Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio agosto 2019

« Older   Newer »
  Share  
shanda06
view post Posted on 8/8/2019, 13:57 by: shanda06

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


L’ANNO DEL FERMENTO di Alexandra Fischer

Lo ricordo oggi, rassicurata dagli articoli che commemorano Coco Chanel e Otto Dix a indicare l’inizio di una nuova serie di Anni Ruggenti.
Magari gli anni Duemila potessero essere così e mantenere le loro promesse di benessere e sicurezza per tutti.
Riduco a icona gli articoli e passo a rievocare il 2018, anno cupo per la commemorazione della fine della Grande Guerra con il suo carico di morti e l’apertura verso le donne.


Passo su Google e ascolta la canzone d’esordio della cantautrice Nevhya, la ragazza prodigio che si è elevata al di sopra di Marrakesch e dei Dark Polo Gang.

E ammiro la maschera di plastica metallizzata con i colori dell’arcobaleno a coprirne il volto, mentre le mie orecchie si beano a sentire il ritornello della canzone Il vuoto riempie tutto.
‟… Eco di menti vuote…fra i muri vuoti…fantasmi fatti di carne … la vasca del vuoto trabocca.”
Questo miracolo è avvenuto dopo che la piccola mi ha salutata sulla soglia dell’edicola del paese, dopodiché si è voltata nella sezione delle locandine e ha visto l’altra me stessa sul manifesto con in mano il libro d’esordio.
Penso che questo l’abbia aiutata a credere in se stessa una volta di più: in modo da rendere il successo duraturo.
Io, invece, sto lasciando tracce di me stessa sentendomi come una morta che cammina.
Devo sbrigarmi a diffondere quanto più posso del mio mondo interiore mettendoci la faccia, ma non per vanità: intendo provare che ce l’ho fatta a beneficio di tante persone anche più fragili di me.

Se penso a quella foto, ritoccata da un professionista con lo studio in paese: è stata la prima di una serie di prove durate una quarantina di minuti.

Su il mento, cara. Piede destro avanti, indietro il sinistro, su il libro, dita a ventaglio.

In gergo, si chiama shooting.
E io ci ho fatto del mio meglio.
Questo impegno lo ha apprezzato anche il recensore di un quotidiano importante, che ha pubblicato una di quelle foto a corredo dell’articolo, ed è stata una nota di frivolezza tale da interrompere un po’ il flusso di notizie tragiche.
Quella di apertura riguarda l’uscita dell’Inghilterra dalla Zona Euro.
Brutta faccenda, specialmente se sarà contagiosa per il resto degli stati, a partire dalla Germania.
Ho letto l’articolo in cui gli oppositori della Merkel intendono fare proprio questo e immagino scenari di recessione senza rimedio.
E mi chiedo: cosa ne sarà delle riparazioni di guerra al Popolo Eletto?
Allora mi compaiono nella mente repliche terrificanti della Repubblica di Weimar ambientate in Italia: carrelli colmi di biglietti di banca.
Come può una bottiglia di olio d’oliva costare tre milioni di euro?
La fila dei disoccupati per il sussidio e le probabili tessere di razionamento per cibo, vestiti, e magari anche ore di elettricità ricomincia a farmi venire la tachicardia.
Mi ricordo l’avvertimento di mia nonna.
Nel 1948 qui in paese mancava ancora tutto. Tieni a mente che quel che è stato può sempre tornare perché la gente ragiona sempre allo stesso modo.

Rabbrividisco davanti allo spauracchio e mi soffermo a sistemare la dispensa: su ogni confezione i caratteri sono quelli di moda negli Anni Sessanta; ne riconosco la grafica e per un istante provo una tiepida rassicurazione, rafforzata dalle riviste in soggiorno.
Sono le preferite di mia madre e celebrano la vita com’era nel 1968, con tutta la carica di ribellione e innovazione.
***

Vado al parco giochi dietro casa.
L’ho sognato e ne ho scritto in un tema alle elementari.
Guardo i ragazzi nel prato alle prese con gigantesche bolle di sapone:
hanno bidoni di acqua saponata e gli attrezzi per farle, quello che mi ha sempre fatta pensare alla cruna di un ago di plastica.
Agitano le braccia nello sforzo di realizzare la più grossa, la più colorata e la più bella.
Mi avvicino a una di loro: una tredicenne minuta che sembra uscita da un manga, visti i capelli azzurro-rosa e l’abitino smanicato Anni Sessanta con inserti di lurex.
− Giocate a bolle?
− Ma no, è Sapone Illustrato.
Incuriosita, guardo le bolle sollevarsi nel cielo del parco e scorgo, nei giochi di luce, macchie variopinte che mostrano scene di imbarchi spaziali.
− Come ci riuscite?
La ragazza dai capelli azzurri con il ciuffo rosa mi mostra da vicino il forma bolle.
Indica un pulsante nel manico.
− Guarda bene.
Lo immerge nell’acqua saponata e si accende un piccolo led rosso cupo.
Quando soffia attraverso l’occhiello, compare un’immagine tremolante che acquista forma man mano che il sapone si condensa in una bolla.
− È un ologramma – mi meraviglio.
Lei rettifica: − Una olo bolla di sapone, vorrai dire. Vedi, questo è un gioco che serve ad anticipare quello che verrà: la missione su Marte del 2026. Non dirmi che non ne sai niente.
− Qualcosa. Sembra che stiano già formando l’equipaggio. Gente che ora ha la tua età.
Lei mi osserva con un’aria divertita.
So cosa vuol dire quel sorriso.
Sono fuori età per certe avventure, ma a me non importa: purché mi siano risparmiati gli insetti come alimento negli ultimi anni.
La bolla di sapone scoppia con un pop liquido e l’immagine delle colture idroponiche di Marte si dissolve come un bel sogno.
Decido di tornare a casa dopo aver dato un’occhiata all’ora sul campanile: è tardi e devo connettermi alla Rete per salutare certi amici su Facebook.
− Piacere di averti conosciuta.
Le tendo la mano e lei la stringe come a non volermi lasciare andare.
− Ti ho vista sul manifesto in libreria e ho letto di te sul sito del giornale. Fai attenzione agli Inquisitori della Rete.
− Sì, certo. Grazie di avermi avvertita.
Mi divincolo e corro a casa.
Accendo il computer e vado su Facebook ed è lì che vedo la fotografia.
Ci sono io davanti alla stazione di una grande città di pianura nel mezzo dell’ora di punta.
Sono chinata a terra e sto raccogliendo un cellulare da terra.
Accanto a me c’è l’uomo che lo ha perso.
La notizia è accompagnata da un testo a lettere maiuscole: SOLO UN CASO?
Ci sono anche altre fotografie: nel supermercato del paese e in biblioteca.
Non so chi sia: alto, capelli a caschetto, ci avrò scambiato qualche parola, certo il particolare delle abitudini comuni è buffo.
Verso sera cominciano ad arrivare le telefonate mute di qualcuno che ha ricevuto le stesse fotografie sul proprio profilo.
Riattacco ogni volta.
***
Lascio di sopra il cellulare spento e scendo nel bar sotto casa mia per lasciarmi dietro quello che per me è uno stupido scherzo.
Vedo acceso il PC portatile di uno dei titolari ed è sul profilo del tipo alto e con i capelli a caschetto.
Mi avvicino con noncuranza sorseggiando la birra appena ordinata.
− Cosa non si vede su Facebook, eh?
Lui si volta: − Sì, molto realistico. Mi dispiace che ti abbiano presa in mezzo.
Abbassa la voce: − Qualcuno ha voluto rendergli la vita difficile. Non ci vuol molto a montare una notizia falsa e a rovinare la serenità al prossimo.
Faccio un mugugno di assenso e finisco la birra.
Esco ripromettendomi di stare lontana da quel poveretto.
***
A casa, leggo su una rivista che montare casi spiacevoli da fotografie è molto frequente.
L’ultima moda 2018, poi, sono quelle scattate nei momenti di intimità e usate come armi di ricatto dagli ex.
Penso alla pericolosità di certi esibizionismi e soffro pensando a chi ne è stato vittima: di sicuro persone insicure, certe di poter essere protagoniste nella vita di qualcuno impersonando divi bollenti.


***
Oggi. Agosto 2019.
Quando faccio il solito giro su Facebook, ho la sensazione di stare attraversando una strada molto trafficata e pericolosa, per quanto ai lati abbia bei negozi e palazzi eleganti.
 
Top
48 replies since 31/7/2019, 20:39   763 views
  Share