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Skannatoio Novembre-Dicemre 2018, Un connubio di gatti e frasi fatte

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view post Posted on 2/11/2018, 21:30
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Custode di Ryelh
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SCANNATOIO NOVEMBRE-DICEMBRE 2018



Scusatemi per il ritardo, gente, ma ho avuto un po' di impegni. Vedrò di compensare allungando leggermente i tempi per le consegne.

1) Consegna delle opere per le 23:59 di lunedì 3 dicembre 2018.
I brani saranno accettati anche se postati con un massimo di 8 ore di ritardo, ma incorreranno in una penalizzazione di 1 punto per ogni ora. I racconti devono essere pubblicati in questo thread. Provvedete a inserire i titoli insieme al testo del racconto.

2) Consegna dei commenti e relativa classifica per le 23:59 di domenica 16 dicembre 2018.
Leggete il REGOLAMENTO se non avete idea di come si debbano votare i racconti.
3) un massimo di 7 giorni a partire dagli ultimi commenti pubblicati per leggere i commenti e assegnare 1 punto al miglior commento al proprio racconto e 2 punti all’autore della migliore serie di commenti.

Chi salterà anche una sola di queste fasi incorrerà nella sanzioni previste dal REGOLAMENTO.


LE SPECIFICHE

Lunghezza (globale).
Minima: 5.000 caratteri.
Massima: 25.000 caratteri
(spazi inclusi, escluso il titolo ed eventuale liberatoria).Tolleranza 1%. Vale il contatore standard dello Skannatoio (hhttp://dl.dropbox.com/u/826252/contaW.html)
Genere: tutti i sottogeneri del racconto speculativo (fantasy, fantascienza, horror, triller, giallo etc etc etc).

SPECIFICHE:
"LA GATTA FRETTOLOSA...": le scelte del protagonista dovranno essere motivate da un'urgenza, una fretta, un qualcosa che gli darà poco tempo per pensare o pianificare. Potrebbe essere la vittima di un serial killer in fuga; un soldato che deve recapitare un messaggio vitale sotto i bombardamenti; un eroe che deve sconfiggere il cattivo di turno prima che quest'ultimo attivi il meccanismo che distrugge il mondo o semplicemente un marito che deve tornare in fretta a casa perché se arriva prima sua moglie, si accorgerà di tutte le lattine di birra che ha lasciato in salotto la sera prima. L'importante è che abbia una fretta dannata.

"TANTO VA LA GATTA AL LARDO...": nel racconto deve comparire una trappola. Massima libertà su come potrete intenderla: potrebbe essere una tagliola, un'imboscata, una domanda trabocchetto o un qualsivoglia strumento atto ad ingannare qualcuno per danneggiarlo (anche figurativamente). Non è necessario che sia il fulcro della storia, ma deve avere la sua importanza (ex. nell'esempio di prima del serial killer. la vittima lo portebbe spingere con la faccia in una trappola per topi, trovando il tempo di scappare).


LE COCCARDE
Questo mese saranno assegnate 2 coccarde:

"...FECE I FIGLI CIECHI": la fretta del protagonista dovrà avere un esito negativo per qualcun'altro (es. per sfuggire al serial killer, la protagonista si dimentica del suo fidanzato ancora chiuso in auto, che diventerà vittima dell'assassino)

"...CHE CI LASCIA LO ZAMPINO": questa può essere anche alternativa alla precedente: la fretta del protagonista avrà effetti disastrosi per se stesso. Bonus per chi riesce a infilare i quest equazione anche la trappola di cui sopra.

Ricordo ai nuovi arrivati che le "specifiche" delle coccarde NON sono obbligatorie. Se volete guadagnarvi una coccarda, allora inserite nel racconto quello che ci vuole secondo voi per ambirvi, altrimenti non fa niente e potete saltarla, le specifiche obbligatorie sono quelle sopra.

Bene gente. Divertitevi!!

Edited by White Pretorian 2.0 - 8/11/2018, 00:39
 
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view post Posted on 3/11/2018, 17:38

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Ciao White Pretorian, sembra uno Skanna fatto apposta per me. Senti, questo 3 dicembre mi rassicura (devo passare attraverso un periodo durissimo, spero che questo mi tempri e mi renda migliore nella scrittura). La mia atmosfera attuale? Molto di Passaggio. Però voglio esserci in questo Skanna.
 
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view post Posted on 4/11/2018, 21:40

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CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 2/11/2018, 21:30) 

SCANNATOIO NOVEMBRE-DICEMBRE 2018



Scusatemi per il ritardo, gente, ma ho avuto un po' di impegni. Vedrò di compensare allungando leggermente i tempi per le consegne.

1) Consegna delle opere per le 23:59 di lunedì 3 dicembre 2018.
I brani saranno accettati anche se postati con un massimo di 8 ore di ritardo, ma incorreranno in una penalizzazione di 1 punto per ogni ora. I racconti devono essere pubblicati in questo thread. Provvedete a inserire i titoli insieme al testo del racconto.

2) Consegna dei commenti e relativa classifica per le 23:59 di domenica 16 dicembre 2018.
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3) un massimo di 7 giorni a partire dagli ultimi commenti pubblicati per leggere i commenti e assegnare 1 punto al miglior commento al proprio racconto e 2 punti all’autore della migliore serie di commenti.

Chi salterà anche una sola di queste fasi incorrerà nella sanzioni previste dal REGOLAMENTO.


LE SPECIFICHE

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Genere: tutti i sottogeneri del racconto speculativo (fantasy, fantascienza, horror, triller, giallo etc etc etc).

SPECIFICHE:
"LA GATTA FRETTOLOSA...": le scelte del protagonista dovranno essere motivate da un'urgenza, una fretta, un qualcosa che gli darà poco tempo per pensare o pianificare. Potrebbe essere la vittima di un serial killer in fuga; un soldato che deve recapitare un messaggio vitale sotto i bombardamenti; un eroe che deve sconfiggere il cattivo di turno prima che quest'ultimo attivi il meccanismo che distrugge il mondo o semplicemente un marito che deve tornare in fretta a casa perché se arriva prima sua moglie, si accorgerà di tutte le lattine di birra che ha lasciato in salotto la sera prima. L'importante è che abbia una fretta dannata.

"TANTO Và LA GATTA AL LARDO...": nel racconto deve comparire una trappola. Massima libertà su come potrete intenderla: potrebbe essere una tagliola, un'imboscata, una domanda trabocchetto o un qualsivoglia strumento atto ad ingannare qualcuno per danneggiarlo (anche figurativamente). Non è necessario che sia il fulcro della storia, ma deve avere la sua importanza (ex. nell'esempio di prima del serial killer. la vittima lo portebbe spingere con la faccia in una trappola per topi, trovando il tempo di scappare).


LE COCCARDE
Questo mese saranno assegnate 2 coccarde:

"...FECE I FIGLI CIECHI": la fretta del protagonista dovrà avere un esito negativo per qualcun'altro (es. per sfuggire al serial killer, la protagonista si dimentica del suo fidanzato ancora chiuso in auto, che diventerà vittima dell'assassino)

"...CHE CI LASCIA LO ZAMPINO": questa può essere anche alternativa alla precedente: la fretta del protagonista avrà effetti disastrosi per se stesso. Bonus per chi riesce a infilare i quest equazione anche la trappola di cui sopra.

Ricordo ai nuovi arrivati che le "specifiche" delle coccarde NON sono obbligatorie. Se volete guadagnarvi una coccarda, allora inserite nel racconto quello che ci vuole secondo voi per ambirvi, altrimenti non fa niente e potete saltarla, le specifiche obbligatorie sono quelle sopra.

Bene gente. Divertitevi!!

Ciao, parto subito con una domanda: se la fretta che dovrebbe determinare le azioni del mio protagonista fosse l'urgenza di dover tornare a casa dal lavoro sempre prima del tramonto perché è terrorizzato da quello che potrebbe trovare nel buio, si potrebbe considerare rispettata la specifica?
 
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view post Posted on 5/11/2018, 12:48
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VA* :rolleyes:
 
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CITAZIONE (alsan90 @ 4/11/2018, 21:40) 
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 2/11/2018, 21:30) 

SCANNATOIO NOVEMBRE-DICEMBRE 2018



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I brani saranno accettati anche se postati con un massimo di 8 ore di ritardo, ma incorreranno in una penalizzazione di 1 punto per ogni ora. I racconti devono essere pubblicati in questo thread. Provvedete a inserire i titoli insieme al testo del racconto.

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LE SPECIFICHE

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SPECIFICHE:
"LA GATTA FRETTOLOSA...": le scelte del protagonista dovranno essere motivate da un'urgenza, una fretta, un qualcosa che gli darà poco tempo per pensare o pianificare. Potrebbe essere la vittima di un serial killer in fuga; un soldato che deve recapitare un messaggio vitale sotto i bombardamenti; un eroe che deve sconfiggere il cattivo di turno prima che quest'ultimo attivi il meccanismo che distrugge il mondo o semplicemente un marito che deve tornare in fretta a casa perché se arriva prima sua moglie, si accorgerà di tutte le lattine di birra che ha lasciato in salotto la sera prima. L'importante è che abbia una fretta dannata.

"TANTO Và LA GATTA AL LARDO...": nel racconto deve comparire una trappola. Massima libertà su come potrete intenderla: potrebbe essere una tagliola, un'imboscata, una domanda trabocchetto o un qualsivoglia strumento atto ad ingannare qualcuno per danneggiarlo (anche figurativamente). Non è necessario che sia il fulcro della storia, ma deve avere la sua importanza (ex. nell'esempio di prima del serial killer. la vittima lo portebbe spingere con la faccia in una trappola per topi, trovando il tempo di scappare).


LE COCCARDE
Questo mese saranno assegnate 2 coccarde:

"...FECE I FIGLI CIECHI": la fretta del protagonista dovrà avere un esito negativo per qualcun'altro (es. per sfuggire al serial killer, la protagonista si dimentica del suo fidanzato ancora chiuso in auto, che diventerà vittima dell'assassino)

"...CHE CI LASCIA LO ZAMPINO": questa può essere anche alternativa alla precedente: la fretta del protagonista avrà effetti disastrosi per se stesso. Bonus per chi riesce a infilare i quest equazione anche la trappola di cui sopra.

Ricordo ai nuovi arrivati che le "specifiche" delle coccarde NON sono obbligatorie. Se volete guadagnarvi una coccarda, allora inserite nel racconto quello che ci vuole secondo voi per ambirvi, altrimenti non fa niente e potete saltarla, le specifiche obbligatorie sono quelle sopra.

Bene gente. Divertitevi!!

Ciao, parto subito con una domanda: se la fretta che dovrebbe determinare le azioni del mio protagonista fosse l'urgenza di dover tornare a casa dal lavoro sempre prima del tramonto perché è terrorizzato da quello che potrebbe trovare nel buio, si potrebbe considerare rispettata la specifica?

Off course

CITAZIONE (CMT @ 5/11/2018, 12:48) 
VA* :rolleyes:

Se avrebbi saputo che fusse suficiente fare erori gramatticalli per farti tornare su questa paggina, avrebbi fatti da più prima.

Se avessi saputo che bastava cominciare a scrivere castronerie per farti ricomparire, avrei cominciato a scrivere da mesi come un redneck ubriaco. Ti unisci a noi?
 
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view post Posted on 9/11/2018, 14:35
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CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 8/11/2018, 00:43) 
Se avessi saputo che bastava cominciare a scrivere castronerie per farti ricomparire, avrei cominciato a scrivere da mesi come un redneck ubriaco. Ti unisci a noi?

Ma io non sono scomparso, sono semplicemente non ispirato per scrivere, l'unica volta che avevo una mezza scintilla me l'ha rubata Gargaros togliendomi il posto nelle prenotazioni :o: :lol:
 
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view post Posted on 10/11/2018, 13:34
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"Ecate, figlia mia..."

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CITAZIONE (CMT @ 9/11/2018, 14:35) 
l'unica volta che avevo una mezza scintilla me l'ha rubata Gargaros togliendomi il posto nelle prenotazioni :o: :lol:

Ma se ci avevi rinunciato prima che mi facessi vivo, dicendo che il nome poco si confaceva al tuo ambiente
fantasy :1392239553.gif:
 
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view post Posted on 12/11/2018, 09:09
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CITAZIONE (Gargaros @ 10/11/2018, 13:34) 
Ma se ci avevi rinunciato prima che mi facessi vivo, dicendo che il nome poco si confaceva al tuo ambiente
fantasy :1392239553.gif:

Sì, il nome che aveva dato Shanda :D Poi si era prenotato WP mettendomi praticamente un nome fantasy apposta, io gli avevo chiesto di confermare la scelta della parola per un possibile fraintendimento e tu ti sei prenotato prima che rispondesse. :lol:
 
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view post Posted on 12/11/2018, 10:19
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CITAZIONE (CMT @ 12/11/2018, 09:09) 
CITAZIONE (Gargaros @ 10/11/2018, 13:34) 
Ma se ci avevi rinunciato prima che mi facessi vivo, dicendo che il nome poco si confaceva al tuo ambiente
fantasy :1392239553.gif:

Sì, il nome che aveva dato Shanda :D Poi si era prenotato WP mettendomi praticamente un nome fantasy apposta, io gli avevo chiesto di confermare la scelta della parola per un possibile fraintendimento e tu ti sei prenotato prima che rispondesse. :lol:

beh, ma allora devi prendertela con White per la sua scarsa celerità :1392239841.gif:

Poi boh, chiedo scusa. Ma non l'ho fatto a posta: il giro scorso è stato molto incasinato
 
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view post Posted on 12/11/2018, 12:37
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CITAZIONE (Gargaros @ 12/11/2018, 10:19) 
Poi boh, chiedo scusa. Ma non l'ho fatto a posta

Mai pensato il contrario
 
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view post Posted on 18/11/2018, 18:39

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OCCHIO DI PAVONE

Di Alexandra Fischer


L’orologio del campanile batté le cinque di sera e la porticina collocata al di sotto del quadrante si aprì mostrando una piattaforma sulla quale ballavano in cerchio giovani coppie della Festa di Maggio.
La piazza mostrava invece foglie ingiallite calpestate da decine e decine di scarpe fino a diventare una poltiglia spezza gambe.

Il solo pregio di questo dannato posto sono i tigli. Devono averli piantati all’epoca del bisnonno. Accidenti, quella carogna sta venendo da questa parte.

La ragazza scappò in direzione di una viuzza laterale senza udire il tintinnio del bracciale che le si era sfilato dal polso.

Guidato dai passi di lei, il giovane oltrepassò il tiglio secolare, ma la sua corsa lungo la viuzza degli antiquari si arrestò all’incrocio.

Inutile sfidare il traffico e la folla del venerdì sera. Tanto ti ritroverò comunque. Vorrei sapere cosa ci facevi nella casa di Kerstin Hirsch.

Tornando sui suoi passi, il giovane vide brillare qualcosa sul pavé e lo agguantò sbalordito.

Il bracciale Pavone. Come fai ad averlo?

Allora cominciò a sudare freddo mentre lo faceva sparire in tasca.

Bella distrazione. Potrebbe costarti la vita. Ma cosa mi viene in mente? Ho l’impressione che, se succedesse, tua madre non morirebbe certo di dolore. Bando agli scrupoli.

Il giovane estrasse il cellulare e compose un numero ticchettando sui tasti come se ogni mossa delle sue dita avesse potuto uccidere la ragazza.

Non appena udì la voce del suo interlocutore, però, cambiò atteggiamento: «Qui Günther. Credo che a Frau Leder interesserà molto sapere chi ho visto nella Piazza del Mercato.»

***
Frau Leder si rigirò il braccialetto fra le dita.
I suoi occhi erano umidi di lacrime.
«Dunque è viva. Perché me lo ha taciuto?»
Günther le sorrise maligno: «Evidentemente, si è accorta di aver scordato qualcosa nella sua fuga e ha deciso di riprenderselo.»
La donna posò il monile accanto alla fotografia della nipote scomparsa e l’uomo diresse lo sguardo in direzione della cornice: la ragazza sorrideva uscendo dall’acqua della piscina della villa.
Ne ammirò i capelli biondi e gli occhi color acquamarina, ma senza stupirsi che fosse scappata da quella vita agiata.
Gli bastava osservare la madre e gli oggetti che la circondavano: ossuta, dallo chignon rigido, imponeva un ordine maniacale che si estendeva di certo alla vita della figlia.
Quel pianto non lo ingannò neppure un po’.
Frau Leder si asciugò le lacrime prendendo un fazzoletto dalla scatola accanto alla fotografia.
«Se lei l’ha vista qui intorno, non posso che darle ragione. Solo, non ho idea di cosa possa avere dimenticato.»
La donna si alzò dalla poltrona imitata da lui.
Lo condusse al piano di sopra, attraverso una scala a chiocciola.
La stanza della ragazza era un guazzabuglio di bambole, libri, quaderni, CD di musica leggera, animaletti di pezza.
Frau Leder aprì i due armadi, zeppi di abiti, accessori e scarpe.
«Come vede, non manca niente. Mia figlia ha saputo organizzare la sua fuga preparandola già da settimane. So cosa sta per chiedermi. Non ci sono stati litigi, o segni premonitori. Ha fatto tutto di nascosto. In questo, ha preso dal padre. Anche lui se n’è andato così. Purtroppo, si è goduto poco la libertà.»

Immagino, vecchia strega ipocrita.

La donna aprì il cassetto della scrivania della figlia: «Sybille si è portata dietro l’essenziale.»
Günther notò che la carta di credito della ragazza c’era ancora, ma la scatola dei gioielli era vuota.
«Non morirà certo di fame. Si è servita delle cassette di sicurezza. Suo padre l’ha sempre viziata troppo e può contare su un avvocato abbastanza folle da rispettarne le ultime volontà. Quanto alle case, beh, mia figlia può rintanarsi ovunque. Mi chiedo cosa sia tornata a fare.»
Frau Leder allargò le braccia, ma la mente del giovane investigatore si mise a lavorare, partendo dal charms appeso al braccialetto.

Quella è una chiave. Sono curioso di vedere cosa apre in questa casa.

I suoi occhi si spostarono su uno spazio vuoto accanto al cofanetto dei gioielli.
Frau Leder intercettò il suo sguardo: «Sono stata più astuta di lei. Ho spostato la scatola in un posto sicuro. Voglio sfidarla a tornare.»
«Davvero? E come mai?»
La donna alzò il mento: «Ogni conquista ha il suo prezzo, Herr Hoffa. Intendo farlo comprendere a mia figlia. E lei mi aiuterà, naturalmente.»
«Come?»
«Lasciandola fare e bloccandola al momento opportuno. Venga, le mostro la scatola e il suo contenuto. Sono certa che allora capirà le mie ragioni.»
Günther annuì.
***

La ragazza rovistò per l’ennesima volta nella borsetta.

Accidenti, dov’è finito? A cosa mi servirà aprire la scatola senza la chiave?

Si morse il labbro inferiore, maledicendo la propria vigliaccheria.

Se solo fossi passata dal gioielliere dietro al quartiere degli antiquari. Ma no. Tutto per colpa di quell’uomo. Vorrei tanto sapere perché mi seguiva.

Chiuse la borsetta e prese la trousse dei cosmetici dalla mensola del bagno.

Potrei usare le forcine.

L’idea di farsi sorprendere da sua madre la sgomentò.

Proprio ora che ho scoperto la verità su di te e non so più come chiamarti.

La lettera del padre acclusa al testamento l’aveva sconvolta nel profondo:
‟Sybille cara, avrei voluto dirtelo di persona, ma non mi resta più molto tempo. La tua vera madre è morta pochi anni dopo la tua nascita e ha voluto affidarti la sua eredità. La donna che ti ha cresciuta ha tutti i motivi per impedirti di scoprire il segreto che ti riguarda, perché, molto probabilmente, sa più di quanto non mi abbia mai detto sulla tragedia che ha cambiato le nostre vite. Accludo a questa mia alcuni documenti e un indirizzo: lì troverai la conferma delle mie parole. Ti dono inoltre il braccialetto con la chiave dello scrigno che tua madre ha voluto donarti quando sei nata. Ti avverto. Non fidarti di lei, ora che l’intera fortuna di casa nostra passerà sotto il tuo controllo. ˮ

Fra i documenti che l’avvocato le aveva consegnato c’era un articolo di giornale con una fotografia.
La sua vera madre era coricata di schiena su un letto e accanto c’era la donna che aveva creduto tale da sempre.
Sul comodino del letto, c’erano siringhe e medicinali.
Quello che la sconvolse fu il titolo dell’articolo: INSPIEGABILE SUICIDIO DI UNA BRILLANTE DISEGNATRICE DI GIOIELLI

***
Sybille aveva trovato la casa facilmente: era a poca distanza dal quartiere di lusso.
Di stile settecentesco, era immersa nella foresta e con tanto di laghetto.
L’avvocato l’aveva accompagnato all’interno, colmo di mobili coperti da lenzuola e quadri a olio di scuola fiamminga.
La ragazza si era sforzata di ritrovare un barlume di ricordo nella casa, ma le era parsa estranea.
L’avvocato comprese il suo disorientamento: «Non sforzarti, sei vissuta qui soltanto pochi mesi. La moglie di tuo padre ti ha accolto subito dopo aver appreso che sei rimasta orfana.»
Poi, con aria complice, le aveva dato in mano il braccialetto: «Devi prenderlo assolutamente. Anche se va contro gli interessi della donna che ti ha allevato.»
Sybille si era stupita.
Hai l’età di mio padre e ti ho sempre considerato una specie di zio affettuoso. Cosa mi nascondi anche tu?
L’avvocato aveva ripreso: «Tua madre e Kerstin erano molto amiche. Sapevi che erano colleghe?»
Vaghi ricordi di attrezzature da orafo attraversarono la mente della ragazza.
Vedendola così ignara, l’avvocato le raccontò in breve la vicenda: «Kerstin stava per rubarle il marito e Magda si regolò come poteva. È facile alterare le dosi di certi farmaci. Vedi, tua madre le rimase accanto fino all’ultimo, esigendo il personale infermieristico migliore. E aveva molto spirito d’osservazione.»
«Ma tu come lo sai?»
«Mi raccontò tutto, giurando che si era trattato di un incidente. Voleva soltanto che si togliesse di torno.»
«Perché non l’ha fatta arrestare?»
L’avvocato scosse la testa: «Ha lasciato questo compito a te. Vedi, non si tratta di un delitto normale. Tua madre ha pensato la sua ultima creazione presagendo il suo destino.»
Sybille aveva spalancato gli occhi mentre il legale apriva un mobiletto a ribaltina tirandone fuori un braccialetto con appesa la chiave.
«Questo è il pezzo della parure Pavone che ho nascosto a Magda. Lei ha di certo nascosto lo scrigno, anche se ignora come aprirlo. Tienilo con cura. Ricordati: ucciderebbe per averlo.»
La ragazza indossò il braccialetto con qualche difficoltà: «La chiusura è difettosa. Dovrò provvedere a farla riparare.»
L’avvocato la mise in guardia: «Scegli un negozio lontano dal quartiere elegante. E fallo quando ti sarai sistemata.»
Le diede un mazzo di chiavi: «Questo è l’attico dove tuo padre lavorava ai suoi progetti di grafica pubblicitaria. Ha fatto credere a sua moglie di averlo venduto. Lì sarai al sicuro.»
Sybille prese le chiavi: «Grazie, Hans. Vorrei sapere in che senso i gioielli sono legati all’omicidio di mia madre.»
Gli occhi di lei andarono a un libro collocato nella ribaltina.
Il dorso riportava il titolo: Stregoneria nascosta nelle gemme.
L’avvocato prese il libro: «È un testo di scienze occulte. Tua madre se lo procurò da una studiosa del ramo quando si rese conto del pericolo che stavi correndo.»
La ragazza allungò la mano e l’uomo di legge glielo passò.
Le bastò leggerne la prima pagina per sentirsi come se avesse avuto in mano una pistola carica: ‟Con gli strumenti giusti e in certe fasi della notte, anche le pietre preziose più innocue possono sviluppare poteri letali. In particolare, esiste un maleficio che può attivarsi anche dopo la morte di chi le ha incastonate per permettergli di farsi giustizia nei riguardi dei nemici.ˮ
Con le mani tremanti, Sybille ridiede il libro all’avvocato: «Rimettilo dov’era. Io chiedo giustizia, non vendetta.»
L’avvocato annuì: «E sia. Va’, ora. Prendi il tram.»

***

Sybille chiuse la porta dell’attico ricordando la visita alla casa della sua vera madre.
Da allora, non aveva più sentito l’avvocato.

Lo chiamerò quando avrò ritrovato lo scrigno. Mi chiedo come farò a spaventare la moglie di mio padre indossando la parure. Stregoneria, gioielli maledetti. Non ci credo neanche un po’, ma a me basta che confessi.

***

Günther scostò il tendaggio tenendo d’occhio il giardino che dava sulla strada.
Quando la cellula fotoelettrica si accese, scattò in piedi: i capelli biondi della ragazza spiccarono nella luce.
Sul tavolo, lo scrigno rivestito di velluto verde faceva bella mostra di sé.
L’uomo si sedette in poltrona nella stanza buia.
A poca distanza da lui, sedeva Frau Leder.
Quando la ragazza entrò con la torcia, rimasero entrambi immobili.
La donna accese la luce solo quando Sybille ebbe aperto lo scrigno usando la chiave del braccialetto lasciato apposta da Günther
Vistasi scoperta, la ragazza strinse in pugno la collana e l’anello, indossandoli con gesti fulminei: una forza sconosciuta le era venuta in soccorso, dandole una manciata di secondi preziosi.

Grazie, mamma.

Frau Leder passò dal sogghigno alla smorfia di terrore quando Sybille si fermò davanti alla poltrona.
Günther la vide di spalle e non capì come mai Frau Leder si portasse la mano al petto gridando: «Perdonami, Kerstin. Volevo solo salvare il mio matrimonio. E poi, ho fatto del mio meglio con tua figlia Sybille.»
Subito dopo, si alzò di scatto dalla poltrona e tirò fuori dalla manica dell’abito un tagliacarte: «Ora ti farò stare zitta una volta per tutte.»
Sybille tentò di disarmarla e si prese una stilettata al petto.
Günther accorse dalla ragazza, le controllò il polso e digitò il numero di emergenza, mentre Frau Leder indietreggiava con il fermacarte insanguinato ridendo in modo folle.
L’investigatore alzò lo sguardo verso la donna: «C’è mancato poco che l’uccidesse. Se avessi saputo che l’odiava così tanto, non avrei mai accettato di lavorare per lei.»
Frau Leder riprese il controllo di sé: «Per un attimo, è stata Kerstin. Si è trattato di legittima difesa. Lei testimonierà a mio favore.»
Günther replicò alla donna: «No, lo farò per l’accusa.»

Povera piccola Sybille. A furia di fotografarti e seguirti mi sei entrata nel sangue. Ti aiuterò a far scontare a questa donna tutta la sua malvagità.

Gli occhi velati di lacrime del giovane videro brillare in modo abbagliante le gemme multicolori disposte a occhio di pavone e capì che forse, Sybille si sarebbe salvata ottenendo giustizia per la madre.
 
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IL CANE NERO

Io non sono pazzo! Ve lo giuro! Se avrete la pazienza di ascoltare da me come si sono svolti i fatti, e sentire con quanta precisione e lucidità vi racconterò cos’ho visto e sentito, allora non potrete che definirmi sano di mente.
Tutto cominciò quando fecero uno scavo davanti all’entrata della stradina che portava a casa mia. Si era rotto un tubo di qualcosa, forse della fogna o dell’acquedotto; fatto sta che non potevo più raggiungere la mia casa con la macchina ed ero costretto ad andare a piedi.
La stradina era lunga all’incirca trecento metri e da un lato era costeggiata da una piccola boscaglia: un ultimo avamposto della natura sopravvissuto in quel deserto di cemento che era la periferia cittadina. Dall’altro lato invece, subito prima di casa mia, c’era una casa abbandonata e in rovina da molti anni. Era di proprietà di una coppia di anziani che abitava lì quando ero bambino, ma che dopo la loro morte, non venne più abitata o reclamata da nessuno. Con il passare degli anni divenne un rudere che il comune non poteva abbattere per colpa della sua stessa burocrazia. Presumo fosse una vecchia cascina, costituita dall’abitazione vera e propria e da un vasto cortile che la separava dalle stalle e dal fienile; quest’ultimo era piuttosto ampio ed era l’edificio più alto della cascina. Di per sé la casa non rappresentò mai un problema, ma fu quello che c’era dentro che mi portò a fare quello che ho fatto.
Per fare la guardia alla loro proprietà, i vecchi vicini avevano un cane. Credo fosse una specie di incrocio tra un mastino e un labrador, era di dimensioni enormi, almeno per me che ero un bambino, reso ancora più spaventoso dalla sua indole aggressiva e dal suo colore completamente nero. Aveva la sua cuccia vicino alla porta del fienile e l’entrata era rivolta verso il cancello della cascina, cosicché, se questo era aperto, passando dalla strada lo si poteva vedere affacciarsi e ringhiare.
Una volta da bambino, mentre tornavo da scuola, notai che il cancello dei miei vicini era aperto a metà. Quando gli passai davanti, vidi quel cane uscire dalla sua cuccia e abbaiarmi contro, ma quello che mi terrorizzò di più fu il vedere che non era legato alla sua catena. Paralizzato dalla paura, lo vidi avvicinarsi lentamente, fissandomi insistente con la bava biancastra che gli colava dai lati della bocca. Mi guardai attorno ma non vidi nessuno dei miei vicini nei paraggi. Il cane si avvicinava sempre di più, ora solo più ringhiando sommesso. Poi qualcosa dentro di me scattò e all’improvviso mi misi a correre all’impazzata verso casa mia. Lo sentivo abbaiare furioso mentre mi inseguiva e la ghiaia di quel vialetto scricchiolava sotto il suo peso. A meno di dieci metri da casa mia, mi aveva quasi raggiunto. Potevo percepire il suo alito sui miei polpacci e lo schiocco delle sue fauci quando si chiudevano di scatto cercando di addentarli. Con le lacrime che mi offuscavano la vista, mi buttai sulla porta d’ingresso e la richiusi così in fretta che il cane ci sbatté contro. Abbaiò furioso per qualche secondo poi lo sentii andarsene. Ancora sconvolto raccontai tutto ai miei genitori e ottenni le scuse dai vicini che da quel giorno tennero sempre chiuso il cancello e quel maledetto cane non lo rividi mai più. Fino a qualche giorno fa.
Come ho detto all’inizio, a causa dei lavori di manutenzione delle tubature, ero costretto a parcheggiare la macchina lungo la strada principale e percorrere a piedi, come quando ero bambino, il vialetto che conduceva a casa mia. Da un paio di giorni era scattata l’ora solare, ed era quasi buio quando passai davanti a quella vecchia cascina. In macchina si notava poco il degrado in cui era piombata, i rampicanti avevano coperto tutto il muro perimetrale e la facciata degli edifici al suo interno. La porta d’ingresso dell’abitazione non esisteva più e le persiane di legno marcio si stavano staccando dai cardini lasciando intravedere le finestre buie e sporche. Il cancello divorato dalla ruggine e dalle intemperie era spalancato e anch’esso in parte aggredito dalle erbacce. Lanciai un’occhiata al cortile, il disordine e lo sfacelo facevano da padroni. Solo un elemento era rimasto invariato nel tempo: la cuccia di quel cane. Era nello stesso identico posto di quando ero bambino, sembrava anche nelle stesse condizioni in quanto nessuna pianta o altro elemento l’aveva sfiorata. Restai ancora un attiamo a guardare quell’edificio nel pallido chiarore del tramonto autunnale, quando una strana e immotivata sensazione di essere osservato, si fece strada nella mia testa. Eppure non c’era anima viva nelle vicinanze, il rumore del traffico cittadino era lontano e lì intorno regnava il silenzio più assoluto. Un po’ nervoso ripresi il cammino verso casa, ma prima di voltarmi con la coda dell’occhio vidi una macchia scura uscire dalla cuccia. Quando guardai meglio, però, non vidi niente. Turbato mi affrettai lungo il vialetto, ma, di nuovo, quando avevo già aperto la porta di casa mia e lanciai un’ultima occhiata alla stradina, mi sembrò di vedere una sagoma simile a quella di un cane dove mi ero fermato poco prima. Anche questa volta, quando strizzai di più gli occhi, non vidi più niente e mi dissi che era soltanto una suggestione. Quella notte però faticai ad addormentarmi e quel poco di sonno che riuscì ad ottenere fu sconvolto da incubi orribili sul quel cane nero. Mi svegliai un paio di volte urlando, spaventando mia moglie che non era abituata a vedermi così agitato.
Il giorno dopo, alla luce del sole, ero più tranquillo. Ripassando davanti alla vecchia casa vidi il solito spettacolo di degrado, ma non ebbi più quella sensazione. Al lavoro le cose andavano male da un po’, il fatturato era crollato all’improvviso, l’azienda aveva messo in cassa integrazione metà del personale e nell’aria aleggiava lo spettro del licenziamento per “riduzione del personale”. Mi trattenni di più in ufficio per fare buona impressione ai capi, così, quando finalmente uscii, era buio pesto. Camminando verso casa, mi facevo luce con il cellullare a mo’ di torcia elettrica. Ancora immerso nei problemi di lavoro, sfrecciai davanti al cancello sfondato senza degnarlo di uno sguardo. Non lo avevo ancora alle spalle, quando sentii dietro di me un rumore sommesso e gutturale, che mi distolse dai miei pensieri di soprassalto. Mi voltai di scatto e venni subito colto da stupore e terrore. Dal cancello era spuntato un cane nero, non un cane qualsiasi, ma era esattamente quello che avevano i miei vicini. Ringhiava minaccioso come un tempo, avvicinandosi piano, con le fauci serrate e i denti in vista, dai quali colavano piccole gocce biancastre. Non volevo crederci. Non poteva essere davvero quel cane. Erano passati quanti anni? Venti? Trenta? No, impossibile. Nessun cane sopravvivrebbe per così tanto tempo. Eppure, vi giuro, vi giuro su me stesso, che era davvero lì davanti a me. Superato lo stupore e il terrore inziale, la scossa primordiale della paura mi fece voltare e correre più veloce che potevo verso casa. Il cane iniziò a inseguirmi. Potevo sentire i suoi latrati e la ghiaia scricchiolare sotto il peso del suo corpo, esattamente come quando ero bambino. Anche se questa volta avevo le gambe più lunghe, lo sentivo vicinissimo, talmente vicino che distinguevo il rumore delle fauci che si serravano quando tentava di azzannarmi. Il cuore mi batteva così violento e furioso che temetti di morire prima di raggiungere il mio cancello. Senza più respirare, feci gli ultimi dieci metri, poi mi buttai sulla maniglia e, in unico movimento, aprii la porta, entrai e richiusi. Sentii il cane sbatterci contro e latrare infuriato, graffiando il portoncino metallico. Prima che mi cedessero le gambe, diedi un giro di chiave alla serratura e poi crollai a terra, esausto e coperto di sudore con il cuore che sembrava volermi uscire dalla gola. Mia moglie, sentendo il frastuono che feci chiudendo così forte il portoncino, si affacciò alla finestra e vedendomi a terra, uscì di casa e mi raggiunse.
«Oddio caro, cosa ti è successo?» mi disse mentre mi aiutava ad alzarmi.
«Il cane! Il cane! È qua, qua fuori!» mi alzai in piedi e guardai oltre le sbarre del cancello ma non vidi niente.
«Quale cane?»
«Quello dei miei vecchi vicini, quella bestiaccia che mi ha quasi azzannato quando ero bambino!»
«Aaah ho capito, quello su cui fai ancora gli incubi.»
«Ma quali incubi!? Non lo hai sentito abbaiare? Mi ha inseguito fin qua davanti a casa.»
«Ma io... non ho sentito proprio niente tesoro.»
«Allora sei stata l’unica in tutta lo zona. Domani chiamo il canile, non posso rischiare di essere aggredito tutte le volte che torno a casa.»
L’indomani, in pausa caffè, telefonai al canile municipale che mandò i suoi operai a fare un sopralluogo il giorno stesso. Immaginate la mia sorpresa quando, parlando con l’accalappiacani, mi disse che non solo non avevano trovato nessun cane, ma neanche nessuna impronta, nessun pelo, escrementi, avanzi di cibo o qualsiasi altra cosa che potesse ricondurre alla presenza di un cane. Sbalordito, spiegai di nuovo e con più foga quello che mi era successo, arrabbiandomi e dando dell’incompetente a quell’uomo che continuava a volermi smentire. Furibondo, gli attaccai il telefono in faccia.
Il giorno seguente, di ritorno dal lavoro, si ripeté esattamente la stessa orribile esperienza della sera prima. Mia moglie però sembrava anche lei del parere dell’accalappiacani e litigammo. Per tutta quella settimana chiamai il canile pregandoli ed esigendo un loro intervento. Vennero ancora due volte poi non si fecero più vedere e mi intimarono di non telefonare più. Capii ben presto che quel stramaledetto cane, usciva dal cancello soltanto dopo il tramonto e ancora adesso non so spiegarmi il perché. Esasperato, iniziai a uscire sempre prima dal lavoro, utilizzando tutti i permessi di cui potevo disporre, adducendo con i capi e i colleghi le scuse più disparate, perché temevo che nessuno mi avrebbe creduto o mi avrebbero preso per pazzo. Questa situazione non piacque ai capi che iniziarono a vedere le mie uscite anticipate come scarsa volontà e attaccamento al lavoro. Sapevo che sarei finito di sicuro sulla lista nera di chi doveva essere licenziato, eppure iniziò a non importarmene più, così tanto era il terrore che provavo al pensiero di ritrovarmi ad essere inseguito da quel cane. Per puro miracolo non feci incidenti stradali, guidando come un pazzo nel rientro a casa. Volevo solo arrivare il più in fretta possibile, prima che facesse buio.
Gli incubi si ripresentarono più frequenti e una notte, intorno alle tre, dopo essermi svegliato di soprassalto, sentii un ululato ghiacciarmi il sangue nelle vene. Proveniva da sotto le finestre della camera da letto, così chiaro che per un attimo pensai di sognare ancora. Mi affacciai e lo vidi: più nero del buio in mezzo al vialetto che mi tormentava con i suoi versi infernali, come a volermi dire che prima o poi sarei finalmente stato suo. Svegliai mia moglie.
«Adesso lo senti?!»
«Ma cosa… io… io non sento niente.» non ci vidi più. Pensava che fossi stupido? Cosa credeva? Che mi fossi rincoglionito tutto di un colpo? Perché godeva a provocarmi in quel modo? Litigammo così furiosamente che andai a dormire sul divano, ma in realtà non chiusi occhio.
Qualche giorno dopo, appena arrivato al lavoro, venni convocato nell’ufficio del personale. Sapevo cosa volevano dirmi e non stetti neanche ad ascoltarli. Non mossi un muscolo quando mi dissero di prendere le mie cose di non farmi più vedere. Se furono stupidi da questa mia apatia, non lo notai. Quando raccontai tutto a mia moglie, mi sembrò sconvolta in modo esagerato e più cercavo di minimizzare e più lei se la prendeva.
«Se metessi lo stesso impegno, con cui ora ti scaldi tanto, per risolvere il problema con il cane, a quest’ora sarebbe tutto a posto.» lei smise di parlare all’improvviso e mi guardò come non mi aveva mai guardato prima. Non disse più una parola. Andai a farmi una lunga doccia fredda per distendere i nervi e quando uscii, c’era un biglietto sul suo cuscino. Non lo lessi fino in fondo, ma lo accartocciai e lo gettai via. In sostanza diceva che sarebbe stata da sua madre finché io non avrei ammesso di avere un problema e di accettare un aiuto. Non la rividi mai più.
Le notti seguenti furono un vero inferno, il cane mi tormentava costantemente con i suoi ululati e gli incubi si facevano sempre più spaventosi e reali. Non uscivo più di casa neanche di giorno per timore di incontrarlo. Poi una telefonata della banca mi diede il colpo di grazia: se non avessi provveduto a pagare le ultime rate del mutuo, mi avrebbero pignorato la casa. Fu la goccia finale. Quel cane mi stava portando via tutto quello che avevo. Non avevo altra via di uscita.
Quella notte, con le lacrime agli occhi e fuori di me, uscii in strada urlando all’impazzata, dopo aver preso un coltello da cucina e un grosso bastone.
«Dove sei? Esci fuori! È me che vuoi giusto? Allora facciamola finita una per tutte.»
Diedi un calcio a una metà del vecchio cancello che si staccò dai cardini e cadde a terra con fracasso. Poi entrai come una furia nel cortile degradato, ma del cane nemmeno l’ombra. Urali a squarciagola per richiamarlo, ma niente, sentii solo il silenzio più totale. Immobile, al buio e nel bel mezzo del cortile di quella casa in rovina, non riuscivo a sentire nient’altro che il rumore del mio cuore. Iniziai a perlustrare la zona facendomi luce con il cellullare e tenendo stretto il bastone. Guardai dentro la cuccia: niente. Guardai nel fienile: di nuovo niente. Neanche nella veccia abitazione dei miei vicini non c’era niente. Deluso e arrabbiato mi ripromisi di tornare la sera successiva. Mi stavo già incamminando verso il cancello, quando da un cespuglio di erbacce una macchia scura mi travolse facendomi cadere a terra. Il bastone mi sfuggì di mano e cadde poco lontano. Intontito mi misi a carponi e finalmente lo vidi. Era lì davanti a me che mi abbaiava addosso tutto il suo odio. Mi sollevai in piedi, pronto a battermi, ma mi resi subito conto di aver perso anche il coltello. Venni travolto dal panico come una secchiata di acqua gelida. Il cane mi bloccava l’unica via di uscita da quel cortile così mi voltai e corsi dentro al fienile. Il cane abbaiò selvaggio mentre mi prendeva dietro lungo le scale impolverate di quel vecchio edificio. Arrivai fino in cima al fienile e chiusi la botola che dava sulle scale. Sentii immediatamente il cane graffiare il legno marcio e capii che avevo poco tempo. Cercai come un forsennato qualche probabile arma lì attorno ma non trovai nient’altro che sporcizia. Il cane sfondò un’asse della botola e il suo muso spuntò dal pavimento, frantumandolo ancora di più. Quel fienile si apriva, per tutta la grandezza di una parete, sul cortile interno. Mi sporsi per valutarne l’altezza: erano circa quattro o cinque metri, avrei potuto buttarmi e con un po’ di fortuna non mi sarei rotto niente. Ma la gioia venne presto sostituita dalla disperazione quando notai che sotto di me, c’era una vecchia mietitrebbia con gli aculei arrugginiti. No, non potevo lanciarmi su di essa e sperare di sopravvivere. Ero in trappola.
All’improvviso il cane uscì dal pavimento con fragore di legno spezzato. Sembrava che il mio volergli sfuggire lo rendesse ancora più feroce e determinato, e soltanto a quel punto capii. Gli sorrisi sereno mentre si avventava su di me con le fauci spalancate. Feci due passi indietro, fin sull’orlo del pavimento, chiusi gli occhi e aprii le braccia afferrandolo al volo.
Mentre piombavamo entrambi verso la morte, riaprii gli occhi e, con la massima sorpresa, vidi che fra le mie braccia stavo stringendo nient’altro che aria.
 
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view post Posted on 4/12/2018, 21:07

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Ciao Alsan 90. Ecco il mio commento: splendido racconto su un cane demoniaco. Il protagonista è il solo a vederlo e in pratica gli rovina la vita (vedi il lavoro e il matrimonio) prima di dissolversi nell’aria, da vero spettro infernale. Costruisci molto bene la tensione e le scene della lotta fra il protagonista e il cane nel fienile sono davvero efficaci, mettono i brividi. Anche il fatto che l’animale sia sopravvissuto per tanti anni lo rende inquietante (è una metafora delle paure del protagonista? Questa può essere un’ulteriore chiave di lettura della storia). Hai usato molto bene la specifica: ”Tanto va la gatta al lardo”.

Attenzione a: se metessi lo stesso impegno… (refuso: se mettessi)
Urali a squarciagola… (refuso: Urlai)
 
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view post Posted on 8/12/2018, 17:20

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CITAZIONE (shanda06 @ 18/11/2018, 18:39) 
OCCHIO DI PAVONE

Di Alexandra Fischer


L’orologio del campanile batté le cinque di sera e la porticina collocata al di sotto del quadrante si aprì mostrando una piattaforma sulla quale ballavano in cerchio giovani coppie della Festa di Maggio.
La piazza mostrava invece foglie ingiallite calpestate da decine e decine di scarpe fino a diventare una poltiglia spezza gambe.

Il solo pregio di questo dannato posto sono i tigli. Devono averli piantati all’epoca del bisnonno. Accidenti, quella carogna sta venendo da questa parte.

La ragazza scappò in direzione di una viuzza laterale senza udire il tintinnio del bracciale che le si era sfilato dal polso.

Guidato dai passi di lei, il giovane oltrepassò il tiglio secolare, ma la sua corsa lungo la viuzza degli antiquari si arrestò all’incrocio.

Inutile sfidare il traffico e la folla del venerdì sera. Tanto ti ritroverò comunque. Vorrei sapere cosa ci facevi nella casa di Kerstin Hirsch.

Tornando sui suoi passi, il giovane vide brillare qualcosa sul pavé e lo agguantò sbalordito.

Il bracciale Pavone. Come fai ad averlo?

Allora cominciò a sudare freddo mentre lo faceva sparire in tasca.

Bella distrazione. Potrebbe costarti la vita. Ma cosa mi viene in mente? Ho l’impressione che, se succedesse, tua madre non morirebbe certo di dolore. Bando agli scrupoli.

Il giovane estrasse il cellulare e compose un numero ticchettando sui tasti come se ogni mossa delle sue dita avesse potuto uccidere la ragazza.

Non appena udì la voce del suo interlocutore, però, cambiò atteggiamento: «Qui Günther. Credo che a Frau Leder interesserà molto sapere chi ho visto nella Piazza del Mercato.»

***
Frau Leder si rigirò il braccialetto fra le dita.
I suoi occhi erano umidi di lacrime.
«Dunque è viva. Perché me lo ha taciuto?»
Günther le sorrise maligno: «Evidentemente, si è accorta di aver scordato qualcosa nella sua fuga e ha deciso di riprenderselo.»
La donna posò il monile accanto alla fotografia della nipote scomparsa e l’uomo diresse lo sguardo in direzione della cornice: la ragazza sorrideva uscendo dall’acqua della piscina della villa.
Ne ammirò i capelli biondi e gli occhi color acquamarina, ma senza stupirsi che fosse scappata da quella vita agiata.
Gli bastava osservare la madre e gli oggetti che la circondavano: ossuta, dallo chignon rigido, imponeva un ordine maniacale che si estendeva di certo alla vita della figlia.
Quel pianto non lo ingannò neppure un po’.
Frau Leder si asciugò le lacrime prendendo un fazzoletto dalla scatola accanto alla fotografia.
«Se lei l’ha vista qui intorno, non posso che darle ragione. Solo, non ho idea di cosa possa avere dimenticato.»
La donna si alzò dalla poltrona imitata da lui.
Lo condusse al piano di sopra, attraverso una scala a chiocciola.
La stanza della ragazza era un guazzabuglio di bambole, libri, quaderni, CD di musica leggera, animaletti di pezza.
Frau Leder aprì i due armadi, zeppi di abiti, accessori e scarpe.
«Come vede, non manca niente. Mia figlia ha saputo organizzare la sua fuga preparandola già da settimane. So cosa sta per chiedermi. Non ci sono stati litigi, o segni premonitori. Ha fatto tutto di nascosto. In questo, ha preso dal padre. Anche lui se n’è andato così. Purtroppo, si è goduto poco la libertà.»

Immagino, vecchia strega ipocrita.

La donna aprì il cassetto della scrivania della figlia: «Sybille si è portata dietro l’essenziale.»
Günther notò che la carta di credito della ragazza c’era ancora, ma la scatola dei gioielli era vuota.
«Non morirà certo di fame. Si è servita delle cassette di sicurezza. Suo padre l’ha sempre viziata troppo e può contare su un avvocato abbastanza folle da rispettarne le ultime volontà. Quanto alle case, beh, mia figlia può rintanarsi ovunque. Mi chiedo cosa sia tornata a fare.»
Frau Leder allargò le braccia, ma la mente del giovane investigatore si mise a lavorare, partendo dal charms appeso al braccialetto.

Quella è una chiave. Sono curioso di vedere cosa apre in questa casa.

I suoi occhi si spostarono su uno spazio vuoto accanto al cofanetto dei gioielli.
Frau Leder intercettò il suo sguardo: «Sono stata più astuta di lei. Ho spostato la scatola in un posto sicuro. Voglio sfidarla a tornare.»
«Davvero? E come mai?»
La donna alzò il mento: «Ogni conquista ha il suo prezzo, Herr Hoffa. Intendo farlo comprendere a mia figlia. E lei mi aiuterà, naturalmente.»
«Come?»
«Lasciandola fare e bloccandola al momento opportuno. Venga, le mostro la scatola e il suo contenuto. Sono certa che allora capirà le mie ragioni.»
Günther annuì.
***

La ragazza rovistò per l’ennesima volta nella borsetta.

Accidenti, dov’è finito? A cosa mi servirà aprire la scatola senza la chiave?

Si morse il labbro inferiore, maledicendo la propria vigliaccheria.

Se solo fossi passata dal gioielliere dietro al quartiere degli antiquari. Ma no. Tutto per colpa di quell’uomo. Vorrei tanto sapere perché mi seguiva.

Chiuse la borsetta e prese la trousse dei cosmetici dalla mensola del bagno.

Potrei usare le forcine.

L’idea di farsi sorprendere da sua madre la sgomentò.

Proprio ora che ho scoperto la verità su di te e non so più come chiamarti.

La lettera del padre acclusa al testamento l’aveva sconvolta nel profondo:
‟Sybille cara, avrei voluto dirtelo di persona, ma non mi resta più molto tempo. La tua vera madre è morta pochi anni dopo la tua nascita e ha voluto affidarti la sua eredità. La donna che ti ha cresciuta ha tutti i motivi per impedirti di scoprire il segreto che ti riguarda, perché, molto probabilmente, sa più di quanto non mi abbia mai detto sulla tragedia che ha cambiato le nostre vite. Accludo a questa mia alcuni documenti e un indirizzo: lì troverai la conferma delle mie parole. Ti dono inoltre il braccialetto con la chiave dello scrigno che tua madre ha voluto donarti quando sei nata. Ti avverto. Non fidarti di lei, ora che l’intera fortuna di casa nostra passerà sotto il tuo controllo. ˮ

Fra i documenti che l’avvocato le aveva consegnato c’era un articolo di giornale con una fotografia.
La sua vera madre era coricata di schiena su un letto e accanto c’era la donna che aveva creduto tale da sempre.
Sul comodino del letto, c’erano siringhe e medicinali.
Quello che la sconvolse fu il titolo dell’articolo: INSPIEGABILE SUICIDIO DI UNA BRILLANTE DISEGNATRICE DI GIOIELLI

***
Sybille aveva trovato la casa facilmente: era a poca distanza dal quartiere di lusso.
Di stile settecentesco, era immersa nella foresta e con tanto di laghetto.
L’avvocato l’aveva accompagnato all’interno, colmo di mobili coperti da lenzuola e quadri a olio di scuola fiamminga.
La ragazza si era sforzata di ritrovare un barlume di ricordo nella casa, ma le era parsa estranea.
L’avvocato comprese il suo disorientamento: «Non sforzarti, sei vissuta qui soltanto pochi mesi. La moglie di tuo padre ti ha accolto subito dopo aver appreso che sei rimasta orfana.»
Poi, con aria complice, le aveva dato in mano il braccialetto: «Devi prenderlo assolutamente. Anche se va contro gli interessi della donna che ti ha allevato.»
Sybille si era stupita.
Hai l’età di mio padre e ti ho sempre considerato una specie di zio affettuoso. Cosa mi nascondi anche tu?
L’avvocato aveva ripreso: «Tua madre e Kerstin erano molto amiche. Sapevi che erano colleghe?»
Vaghi ricordi di attrezzature da orafo attraversarono la mente della ragazza.
Vedendola così ignara, l’avvocato le raccontò in breve la vicenda: «Kerstin stava per rubarle il marito e Magda si regolò come poteva. È facile alterare le dosi di certi farmaci. Vedi, tua madre le rimase accanto fino all’ultimo, esigendo il personale infermieristico migliore. E aveva molto spirito d’osservazione.»
«Ma tu come lo sai?»
«Mi raccontò tutto, giurando che si era trattato di un incidente. Voleva soltanto che si togliesse di torno.»
«Perché non l’ha fatta arrestare?»
L’avvocato scosse la testa: «Ha lasciato questo compito a te. Vedi, non si tratta di un delitto normale. Tua madre ha pensato la sua ultima creazione presagendo il suo destino.»
Sybille aveva spalancato gli occhi mentre il legale apriva un mobiletto a ribaltina tirandone fuori un braccialetto con appesa la chiave.
«Questo è il pezzo della parure Pavone che ho nascosto a Magda. Lei ha di certo nascosto lo scrigno, anche se ignora come aprirlo. Tienilo con cura. Ricordati: ucciderebbe per averlo.»
La ragazza indossò il braccialetto con qualche difficoltà: «La chiusura è difettosa. Dovrò provvedere a farla riparare.»
L’avvocato la mise in guardia: «Scegli un negozio lontano dal quartiere elegante. E fallo quando ti sarai sistemata.»
Le diede un mazzo di chiavi: «Questo è l’attico dove tuo padre lavorava ai suoi progetti di grafica pubblicitaria. Ha fatto credere a sua moglie di averlo venduto. Lì sarai al sicuro.»
Sybille prese le chiavi: «Grazie, Hans. Vorrei sapere in che senso i gioielli sono legati all’omicidio di mia madre.»
Gli occhi di lei andarono a un libro collocato nella ribaltina.
Il dorso riportava il titolo: Stregoneria nascosta nelle gemme.
L’avvocato prese il libro: «È un testo di scienze occulte. Tua madre se lo procurò da una studiosa del ramo quando si rese conto del pericolo che stavi correndo.»
La ragazza allungò la mano e l’uomo di legge glielo passò.
Le bastò leggerne la prima pagina per sentirsi come se avesse avuto in mano una pistola carica: ‟Con gli strumenti giusti e in certe fasi della notte, anche le pietre preziose più innocue possono sviluppare poteri letali. In particolare, esiste un maleficio che può attivarsi anche dopo la morte di chi le ha incastonate per permettergli di farsi giustizia nei riguardi dei nemici.ˮ
Con le mani tremanti, Sybille ridiede il libro all’avvocato: «Rimettilo dov’era. Io chiedo giustizia, non vendetta.»
L’avvocato annuì: «E sia. Va’, ora. Prendi il tram.»

***

Sybille chiuse la porta dell’attico ricordando la visita alla casa della sua vera madre.
Da allora, non aveva più sentito l’avvocato.

Lo chiamerò quando avrò ritrovato lo scrigno. Mi chiedo come farò a spaventare la moglie di mio padre indossando la parure. Stregoneria, gioielli maledetti. Non ci credo neanche un po’, ma a me basta che confessi.

***

Günther scostò il tendaggio tenendo d’occhio il giardino che dava sulla strada.
Quando la cellula fotoelettrica si accese, scattò in piedi: i capelli biondi della ragazza spiccarono nella luce.
Sul tavolo, lo scrigno rivestito di velluto verde faceva bella mostra di sé.
L’uomo si sedette in poltrona nella stanza buia.
A poca distanza da lui, sedeva Frau Leder.
Quando la ragazza entrò con la torcia, rimasero entrambi immobili.
La donna accese la luce solo quando Sybille ebbe aperto lo scrigno usando la chiave del braccialetto lasciato apposta da Günther
Vistasi scoperta, la ragazza strinse in pugno la collana e l’anello, indossandoli con gesti fulminei: una forza sconosciuta le era venuta in soccorso, dandole una manciata di secondi preziosi.

Grazie, mamma.

Frau Leder passò dal sogghigno alla smorfia di terrore quando Sybille si fermò davanti alla poltrona.
Günther la vide di spalle e non capì come mai Frau Leder si portasse la mano al petto gridando: «Perdonami, Kerstin. Volevo solo salvare il mio matrimonio. E poi, ho fatto del mio meglio con tua figlia Sybille.»
Subito dopo, si alzò di scatto dalla poltrona e tirò fuori dalla manica dell’abito un tagliacarte: «Ora ti farò stare zitta una volta per tutte.»
Sybille tentò di disarmarla e si prese una stilettata al petto.
Günther accorse dalla ragazza, le controllò il polso e digitò il numero di emergenza, mentre Frau Leder indietreggiava con il fermacarte insanguinato ridendo in modo folle.
L’investigatore alzò lo sguardo verso la donna: «C’è mancato poco che l’uccidesse. Se avessi saputo che l’odiava così tanto, non avrei mai accettato di lavorare per lei.»
Frau Leder riprese il controllo di sé: «Per un attimo, è stata Kerstin. Si è trattato di legittima difesa. Lei testimonierà a mio favore.»
Günther replicò alla donna: «No, lo farò per l’accusa.»

Povera piccola Sybille. A furia di fotografarti e seguirti mi sei entrata nel sangue. Ti aiuterò a far scontare a questa donna tutta la sua malvagità.

Gli occhi velati di lacrime del giovane videro brillare in modo abbagliante le gemme multicolori disposte a occhio di pavone e capì che forse, Sybille si sarebbe salvata ottenendo giustizia per la madre.

Ciao, noto un grosso miglioramento per quanto riguarda la chiarezza della trama, anche se, secondo me, devi ancora migliorare un po'. Troppo spesso mi sono trovato a rileggere frasi precedenti perché non capivo. Ho notato un po' troppa fretta questa volta, rispetto ad altri tuoi racconti, che secondo me non fa bene al racconto, che comunque mi è piaciuto.
Non ho notato invece refusi eccetto quando nella lettera del padre, legge che la madre è morta da pochi anni e poi l'avvocato le dice che sono mesi. Infine cambierei "udire" con un più scorrevole "sentire". Giudizio comunque positivo, si vede che ti serve esercitarti qui!

Per White Pretorian 2.0, questa edizione dello skanna verrà considerata valida dato che abbiamo partecipato soltanto in due? Come si svolgerà da adesso in poi?
 
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view post Posted on 8/12/2018, 21:40
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Salve, gente e scusate se non mi sono fatto sentire, ma sto avendo un periodo abbastanza particolare tra lavoro, salute e studio, quindi...

Ad ogni modo, considero regolare questo Skanna, quindi procedete pure con i commenti: quando avrete fatto inserirò anche il mio ^_^ .
Poi, per i punti nella classifica generale, vedremo di trovare una soluzione: mi sembra che non sia questo quello che interessa tutti noi, no?
 
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