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Skannatoio Luglio-Agosto 2018, Corpo spezzato. Mente infranta.

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view post Posted on 11/7/2018, 21:50
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Questa storia è una mia libera interpretazione della storia vera di Phineas Gage. Tutti i fatti in essa riportati potrebbero non corrispondere a verità.


La ghiandola del male
di Nazareno Marzetti

I miei occhi sono talmente stanchi che a stento riesco a trattenerli entrambi aperti, ma la mia eccitazione è tale che non posso rimandare al sorgere del nuovo sole la scrittura di questa lettera.
Alzo lo stoppino della lampada, in modo da avere una luce forte che si dipani sullo scrittoio. Cosciente dell’olio che sto sprecando, impugno la piuma e inizio a vergare il mio scritto.


Alla cortese attenzione dell’illustre professor Montgomery Whittle,
università di Yale, Connetticut

La storia che mi accingo a raccontarle ha importante attinenza con i suoi studi sull’animo umano e sono convinto che la troverà quantomeno interessante.
Essa inizia la scorsa settimana, il primo luglio del 1853, quando la signora Annabelle Gage si è presentata nel mio studio. Essendo vicina l’ora del tè, al sentire le prime parole del racconto, l’ho invitata ad accomodarsi nel salottino offrendole il miglior tè nero che si possa trovare in questo angolo sperduto di mondo.

Vede, dottore, mi disse, sono qui per mio marito. Sono anni che è così e non so più come fare. Ho paura che si faccia del male.
L’altra sera eravamo nella nostra cucina. Avevo preparato lo sformato di patate. Erano patate novelle, mi erano costate ben quattro penny in più. Lo servo in tavola appena rientra mio marito.
Appena entra in casa mi sorride. Era un po’ che non lo vedevo sorridere e la cosa mi ha fatto piacere.
«Come è andato il viaggio?» gli chiesi.
«Benissimo. C’era un solo passeggero e ha dormito per tutto il tempo.»
«Ottimo» gli risposi, facendogli il piatto. E a quel punto iniziò l’inferno.
«Che è questo?!» mi urla contro cose così blasfeme che ho timore persino a ricordarle.

L’ha picchiata? Le ho chiesto, interrompendo il suo racconto.

No. Avevo paura che lo facesse, ma poi ha raccolto la pentola e ha mangiato tutto lì. Alla fine disse anche che era buono, ma per farlo usò di nuovo tali blasemie che… non mi ci faccia pensare. Quella sera ho avuto paura ad andare a dormire nel letto. Gli dissi che dovevo finire di rassettare casa.
Quando si svegliò la mattina dopo mi disse soltanto «Torno tra tre giorni.» Non so dove andasse né mi chiese perché avessi dormito sul tavolo della cucina. Anzi, credo che non se ne fosse neanche accorto.
Questo è stato solo un esempio. Succede ogni volta che torna a casa, ma succede anche a lavoro. Con i cavalli se la cava bene, a quei figli di Satana non importa la blasfemia, anzi li sprona, ma ascolti quello che mi ha raccontato la mia amica Maybelle.

Circa una settimana fa, mi disse, mio marito era all’emporio per prendere dei chiodi. Il signor Britton li aveva finiti e non sarebbero prima di qualche giorno. Non l’avesse mai detto! Mio marito è esploso in una serie di insulti e ha cominciato a prendere a calci qualsiasi cosa si trovasse nel negozio. Persino il signor Britton è scappato! Quando tornò a casa era pieno di ferite. Aveva preso a pugni anche la vecchia caldaia. Mentre lo curavo è scoppiato a piangere e pareva non voler smettere, ma mi diceva che non stava piangendo. Non è assurdo tutto ciò?

Probabilmente se non l’avessi fermata avrebbe continuato a raccontarmi aneddoti per tutto il pomeriggio. Quanto aveva bisogno di sfogarsi quella signora, ma a me premeva di sapere di più di questo suo marito così le chiesi di raccontarmi quando erano iniziati questi episodi.

Era un giorno di primavera di cinque, no sei anni fa. Riprese. Non so di preciso cosa sia successo, me lo ha raccontato Gil, che all’epoca lavorava con lui. Stavano costruendo il nuovo tratto della ferrovia. Faceva un caldo bestiale, nonostante fosse ancora aprile. I lavori procedevano lentamente e per questo il capo cantiere, il signor Thrope, un omone poco raccomandabile glielo assicuro. Una volta ho portato il pranzo a mio marito e questo tipaccio mi ha scacciata manco fossi una figlia del diavolo. Distraevo gli uomini diceva. Dicevo, il capo cantiere urlava più del solito. Mio marito doveva preparare l’esplosivo per far saltare un masso che stava proprio sulla traiettoria dei binari. Non so cosa sia andato storto: mio marito aveva fatto quel lavoro un sacco di volte, ma quella volta la polvere da sparo scoppiò. Sa cosa disse il signor Trope? Che adesso avrebbero perso una giornata di lavoro! Mio marito aveva una sbarra di metallo conficcata in testa e lui si lamentava del tempo perso! Si rende conto?

Posso immaginare la tua espressione, caro amico. Io stesso ci rimasi male nel sapere che il signor Gage è ancora vivo nonostante avesse avuto una sbarra di metallo conficcata nel cranio. La signora mi raccontò di come il marito fosse già cosciente quando lo portarono a casa subito dopo l’incidente e di come, una volta rattoppato dal medico di quel paesino sperduto, fosse in grado di alzarsi e camminare autonomamente. Ma il suo carattere era completamente cambiato, come se fosse un’altra persona. Ho voluto conoscerlo, così diedi alla signora un appuntamento per la settimana successiva, raccomandandole di portare anche suo marito. Le promisi che avrei cercato di guarirlo.

Per quel giorno mi ero liberato di tutti gli altri appuntamenti. So che puoi capirmi: non capita ogni giorno di incontrare una persona sopravvissuta a un tale incidente, in particolar modo che riportava tale cambiamento nella personalità. I coniugi Gage arrivarono in anticipo.
«Buongiorno» li salutai.
«Chi è questa faccia butterata?» esordì invece Phineas, aggiungendo alcune blasfemie che non ritengo utile riportare.
«Dottor Bartholomew Brewer» risposi senza perdere la calma, e porgendo la mano. La stretta dell’uomo era decisa, di chi era abituato al lavoro duro, ma non ostile. «Lei è il signor Phineas Gage, immagino.»
«Sì, sì. Mi spieghi che ci faccio qui?»
«Te l’ho spiegato ieri caro» intervenne la signora Gage. «Il dottore dice di poterti curare.»
«Da cosa?»
«Be’… Da… Come sei diventato dopo l’incidente.»
«Annabelle!» esclamò afferrandola per le spalle. «Sono io! Non ho niente che non vada.»
Temetti che la signora Gage scoppiasse in lacrime così intervenni, offrendo loro del buon tè.
A parte la blasfemia con cui condiva ogni singola frase, il signor Gage pareva padrone delle sue azioni e delle sue parole.
«Lei è cosciente di quanto ha appena fatto?» osai chiedergli a bruciapelo.
«Che cosa intende?»
«Ha strattonato sua moglie.»
«Sì» rispose, come se per lui fosse la cosa più normale del mondo.
«Voleva fare del male a sua moglie?» lo incalzai.
«Assolutamente no.»
«Eppure stava per fargliene.»
«No.»
Decisi che quella conversazione non mi avrebbe portato niente di più così cominciai a chiedergli del suo lavoro.
«Com’è il rapporto con i suoi cavalli?»
«Ottimo.»
«Me ne parli in dettaglio.»
Quella che seguì fu una lista di atrocità che l’uomo imponeva ai suoi poveri animali tale che dovetti chiedere alla signora di continuare la nostra conversazione in privato.
A quel punto potei osare chiedere di più. Di sua moglie in particolare.
Phineas non è un uomo violento e questo l’ho potuto constatare dal suo racconto. Ma è come se non comprendesse più la differenza che intercorre tra il bene e il male. Ipotizzai che la barra di metallo che gli trapassò il cranio avesse in qualche modo sollecitato qualche ghiandola nel cervello. Una sorta di ghiandola del male. Se avessi potuto aprire il suo cranio, avrei potuto capire qual’era tale ghiandola e in tal caso asportarla o comunque silenziarla.
Alla mia proposta di una operazione si mise ad urlare. A suo avviso stava bene gli andava bene vivere così. Non voleva essere guarito. Iniziò a urlare e a prendere a calci le cose nel mio studio. Con fatica riuscì a portarlo fuori dal mio studio. Come ho detto, era blasfemo, ma non violento. Non se la prese con me solo con gli oggetti inanimati, come se un briciolo di sentore del bene e del male fosse rimasto. Cosa che rendeva più interessante la sua situazione. Ma non potevo operarlo contro il suo consenso, così rimasi con la promessa che la moglie mi avrebbe aggiornato sulle condizioni di suo marito e li lasciai andare.

Essendosi fatta una certa ora mi offri di trovare loro alloggio nella vicina locanda gestita dalla signora Tennison. La signora Tennison fu molto cortese. Porta avanti la locanda da sola da quando il marito era morto lasciandola con una figlioletta che quest’anno compirà undici anni.
Ti accenno di lei perché il mattino dopo tornò la signora Gage, trafelata, implorandomi «La prego! Mio marito è stato arrestato!»
Mi ci volle un po’ per calmarla e farmi spiegare la situazione.

Questa mattina, mi dice, siamo stati svegliati da un poliziotto. Capisce l’imbarazzo? Io ero in vestaglia e mio marito… be’, dall’incidente non sopporta di dormire con qualcosa addosso. Insomma, appena il poliziotto lo ha visto ha esitato appena un secondo e poi ha gridato «Lei è in arresto!»
«In arresto?» risponde mio marito. «E per cosa?»
«Per il rapimento di Jace Tennison. Confessi e le sarà accordata una pena minore.»
Noi non sapevamo neppure chi era questa Jace. Fu il poliziotto a spiegarci che era la figlia della padrona della locanda che ci ha indicato. La prego, ci aiuti.

Non potevo dire di no a una signora in lacrime. Dovetti nuovamente prendermi la mattinata libera e mi recai insieme alla signora Gage alla polizia, dove potei parlare con il poliziotto che aveva arrestato Phineas.
«È ovvio che sia stato lui!» mi disse. «Lo guardi!» e mi indica la cella dove viene tenuto. Da solo e urlante che prendeva a calci le sbarre e tutto quello che trovava in cella.
«Posso capire che appare un po’ nervoso, ma le posso assicurare che è legato all’incidente che ha avuto qualche mese fa. Dubito che possa essere portato ad azioni complesse come architettare un rapimento.»
«Be’, ci vuole più che una sua ipotesi, non crede?»
«Ha ragione: se mi permette di parlare con quell’uomo ed esaminarlo posso darle risposte più certe.»
«Non si faccia uccidere» mi rispose cercando le chiavi. «Non ci serve un altro morto oggi.»
Da quello che mi disse, deduco che Phineas fu contento di vedermi, anche se il modo in cui lo disse avrebbe tratto in inganno chi non conosceva la sua situazione. Credo che vivesse in una sorta di dicotomia: l’unico modo che ha di esprimesi è attraverso la violenza verbale e la blasfemia e questo va a confermare le mie ipotesi su una sorta di ghiandola nel cervello che se troppo stimolata provoca questa reazione.
Mi permetto di semplificare la conversazione che abbiamo avuto escludendo nuovamente gli insulti e la blasfemia.
«Non so cosa sia successo» mi dice. «Questa notte non sono uscito dalla camera di quell’alloggio.»
«Posso immaginare. Ho spiegato alla guardia che lei non sarebbe in grado di fare una cosa simile.»
«Grazie.»
«Purtroppo è stato poco utile: la guardia è convinta della sua colpevolezza. Torno a proporle quello che le ho proposto ieri» aggiungo prima di essere investito da una nuova pioggia di insulti. «Mi permetta di studiare il suo caso e di guarirla.»
«Crede sia possibile?»
«Non lo saprò se non posso provarci. Ma potrebbe permettermi di convincere il giudice della sua innocenza.»
Quest’ultimo argomento parve convincerlo. «Quando può farlo?»
«Anche oggi pomeriggio se lo desidera.»

Aprì la calotta cranica senza problemi e riuscì a studiare in dettaglio ogni passaggio del tubo. Purtroppo non ho trovato la ghiandola del male, e quindi non ho potuto eseguire nessun intervento correttivo. Le allego tutti i disegni di quanto ho visto con dovuto dettaglio medico sperando che grazie al suo prezioso consiglio, possa trovare tale importante organo.

Distinti saluti

Dott. Bartholomew Brewer


Rileggo con attenzione la lettera per poi chiuderla e apporvi l’indirizzo dell’università di Yale. È troppo tardi e mi si chiudono gli occhi. Sarebbe imprudente da parte mia procedere alla successiva fase del mio studio in queste condizioni: il tubo ha attraversato il cranio del signor Gage con una precisa angolazione. Devo riposarmi bene se voglio riuscire nel riprodurre tale condizione con il cranio di Jace.
 
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view post Posted on 15/7/2018, 09:42

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LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA di Alexandra Fischer

La ragazza si risveglia da un sonno fatto di incubi aggrovigliati nei quali non è mai entrata nella Casa Gialla, ma quando si ritrova nel letto basso prende coscienza dell’aspra realtà.
L’hanno portata lì dopo che ha inseguito la sua cavalcatura nel tentativo di salvarla dal Muro delle Bocche.
Il dolore per la perdita del suo compagno di viaggio si somma a quello per la perdita del braccio destro.
I suoi occhi corrono al moncherino cauterizzato e fasciato: la consapevolezza che la sua bussola è finita nello stomaco di una delle creature invisibili la ferisce nel profondo.
Vede i punti cardinali aggrovigliarsi nella sua mente e prova una fame feroce.
Dà ragione al viandante che l’ha avvertita sul ciglio della strada: creature come quella hanno il potere di amputare il corpo e dare colpi di maglio alla psiche.

La bocca dai denti a dieci file è a riposo dopo il pasto quotidiano, sta digerendo il cavallo scarlatto con evidente soddisfazione: aveva un bel po’ di grasso e muscoli addosso, segno che la padrona lo accudiva bene.
Quest’ultima, invece, non la soddisfa granché, quel braccio che le ha strappato è un po’ troppo ossuto per i suoi gusti e poi, per la prima volta nella sua carriera di divoratrice, le ha lasciato due ricordi indigesti: una bussola proveniente da un luogo alieno e i frammenti di una mente del tutto folle.
Non ne capisce i pensieri e la irrita la curiosità con la quale le si è avvicinata, nel tentativo di vederla, prospettiva che trova orribile, visto che ha scelto di rendersi invisibile proprio perché stufa di vedersi scappare le prede a causa della sua bruttezza, atteggiamento condiviso dagli altri esemplari della sua stessa specie.
Per sua fortuna, al momento dell’intrusione di sveglia c’era solo lei, altrimenti sarebbe stata già stata spacciata per via del cambiamento avvenuto nel suo corpo dopo aver ingerito la bussola.
Le creature che coabitano con lei hanno la sua stessa caratteristica, un corpo rivestito da una membrana trasparente attraverso la quale si scorgono i visceri e anche una grossa intolleranza nei riguardi di tutto quello che interrompe le solite abitudini.
Nessuna delle bocche ha la necessità di spostare il corpo per cercare il cibo: è quest’ultimo che cade fra i loro denti.
E non si tratta solo più di divorare creature solitarie più piccole di loro e con il corpo altrettanto trasparente.
Gli ultimi arrivi sono rosei e con un gusto simile a quello degli esemplari trasparenti che compaiono nelle pozze d’acqua quando la luce diventa grigiastra.

Nella Casa Gialla un paio di voci sale di tono nella stanza principale, malgrado ci siano parecchi malati bisognosi di riposo nelle camere vicine.

«Ho diritto di vederla più di te, dopo aver preparato i soccorsi»
«Sì, ma sono stato io a trovarla vicino a quel muro. Complimenti per essere arrivato secondo, quanto a preveggenza»
«Eh, no. Senza di me non avresti visto dove si trovava. Sai come fanno quegli schifosi, rendono invisibili anche i loro pasti. Io sono stato investito dal pensiero di uno di loro: oltre al braccio ha inghiottito la bussola e ora non sa come fare per liberarsene».
Lo sguardo del suo interlocutore si fece più tagliente del bisturi laser usato per le amputazioni: «Così io sarei l’eterno secondo, eh? Ti farò pentire di quello che hai detto. Dalygmar sceglierà me»
«Non esserne troppo sicuro, Hasi. A meno che tu non sia in grado di farle fare affari con il demonio».
Il suo rivale si allontana ridendo, ma ignora di essersi avvicinato di parecchio al vero.
Dalygmar non è in rapporti con il demonio come lo conoscono gli abitanti del lotto accanto al Muro delle Bocche, ma ha di meglio.
Ha trovato un cunicolo scavato delle creature minuscole che fanno loro da preda, mettendo in guai molto grossi una delle bocche: è sicuro che darà presto sue notizie, pur di liberarsi da quel corpo estraneo.
Poco prima dell’incidente ne ha parlato proprio allo scopritore del lotto: niente meno che il padre di quell’idiota.
Schützman padre è già meglio di suo figlio, se non altro ha messo in guardia Mathias dall’insuperbire riguardo alla scoperta di una nuova terra oltre al Muro delle Bocche. Per arrivare a trasformarla in un nuovo lotto, dovranno superare lo sbarramento costituito dai quei mostri invisibili.
E poi, a differenza di Mathias, è l’unico a chiamarlo con il suo vero nome, Ludwig e non con quel nomignolo che allude alla sua dentatura sporgente.
Certo, ha preso molto sul serio il ruolo da capo, impedendo persino a lui di vedere Dalygmar affinché possa superare il trauma in tutta tranquillità.
Eppure, lui deve assolutamente riportarla al cunicolo.

Ludwig attraversa il cortile per andare nell’ufficio di Schützman in un bagno di sudore gelido.
Si sente osservato da una presenza malevola e si guarda intorno, aspettandosi di vederla sbucare dalle navicelle di esplorazione.

La gigantesca creatura che sta guardando Ludwig è acquattata a poca distanza dall’ingresso del cortile.
Per la prima volta nella sua vita si è staccata dal muro, trascinata in quel luogo dal dolore ai visceri e dall’istinto di ritrovare la sua preda: non per finirla, bensì per provare sollievo da quel dolore e salvarsi la vita.
Ha molti graffi e morsicature addosso, conseguenza della lotta compiuta per sfuggire alle sue simili che ora la vedono come un’estranea buona da mangiare.
E, a proposito di cibo, il tragitto compiuto e la scarsità di prede negli ultimi tempi le hanno fatto venire un certo languore, ma nel cortile non ha trovato di che farselo passare: le creature cilindriche addormentate non sono commestibili, malgrado il loro fracasso quando volano.
L’unico essere commestibile che le sta camminando davanti le serve per farsi curare: pur di stare meglio è disposta anche ad adattarsi a individui come quelli, ed è molto.
Sono anche peggiori delle sue simili, quanto a prepotenza e avidità: prima di lasciare il muro ne ha visti litigare due nei paraggi.
Li considera fortunati a evitare di svegliare le altre bocche, saziate dalle prede che lei ha catturato senza poterle mangiare.
Ecco qualcosa da mostrare alla creatura della bussola.
Pensa che le interesserà molto.
Osservando una delle appendici del corpo vermiforme alla quale è attaccata, la Bocca capisce di avere buon gioco con quegli esseri per un altro motivo: ogni parte mutilata si auto ripara.
Ha un solo grosso problema: il suo aspetto.
Gli esseri dalla pelle rosata non riescono a vederla, eppure lei può farlo con loro.
Anche le sue simili le hanno fatto notare che è così compiacendosi di quel vantaggio quando hanno fame.
In quel momento non lo è per niente: pertanto la creatura decide di usare parte dei pensieri estranei che le ha fatto venire la bussola per farsi scorgere da quegli esseri e il suo colore diventa rosato.


Ludwig ha paura della creatura che invade la porta, ma Dalygmar la invita a entrare: una parte di se stessa la riconosce e sa bene cosa vuole fare: «Eccomi, sono pronta a ritornare quella di prima, non importa come»
La creatura l’abbraccia e Dalygmar avverte un formicolio fortissimo nel moncherino, ma anche la sua mente sta cambiando: vede tutta l’estensione della terra che si trova al di là del Muro delle Bocche e capisce di poter ottenere altri lotti per la sua gente, cedendo due individui: Mathias e suo padre.
Il braccio menomato le ricresce a vista d’occhio: il risultato finale è un arto molto simile ai peduncoli della creatura, ma è fornito di cinque dita prensili.
L’articolazione del gomito contiene la bussola, ma quel particolare non spaventa affatto Dalygmar.
«Ora mi sento meglio» dice a Ludwig «guarda, potrò di nuovo rendermi utile per indicare all’intero lotto la mappatura esatta delle terre da colonizzare. Ormai aspettano solo noi».
Il giovane, intimidito dalla creatura rimasta accanto al letto, annuisce tremante, ma sa che cosa è successo, quei due sono rimasti in ostaggio delle Bocche a causa di Dalygmar e saranno gli unici a non partecipare al trasferimento.
Osservando il gomito della sua ragazza, vede che al posto dei punti cardinali terrestri c’è una mappa costituita da un reticolo luminoso e pulsante.
Allora comprende le perplessità iniziali di Schützman quando si è trattato di ammetterla nel gruppo di neo proprietari del lotto sul Pianeta dei Sussurri.
Sulla Terra, sovraffollata dal crogiolo di razze umane e aliene originatosi nell’epoca dell’Odissea Spaziale, persone di razza mista come Dalygmar erano spesso problematiche per via della loro morale lontana dagli scrupoli umanitari.
E la ragazza minuta dagli occhi argentati che si sta alzando dal letto ne è l’esempio.
Diviso fra amore e paura, Ludwig prende la sua decisione: «Hai ragione, cara, ma organizzerò io il viaggio»
Dalygmar gli indica la creatura: «Verrà con noi. Ha promesso che ci proteggerà da quando cominceremo ad ampliare il cunicolo»
«Va bene»
La ragazza gli sorride e lo bacia sulle labbra, dicendogli poi all’orecchio: «Sono sicura che sarai un ottimo capo e non preoccuparti per gli altri. Ascolta».
La versione dei fatti di Dalygmar è talmente credibile da spaventarlo, ma Ludwig è costretto a servirsene per convincere la parte in soprannumero dei proprietari del lotto ad affrontare il viaggio: «Schützmann e Mathias sono morti dopo aver salvato la vita a questa creatura, colpevole di aver aiutato una di noi a scampare dalle fauci delle sue simili. In cambio, ha deciso di aiutarci a ottenere lo spazio che ci serve per vivere».

La gente gli crede, ottenendo un lotto persino migliore di quello che ha lasciato ed è lieta di averlo come capo.
Ludwig, malgrado sia diventato il numero uno, è sempre teso e non solo per la fatica di doversi spostare di continuo fra i due lotti a causa della sua carica: appoggiando Dalygmar, si sente amputato di una parte di sé, quella incapace di fingere.
Vede benissimo le lacrime della ragazza, sola fra gli agi della nuova casa, ma non ha più niente da dirle.
Dalygmar, invece, spera di riavere il Ludwig di prima, ed è la più disperata dei due.
 
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view post Posted on 15/7/2018, 11:23
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"Ecate, figlia mia..."

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Un giorno o l'altro dovete insegnarmi come fate a scrivere cose brevi. Io ogni cosa a cui metto mano si trasforma in racconto medio-lungo :p095:
 
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CITAZIONE (Gargaros @ 15/7/2018, 12:23) 
Un giorno o l'altro dovete insegnarmi come fate a scrivere cose brevi. Io ogni cosa a cui metto mano si trasforma in racconto medio-lungo :p095:

Ah non lo so... questo ho dovuto impegnarmi per farlo così lungo. Alla fine non sapevo più come allungarlo ancora :D
 
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view post Posted on 16/7/2018, 11:39
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Custode di Ryelh
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Bene, bene: vedo con piacere che cominciano ad arrivare i primi racconti. Continuate così ragazzi. E scusate se sono poco presente in questo periodo: sto lavorando alla tesi e ho davvero pochissimo tempo da dedicare a tutto il resto.
 
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view post Posted on 31/7/2018, 04:35
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"Ecate, figlia mia..."

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Ieri stavo quasi per dire che non ce l'avrei fatta, ma la depressione s'è un po' attenuata e ho praticamente scritto tre quinti di racconto in poche ore. E poi mi dispiaceva farvi il bidone...

Come sempre, scusate la lunghezza. Ma se vedete che la lettura non vi stimola, potete sempre cioncarlo appena ne avete troppo.

Il racconto è pornografico/demenziale/trash, quindi siete avvisati che ci sono scene abbastanza spinte. VM18.



IL COMPLESSO DI ROCCO






rimosso



Edited by Gargaros - 10/3/2019, 14:08
 
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Custode di Ryelh
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E un applauso anche a Gargaros, che si unisce alla ciurmaglia di questo Skanna. Coraggio, gente: fatemi vedere qualche sorpresa del'ultima ora!!

Non vorrete costringermi a venirvi a cercare di persona e ad obbligarvi a farmi da correttori di bozze per la tesi? :p082: :p082: :p082:
 
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view post Posted on 31/7/2018, 22:33

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AUTOBUS 51

Ore 09:47
Il commissario Moretti arrivò sul posto verso le dieci del mattino, era inizio giugno ma faceva più caldo che a luglio inoltrato.
Lo sbalzo di temperatura, dall’interno climatizzato della gazzella al clima africano che regnava sul fiume d’asfalto della tangenziale, lo fece vacillare. Si diresse con il passo più fermo di cui disponeva verso il luogo dell’incidente: la carcassa accartocciata dell’autobus 51 brillava sotto il sole violento come un’orrenda opera d’arte moderna. Lo spartitraffico di cemento sul quale si era schiantato era penetrato nelle lamiere contorte e non era più visibile. Tutt’attorno si espandeva una larga pozzanghera fatta di olio, diesel e un liquido rossastro che a Moretti sembrò del sangue. Diverse persone, per lo più poliziotti, si spostavano frenetici attorno al relitto. C’era chi scattava foto, chi prendeva appunti e chi invece teneva i giornalisti oltre le barriere che isolavano la zona del disastro.
Moretti vide poco lontano l’ultima ambulanza che era rimasta, al cui interno un infermiere stava medicando una ragazzina. L’ispettore Damato, davanti alla barella, terminò di scrivere le ultime annotazioni e si diresse con passo deciso verso di lui.
«È riuscito a capirci qualcosa?»
«Buongiorno signor commissario, abbastanza poco devo dire.» L’ispettore indicò l’ambulanza.
«Lei è l’unica indenne, salvo qualche ematoma ed escoriazione. Ho finito di interrogarla proprio ora.»
«Sono tutto orecchi.» disse Moretti mentre si accendeva una Philip Morris.

Ore 08:50
Leti si asciugò le mani sudate sui jeans mentre guardava con ansia l’autobus 51 che si avvicinava. Cercò di tranquillizzarsi pensando che non potevano più essere lì sopra, non a quell’ora. Quando si fermò davanti a lei cercò di intravedere dai finestrini se loro erano dentro ma non ci riuscì. Salì per ultima e fu terribilmente sollevata di vedere che Erika e le altre non c’erano. D’altronde era ormai abbastanza sicura che loro prendevano sempre quello delle 08:05, perché era l’unico che le portava a scuola in tempo. A Leti non fregava niente di arrivare in ritardo e delle note sul registro, l’unica cosa importante era stare il più lontano possibile da quelle puttane che in due anni di liceo avevano reso la sua vita un vero inferno. Era ancora in piedi quando l’autobus ripartì, passò vicino a un uomo con la mano ferita e a un altro che sbraitava qualcosa al telefono, poi si sedette in fondo al suo solito posto. Il sedile era rivolto nel senso opposto a quello di marcia e quasi mai c’era qualcuno seduto. A Leti piaceva, vedeva il mondo che scivolava via lontano da lei e le dava l’impressione che non potesse tornare più, purtroppo però ritornava sempre. Si era appena messa le cuffie quando si guardò di nuovo nello specchio portatile che aveva nello zaino. Si era fatta due docce: una appena alzata e una subito prima di partire, così quelle stronze non potevano dire che puzzava e aveva i capelli unti. Aveva scelto l’unico paio di jeans decenti che non la facevano sembrare una pezzente, come la chiamavano loro, e la maglietta di marca più bella che aveva. Doveva mimetizzarsi il più possibile in quella giungla, per tutti doveva essere invisibile, per tutti tranne che per lui. Forse oggi l’avrebbe salutata o l’avrebbe fatto addirittura lei se avesse trovato il coraggio, chissà. Sentì delle urla dietro di lei così alzò il volume dell’I-pad lasciando che i Green Day lenissero la paura e l’insicurezza che tormentavano la sua adolescenza. Ad un tratto sentì due spari, non fece in tempo a voltarsi che ne sentì un altro e l’autobus iniziò a zizzagare bruscamente senza controllo. Terrorizzata vide il mondo ondeggiare fuori dal finestrino come se fosse su una giostra. Guidata dall’istinto e dalla fortuna chiuse gli occhi mentre si aggrappava con tutte le sue forze alla maniglia vicino a lei. Sentì uno schianto e una forza violentissima che la spinse all’indietro e che per poco non le fece perdere la presa, poi più nulla.

Ore 10:10
«In sostanza non ha visto un cazzo.» disse Moretti.
«Beh visto visto, no. Però ha detto di aver sentito l’uomo che era al telefono gridare qualcosa. Sia lui che l’altro dalla mano fasciata, però, sono ancora in terapia intensiva e verranno operati d’urgenza. Dopo l’autista erano i più malmessi.»
«E il collega in borghese?»
«Non è messo molto meglio, non ha ancora ripreso coscienza a quanto ne so.»
«Merda...» Moretti si passò una mano sudata sulla faccia ancora più sudata e si mise in bocca un’altra sigaretta.
«Almeno si sa chi cazzo sono questi due?»
«L’uomo che la ragazzina ha sentito urlare si chiama Alfio Ferraresi, è un agente di vendita di spazi pubblicitari che lavora da molti anni per le pagine bianche, ma attendo ulteriori approfondimenti dalla centrale. Dell’altro tizio non si sa niente perché non aveva documenti con sé.»
«Ma almeno sappiamo a chi dei due appartiene la pistola?»
«Purtroppo no, aspettiamo le analisi delle impronte digitali dalla scientifica.»
«E a che punto sono i tecnici con il filmato della videosorveglianza dell’autobus? Dimmi che hanno potuto salvare qualcosa.»
«Dovrebbero aver quasi finito, l’accompagno.»
I due si diressero verso un furgone della polizia parcheggiato vicino a un guardrail. Gli sportelloni posteriori erano aperti e Moretti poteva vedere due uomini smanettare rapidissimi su delle tastiere, con lo sguardo fisso su dei mini monitor, mentre un terzo si voltava frenetico verso uno e verso l’altro.
«Ciao ragazzi, a che punto...»
«Spero per voi che abbiate trovato qualcosa che spieghi questo casino.» lo interruppe Moretti saltando dentro il furgone che iniziò a dondolare sotto le sue scarpe.
«Buongiorno signor commissario.» disse l’uomo in piedi.
«Sì, dieri proprio di sì. Abbiamo terminato ora di recuperare l’ultimo minuto di filmato dalla scatola nera, glielo mostro subito.»
Schiacciò un tasto e il video comparve sui monitor.

Ore 08:46
Si stava prospettando davvero una pessima giornata per Alfio. Era già stato da quattro clienti e non aveva venduto un bel niente. Eppure erano clienti sicuri che avevano sempre acquistato almeno un trafiletto pubblicitario o persino una mezza pagina. Invece non solo non avevano acquistato ma l’avevano mandato via senza neanche riceverlo, ma lui sapeva il perché. Quel serpente di Andreoli aveva sconfinato nella sua zona, ne era certo. Voleva rubargli tutti i clienti dal suo ormai ben scarno portafoglio, ma se pensava che Alfio non avrebbe lottato si sbagliava di grosso. Chi si credeva di essere quel pivello? Lui e la sua laurea in economia alla Bocconi, il centodieci, il master e i capelli sempre perfetti non contavano niente con l’esperienza pluritrentennale di Alfio. Soltanto perché è stato il più giovane a essere nominato dall’azienda “Miglior venditore del bimestre” non aveva il diritto di fare tutto come gli pareva.
Alfio guardò sul display dell’autobus 51 qual era la prossima fermata, c’era ancora tempo. Tirò fuori il telefono e lo chiamò deciso a dirgliene quattro. Rispose dopo due squilli.
«Carissimo buongiorno.»
«Ciao sono Alfio.»
«Ah sei tu, senti sono impegnato con un cli...»
«Non mi interessa, adesso mi ascolti. Sono già stato da quattro clienti, mi sono alzato alle cinque per riuscire a fare il giro da tutti e sai quanto ho venduto fino ad ora? Niente!»
«E perché mai la cosa mi dovrebbe riguardare?»
«Perché sei stato tu a fregarmeli! Quelli erano i MIEI clienti, li ho sempre seguiti io non avevi nessun diritto…»
«Senti Alfio cosa vuoi che ti dica? Fa parte del gioco è la legge della giungla, dovresti aver imparato ormai. Volevo espandere i miei orizzonti e ho fatto una piccola incursione nella tua zona. Non sapevo neanche che ci dovessi ancora passare da loro. Ho fatto delle visite informale, senza impegno, sono piaciuto e adesso li seguo io.»
«Sei uno stramaledetto bugiardo, lo sai benissimo che i contratti scadono in questo periodo e che loro dovevano rinnovare.»
«Alfio, Alfio, caaalma o ti verrà un coccolone alla tua età.»
«Ma come ti permetti! Chi ti credi di essere!? Sei soltanto un…» era talmente arrabbiato che non riusciva neanche a parlare. Il suo cellullare iniziò a vibrare, segno che aveva una telefonata in arrivo: un cliente. Chiuse subito la chiamata sulla risata di Andreoli e prese la chiamata.
«Sì buongiorno. Grazie per avermi richiamato. Certamente, a che ora? Perfetto, al solito indirizzo? Ah, avete cambiato… un attimo solo che prendo nota.» con il cellulare pizzicato tra la spalla e l’orecchio tirò fuori dalla valigetta un foglietto di carta e una biro. Si appoggiò al vetro per scrivere ma l’autobus fece una frenata e perdendo l’equilibrio andò a urtare il suo vicino.
«Oh, mi scu…» solo in quel momento si accorse che l’uomo vicino a lui aveva una mano fasciata con un lembo di t-shirt inzuppata di sangue. Inorridito fece un passo indietro quando l’occhio gli cadde sul calcio della pistola che spuntava dai pantaloni della tuta. Alfio lanciò un urlo e l’uomo di fronte a lui portò la mano sana verso la pistola. In quel momento un altro tizio seduto di fianco a loro scattò in piedi placcando l’uomo armato. Alfio rimase coinvolto nella colluttazione e cadde a terra. Mentre si riparava con le mani sentì sparare due colpi e pochi secondi dopo uno schianto terribile, poi più nulla.

Ore 10:25
Le immagini sui monitor sparirono nello stesso istante in cui l’autobus si schiantava. Restarono in silenzio per quasi un minuto, poi Moretti uscì fuori dal furgone e si accese un’altra sigaretta. Aveva gli occhi fissi sul rottame dell’autobus.
«Inviate subito il filmato alla centrale. Voglio che i tecnici facciano delle ricerche per capire il prima possibile chi cazzo è quell’uomo. Non possiamo permetterci di escludere nessuna pista, neanche il terrorismo.»
Quella parola sembrò risvegliare tutti dall’orrore in cui quelle immagini li avevano fatti piombare.
«Subito signor commissario.»
Moretti tornò alla gazzella con la quale era arrivato e si attaccò alla radio per fare rapporto. Poi parlò con il questore che gli diede specifiche istruzioni sulle dichiarazioni da rilasciare alla stampa. Moretti odiava parlare ai giornalisti ma quella volta lo fece volentieri così riuscì a posticipare ancora il rapporto che doveva fare al magistrato. Quando infine lo chiamò non fu per nulla contento di sapere che l’ipotesi terrorismo era ancora valida e sfogò la sua frustrazione, e la sua paura, su di lui. Dopo quella serie interminabile di colloqui formali, ormai fradicio di sudore, andò a sedersi all’ombra di un gazebo della scientifica che stava ancora svolgendo i rilievi. Si era appena seduto quando si avvicinò Damato con una pistola in un sacchetto di plastica.
«Finalmente l’abbiamo trovata.»
«Era ora.» disse Moretti mentre l’afferrava.
«Ma… questa...»
«Esatto è una scacciacani. Inoltre la cosa ancora più strana e che da una prima analisi ha sparato solo due volte.»
«Oh Cristo… più passa il tempo e più questa merda diventa complicata. Sei sicuro che la ragazzina fosse a posto con la testa?»
«Certo.»
«Ok allora fammi chiamare la centrale, più il tempo passa e più il magistrato sta con il cazzo puntato verso il mio culo.»
Prima che Moretti potesse alzarsi però, ricevette una chiamata proprio dalla centrale.
«Moretti. Si, sono ancora qua. Ha fatto cosa?! Quando? Va bene, grazie.»
Il commissario rimise in tasca il cellullare, poi si alzò in piedi.
«Raduna tutti qua, abbiamo un nome.»

Ore 09:01
Per Ibrahim non era stata una buona idea fin dall’inizio. Quel vecchio del “compro oro” non gli piaceva, sembrava sempre troppo sospettoso, troppo attento. Non era la prima volta che veniva rapinato, forse per quello che con loro aveva reagito così. Doveva imparare a fidarsi di più del suo istinto.
La mano gli faceva una male cane, lo straccio che aveva usato per fasciarla si stava inzuppando sempre di più e delle piccole gocce di sangue avevano iniziato a cadere sul pavimento dell’autobus 51. Con la mente ancora in preda al panico, cercò di ripercorrere per l’ennesima volta gli eventi che lo avevano portato fin lì. Doveva essere sicuro che nessuno lo avesse seguito. Lui e Sadìr stavano aspettando in un vicolo che il vecchio aprisse il negozio. Joseph li aspettava con la macchina accesa dietro l’angolo, Ibrahim poteva vedere il fumo di scarico. Appena il vecchio fu dentro si guardarono un attimo dritti negli occhi, poi entrarono anche loro. Lui era già dietro al bancone quando Sadìr gli urlò di alzare le mani. Lui non si mosse. Li fissava con uno sguardo che a Ibrahim fece gelare il sangue, non era uno sguardo normale, di sicuro non quello di un vecchio spaventato. Sadìr urlò ancora puntandogli la scacciacani a venti centimetri dalla testa, voleva fare il duro ma Ibrahim sapeva che anche lui aveva paura. Ad un tratto il vecchio, con un’agilità che nessuno avrebbe mai immaginato potesse avere, tirò fuori da sotto il bancone una pistola e sparò in pieno petto a Sadìr. Ibrahim lanciò un urlo e fece per alzare le mai ma il vecchio gli sparò senza mirare e gli colpì la sinistra portandogliene via mezza. Poi premette un pulsante sulla parete dietro di lui e una saracinesca scese dal soffitto e calò fin sopra al bancone dividendo in due il locale. Un’altra invece stava scendendo più lenta davanti alla porta d’ingresso, nonostante il dolore lancinante Ibrahim si rese conto di essere in trappola. Con uno scatto disperato si buttò per terra e rotolò fuori dal “compro oro” prima che la saracinesca si chiudesse del tutto. Corse verso la macchina di Joseph ma svoltato l’angolo vide che non c’era più. Quel bastardo se l’era squagliata appena aveva sentito sparare dei veri colpi di pistola.
Terrorizzato iniziò a correre il più lontano possibile, premendosi al petto la mano ferita. Il sangue gli colava fino al gomito. Non riuscì a ricordare per quanto tempo corse o quanto lontano si fosse spostato, ma ad un certo punto si fermò in un parco pubblico. Lavò a una fontanella quello che restava della sua mano e l’avvolse in un lembo di maglietta che si strappò con i denti. Il mormorio dei passanti gli fece capire che aveva esaurito il tempo, forse qualcuno aveva già chiamato la polizia. Doveva raggiungere l’altro capo della città ed era senza un mezzo e non poteva neanche rubarne uno. Il panico lo travolse di nuovo. Non voleva tornare in prigione. Ad un tratto vide un autobus a una fermata, non sapeva dove andasse l’importante che lo portasse via da lì il più presto possibile. Si mescolò in mezzo alla gente che saliva guardandosi dietro le spalle per capire se qualcuno lo aveva visto. No, era abbastanza sicuro di avercela fatta. Allora perché il tizio seduto di fianco a lui lo stava fissando? Non gli piaceva la sua faccia, forse era uno sbirro in borghese. Ibrahim poteva vederlo con la coda dell’occhio, era rivolto verso di lui, cazzo stava guardando proprio lui ne era ceto. Il panico tornò ad impossessarsi di lui, man mano che il tempo passava era sempre più agitato. Provò a voltarsi verso il finestrino ma vedeva il rilesso di quell’uomo che lo guardava e il suo sguardo implacabile era come un acido che gli bruciava la pelle.
Dopo un tempo che per Ibrahim sembrò un’eternità, la voce registrata annunciò che di lì a breve ci sarebbe stata la prossima fermata. Non poteva resistere un minuto di più sotto quello sguardo. Ad un certo punto però l’autobus frenò e il tizio vicino gli cadde addosso. Farfugliò qualche parola di scusa per poi rimanere impietrito quando vide la scacciacani. Per Ibrahim era troppo. Allungò la mano sana verso la finta arma ma prima che potesse estrarla venne placcato dall’uomo che lo aveva osservato fino a quel momento. Tentava di immobilizzarlo così Ibrahim per spaventarlo sparò due colpi ma lui strinse ancora di più la presa. Si stava ancora divincolando quando venne scaraventato in avanti contro il parabrezza e tutto divenne buio.

Ore 17:37
Il commissario Moretti gettò a terra il mozzicone. In quelle ore aveva scoperto un sacco di informazioni a tempo di record. Sapeva chi c’era su quell’autobus, sapeva perché c’era stata una colluttazione, sapeva chi e perché aveva sparato, ma non sapeva la cosa più importante: come si era verificato l’incidente. Il magistrato avrebbe presto richiamato e lui era al punto di partenza. Il numero dei giornalisti era ancora aumentato, si erano strutturati meglio, con più telecamere e più inviati ai quali la regia affidava periodicamente la linea obbligandoli a ripetere sempre le solite cose ma sempre con la stessa veemenza. Quelli della scientifica stavano sbaraccando e presto il relitto sarebbe stato rimosso, cancellando ogni altra eventuale prova. Facevano un casino infernale e Moretti aveva bisogno di concentrazione. Camminò fino alla carcassa dell’autobus 51 e ripassò nella mente tutti gli eventi che aveva avuto modo di ricostruire. Gli passò davanti agli occhi la registrazione della video sorveglianza, il rapporto sul furto al compro-oro e la testimonianza della ragazzina… L’intuizione travolse Moretti come una scarica elettrica. La ragazzina! Aveva sentito tre spari, ma il rapinatore aveva sparato soltanto due volte: solo una ragazzina avrebbe potuto scambiare quello che pensava Moretti per uno sparo di pistola. Si voltò di scatto e corse verso il fondo accartocciato dell’autobus mentre richiamava i tecnici della scientifica. Esaminò entrambe le ruote e, come aveva immaginato, una era più squarciata rispetto all’altra. Ci volle un’altra mezz’ora buona ma finalmente i tecnici stabilirono quello Moretti aveva capito prima di tutti: a causa dell’usura e della pressione insufficiente il pneumatico era scoppiato causando l’incidente che aveva distrutto l’autobus 51. Il magistrato quasi faticava a credere che la ragione di quel disastro fosse una coincidenza così banale dopo tutto quello che era emerso.
«Ottimo lavoro signor commissario.» disse Damato con uno dei pochi sorrisi che era in grado di fare.
«Ho sempre odiato i leccaculo Damato.»
«Ma io ero sincero.»
«Va bene allora potresti dimostrarmi la tua stima offrendomi cena. Sono mesi che voglio provare quel nuovo ristorante di pesce in Corso Duca…»
I due si avviarono verso la gazzella che li aspettava con il motore acceso, nel frattempo un carroattrezzi rimorchiava i resti dell’autobus 51.

Come al solito, all'ultimo, arrivo pure io. Purtroppo ho potuto rileggerlo solo due volte quindi ci saranno un bordello di errori (luglio al lavoro è il mese più caldo, in tutti i sensi). Sono contento comunque perché ho stabilito un nuovo record personale di lunghezza :1392391833.gif: :B): frequentare questo forum mi sta facendo bene :lol:
 
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view post Posted on 1/8/2018, 11:31
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Ottimo!!!
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view post Posted on 1/8/2018, 17:29

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Buonasera, ecco i miei commenti e relativa classifica:

LA GHIANDOLA DEL MALE di Nazareno Marzetti Interessante racconto di atmosfera ottocentesca, dove prevale l’atteggiamento positivistico. Mi piace la forma epistolare: il Dottor Bartholomew scrive al Dottor Montgomery per segnalare il caso di Phineas Gage, impiegato alla linea ferroviaria vittima di un incidente sul lavoro (tubo che gli attraversa il cranio). Il finale è molto caustico: il medico destinatario della lettera intende riprodurre la stessa condizione nel cranio di Jace. Questo perché il caso di Gage, diventato assassino e con un comportamento a “corrente alternata” dopo l’incidente non rivela alcuna malformazione nella ghiandola cerebrale (questo malgrado le congetture di Bartholomew). Io credo che lui sia diventato così per una forma di vendetta nei riguardi dell’umanità (vedi l’atteggiamento del capo cantiere il giorno dell’incidente).



Attenzione a:
blasemie (blasfemie)
a lavoro (al lavoro)
Era un giorno di primavera di cinque, no sei anni fa (no, sei anni fa)
Te l’ho spiegato ieri caro (manca la virgola dopo ieri)
Frase da rivedere: i lavori procedevano lentamente e per questo il capo cantiere, il signor Thrope, un omone poco raccomandabile glielo assicuro (io suggerirei; i lavori procedevano lentamente per il capo cantiere, il signor Thrope, un omone poco raccomandabile, glielo assicuro)
esprimesi (esprimersi)
Trope (Thrope)

IL COMPLESSO DI ROCCO di Gargaros
Ecco una storia diabolica molto pepata, di sesso estivo (ossia la genesi del mito di Rocco, del quale inserisci notizie biografiche vere, ma con una premessa falsa: il Nostro sarebbe stato evirato da piccolo e rifornito di un superarmamentario dal demone Bemot, il quale, strano a dirsi, non gli chiede l’anima, ma di spassarsela nel sesso, al punto di diventare pornoattore (previo sacrificio infernale di due giovani adolescenti illibate in cerca di avventura, e la trovano: la prima nella morte, la seconda nella pazzia). Interessanti le ricostruzioni dei carabinieri per rendere la prima parte terrificante (Bemot scarica la colpa su un ignaro barista).

Attenzione a:
transistori (transistor)
Cocacola (Coca cola)
Musica preistoria (preistorica)
Laio (paio)
Gli spruzzava (spruzzava loro)

AUTOBUS 51 di Alsan 90 Interessante l’uso dei punti di vista e anche il finale che sorprende. L’autobus è stato distrutto per una causa fortuita (lo scoppio di un pneumatico) ma la tensione che hai creato con tanta abilità, sulle prime mi aveva pensare a un legame con la rapina al “compro oro” compiuta dai due arabi. C’è anche una venatura horror (la testimone è una studentessa bullizzata, l’uomo con la mano fasciata è uno dei rapinatori al quale ha sparato il vecchio gestore e l’altro testimone, il venditore di spazi pubblicitari, è un tizio stressato, non più giovanissimo e minacciato dal rivale rampante). Mi è anche piaciuta la ricostruzione delle indagini, con il personaggio del commissario Moretti e la centrale. Molto bella l’atmosfera estiva.

Attenzione a:
In sostanza non ha visto un cazzo (in sostanza, non ha visto un cazzo)
Buongiorno signor commissario (manca la virgola dopo: Buongiorno)
Dieri (direi)
Carissimo Buongiorno (manca la virgola dopo carissimo)
Ciao sono Alfio (manca la virgola dopo ciao)
Sì buongiorno (manca la virgola dopo sì)
Ho sempre odiato i leccaculo Damato (manca la virgola dopo leccaculo)





La mia classifica (soffertissima, siete tutti dei grandi scrittori) è:

AUTOBUS 51 di Alsan 90
IL COMPLESSO DI ROCCO di Gargaros
LA GHIANDOLA DEL MALE di Nazareno Marzetti
[/SPOILER]
 
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view post Posted on 2/8/2018, 09:25
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Custode di Ryelh
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buongiorno, signori (e signore) e perdonate il ritardo. Vedo che abbiamo una discreta partecipazione, con vecchie glorie e nuovi eroi. Benissimo! Comincia la fase dei commenti, con Shanda che, prodromica come sempre, da una pista a tutti e commenta subito :1392239991.gif: :1392239991.gif:
 
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view post Posted on 4/8/2018, 12:12
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LA GHIANDOLA DEL MALE
di reiuky

Se non ci fosse il finale a sorpresa, sarebbe una cosa davvero troppo senza coda per farsi apprezzare. Però... però...

Il racconto è scritto alla maniera del passato, quasi granitica e credibile, e per tanto apprezzabile. Certo ci sono degli errori... molti errori, considerata la sua brevità, ma nulla di così grosso da non poterlo aggiustare in un minuto.

Ma il finale... purtroppo per me non è gestito bene, perché non è preparato bene. Il dottore rapisce una ragazzina per i suoi esperimenti, ma perché lo fa? Ovviamente lo so, il perché: per venire a capo di una scoperta che può dargli gloria imperitura nella letteratura medica. Ma non è preparato bene, perché durante la lettura questa sua ossessione di fare La Scoperta Della Vita non affiora neanche per sbaglio. Tra l'altro c'è anche una contraddizione logica nella trama: rapisce la ragazzina prima di operare l'uomo, quando è sicuro (questo lo lascia capire senza se e senza ma) che aprendo la testa del tizio potrà fare tutte le scoperte del caso. Quindi la sorpresa non regge su due fronti: quello logico della trama e quello della preparazione (che non c'è).

Il mio consiglio? Visto che l'idea non è malaccia, riscrivilo fra qualche tempo. Prenditi il tempo che ti serve, approfondisci la personalità del medico, introduci nel lettore un elemento della storia che alla fine accanto al “WTF!?” della sorpresa deve esserci anche il “E' vero, a ripensarci bene questa è un'azione che si confà a questo personaggio”.

Comunque, le richieste dell'edizione per me sono appagate solo a metà: c'è il personaggio menomato, ma non l'ingarbuglio dell'intreccio. La struttura che adotti purtroppo è proprio quella classica: c'è un personaggio che scrive una lettera e narra una cosa. I flashback non li ho trovati così “nuovi o spiazzanti.


E vengo alle note:

CITAZIONE
La storia che mi accingo a raccontarle ha importante attinenza con i suoi studi sull’animo umano

Nella lettera dà del “lei”. Ma a un certo punto passa al “tu”:

Posso immaginare la tua espressione, caro amico.

Per quel giorno mi ero liberato di tutti gli altri appuntamenti. So che puoi capirmi: non capita ogni giorno di incontrare una persona sopravvissuta a un tale incidente


… e ripassa al “lei” poco dopo:

Le allego tutti i disegni di quanto ho visto con dovuto dettaglio medico sperando che grazie al suo prezioso consiglio, possa trovare tale importante organo.

CITAZIONE
«Che è questo?!» mi urla contro cose così blasfeme che ho timore persino a ricordarle.

Come è scritto, discorso diretto e narrato si legano malissimo. Diverso se fosse così:

«Che è questo?!» mi urla contro, aggiungendo cose così blasfeme che ho timore persino a ricordarle.

Oppure:

«Che è questo?!» Mi urla contro cose così blasfeme che ho timore persino a ricordarle.

CITAZIONE
L’ha picchiata? Le ho chiesto, interrompendo il suo racconto.

La maiuscola non va, essendo il narrato parte della stessa “frase”.

A proposito, non dovresti scrivere prima riportando i discorsi in modo indiretto per poi cambiare alla fine in discorsi diretti (adottando i segni appositi). Questo confonde solo le idee al lettore. Il medico racconta una storia, quindi adotta fin da subito i segni per i discorsi diretti.

CITAZIONE
Il signor Britton li aveva finiti e non sarebbero prima di qualche giorno.

Rileggi questa frase, ti accorgerai che manca qualcosa (sarebbero... cosa?).

CITAZIONE
Quanto aveva bisogno di sfogarsi quella signora, ma a me premeva di sapere di più di questo suo marito così le chiesi di raccontarmi quando erano iniziati questi episodi.

Metterei una virgola.

CITAZIONE
Era un giorno di primavera di cinque, no sei anni fa.

Il “no” andrebbe separato con virgole da tutto il resto, quindi o scrivi così:

Era un giorno di primavera di cinque, no, sei anni fa.

o così:

Era un giorno di primavera di cinque... no, sei anni fa.

CITAZIONE
Era un giorno di primavera di cinque, no sei anni fa. Riprese.

Punto da sostituire con una virgola e maiuscola da rimpicciolire.

CITAZIONE
I lavori procedevano lentamente e per questo il capo cantiere, il signor Thrope, un omone poco raccomandabile glielo assicuro.

Frase difettosissima. Intanto “glielo assicuro” va separato con una virgola dal resto. Poi il punto fermo alla fine, che chiude la frase e la lascia monca della subordinata (“per questo il capo cantiere”... ebbene? Cosa fa?).

CITAZIONE
Distraevo gli uomini diceva.

Serve una virgola

CITAZIONE
Sa cosa disse il signor Trope?

Manca l'H.

CITAZIONE
«Dottor Bartholomew Brewer» risposi senza perdere la calma, e porgendo la mano. La stretta dell’uomo era decisa, di chi era abituato al lavoro duro, ma non ostile. «Lei è il signor Phineas Gage, immagino.»
«Sì, sì. Mi spieghi che ci faccio qui?»

Mi sembra di capire che si rivolga al medico, e quindi il punto interrogativo non va messo (non è una domanda, ma una richiesta).

Se invece si rivolge alla moglie (come difatti fa, ma questo noi che leggiamo lo veniamo a sapere dopo, e siamo costretti a rielaborare una scena), devi dirlo o farlo capire:

«Dottor Bartholomew Brewer» risposi senza perdere la calma, e porgendo la mano. La stretta dell’uomo era decisa, di chi era abituato al lavoro duro, ma non ostile. «Lei è il signor Phineas Gage, immagino.»
«Sì, sì.» Poi, rivolgendosi alla moglie, disse: «Mi spieghi che ci faccio qui?»


CITAZIONE
«Te l’ho spiegato ieri caro»

Serve la virgola.

CITAZIONE
Temetti che la signora Gage scoppiasse in lacrime così intervenni

Virgola.

CITAZIONE
Decisi che quella conversazione non mi avrebbe portato niente di più così cominciai a chiedergli del suo lavoro.

Virgola.

CITAZIONE
Ipotizzai che la barra di metallo che gli trapassò il cranio avesse in qualche modo sollecitato qualche ghiandola nel cervello.

Mettilo al trapassato prossimo, così stacchi l'evento dal tempo corrente (che è narrato al remoto).

CITAZIONE
Alla mia proposta di una operazione si mise ad urlare. A suo avviso stava bene gli andava bene vivere così.

Virgola.

CITAZIONE
Alla mia proposta di una operazione si mise ad urlare. A suo avviso stava bene gli andava bene vivere così. Non voleva essere guarito. Iniziò a urlare e a prendere a calci le cose nel mio studio. Con fatica riuscì a portarlo fuori dal mio studio.

Chi riuscì a portarlo fuori? Se è la moglie, lo direi che rientra nello studio dopo il richiamo del medico. Se invece è il medico a farlo, “riuscii”.

CITAZIONE
Non se la prese con me solo con gli oggetti inanimati

Virgola.

CITAZIONE
Essendosi fatta una certa ora mi offri di trovare loro alloggio nella vicina locanda gestita dalla signora Tennison.

offrii

CITAZIONE
La signora Tennison fu molto cortese. Porta avanti la locanda da sola da quando il marito era morto lasciandola con una figlioletta che quest’anno compirà undici anni.

Quando usi il presente e devi fare un salto temporale indietro, usa il passato prossimo (“è morto”).

CITAZIONE
«Lo guardi!» e mi indica la cella dove viene tenuto. Da solo e urlante che prendeva a calci le sbarre e tutto quello che trovava in cella.

Frase non bellissima. Secondo me è quel “che” che guasta parecchio...

Ma senti altri pareri.

CITAZIONE
Credo che vivesse in una sorta di dicotomia: l’unico modo che ha di esprimesi è attraverso la violenza verbale e la blasfemia

Ancora bisticci di tempi verbali: se “vivesse”, allora “aveva”. Se invece è ancora vivente nel presente, il medico deve dire “Credo che viva in una sorta di...”.

CITAZIONE
Aprì la calotta cranica senza problemi e riuscì a studiare in dettaglio ogni passaggio del tubo.

aprii e riuscii

LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA
di shanda06

Come per altre tue cose, alla fine sono rimasto perplesso... perché non ci ho capito quasi niente. Mi spiace, Sha, futura mia moglie, ma questo ritmo veloce, frettoloso, precipitoso, e riassuntivo, non fa per me. Credo che come lettore appartengo a una generazione ormai del passato: per afferrare le cose ho bisogno di tempo, e se leggo una storia, chi l'ha scritta deve aver usato un ritmo adatto alla mia necessità. Quindi non è a te che faccio una colpa. È chiaro che questo è il tuo stile (almeno quello che si palesa quando sei messa in un gioco che ha una scadenza relativamente vicina), quindi chi sono io per dirti che dovresti scrivere in modo diverso?

Non so che altro aggiungere, comunque. Le specifiche dell'edizione, come col testo di Reiuky, mi sembrano appagate a metà: c'è la mutilata, ma manca l'ingarbuglio (da quel po' che ho capito la narrazione è “liscia”, con solo qualche analessi/flachback qua e là).


Note:

CITAZIONE
La ragazza si risveglia da un sonno fatto di incubi aggrovigliati nei quali non è mai entrata nella Casa Gialla, ma quando si ritrova nel letto basso prende coscienza dell’aspra realtà.

Mi sembra di vedere una contraddizione. Se gli incubi sono tali in quanto non è entrata nella casa gialla, la casa gialla deve essere un luogo positivo. Ma non è così.

CITAZIONE
altrimenti sarebbe stata già stata spacciata

Troppi “stata”.

CITAZIONE
Le creature che coabitano con lei hanno la sua stessa caratteristica, un corpo rivestito da una membrana trasparente attraverso la quale si scorgono i visceri e anche una grossa intolleranza nei riguardi di tutto quello che interrompe le solite abitudini.

Quell'“e anche” sembra voler aggiungere un elemento dell'interno delle creature, ma non è così: è un elemento dell'elenco.

Io farei così:

Le creature che coabitano con lei hanno le sue stesse caratteristiche: un corpo rivestito da una membrana trasparente attraverso la quale si scorgono i visceri, e una grossa intolleranza nei riguardi di tutto quello che interrompe le solite abitudini.

CITAZIONE
«Ho diritto di vederla più di te, dopo aver preparato i soccorsi»

Manca un segno di chiusura. Ocio, è un problema ricorrente.

CITAZIONE
Lo sguardo del suo interlocutore si fece più tagliente del bisturi laser

Poco prima hai usato il presente:

Nella Casa Gialla un paio di voci sale di tono nella stanza principale, malgrado ci siano parecchi malati bisognosi di riposo nelle camere vicine.

Non è così che crei l'ingarbuglio richiesto dal gioco. Crei solo l'ingarbuglio nella testa del lettore (di uno pessimo come me, cioè).

CITAZIONE
Anche le sue simili le hanno fatto notare che è così compiacendosi di quel vantaggio quando hanno fame.

Frase arizigogolata: non ne ho capito il senso.

AUTOBUS 51
di alsan90

Al contrario di quanto accade con gli altri due racconti in gara (escluso il mio: qui dovete pronunciarvi voi), in questo non è il mutilato di turno a rispettare le specifiche del gioco, ma l'ingarbuglio (anche se non è nulla di spiazzante o sperimentale). Il mutilato manca il bersaglio perché... non c'è. O meglio, c'è, ma non è né il protagonista, né il problema fisico ha una qualche funzione principale nella trama, a parte quella di farlo sgamare nell'autobus e innescare l'incidente (ma, e però, senza lo sgamo l'incidente poteva avvenire lo stesso; anzi, sarebbe avvenuto in ogni caso)...

Comunque, la lettura è stata scorrevole, a parte parecchie virgole mancanti presso vocativi, presso avversative (quasi tutte scientificamente sbagliate). Un po' di confusione l'ho avuta nella scena della lotta: il ferito sembra essere seduto ora accanto al tizio che parla al cellulare, ora accanto al poliziotto in borghese. E c'è di più: ora sembra seduto, ora in piedi (sennò come fa a essere placcato, e il tizio col cellulare a fare “un passo indietro”?). Insomma alcune cose vanno sistemate.

Ah, mi aspettavo una risoluzione per la povera ragazzina. Pensa che stavo immaginando, verso la metà, una pistola sparita... e una strage scolastica il giorno dopo...


Note:

CITAZIONE
Il commissario Moretti arrivò sul posto verso le dieci del mattino, era inizio giugno ma faceva più caldo che a luglio inoltrato.

Ho detto delle virgole mancanti presso le avversative, ecco il primo caso. Ma ti segnalo solo questo, perché sono quasi tutte sbagliate (di corrette ne avrò contate solo un paio).

CITAZIONE
«Buongiorno signor commissario

E questo è il primo caso delle virgole che mancano presso i vocativi. Anche qui ripeto: te ne segnalo solo una, sinnò famo notte.

CITAZIONE
«Buongiorno signor commissario, abbastanza poco devo dire.»

La virgola la sostituirei con un segno diverso, visto che dovrebbero essere due frasi ben distinte.

CITAZIONE
«Sono tutto orecchi.» disse Moretti mentre si accendeva una Philip Morris.

Altro errore ricorrente, il punto in un DD che però si collega direttamente al narrato che segue. In pratica è una frase sola, e va bene che il narrato continui con una minuscola. Ma allora il punto a che serve?

CITAZIONE
«Sì, dieri proprio di sì. Abbiamo terminato ora di recuperare l’ultimo minuto di filmato dalla scatola nera, glielo mostro subito.»

Chi dice questa frase?

Ah, refuso per “direi”.

CITAZIONE
Fa parte del gioco è la legge della giungla, dovresti aver imparato ormai.

Virgole.

CITAZIONE
Ho fatto delle visite informale, senza impegno, sono piaciuto e adesso li seguo io.»

Non “visite informali”?

CITAZIONE
Inorridito fece un passo indietro quando l’occhio gli cadde sul calcio della pistola che spuntava dai pantaloni della tuta.

Appunto, come fa a fare un passo indietro se è seduto sul sedile vicino al vetro (visto che per scrivere la nota vi aveva appoggiato sopra il foglietto)?

CITAZIONE
«Moretti. Si, sono ancora qua.

Accentare.

CITAZIONE
La mano gli faceva una male cane

un

CITAZIONE
Un’altra invece stava scendendo più lenta davanti alla porta d’ingresso, nonostante il dolore lancinante Ibrahim si rese conto di essere in trappola.

La virgola la sostituirei con un segno più forte.

Comunque la punteggiatura negli ultimi paragrafi diventa spesso “meh”...

CITAZIONE
Allora perché il tizio seduto di fianco a lui lo stava fissando?

Nope, il ferito è seduto di fianco al vecchio col cellulare, che non se lo fila proprio se non quando lo urta mentre sta scrivendo il bigliettino:

con il cellulare pizzicato tra la spalla e l’orecchio tirò fuori dalla valigetta un foglietto di carta e una biro. Si appoggiò al vetro per scrivere ma l’autobus fece una frenata e perdendo l’equilibrio andò a urtare il suo vicino.
«Oh, mi scu…» solo in quel momento si accorse che l’uomo vicino a lui aveva una mano fasciata con un lembo di t-shirt inzuppata di sangue.


CITAZIONE
cazzo stava guardando proprio lui ne era ceto.

certo







Votare a questo giro mi è davvero difficile. Appoggiarmi alle specifiche è ostico, visto che i tre racconti centrano solo a metà il bersaglio (almeno secondo me). Quindi vado di piacere avuto nella lettura e di errori trovati, e dico che:

1) AUTOBUS 51 di alsan90
2) LA GHIANDOLA DEL MALE di Reiuky
3) LA CASA GIALLA di Shanda06
 
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view post Posted on 5/8/2018, 14:34

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Ciao Gargaros, grazie del commento.
Ora ne so di più in merito a certi problemi di trama (il più è lavorarci sopra parecchio, puntando sulla semplicità delle frasi. Che dire? Ci riproverò. Ho questo rapporto conflittuale con le trame di SF e simili. Qui, però è il posto giusto per sistemare la faccenda. A proposito di trame controverse...ho cominciato a leggere un libro controverso, il "Novellino" (ne è controverso persino l'autore) proprio per lavorare sul problema...leggere in quel linguaggio arcaico (libro scritto fra il 1280 e il 1300) e fingere di doverlo raccontare a qualcuno. Scusa se ti ho fatto soffrire nella lettura (mi impegnerò a ovviare al problema). Come moglie ti farei ridere (sono appena un gradino al di sopra delle mogli di Woody Allen quanto a svampitaggine e abitudini eccentriche, tipo aggirarmi sul balcone a stendere la biancheria in mezzo ai pipistrelli).
 
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view post Posted on 6/8/2018, 03:50
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CITAZIONE (shanda06 @ 5/8/2018, 15:34) 
Come moglie ti farei ridere

Guarda che coincidenza, io come marito ti farei piangere :p101:

Comunque non è che "soffro" a leggere i tuoi racconti. Se una cosa mi fa soffrire, cionco la lettura sul nascere, tranqui.

Poi comunque ripeto che magari il problema è solo mio. Non mi sembra che i miei post si allineino a quelli degli altri... Insomma, non ti fidare troppo di una campana che suona solitaria...
 
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view post Posted on 7/8/2018, 18:00

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Ciao a tutti, di seguito lascio i miei commenti sui testi in gara e la relativa classifica.

LA GHIANDOLA DEL MALE
Il titolo mi piace un sacco, rende molto bene l’idea che il male è qualcosa di viscido e ripugnante come un liquido che secerne una ghiandola. Inoltre è coerente con il racconto in quanto all’inizio il dottore parla di una ghiandola del male che tutti gli esseri umani possono avere nel cervello (compreso il narratore come si scoprirà alla fine). La lettura è stata scorrevole, mi piace il tuo stile asciutto ed essenziale, verso la fine stavo per rimanere un po’ deluso ma con il colpo di scena nelle ultime cinque parole mi hai fatto sobbalzare! Ottimo lavoro, colpo di scena perfettamente riuscito. Ci sta il linguaggio aulico del narratore dato che siamo a metà ottocento e lui è un dottore. Coerente anche l’idea di strutturare il racconto come una lettera scritta dal narratore. Fin da subito si sente quell’alone di “mistero” che genera curiosità nel lettore e che ti invoglia ad andare avanti con la lettura (è uno confronto tra dottori, forse psichiatri quindi si capisce subito che si parlerà di un paziente con problemi psichici, il che incuriosisce subito). Le specifiche mi sembrano tutte rispettate.
Ora, detto quello che mi è piaciuto, riporto nell’ordine in cui li ho trovati quello che cambierei (perché mi sembra che strida o sia fuori luogo) e/o eventuali refusi:
- “del nuovo sole la stesura di questa lettera”;
- “e inizio a vergare il foglio”;
- “Essa ha inizio la scorsa settimana”;
- Ho avuto un po’ di difficoltà a capire i dialoghi, cioè chi si rivolge/parla con chi, secondo me un uso più preciso dei caporali o delle virgolette può facilitare la vita al lettore, io metterei sempre uno dei due per distinguere le battute in un dialogo, es. i caporali quando il dottore parla con la moglie e le virgolette quando lei parla con Phineas;
- “L’ha picchiata? Le ho chiesto, interrompendo il suo racconto.” Secondo me è superfluo è ovvio che lo ha chiesto e che ha interrotto il suo racconto (show don’t tell)
- “I lavori procedevano lentamente e per questo il capo cantiere, il signor Thrope, un omone poco raccomandabile glielo assicuro.” Rileggila perché forse non l’hai terminata correttamente;
- “Distraevo gli uomini diceva. Dicevo,” ripetizione;
- “calci le cose nel mio studio. Con fatica riuscì a portarlo fuori dal mio studio.” ripetizione;
- “Da solo e urlante che prendeva a” secondo me è meglio: “Era da solo, urlava e prendeva a calci…”;
- “Aprì la calotta cranica senza problemi e riuscì” è corretto aprii e riuscii.
Ps non sapevo che fosse una storia vera quella di Phineas

LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA
Lo hai già dimostrato con il precedente skanna, per sviluppare una storia del genere in così poco tempo devi avere un enorme immaginazione, complimenti! Non è una cosa comune secondo me trovare persone con così tanta fantasia. È un dono che però, secondo me, devi ancora imparare a gestire. L’immaginazione è come un drago, se non impari a dominarlo, molto spesso creerà scompiglio e confusione in quello che scrivi. Se invece imparerai a sfruttarlo come Daenerys, la tua scrittura migliorerà notevolmente. Quello che intendo con questa bizzarra metafora è che devi ricordarti che tu hai tutto ben chiaro in testa, ma il lettore no. Devi fornirgli poche informazioni (altrimenti si annoia) ma essenziali, che gli permettano di capire quello che vuoi raccontare (mi rendo conto che non è facile soprattutto con queste specifiche). Rispetto al racconto dell’altro skanna ho notato un miglioramento nella narrazione e nello stile (molto più show e meno tell per intenderci), è meno pesante e arzigogolata, anche se un po’ confusionaria per il motivo che ho sopra descritto. Per il resto la storia mi è piaciuta, anche qui potrebbe essere uno spunto per un racconto più ampio (le bocche mi sembrano un po’ Scilla e Cariddi, occhio a non renderle troppo simili). Le specifiche mi sembrano tutte rispettate (anche la coccarda del “patto con il diavolo”).

IL COMPLESSO DI ROCCO
Hai espresso lo stile migliore in questo skanna, mi piace un sacco questo narratore cinico in prima persona singolare proveniente dall’inferno, l’hai tratteggiato davvero bene. Inoltre il tempo al presente è un casino da usare, ne so qualcosa, ma tu lo sai gestire bene. Hai rispettato le specifiche in modo magistrale e non era per nulla facile, anzi credo che la coccarda “patto con il diavolo” sia tua di diritto. Questa volta ho notato un grosso miglioramento nella trama rispetto all’altro skanna, meglio congeniata e meglio costruita, anche dal punto di vista del “montaggio” dei punti di vista, il loro alternarsi a spiegare gli eventi hanno mantenuto l’interesse alto nella lettura nonostante la lunghezza. Tanto quanto mi sono annoiato nel precedente skanna tanto ora sono rimasto incollato al racconto. Inoltre è difficile parlare di sesso e violenza in questo modo senza sconfinare nello splatter eccessivo, è un genere complicato da affrontare. Nonostante tutte queste difficoltà sei riuscito a tirare fuori qualcosa che mi è piaciuto (sì, sono malato lo so).
Di seguito alcune correzioni ai relativi refusi:
- “non ha granché di attrattive”;
- Davvero troppi, troppi puntini di sospensione, appesantiscono un sacco la lettura, da mettere con il contagocce come gli avverbi;
- “ una musica preistorica”;
- “di una sensualità attraente”
- “Ma al bloccarsi dei tre”
- “E schiocco le dita”
- “macchiando l’intero pavimento della sala”
- “mi capitava davanti”
- “il primo prelievo”
- “non ci deluderà”

Riassumendo la mia classifica, anche sta volta non facile, è la seguente:
1) IL COMPLESSO DI ROCCO
2) LA GHIANDOLA DEL MALE
3) LA PAZIENTE DELLA CASA GIALLA
 
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60 replies since 26/6/2018, 23:56   910 views
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