coperchio. – Quindi… vogliamo svelare il mistero di questo dessert?
Daimar aspetta un mio cenno, poi avvicina uno dei piatti all’ospite e alza il coperchio.
- Halvas con pistacchi, accompagnato da una mousse al cioccolato con fragole.
I suoi occhi si illuminano.
- Halvas? Ma è uno dei miei dolci preferiti! Come… come facevate a saperlo?
Io e mia moglie sorridiamo all’unisono, senza aggiungere altro. Lui alza le spalle e comincia subito ad assaggiarlo. Poche cucchiaiate ed è già alla fine
Io e mia moglie ci scambiamo un’ultima occhiata, poi faccio riempire ancora i bicchieri da Daimar.
- Se permette, Eccellenza, vorrei proporre un brindisi. Le prometto che sarà l’ultimo della serata.
L’uomo ingoia l’ultimo boccone di Halvas e prende a sua volta il vino.
- Alle tradizioni che hanno reso grande Yatama. All’equilibrio che esse hanno garantito nei secoli a generazioni più illuminate…
- …e che garantiranno ancora per i millenni a venire – interviene mia moglie, con tono serio. – Perché nessuno, né un rivoluzionario, né un “sapiente”, può infrangere un equilibrio fondato su basi così solide.
Il Ministro ci guarda con aria interrogativa, come se faticasse a comprendere il senso delle nostre parole. Il bicchiere gli scivola di mano.
- Oh, scusatemi – dice, mentre si china per raccoglierlo. – Io non volevo… io… - perde l’equilibrio e cade a terra. Geme debolmente, mentre cerca di rialzarsi senza riuscirci.
- Chi le ha detto che io sarei stato il suo principale nemico aveva ragione, Eccellenza – dico, alzandomi in piedi e prendendo per mano la Baronessa. – Ma non l’aveva messa in guardia da mia moglie. Se da solo sono pericoloso, insieme siamo il potere più grande che questa colonia abbia mai conosiuto.
L’uomo a terra rotola in una pozza di vino. Un patetico moribondo con a malapena la forza di parlare.
- Cosa… cosa mi…
- Cosa le abbiamo fatto? L’abbiamo avvelenata, mi sembra ovvio. C’era del veleno in ognuna delle tre portate che le sono state servite, giusto per essere sicuri di non sbagliare.
Mi avvicino alla figura rantolante, godendomi i suoi ultimi minuti. Se il primo ad agire è stato il siero di mustellaria, a quest’ora il suo sistema nervoso periferico si sta disintegrando nervo per nervo.
- Come pensava che sarebbe andata a finire, Eccellenza? Credeva davvero che le e gli altri “sapienti” avreste potuto fare e disfare senza subirne le conseguenze? – rispondo, raccogliendo il bicchiere caduto, rigirandomelo, poi, tra le mani per assicurarmi che non sia scheggiato. - Se anche non l’avessi uccisa io, ci avrebbe pensato qualche frangia integralista della Seconda Fondazione, magari con una bomba o con una raffica di mitraglia a massa in mezzo alla strada. Qualcosa di più adatto a dei bifolchi come loro.
Mi alzo in piedi, appoggio il bicchiere sul tavolo e controllo l’orologio della sala da pranzo.
- A quest’ora, le Comete Scarlatte avranno già preso posizione attorno all’Assemblea. Quando tutto questo sarà finito, li raggiungerò e terrò un discorso con cui dichiarerò sciolto il “governo della cultura” e ordinerò l’arresto dei suoi esponenti, dei rappresentanti della Seconda Fondazione e dei Tradizionalisti dissidenti – osservo l’uomo che ancora si ostina ad ansimare a terra e non riesco a nascondere una smorfia di disappunto. – per l’amor del cielo, si sbrighi a tirare le cuoia: non ho preparato niente di scritto e non voglio dimenticare nemmeno una parola del mio annuncio alla Colonia.
- Sta tranquillo, amore mio: siamo comunque in anticipo sulla tabella di marcia – interviene mia moglie, porgendomi il bastone da passeggio. – Ad ogni modo, se proprio ci tieni a concludere rapidamente le sue sofferenze…
Sorrido ed estraggo la lama nascosta nel bastone animato.
- Vede, Eccellenza? Io e mia moglie siamo così complementari che lei aveva la soluzione del mio problema anche prima che io ne facessi parola!
Appoggio la lama al collo dell’uomo.
- Senza rancore, Eccellenza: si tratta solo di politica…
- …e l’omicidio non è altro che politica condotto con altri mezzi. – Conclude la Baronessa, mentre io affondo la lama nella carne. Il sangue ne zampilla e il Ministro smette di respirare in pochi secondi.
- Molto bene: è meglio che andiamo a cambiarci prima di partire – dico, pulendo la lama col fazzoletto da taschino. – Daimar, per favore, di a Mave di tenere pronta la macchina, poi fa sparire questo cadavere nell’inceneritore e fa dare una pulita alla stanza. Tutto chiaro?
Il domestico non si muove.
- Sei sordo, Daimar? Ti ho appena dato un ordine.
- È vero, Barone, lei mi ha dato un ordine. Ma io sono tenuto ad obbedire solo al mio padrone.
- Daimar, smettila con questa pagliacciata – esclama mia moglie. – Siamo noi i tuoi padroni, o vuoi fingere di essertene dimenticato?
- No, voi non siete i miei padroni – risponde il domestico, estraendo una pistola dalla giacca. – E, da questo momento, non devo più nemmeno fingere di obbedirvi.
Alla vista dell’arma, alzo le mani, facendo segno a mia moglie di stare calma. Sono troppo lontano per poter usare la lama contro il ribelle, ma forse, se riuscissi a farlo distrarre in qualche modo… mentre penso a queste cose, sento uno strano scricchiolio alla mia destra e mi volto, in tempo per vedere una macchia di sangue allargarsi rapidamente sul petto del Ministro. Prima ancora che possa avere il tempo di stupirmi, il corpo sussulta violentemente, mentre un rigonfiamento comincia a premere sulla camicia all’altezza del torace.
Poi il tessuto si strappa e dal corpo del defunto emerge una chela insanguinata…

***
Accendo la pipa e mi sistemo sulla poltroncina accanto al tavolo operatorio. Nonostante l’operazione, la consapevolezza di sé dei miei ospiti dovrebbe essere rimasta più o meno inalterata. La presenza di massicce quantità di nanoinibitori nel loro organismo, però, è una variabile nuova, così preferisco sincerarmene pungendo il braccio sinistro con un bisturi. Un leggero sussulto mi assicura che i miei ospiti sono svegli.
- “Tecnosofia”. Questo è il nome che lei non riusciva nemmeno a ricordare, Barone – dico, sbuffando via una nuvoletta di fumo. – se avesse prestato più attenzione, magari avrebbe potuto conoscere alcune delle sue applicazioni più interessanti. Come quella di creare un clone-ospite da impiegare in caso di emergenza. Un gingillo che può sempre tornare utile, non trova?
Sorrido, poi mi alzo e controllo dal display del mainframe lo stato dei valori dei miei ospiti.
- A differenza vostra, io non ho mai fatto l’errore di sottovalutarvi e non ho dubitato nemmeno per un secondo che l’appoggio che mi stavate dando in Assemblea fosse un bacio avvelenato. Quando ho visto l’invito in casa vostra e i miei informatori mi hanno fatto sapere che un paio di compagnie delle Comete Scarlatte erano sbarcate a Yatama, ho fatto due più due ed ho capito che era il momento di prendere provvedimenti.
Il mainframe riporta che i valori sono nella posizione idonea per la riscrittura, così impartisco alla macchina l’ordine di preparare la proceduta. Prima di cominciare, però, ritorno al tavolo operatorio. Le pupille dei miei ospiti seguono i movimenti, in quella che forse è una muta richiesta di misericordia, ma non vi bado. Con le mani, accarezzo la pelle nuda per cercare i segni quasi invisibili delle scarificazioni rituali e delle formule runiche incise nella carne. La prima parte del rituale ha funzionato, quindi la sintassi e la posizione dei periodi sapienziali era corretta, ma basterebbe un errore anche minimo perché la fase di riscrittura si riveli fallimentare.
- Grazie al vostro tentato golpe, ora godo di tutto il seguito che mi serve per isolare i Tradizionalisti e liquidarli una volta per tutti. A tempo debito, farò la stessa cosa anche con le correnti della Seconda Fondazione, tanto sono sicuro che non sapranno trattenersi dal provare a fare i vostri stessi errori – sospiro. – Forse dovrei esservi riconoscente per quello che mi permetterete di fare. Ma un tradimento è un tradimento e non sopporto la gente che prova a pugnalarmi alla schiena. O ad avvelenarmi con dell’ottimo halvas ai pistacchi.
Premo alcuni comandi sul lato del tavolo, che comincia ad inclinarsi lentamente.
- Potrete anche non crederci, ma fino all’altro giorno non avevo davvero idea di come farvela pagare: ho poca fantasia per queste cose. Poi mi è venuta in mente quella frase fatta che avete pronunciato mentre mi stavate assassinando. E allora ho capito… - mi avvicino all’orecchio del Barone e sussurro. – alla fine, tutto ruota attorno all’equilibrio tra gli opposti: Luce e Buio. Vita e Morte. Ricchi e Poveri. Uomo e Donna…
Il tavolo smette di inclinarsi. Nello specchio appeso alla parete i miei ospiti possono vedere il riflesso di ciò che loro… no, di ciò che LUI è diventato. E il luccichio di puro orrore nei suoi occhi mi fa capire che ho fatto la scelta giusta.
- In fondo, vi vantavate già di condividere i pensieri come se foste una sola persona… non cogliete, pardon, non cogli il lato comico della vicenda?
Seguo con la mano la linea che salda le due metà del corpo in una. Perfetta, invisibile, come se le due parti fossero sempre state una cosa sola. Non so se essere più soddisfatto del risultato del mio lavoro o dell’orrore che colgo negli occhi della mia nuova creatura. Il corpo sussulta leggermente, il massimo consentito dai nanoinibitori, mentre la mano passa dal pettorale ben tornito del Barone al seno sodo e rotondo della Baronessa.
- Tre piccioni con una sola fava… ho punito due traditori; ho messo in pratica su una cavia fresca i risultati delle mie ultime ricerche e ho persino guadagnato un nuovo assistente per il mio laboratorio personale – La mano scende fino al ventre (muscoloso da un lato, perfettamente piatto dall’altro) e si ferma sull’inguine. – Uno splendido assistente, devo dire. Non avrei mai potuto desiderare delle cavie così anatomicamente ben tenute. Una volta che il processo di riscrittura sarà completo, avrai tutte le capacità necessarie per aiutarmi nelle mie ricerche. Senza il rischio di trovarmi un bastone animato nel collo.
Torno al mainframe e impartisco il comando di avvio della procedura. Ci vorranno dalle cinque alle sei ore. Mentre i fu Barone e Baronessa chiudono gli occhi e le loro coscienze vengono lentamente resettate, mi siedo nuovamente e ricomincio a fumare.
Ora devo solo trovargli un nome. Qualcosa che simboleggi che il Barone Ashun e la Baronessa Rania non esistono più e che, al loro posto, è nato qualcosa che riunisce il meglio di entrambi…
Sbuffo una nuvola di fumo e chiudo gli occhi. È solo questione di tempo.
Il nome giusto arriverà.
 
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view post Posted on 18/3/2018, 21:31
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CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 18/3/2018, 16:31) 
Sono ancora dietro ai compiti dei bambini (frasi sul congiuntivo, schede varie con addizioni e sottrazioni e riassunto di scienze sugli anellidi). Non ce la faccio a postare.

Me lo concedete qualche giorno di proroga?

In caso contrario, mi scuso con tutti e ci vediamo ad Aprile.... :(

Se gli altri sono d'accordo, ti do altri tre giorni. Ragazzi che dite? Glieli diamo tre giorni?
 
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kaipirissima
view post Posted on 18/3/2018, 21:40




Mi dispiace. Non riesco.
mi sarebbe piaciuto... ma .proprio sono in un periodo di vuoto creativo.
 
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view post Posted on 18/3/2018, 21:55
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Milena Vallero

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Se gli altri sono d'accordo, ti do altri tre giorni. Ragazzi che dite? Glieli diamo tre giorni?

Ma certo che sì! Per me nessun problema :)
 
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view post Posted on 19/3/2018, 01:06
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CITAZIONE (reiuky @ 18/3/2018, 21:31) 
CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 18/3/2018, 16:31) 
Sono ancora dietro ai compiti dei bambini (frasi sul congiuntivo, schede varie con addizioni e sottrazioni e riassunto di scienze sugli anellidi). Non ce la faccio a postare.

Me lo concedete qualche giorno di proroga?

In caso contrario, mi scuso con tutti e ci vediamo ad Aprile.... :(

Se gli altri sono d'accordo, ti do altri tre giorni. Ragazzi che dite? Glieli diamo tre giorni?

Approvo anche io.
 
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view post Posted on 19/3/2018, 09:25
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Sarebbe da aspettare un terzo concorrente che approvi però... dai su :)

II hai tempo fino a mercoledì notte
 
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