| Buonanotte, mamma.
Controllo l’ora sul mio orologio da polso. Mezzanotte e otto minuti. Bene, ho tutto il tempo per prepararmi. Entro in camera mia e mi siedo sul letto, lasciando la porta aperta. Nessuno mi disturberà. Papà e Lorena sono a Riccione, a festeggiare la loro seconda luna di miele. Ma come si fa ad andare in Riviera con la moglie? È come andare all’Oktoberfest portandosi da casa una lattina di Peroni. Chiara è uscita come tutte le sere, da un mese a questa parte, con quell’idiota di Luca. Sarà alla festa di Emma a divertirsi come una scema o a scoparselo da qualche parte. Ha già cambiato cinque ragazzi in due anni: complimenti! Chiara e papà sono dei mostri senza cuore. Non li capisco. Sono tre anni che la mamma è morta e sembra che a nessuno di loro importi più niente. L’hanno dimenticata, è come se l’avessero cancellata dalla memoria. Quando mia sorella incomincia a dirmi: « Ma Christian, anche a me manca moltissimo la mamma, ma bisogna andare avanti, la vita continua…» bla, bla, bla, la strozzerei. Balle! Ci credo che per lei la vita continua. Ha subito legato con Lorena e adesso vanno d’amore e d’accordo: le fa fare tutto quello che vuole. Io invece continuo a considerarla un’ospite capitata per caso in casa nostra. Non è cattiva e non è neppure antipatica. In più possiede una carica di vitalità che a volte, mancava alla mamma. Ma non è la mia mamma. Getto un’occhiata alla sveglia sul comodino: mezzanotte e dodici. Finalmente! Tra pochi minuti finalmente potrò vederla e, soprattutto, sentirla. “Volete sapere se in casa vostra si celano fantasmi? Volete vedere il loro aspetto e sentire la loro voce? La nostra app vi permetterà di avere un’esperienza da vero ghostbuster.” Tutte balle! Ho dovuto lavorare duramente sui dati di sistema per trasformare questo software per bambini in qualcosa di concreto! Ma ora ho in mano quello che volevo. Avere un’esperienza da cacciatore di fantasmi non mi entusiasma per niente, ma vedere e sentire la mamma sì. Lo so che lei è rimasta qui in questa casa, so che non mi ha mai abbandonato. Dopo mezzanotte e mezza si manifesta quasi sempre in camera mia: un alone traslucido, dalle vaghe sembianze di una donna che si siede sul mio letto e cerca di comunicarmi qualcosa gesticolando lentamente. Ma io non riesco a capirla. Stasera finalmente sentirò di nuovo la sua voce. Non sto più nella pelle. Afferro il mio smartphone, mi siedo a gambe incrociate sul letto, mi appoggio con la schiena contro la testata e inserisco la modalità radar, nel caso la mamma decida di apparire in qualche altro locale della casa. Svuoto, con pochi rapidi sorsi, metà della lattina di birra posata sul mio comodino e chiudo gli occhi, ruttando rumorosamente. Se la mamma fosse ancora viva, e mi avesse sentito, si sarebbe incazzata di brutto! Non pensavo che le sue urla mi sarebbero mancate così tanto. E pensare che, quando ero piccolo, l’ho anche trattata male: sono stato proprio...
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Un cretino! Il mio adorato fratello gemello, è proprio un cretino! È di nuovo rimasto chiuso in casa come un eremita. L’ho invitato, o meglio, pregato di venire con me a questa festa e lui, invece di ringraziarmi e accompagnarmi, mi ha guardato con quella sua perenne aria triste e mi ha risposto: «No grazie, sorellina. Non ho voglia di vedere gli amici. Salutameli e divertiti.» Ma dico io, si può essere più scemi di così? È ancora in lutto per la mamma. Pensa di farla resuscitare comportandosi così? Anche a me manca tantissimo, quando ci penso provo un dispiacere tale che mi metterei a piangere fino a domani. Ma ho deciso di continuare a vivere, di combattere questa disgrazia frequentando gli amici, di farmi coccolare dal loro calore e ubriacare dal loro entusiasmo, e poi... c’è Luca! Da quando l’ho conosciuto posso perfino credere che la vita non è stata bastarda con me fino in fondo, che posso ancora essere felice, nonostante tutto. Mio fratello invece vede sempre tutto nero, sempre triste o incazzato con il mondo. Spero solo che con il tempo ritorni ad essere il Christian di un tempo. A proposito di Luca ecco che arriva, con due bicchieri in mano. Gliene rubo uno e lo vuoto con veloci sorsate. Accidenti se picchia! Ma cosa ci ha messo dentro? Petrolio? Rido come un’oca, mentre la testa si fa leggera. Ma che...
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«Ma che cazzo...» Un fastidioso bip-bip mi risveglia bruscamente. Merda! Mi sono addormentato senza accorgermene! Per fortuna ho modificato l’app per segnalare le anomalie del campo magnetico casalingo anche con un allarme sonoro. Guardo lo schermo e mi rendo conto che la variazione di campo si sta verificando in sala. Col cuore in gola salto giù dal letto e mi precipito in direzione del segnale. Entro in salotto, stringendo il mio smartphone come se fosse la cosa più preziosa del mondo e la vedo. Una forma traslucida, che appare e scompare, come se facesse fatica a rimanere in questo piano di esistenza. Premo con le dita tremanti i tasti video e voice sullo schermo e alzo lo smartphone davanti a me. La telecamera riprende una ragazzina obesa, avvolta in un alone rosso. Capelli corti e neri, viso paffutello, naso aquilino, le guance martoriate dall’acne. «Beatrice?» mormoro con un filo di voce. «Ma cosa…» Beatrice scuote la testa come se volesse schiarirsi le idee, poi mi fissa con i suoi occhi porcini. «Quale onore! Ricordi persino il mio nome!» La voce che esce dal microfono del mio Samsung è carica di risentimento. Non promette nulla di buono. Indietreggio su gambe molli come stringhe dì liquirizia, fino a che non sento la schiena che sbatte contro la parete dietro di me. Questa app funziona oltre le mie più rosee aspettative e mi sta facendo parlare con una mia amica morta due anni fa. Sembra incazzata nera. Non ho mai avuto tanta eccitazione e contemporaneamente tanta paura in vita mia. «Ti ricordi di come mi chiamavi? Ti ricordi tutti gli scherzi crudeli che mi hai fatto? Tanto ero solo una lurida grassona brufolosa, vero?» Beatrice si avvicina ringhiando e mostrando i denti. I suoi occhi ora sono pozzi di brace, resi terribili da lampi di una rabbia mai sopita. «Quando ero viva non capivo perché ti comportavi così, ora invece capisco tutto. Dovevi lenire il tuo dolore facendo soffrire qualcuno più di te e chi hai scelto? Beatrice Carlini, la cicciona della scuola, il sacco di merda ambulante, il cesso inchiavabile, la persona più debole e indifesa della classe. Dannato bastardo!» «Ma, Bea… ascoltami. È vero, ho detto qualche battutina, ti ho fatto qualche scherzo innocente ma non…» «Battutina? Scherzo innocente? Mi hai creato il deserto intorno! Zero inviti alle feste, nessuno che voleva parlare con me. Tutti i tuoi amici che mi prendevano per il culo e mi sfottevano. Sai come può sentirsi una ragazzina rifiutata da tutti? Tu non hai idea di quanti pianti, quanto dolore ho patito per colpa tua. Il suicidio mi è sembrata l’unica, sensata, via di fuga. Mi hai fatto morire a soli quindici anni! Grazie infinite Christian!» Deglutisco a vuoto mentre cerco di pensare a una via di fuga. Osservo la porta d’ingresso alle sue spalle. Se riesco ad uscire da qui, dubito riesca a seguirmi. Mai sentito parlare di fantasmi che inseguono le loro vittime per strada… Beatrice si ferma. I suoi occhi fissano il vuoto, come se stesse cercando di capire qualcosa. Poi, con un ghigno malevolo, alza il braccio e ruota la mano destra come a chiudere un immaginario rubinetto. Clack! Clack! Clack! Il chiavistello della porta gira per tre volte, tagliandomi ogni via di fuga. «No, mio caro, non andrai da nessuna parte. Il tuo inferno comincia adesso.» sibila, puntando il dito contro la libreria. Meraviglioso! Questa grandissima troia riesce anche a leggermi nel pensiero. Mi volto di scatto, nella direzione in cui Beatrice ha puntato il dito e il mio respiro affannato si blocca a metà. I libri, sembrano dotati di vita propria. Si staccano dagli scaffali e tremando vistosamente, rimangono sospesi in aria, come sostenuti da mani invisibili. Osservo con gli occhi sgranati il muro di tomi che volteggia davanti a me. Un fremente stormo ai comandi di uno spirito vendicativo e crudele. Dopo un istante, una pioggia di libri mi si avventa contro. Schivo i primi due libri con inaspettata agilità, poi “Le grandi ricette” mi centra in pieno viso, facendomi cadere a terra. Vorrei rialzarmi in piedi, ma il vocabolario di inglese mi colpisce alla bocca dello stomaco, con la forza di un pugno tirato da un picchiatore professionista. Cerco disperatamente di respirare, mentre mi rannicchio in posizione fetale, chiudendo gli occhi e proteggendomi la testa con le braccia. Mentre aspetto che la furia di Beatrice si plachi vengo colpito ai fianchi, alla testa, sulle gambe. «Basta Beatrice! Per l’amor di Dio…» «Basta? Cosa significa basta? Voglio portarti ad odiare la vita, come me l’hai fatta odiare tu.» Dopo queste parole, inaspettatamente, la tempesta si placa e apro gli occhi per capire cosa succede. La stanza è nel disordine più totale. i libri sono ovunque: sul pavimento, sul divano, sui mobili. Il mio smartphone è per terra, a un paio di passi dalla mia posizione, in mezzo a “Vedere bene senza occhiali” e “L’ultimo mago”. Speriamo non si sia rotto. Allungo la mano per prenderlo, quando una gracchiante voce proveniente dal microfono mi fa sobbalzare. «Vediamo se ti piacerà ancora fare il cretino con i tuoi amici, dopo che ti avrò cavato gli occhi. Passerai il resto della tua inutile vita immerso nel buio e nella solitudine, come nel posto in cui mi trovo adesso per colpa tua!» Mi giro di scatto e vedo due coltelli da cucina volare nella mia direzione. Dovrei scappare, cercare di usare un libro per difendermi, ma i muscoli non reagiscono ai miei comandi. Rimango seduto per terra a fissare le lame che si avvicinano velocemente. Questa volta mi sa che...»
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«...Ci siamo. Ritengo abbastanza squallido perdere la mia verginità sul sedile di una Ford Focus, ma se voglio tenermi stretto Luca non posso fare la difficile. È già sopra di me e sta slacciandosi i jeans. Sto sollevando il bacino per sfilarmi la minigonna, quando un flash di luce bianca esplode nel mio cervello e lo vedo. Vedo mio fratello rannicchiato per terra, che si copre la testa con le mani. Percepisco la sua paura, la sua impotenza, mentre viene colpito ripetutamente su tutto il corpo. Riemergo da quella visione boccheggiando e allontano, con entrambe le mani, Luca lontano da me. «Togliti subito! Devo andare via!» grido, spingendo luca sul sedile di fianco al mio. «Andare dove?» risponde luca guardandomi con aria interrogativa. «Senti non posso spiegarti, ma ho avuto una visione e devo correre da mio fratello. È in pericolo!» Luca mi guarda stranito, come se si fosse improvvisamente reso conto di stare parlando con un alieno. «Ti chiamo domani ok? Buona notte, amore.» lo saluto, baciandolo frettolosamente sulle labbra. Apro la portiera e scendo dalla macchina, correndo verso il motorino parcheggiato poco distante. Ho appena estratto le chiavi dalla borsetta, quando Luca mi afferra per un braccio, costringendomi a girarmi. «Che cazzo hai intenzione di fare?» mi urla contro, stringendomi il bicipite sino a farmi male. «Mi sono fatto un culo così per farmi prestare la macchina da mio padre, e tu te ne vieni fuori con questa scusa assurda? Ora torniamo in macchina e me la dai senza fare storie, chiaro?» »E se io non volessi?» Lo schiaffo mi coglie di sorpresa. Due lacrime sgorgano dai miei occhi, mentre mi tocco, incredula, la guancia con una mano. Mi avvicino a Luca e sollevo di scatto il ginocchio, colpendolo al basso ventre. Esulto dentro di me quando strabuzza gli occhi, si porta le mani sull’inguine e cade in ginocchio, mugolando come un cane. «Vai a scoparti tua madre, coglione.» sibilo tra i denti mentre salgo sul sellino del mio scooter. Spero solo che non sia...
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...Troppo tardi. Non riuscirò mai a evitarle. Questa volta sono fottuto. Improvvisamente sento Beatrice gridare, mentre i due coltelli fremono per qualche istante a mezz’aria per poi cadere a terra. Con le ultime forze rimaste afferro lo smartphone e lo agito di fronte a me, cercando di inquadrare lo spazio che ho davanti. Ma cosa sta succedendo? Beatrice è finita alla mia destra, il viso deformato da una espressione di dolore, mentre con entrambe le mani si tappa le orecchie; la bocca è spalancata in un urlo muto. Dietro di lei una forma più grande, ammantata di luce, le sta stringendo il cranio con entrambe le mani. Riconoscerei quella figura ovunque: i lunghi capelli neri, il neo sulla guancia sinistra, lo sguardo dolce, leggermente increspato da un’espressione risentita, proprio quella che assumeva quando mi sgridava. «Giù le mani da mio figlio, anima dannata.» Risentire la sua voce, dopo tanti anni, porta a galla lontani ricordi, che mi sfiorano il cuore con dolorose carezze. Immediatamente i miei occhi si inumidiscono. Il fantasma di Beatrice scompare lentamente nel nulla, come un disegno sulla lavagna sotto i colpi del cancellino. Il velo di lacrime che ho davanti agli occhi mi impedisce di vedere correttamente, per cui lo asciugo con il dorso della mano, deglutisco a fatica un groppo di commozione e finalmente riesco a balbettare un «Mamma:sei proprio tu?» La fisso per qualche secondo attraverso lo schermo dello smartphone poi, come un bambino che si è smarrito nella folla, le corro incontro a braccia aperte per godermi un abbraccio rassicurante. Purtroppo il movimento appena compiuto allontana lo schermo del telefonino dal mio viso impedendomi di vederla, e mi ritrovo a correre verso il nulla come un deficiente. «Christian, abbiamo poco tempo: potrebbero arrivare.» il microfono mi trasmette la sua voce decisa, mentre un brivido mi percorre come una scossa elettrica. «Potrebbero arrivare... chi?» le dico, mentre, agitando il mio Samsung, riesco ad inquadrarla di nuovo. «Il tuo smartphone è visibile nell’altromondo come un faro nella notte, e sta indicando la tua posizione a qualunque entità ci sia nei dintorni. Stammi bene a sentire...» «Non me ne frega niente! Io e te affronteremo tutti i fantasmi del mondo e rimarremo sempre insieme!» «È proprio questo il problema, tesoro. Io non posso più rimanere con te, Devi lasciarmi andare.» Quest’ultima frase mi colpisce come il montante di un pugile. Rimango interdetto, il telefono davanti al mio viso, il respiro troncato a metà. «Ma perché dici questo, mamma? Cosa c’è che non va? Io...» « Il tuo dolore, le tue lacrime, la tua sofferenza mi impediscono di lasciare queste mura. la tua cocciutaggine nel credere che io faccia ancora parte della tua vita è così forte, che ha minato il delicato equilibrio che stabilisce la linea di demarcazione tra questo e l’altro mondo. La tua amarezza, il tuo atteggiamento, mi tengono ancorata qui...» «E non sei contenta? Puoi vederci, sentirci. Puoi stare ad ascoltare quello che ci è capitato durante la giornata. È come se tu fossi ancora viva!» Mamma rimane in silenzio a guardarmi. Nei suoi occhi leggo una tristezza che mi spezza il cuore. «Ma io no sono viva! Non posso toccarvi, abbracciarvi, baciarvi. Sono in mezzo a voi, sempre, ma nessuno mi vede o mi rivolge la parola. Tu non sai quanto mi faccia star male il non poter parlare con voi, non poter partecipare alla vostra gioia, consolarvi nei momenti bui. Christian se mi vuoi bene, devi rinunciare a me.» «Rinunciare a te?», la mia risata riecheggia beffarda nella stanza. «Come hanno fatto Chiara e papà? A quei due non frega niente di nessuno! Appena te ne sei andata, hanno subito trovato qualcuno con cui sostituirti.» «Non è così. Il dolore che avevano dentro era così grande che si sono aggrappati disperatamente alla prima persona che ha dimostrato amore nei loro confronti. A papà è andata bene e ha trovato in Lorena una brava persona, che lo fa sentire di nuovo integro, come uomo e come padre. Chiara invece è ancora troppo giovane e sceglie con troppa leggerezza a chi donare il suo amore. Per questo non ha ancora trovato la persona giusta per lei.» «E cosa dovrei fare? Dovrei andare in giro felice e contento? Amare la vita dopo quello che mi ha tolto?» ribatto prontamente, mentre due lacrime vigliacche mi scivolano lungo le guance. «Non riesci a capirlo? Papà e Chiara, donando amore hanno ricevuto in cambio amore, un sentimento fortissimo che li aiuta ad andare avanti, che gli permette di curare la ferita che la mia morte ha causato in loro. Hanno riempito con l’amore il vuoto che avevano nel cuore. Tu sei andato in giro carico di rabbia e odio verso il mondo e che cosa hai ottenuto?» «Ma mamma, non voglio dimenticarti...» «Non devi dimenticarmi, tesoro mio.» mi risponde con la voce carica di dolcezza. «Devi solo smettere di desiderare che io possa rimanere sempre con te. Io non faccio più parte di questo mondo. Lasciami raggiungere la luce e la pace eterna. Non puoi tenermi imprigionata in casa, contro la mia volontà per soddisfare il tuo egoismo.» Le sue parole mi colpiscono con la forza di un maglio e vengo sommerso da una valanga di emozioni contrastanti. Rifletto sul mio egoismo che fa soffrire la mamma, penso a Beatrice, vittima sacrificale del mio odio verso il mondo, ai miei amici, a mia sorella, a papà, che ho allontanato dalla mia quotidianità ritenendoli indegni di capire la mia disperazione. Sono proprio uno stronzo! «Cosa devo fare per mandarti via?» chiedo con un filo di voce. «Ti basta rinunciare a me. Chiedermi di lasciare questo mondo e di dirigermi verso la luce, penso che possa bastare.» Con un profondo sospiro spengo il cell. Mi inginocchio e stringo i pugni mentre le parole mi escono a fatica dalle labbra. «Mamma, ti ordino di...»
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«...Ti ordino di aprirti, maledetta porta!» Si è pure chiuso dentro, ma che cosa ha nel cervello mio fratello? Segatura? Spalanco la porta e mi ritrovo davanti ad uno spettacolo incredibile. Non ho mai visto un casino simile! La sala d’entrata è piena di libri sparsi per ogni dove e mio fratello è inginocchiato per terra, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il viso rigato di lacrime. «Christian, che cazzo è successo? Si può sapere...» Mio fratello si gira, mi fissa con viso inespressivo, gli occhi gonfi di pianto. Si alza lentamente e barcolla verso di me come un ubriaco, allargando le braccia. «Chiara, non chiedermi niente. Abbracciami ti prego.» «Chri, stai bene? Ti ho visto in pericolo, ho avuto tanta paura...» Mio fratello non risponde e mi abbraccia, stringendomi fino quasi a farmi male. Sprofonda il viso nei miei capelli alla base del collo e, dopo aver tirato su col naso, comincia a fare un discorso senza senso. «La mamma, soffriva perché io... allora l’ho fatta andare... ho ripristinato l’equilibrio... ora non la vedremo mai più...» Le sue parole si trasformano in un acuto mugolio, poi scoppia in un pianto disperato. Non ho mai sentito mio fratello piangere così. I suoi singhiozzi mi sciolgono il cuore e liberano tutta la tensione che ho accumulato nel corso della serata. Per un attimo mi balena davanti l’immagine di quel cretino di Luca. Lo stringo forte a mia volta e piango con lui.
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Ho chiesto a Chiara di non chiedermi nulla. Le ho detto che avevo bisogno di metabolizzare quello che era successo e che le avrei spiegato tutto nei prossimi giorni. Mi ha sorriso annuendo col capo e mi ha aiutato a mettere a posto il casino che c’era in sala. Questo suo modo di starmi vicino mi ha fatto ritornare bambino, quando la mamma, esasperata dal disordine imperante in camera mia, minacciava di non farmi uscire di casa finché non avessi messo a posto tutto. Allora mi mettevo a piangere, finché mia sorella non entrava in camera e mi dava una mano a rimettere ordine. Ora sono le quattro e sono stanco morto. Non vedo l’ora di mettermi a letto. Domani chiamerò Davide e Fra e gli chiederò se hanno voglia di venire al mare con me e con Chiara. Ho bisogno della loro compagnia e della loro amicizia se voglio iniziare a superare questo brutto momento. Solo ora sto iniziando a realizzare che la mamma se n’è andata via per sempre, e non posso sperare di colmare con le mie sole forze questo vuoto che ho nel cuore. Domani mattina telefonerò a papà. Ho deciso di cancellare, con un colpo di spugna, tre anni di litigi e incomprensioni e voglio provare a costruire un rapporto maturo e amichevole con Lorena. Ha sempre cercato di legare con me e l’ho sempre respinta. Da domani proverò ad aprirmi anche con lei. Non sarà facile tornare a vivere dopo questi tre anni d’inferno, ma ce la metterò tutta. Accendo la luce in camera mia e rimango di sasso. Dalla finestra, lasciata aperta, fa il suo ingresso una piuma, lunga una trentina di centimetri, completamente bianca, che volteggiando lentamente si posa sul letto. Sembra la piuma dell’ala di un angelo. Mi precipito verso la finestra e alzo istintivamente lo sguardo verso l’alto, ma l’unica cosa che riesco a vedere è un cielo pieno di stelle. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente l’aria mattutina. Mi piace pensare che quella candida piuma sia l’ultimo regalo della mia mamma e mi piace credere che la folata di vento che mi sta scompigliando i capelli, sia una sua carezza. Buonanotte mamma. Buonanotte ovunque tu sia.
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