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Skannatoio Settembre, Frammenti

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Incantatore Incompleto
view post Posted on 22/9/2019, 22:30 by: Incantatore Incompleto
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Apprendista stregone

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Lo spunto era quella di far confrontare due diverse idee dell’amore.

Per amore

Vedo la bellezza del tuo viso.
Vedo il riflesso dei tuoi capelli ramati scintillare nella luce del sole.
Vedo la tua vita sottile, le tue gambe perfette uscire da una delle tante minigonne che ami indossare.
Purtroppo vedo anche lui.
Vedo il riflesso dei tuoi occhi nei suoi.
Vedo come lo abbracci, come lo sfiori, come posi le labbra sulle sue.
Questi occhi che un tempo mi riempivano solo della tua bellezza, ora mi colmano di dolore.
Vorrei essere cieco e invece mi ritrovo a guardare tutto questo. Quando ti osservo, sperando che i tuoi occhi si posino su di me, mi tocca vedere anche lui che ti scodinzola intorno.
Perché mi fai vedere tutto questo, Arianna?
Da quando ti sei messa con lui, ogni giorno pare grigio e senza senso, scandito da momenti sempre uguali e ripetitivi.
La sveglia, la colazione, il mio noioso lavoro di impiegato, il ritorno a casa, le sere passate davanti alla tv e a letto.
Il giorno dopo? Uguale. Quello successivo? Anche.
A ventisei anni, conduco la vita di un settantenne e quel che è peggio è che ogni cosa, in questa casa, mi ricorda te.
Da otto lunghissimi mesi.
Le foto scattate insieme, i cagnolini di peluche che adoravi regalarmi, la tazza portapenne con scritto “Ti amo”, sono muti testimoni di un tempo felice che non tornerà più.
I miei genitori continuano a dirmi di dimenticarti, di farmene una ragione, di uscire con gli amici e buttare finalmente questa storia alle spalle.
Ma che ne sanno?
Io ti rivoglio indietro e vorrei che quel bastardo di Davide morisse in questo momento! Anzi, sarei disposto a ucciderlo con le mie stesse mani se servisse a riportarti indietro.
Invece sono qui, nel mio letto, circondato dalle foto della nostra prima (e ultima) vacanza insieme a Rimini.
Non riesco a dimenticarti e mai ci riuscirò.
La sveglia sul mio comodino segna le undici: devo andare a dormire.
Rimetto a posto le foto nello scatolone sotto il letto e prendo i miei soliti sonniferi, i miei soli alleati. Gli unici amici che mi concedono otto ore di nero oblio senza sogni. Le uniche otto ore in cui riesco a non pensarti.
Osservo nel palmo della mano la dose abituale di compresse. Mi sento troppo di merda stasera: ne prenderò qualcuna in più. Meglio non correre rischi.
Spengo la luce e chiudo gli occhi, sperando che il buio mi accolga presto. Vorrei dormire: dormire per sempre.
Una morte dolce, durante il sonno, senza soffrire.
Un’eternità di nulla invece di questo dolore continuo e lacerante.
Sarebbe magnifco!


Un bacio sulla guancia mi fa aprire gli occhi di scatto.
«Forza, pigrone! Sono le quattro, hai intenzione di dormire tutto il pomeriggio?»
Mi giro nella direzione della voce, ma ho la vista annebbiata e non riesco a mettere a fuoco la figura che si trova di fianco al letto. Mi stropiccio gli occhi con le mani e finalmente riesco a vederla.
È lei ed è stupenda!
Mi trovo ad ammirare il viso delizioso, impreziosito da due splendidi occhi color acquamarina e circondato da un caschetto di capelli ramati. Indossa un copricostume giallo che, grazie alla stoffa leggera, riesce a farmi indovinare le sue forme. Il suo sorriso è attraente e rassicurante, uno di quei sorrisi in grado di farti innamorare.
E infatti è così.
Capisco che non posso vivere senza di lei.
Mi fissa divertita, lanciando sul letto il mio costume da bagno.
«Forza, mettiti questo mentre vado a imbucare le cartoline. Aspettami qui, tesoro. Intanto.. preparati», cinguetta allegramente, mentre si dirige verso la porta.
«Ma, Arianna, io...»
Mi trovo a fissare come un ebete la porta che si chiude con un lieve tonfo. Ma cosa cazzo sta succedendo? Dove mi trovo? Mi sono addormentato pochi attimi fa nel mio letto e mi ritrovo...
«Ti ritrovi a Rimini, il 23 luglio del 2018 con Arianna, che stanotte tradirai nei cessi del Coconuts con quella ragazza di Bergamo, tanto per intenderci.»
Volto lentamente la testa nel punto da cui proviene la voce e quello che vedo mi fa dubitare di essere ancora sano di mente.
Seduto a gambe incrociate, ai piedi del letto, c’è un piccolo e paffuto bambino biondo, armato di arco e con due graziose ali di piume bianche che spuntano da dietro le spalle.
«Ho capito tutto! Sono a casa, nel mio letto e sto sognando. Non c’è altra spiegazione», esclamo con tono piatto, puntando il dito indice contro quel parto della mia mente.
«No, mio caro. Non stai sognando. Capisco che tutto possa sembrarti assurdo ma io sono proprio quello che credi che io sia: sono Cupido, o Eros se preferisci.»
La mia risata esplode come una bomba all’interno della stanza.
«Tu Cupido? Ma per piacere. Non credo in Dio e dovrei credere a te? Tu fai solo parte di un sogno assurdo.»
«È proprio perché non credi in Dio che forse dovresti credere in me, anzi in noi. Siamo stati sostituiti da una nuova divinità imposta con la violenza e con l’inganno. Secondo te, perchè ci chiamano dei primordiali?», risponde con voce argentina, sbattendo gioiosamente le ali come a voler sottolineare la frase.
«Senti, cerchiamo di essere pratici», replico con prontezza, agitando la mano come a volere scacciare un insetto fastidioso. «Tu sei vero come è vero Babbo Natale o la Fata dei dentini! Non so ancora se sogno, se sono impazzito o cos’altro, ma fammi un favore: ritorna nei meandri della mia mente e restaci», rispondo deciso, mettendomi a sedere a gambe incrociate per imitare la sua postura.
«Ma tu guarda! Sei il primo e unico essere umano per cui mia madre prova compassione, l’unico in tremila anni di storia e mi rispondi così?», inveisce il putto, con voce carica di risentimento.
«Il tuo dolore è stato così forte, così genuino, che persino mamma ha incominciato a inveire contro di me. Ha persino minacciato di rompermi l’arco se non ti avessi aiutato, e allora...», esclama teatralmente, mentre con uno sbattere d’ali svolazza sopra il letto e va a posarsi sopra il mio ginocchio destro.
«E allora?», esclamo, mentre un dubbio si insinua nella mente. Mi sembra tutto così nitido: il vociare della gente in strada, la consistenza del lenzuolo sul quale sono sdraiato, il peso del piccolo essere poggiato sulla gamba. Non ho mai fatto un sogno così pieno di particolari. Non sarà che...
«Allora la dea dell’amore, alias mammina, mi ha chiesto di darti una seconda possibilità. Se stasera lo terrai al sicuro nelle mutande, invece di darlo in bocca a quella diciottenne... a proposito, come si chiamava? Ilaria? Elisa?»
«Enrica! Si chiamava, anzi, si chiama Enrica», mi affretto a rispondere, mentre sento un improvviso calore sprigionarsi dalle guance. «Ma non è stata colpa mia. Avevo bevuto troppo e quella si è avventata come una furia...»
«Sì, certo: dai la colpa a quella sgualdrinella da due soldi e all’alcool», sibila tra i denti, mentre il suo sguardo a metà strada tra il compassionevole e l’astioso mi mette a disagio. Quegli occhi accusatori che mi fissano dal volto di un bambino mi fanno rabbrividire.
«Stavo dicendo, se stasera farai il bravo fidanzatino, Arianna non ti beccherà in flagrante, non ti lascerà e non si metterá insieme a Davide. Tutto chiaro?», garrula con voce melensa il putto, mentre mi guarda dritto negli occhi, questa volta con occhi limpidi e amichevoli.
È assurdo! Eros, Afrodite, i vecchi dei sostituti da un nuovo Dio bonario in cui tutti credono, che si muovono a compassione e mi danno la possibilità di rimettere tutto a posto. Sento puzza di bruciato. Nessuno si muove per niente.
«Bene, Eros: dov’è la fregatura?»
Il putto mi fissa incredulo, scuotendo la testa in segno di diniego. Sbatte le ali e si libra in volo, piazzandosi a pochi centimetri dal mio naso. Sento sul volto l’aria provocata dal suo sbattere d’ali. Nessuna follia e nessun sogno possono essere tanto realistici.
«Ma sei tonto o cos’altro? Sai cosa vuol dire avere una madre che ti segue tutto il giorno, rinfacciandoti di avere scoccato le frecce una volta di troppo? Se userai la testa stasera, tu sarai felice, mia madre sarà contenta e io potrò vivere in pace. Tutto chiaro?»
Mi sento un idiota a parlare con un essere che non dovrebbe esistere in una realtà alternativa che non dovrebbe esistere. Viaggi nel tempo, una seconda possibilità: una mente razionale come la mia non dovrebbe credere a tutto questo.
Poi penso a lei, a Arianna. Per quanto incredibile possa sembrare, forse questo è l’unico modo per rimettere a posto le cose.
«Ti saluto, ragazzone. Arianna sta arrivando e preferisco non mi veda. Questa sera manda a quel paese Enrica e vivi felice con lei, d’accordo?» e con un piccolo sbuffo lo vedo sparire nel nulla, un secondo prima che la porta si apra.
«Ma, Roby! Sei ancora in mutande! Forza, muoio dalla voglia di farmi un bagno.»
Trovarmi Arianna di fronte, con quell’aria finto imbronciata sul viso, mi provoca una fitta di nostalgia al cuore talmente forte da procurarmi quasi dolore fisico. Mi alzo dal letto e mi dirigo verso di lei. La abbraccio e la bacio con infinita dolcezza. Sento le sue morbide labbra a contatto con le mie, le nostre lingue che si uniscono, il calore del suo corpo contro il mio, l’odore della sua crema dopo sole. È tutto talmente bello e assurdo che mi sembra di impazzire.
«Mi fa piacere che il tuo amichetto là sotto dia segnali di impazienza, ma adesso voglio andare in spiaggia. Ti prometto che stanotte mi prenderò cura di lui, ma adesso andiamo, per favore.»
Dopo un breve bacio sulle labbra si volta e apre l’armadio per prendere la borsa con i teli da mare.
I miei occhi si colmano di lacrime che prontamente asciugo con il dorso della mano. Non credo in Dio, ma mi viene spontaneo alzare gli occhi al cielo.
«Grazie. Grazie di cuore a chiunque sia in ascolto», bisbiglio infilandomi il costume, mentre due lacrime vigliacche, intrise di felicità, scivolano calde sul mio viso.


La giornata è stata perfetta. Un bagno pomeridiano rinfrescante, costellato da baci e risate, una cena gustosa nel ristorante dell’albergo e una nottata scatenata in discoteca, dove non ho dato la minima confidenza a Enrica, nonostante le sue avances.
Adesso sono nella camera d’albergo con lei, pronto a vivere il resto di una storia che, per colpa di una mia stupida debolezza, mi era stata preclusa.
La cingo da dietro, le mani sul ventre piatto, il profumo di shampoo alla mela nei suoi capelli. Arianna inclina il capo, offrendomi il collo che ricopro di baci. Le mie mani risalgono centimetro dopo centimetro sul suo corpo, soffermandosi sui seni. Le mie dita accarezzano i capezzoli che sento turgidi al contatto. La desidero con ogni fibra del mio corpo, voglio fare l’amore con lei adesso, non posso più aspettare.
«Roberto, devo andare a fare la pipì. Spogliati e aspettami a letto, torno subito.»
Le bacio una spalla, mentre si libera dolcemente dal mio abbraccio per poi dirigersi, sculettando sui tacchi a spillo, verso il bagno.
Mi spoglio velocemente e mi butto sul letto, fantasticando su cosa accadrà tra poco.
Dopo qualche secondo di attesa la vedo uscire, vestita solo con mutandine e reggiseno.
Ma non è sola.
Insieme a lei ci sono due energumeni, completamente nudi. I loro membri eretti sembrano quelli di due pornodivi.
Si gettano contro di me, mi sollevano senza alcuno sforzo e mi buttano, senza tanti convenevoli, su una sedia.
Cerco di alzarmi, ma con mio sommo stupore scopro di non poter fare granché. Ogni mio sforzo è vano. Pur non essendo legato non riesco a staccarmi da questa dannata sedia.
Mi volto verso Arianna, confuso e preoccupato per quello che potrà accadere, ma lo sguardo malizioso e carico di disprezzo che mi riserva, mi gela il sangue.
Il mio terrore continua a crescere, mentre la stanza perde i tratti della camera d’albergo e si trasforma in una stanzetta bianca, i cui unici arredi sono un letto dalle candide coltri e la sedia dove mi trovo bloccato io adesso.
Il fiato si fa corto e il cuore mi martella in petto. Non mi sono mai sentito così terrorizzato in vita mia!
«Ciao, Roberto. Spero che tu sia comodo e pronto per lo spettacolo!»
Sobbalzo sulla sedia, mentre davanti ai miei occhi si materializza dal nulla un piccolo putto dalle ali piumate.
«Eros, che cosa sta succedendo? Che posto è questo? Perché non riesco ad alzarmi da questa sedia? Di quale spettacolo vai cianciando?»
«Quante domande ragazzo mio. Perché non metti in funzione il cervello e cerchi di darti qualche risposta da solo?»
La risposta relativa allo spettacolo mi appare immediatamente chiara quando vedo i due uomini spogliare della biancheria intima Arianna, che li lascia fare senza opporre resistenza.
«Eros, fermali. Avevi promesso di darmi una seconda possibilità. Come può il dio dell’amore puro e vero permettere una simile atrocità!», urlo con quanto fiato ho in gola, ricevendo una risata da parte di Arianna come risposta.
«Come siete superficiali voi umani. Mi vedete come un bamboccio alato è pacifico, per cui l’unica identità che riuscite a darmi è quella del custode dell’amore tenero e dolce. Ed è in parte vero. In questa forma sono realmente il dio tutelare delle persone che si amano da morire. Ma l’amore può essere concepito anche in un altro modo...»
La scena che mi si para davanti è allucinante. Vedo Eros cambiare lentamente forma. La pelle si increspa, diventando grinzosa come quella di un vecchio centenario, le ali si ricoprono di penne grigio scuro, simili a quelle di un corvo, il viso paffuto si trasforma in quello di un vecchio gnomo maligno, dagli occhi cisposi e crudeli. Terrore e disgusto invadono ogni cellula della mia mente.
«In questa forma mi chiamano Cupido nero e incarno il rovescio della medaglia, la concezione più negativa dell’amore. Quell’amore che fa soffrire e che uccide, perché capita anche di morire per amore: come è successo a te.»
Quelle parole hanno il potere di prosciugare ogni energia dal mio corpo, mentre un brivido gelido mi attraversa da capo a piedi. Non riesco più a muovere nemmeno un muscolo, mentre noto con sgomento che Arianna e i due uomini hanno raggiunto il letto.
«Ma cosa significa? Non può essere...»
«Mi dispiace, ragazzone, ma sembra che tu abbia esagerato con i sonniferi. Cercavi una morte dolce, senza sofferenze? Bene, sei stato accontentato.»
No! Non posso essere morto! Non è giusto, cazzo! Proprio adesso che avevo rincontrato Arianna.
«Ma perché sono qui, perché mi fate questo?» balbetto con un fil di voce, mentre calde lacrime di sgomento rotolano lungo le mie guance.
«Hai voltato le spalle al tuo vero amore per sollazzarti con la prima troietta che hai incontrato. hai voltato le spalle alla salvezza spirituale non credendo a nessuna entità superiore. Hai voltato le spalle anche a te stesso, rinunciando alla vita che ti era stata donata. Dove potevi sperare di finire, secondo te?»
Singhiozzi disperati scuotono il mio corpo, mentre piango senza riuscire a fermarmi. Credevo di essere in paradiso e invece...
«La tua punizione sarà la seguente: di giorno sarai costretto a vivere qui dentro, in questa stanza disadorna, con la noia come unica compagna. Di notte, sarai costretto a guardare una versione del passato della tua Arianna che farà con loro quello che tu non riuscirai mai più a fare con lei. Tutto questo a ciclo continuo, per l’eternità», gracchia lo gnomo malefico, indicandomi con un cenno teatrale della mano il letto. Un dannato letto, dove una giovane Arianna, pescata dalle pieghe del passato, si sta dando da fare con due uomini nerboruti.
«Buona fortuna, Roberto. Ne avrai bisogno», ghigna Cupido nero, sparendo nel nulla come una bolla di sapone esplosa a mezz’aria.
Cerco di voltare la testa, di chiudere gli occhi. Ma quando lo faccio, una forza misteriosa mi costringe a guardare quella giostra di corpi che si toccano, di bocche che si cercano, di gemiti e sospiri che feriscono le mie orecchie, la mia anima, il mio essere.
Vedo espressioni di piacere sul tuo viso.
Vedo il tuoi capelli ramati muoversi all’unisono con i colpi di reni di chi ti monta da dietro.
Vedo le sue mani che stringono la tua vita sottile e le tue gambe perfette che vengono accarezzate dall’altro uomo.
Vedo il tuo corpo nudo riflesso nei loro occhi.
Vedo come li abbracci, come ti violano, come posano le labbra su ogni centimetro del tuo corpo.
Vorrei essere cieco piuttosto che vedere tutto questo.
Ma essere cieco all’inferno, credo sia un favore che nessuno mi concederà.
 
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