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Scannatoio di Gennaio 2020, L'ispirazione vien...

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White Pretorian 2.0
view post Posted on 22/1/2020, 23:33 by: White Pretorian 2.0
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Custode di Ryelh
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Scusate il ritardo e grazie per avermi permesso di partecipare.

Dato che sono masochista, ho scelto sia lo spunto nr. 1 che il nr. 4.
Spero vi piaccia.



Bayt al-Ḥikma



- Pronto?
- Si, eccomi.
- Sei Iabid?
- No, no. Mi chiamo Farah. Iabid è stato trasferito in un altro settore.
- Mi spiace. Iabid era simpatico e gli piaceva ascoltare. Lo conoscevi?
- No, mi hanno spostata qui stamattina. Vengo dal Settore Keats.
- Bello. Lo conosci? Keats, intendo. Era un poeta del XIX Secolo.
- Si. Ho… ho studiato qualcosa a scuola.
- Vorrei recitare alcune poesie di Keats, Farah. Ti piacerebbe ascoltare?
Prima che Farah possa rispondere, la sua attenzione viene attratta un segnale che è comparso sulla mappa dell’oloproiettore. Quando la donna la seleziona con un gesto della mano, accanto al puntino rosso compare un indicatore di posizione.
- Certo, mi farebbe molto piacere – dice Farah, mentre digita rapidamente alcuni comandi. – Recitamele pure.

***



Una piccola vibrazione. Basir attiva il mainframe da polso e controlla il messaggio ricevuto.
- Settore Elton – Quadrante 26 – dice, leggendo il testo. – Muoviamoci.
Dorvo pigia alcuni comandi della capsula. I portelloni si chiudono e il mezzo comincia rapidamente a scendere.
Nessuno dei due parla. Nonostante l’ambiente controllato, la temperatura è sufficientemente bassa da trasformare il loro respiro in nuvolette di condensa. Basir continua a guardare il mainframe, mentre il suo collega controlla l’equipaggiamento.
- Ancora niente?
- No, ma dovremmo esserci. Vedrai che a breve arriverà la locazione precisa.
- Lo spero. Il quadrante 26 è enorme.
- Lo sono tutti.
Dorvo annuisce. Con la mano, Basir pulisce un quadratino di spazio dai vetri appannati dalla capsula. Non cambia molto: le pareti delle gallerie sono un’unica massa indistinta e l’alta velocità del mezzo di trasporto rende tutto ancora più confuso.
- Chi pensi che sia? – fa, improvvisamente il collega.
- Non ne ho idea.
- Dico, ma davvero non hai alcuna ipotesi? Non ti sei fatto nessuna domanda?
Basir sospira.
- Ne abbiamo già parlato l’ultima volta. Non mi va di ricominciare.
- Per me è uno della Direzione.
- Oh, per l’amor del cielo…
- Uno della Direzione, ti dico! – continua, imperterrito, Dorvo. - Un cazzone annoiato che, a furia di stare seduto dietro una scrivania, ha dato di matto e ha cominciato a fare scherzi del cavolo.
Basir sospira di nuovo, chiude gli occhi e si lascia andare contro il sedile.
- Possibile che la cosa non ti sembri sospetta? Sono quasi sei mesi che lo cerchiamo, ma restiamo sempre a un palmo dal naso. Sai perché? Perché il tizio sa quando stiamo per arrivare e ci precede, sparendo da qualche via secondaria. E chi è in grado di sapere quali capsule sono in movimento? Solo uno della Direzione!
- In realtà, un sacco di altra gente può fare la stessa cosa – gli risponde Basir. – Ma so già che non riuscirò a farti cambiare idea.
Dorvo risponde, ma Basir torna a guardare fuori dal finestrino, senza ascoltare. Dopo qualche minuto, percepisce che la capsula ha rallentato e cambiato traiettoria. In pochi istanti, si ritrovano in una galleria fatta di materiale semitrasparente, che scorre su un baratro senza fine. Istintivamente, Basir si aggrappa al sedile con una mano. Con l’altra però, pulisce nuovamente il vetro quanto più possibile e comincia a guardare. Le aree di snodo sono le uniche in cui si possa avere un minimo di panorama.

***



- …And this is why I sojourn here,
Alone and palely loitering,
Though the sedge is withered from the lake,
And no birds sing.
- È… è bellissima.
- “La Belle Dame Sans Merci” non è la poesia più conosciuta di Keats, ma è sempre bello recitarla.
- Hai ragione. Ne conosci altre?
- Si, ma non ho voglia di parlare ancora di Keats. Un altro giorno, magari, ma non oggi.
- No! – urla Farah. Rendendosi subito conto dell’errore, calma il tono di voce e cerca di improvvisare. – Intendo… questo non vuol dire che dobbiamo chiudere qui. Ti… ti andrebbe di parlare di qualcos’altro?
- Per esempio?
- Non… non lo so. Filosofia… Architettura… Pittura…
- Si, Pittura. Voglio parlare di pittura – la Voce resta in silenzio per qualche istante, mettendo in ansia Farah. – Conosci Kitagawa Utamaro?
- Mai sentito.
- Era un pittore del XVIII secolo. Un genio dotato di una sensibilità unica.
Farah si accorge che il suo interlocutore le sta inviando alcune immagini. Le apre. E ne resta sconvolta.
- Sono… sono incredibili – mormora, passando rapidamente dal “Ritratto di Cortigiana” a “Le tre bellezze”. – Non ho mai visto nessuno dipingere come lui.
- Lo immaginavo – risponde la Voce, con un certo tono compiaciuto. – E, dimmi, conosci Takehira Danjuro?
Farah esita un istante prima di dover ammettere ancora la sua ignoranza, ma la cosa non sembra sfuggire al suo interlocutore.
- Non devi vergognartene. È poco conosciuto al di fuori dei Sistemi Momotaro. Ecco, guarda.
Altre immagini in arrivo. Farah le apre.
- Ma… sono identiche! Questo Takehira era un copione!
La Voce ride. Una risata di puro divertimento, senza alcuna nota derisoria.
- Ti sembra così perché vedi solo le immagini. Takehira era un artista “polidimensionale” e quello che ti ho mandato sono degli estratti del suo omaggio a Utamaro. Un’opera complessa che metteva insieme tutti i dipinti dell’antico pittore e li combinava in un’unica storia, fatta di video, sonoro e persino effetti olfattivi.
- Incredibile… ma perché mi hai mandato solo le immagini?
- Perché è tutto quello che ne resta. I file originari andarono perduti durante l’incendio del museo di Akaoni, due secoli fa. Anche il maestro Takehira morì durante le sommosse…
Silenzio. Per due, lunghi, minuti, nessuno riesce a parlare.
- È… è sopravvissuto qualcosa delle sue opere? – riesce, alla fine, a dire Farah. – Intendo, a parte immagini ed estratti.
- Poco. Solo quelle che in quel momento non si trovavano su Roku-Akani – risponde la Voce. – Ad esempio, “Silenzio Metropolitano”, una polidimensione in cui i quadri di Hopper interagiscono con i frame dei film di Ernst Bergman e i brani di Salvador Politio.
Farah sente quasi un tuffo al cuore quando si rende conto che si tratta di artisti che conosce. È come un balsamo per la sua autostima.
- Potresti… potresti farmelo vedere?
- Certo. Se inserisci le giuste impostazioni negli output del tuo mainframe potrai godere dell’esperienza completa.
La donna effettua le modifiche richieste e comincia a godersi la polidimensione.
È con dispiacere che invia i nuovi dati alla pattuglia sul campo.

***



Monoliti. Immense colonne nere punteggiate di luci verdastre. Basir non riesce a vederne né l’inizio, né la fine, ma sa che le strutture di contenimento dei server partono dalla superficie ghiacciata di Bayt al-Ḥikma e scendono per chilometri nelle sue viscere. Loro stessi stanno viaggiando tra il piano -185 e il -186. La guardia di sicurezza osserva lo spettacolo, sentendosi improvvisamente piccolo davanti a quelle costruzioni titaniche e alla consapevolezza di ciò che esse racchiudono.
- Vibra.
-Cosa? – fa Basir, riscuotendosi dalle sue riflessioni.
- Il tuo mainframe da polso. Non ti accorgi che sta vibrando?
Basir sospira e dà un’occhiata al mainframe.
- È la sala di controllo: hanno individuato il punto preciso da cui provengono le trasmissioni – dice, digitando alcuni comandi. – Inserisco la destinazione nella mappa del Quadrante, così i visori ci indicheranno direttamente il percorso da seguire.
- Era ora: siamo quasi arrivati – brontola Dorvo. – Ma come diavolo hai fatto a non accorgerti che il mainframe stava vibrando? Tremava l’intera capsula.
- Niente di importante – risponde Basir. – Ero solo sovrappensiero.
- Quando torna a voltarsi verso la finestra, si accorge che sono usciti dall’area di snodo e sono entrati in un una nuova galleria. Il panorama torna a farsi grigio.

***



L’ultimo frame dell’opera di Takehira si dissolve. Farah chiude gli occhi, cercando di mettere ordine alle emozioni che la polidimensione ha suscitato dentro di lei e, allo stesso tempo, di fissarla quanto più possibile nella sua mente.
- Non… non me lo sarei mai aspettata…
- Cosa?
- Tutta questa meraviglia – risponde Farah. – Ma davvero tutto questo è conservato qui, nei server planetari?
- Nei monoliti sono conservati tesori meravigliosi. Più di quanti io non possa mostrarti in dieci vite.
A Farah quelle parole accendono un’emozione strana, come un’urgenza che non si era mai resa conto di dover soddisfare.
- Fammene vedere altre! – esclama, quasi senza rendersene conto.
- È raro trovare qualcuno con così tanto entusiasmo e con un amore così spontaneo per la cultura, ma comincio ad essere stanco – risponde la Voce. – Cosa ne diresti di continuare domani? Potrebbe diventare il nostro appuntamento fisso, proprio come lo era con Iabid.
Farah non può permettergli di smettere. La squadra di sicurezza designata ha appena raggiunto il Quadrante da cui la voce misteriosa sta operando e lei ha l’ordine preciso di tenerla impegnata fino al momento dell’arresto. Quando si rende conto che questo significherebbe non poterla più sentire, si morde istintivamente il labbro e resta in silenzio.
- Quindi? Ti farebbe piacere continuare a sentirci? Non devi rispondere per forza di si.
Osserva lo schermo. La coppia della sicurezza avanza corridoio per corridoio, sempre più vicino al punto illuminato che rappresenta la posizione della voce. Tutt’attorno alla mappa, ci sono ancora le immagini delle opere che ha visto fino a quel momento.
- Io… si, mi farebbe molto piacere – mormora, maledicendosi per ogni singola parola. – Però, cosa ne diresti di parlare ancora un altro po’? Magari potresti recitarmi qualche altra poesia…


***



Sono vicini.
La mappa nell’angolo del visore riporta che mancano ancora pochi incroci prima del punto segnalando. Basir stringe lo storditore e avanza facendo attenzione ad ogni passo. Loro sono in due e sono armati, anche se con strumenti non letali. Ma la Voce? Non sanno chi sia, né che strumenti abbia a disposizione: per quel che ne sanno, potrebbero anche essere più persone, magari armate fino ai denti. Cerca di allontanare certi pensieri, ma l’accelerazione improvvisa del battito del suo cuore gli fa intuire che hanno comunque ottenuto il loro sgradevole effetto. La guardia di sicurezza si appoggia a una parete e cerca di calmarsi, cercando di respirare a tempo con il ronzio prodotto dai server che riempiono la struttura.
Dovro gli mette una mano sulla spalla. Con gli occhi, gli chiede se va tutto bene. Basir annuisce e si rimette a camminare.
Si concentra ancora sul ronzio. Cammina seguendo quel ritmo rassicurante. Lo tranquillizza, così come lo tranquillizzavano da bambino il rumore della pioggia o le onde del mare. Un altro mondo, un’altra vita, così lontani che sembrano appartenere a qualcun altro.
Sono quasi arrivati. Ormai non c’è nemmeno più bisogno della mappa per capirlo: alla loro sinistra c’è uno dei locali di controllo del Quadrante, la loro destinazione.
Basir si volta verso Dovro e scambia con lui uno sguardo d’intesa. Poi accende lo storditore, si accosta all’ingresso e prende un respiro. Poi entra.
- Fermo! Non ti muovere.
Tiene lo storditore davanti a sé, agitandolo a destra e a sinistra con fare minaccioso. È così teso che deve girare lo sguardo almeno tre volte prima di convincersi che nella stanza non ci sia effettivamente nessuno. Solo file e file di grossi blocchi-dati coperti da armature di bioacciaio nero, simili alle statue di qualche tempio primordiale.
- Cazzo, ancora! – sbotta Dovro. – Non è possibile!
- La stanza è questa, ne sono sicuro – risponde Basir, frastornato. - E dalla sala di controllo stanno ancora tenendo impegnata la Voce, altrimenti ci avrebbero avvisato che il blitz era fallito.
- Beh, vedi qualcuno qui dentro? O qualcuno ha toppato, oppure il nostro amico è uscito un istante prima che noi arrivassimo. Magari è ancora qui in giro…
Basir osserva Dorvo avvicinarsi alle pareti e studiarle, come alla ricerca di un passaggio segreto. Scuote la testa e ricomincia a respirare a ritmo per placare l’agitazione.
Impallidisce.
- Tutto a posto?
- Io… sì, penso di sì – fa Basir, appoggiandosi alla parete d’ingresso.
- Hai spalancato gli occhi come se avessi visto un fantasma. Sicuro di stare bene?
- No, ecco…è solo che mi è sembrato di aver sentito qualcosa… forse causa della tensione – risponde la guardia, guardandosi attorno. – Per un attimo, mi era sembrato che il ronzio dei server si fosse ritmato fino a pronunciare delle parole. Fino a fare il mio nome.

***



- Come avete potuto farvelo sfuggire ancora? Siete degli incompetenti!
Il Dirigente Feydan batte il pugno sul tavolo e comincia a passare in rassegna i presenti. Quando Farah sente il suo sguardo su di lei, abbassa la testa e trattiene il respiro.
- Dopo sei mesi di indagini non sapete nemmeno chi sia questo bastardo! Siete la vergogna di questa colonia!
Farah si sente avvampare e comincia ad ingobbirsi sulla sedia, come se le parole del Dirigente fossero un peso sulla sua schiena.
- Abbiamo fatto quello che potevamo, Dirigente – fa Mahul, il responsabile della sicurezza del Settore. – I nostri tecnici sono al lavoro per capire se e in che modo il segnale delle comunicazioni possa essere stato dirottato e i nostri migliori investigatori stanno cercando di capire se sono stati approntati passaggi nascosti nelle gallerie del Quadrante 26. È questione di giorni prima che ci sia una svolta.
- Fandonie – gli ribatte Feydan. – Se pensa di vendermi queste fandonie per tenermi buono, lei si sbaglia Mahul. Mi avete preso in giro per mesi, ora non sono più disposto ad aspettare.
Guardando di sottecchi, Farah vede il volto abbronzato del suo superiore contrarsi in una smorfia di disappunto e fa sue le emozioni che ne traspaiono. Si ingobbisce ancora di più e forse arriverebbe a scivolare direttamente dalla sedia, se il tocco di una mano amica non la riscuotesse dalla sua umiliazione. Voltandosi, la donna si rende conto che si tratta del suo amico Basir. I due si scambiano uno sguardo d’intesa e Farah trova la forza per tornare a concentrarsi sulla discussione tra Mahul e Feydan.
- Signor Dirigente, penso che lei sia ingiusto nei nostri confronti: sa bene che i miei uomini stanno spendendo tutte le loro risorse per scoprire e catturare questa “Voce” – fa Mahul, per poi aggiungere, senza nascondere una certa acrimonia nella voce. – E tutto questo, vorrei ricordarlo, per una vicenda che mi sembra fin troppo esagerata.
A quelle parole, Farah vede le guance di Faydan gonfiarsi così violentemente da darle quasi l’impressione che la sua testa sia sul punto di esplodere.
- Una vicenda “esagerata”? Ma si rende conto di quello che dice? – sbraita il Dirigente. – C’è un dannatissimo pazzo che, ogni santo giorno, contatta una delle nostre sale di controllo e si mette a parlare di quello che gli pare, senza che noi riusciamo a capire né chi sia, né cosa voglia. Le sembra una cosa da nulla?
- Beh, continuo a non capire perché susciti tutto questo allarme…
- Perché è una mastodontica violazione dei protocolli di sicurezza, ecco perché! – urla Faydan, battendo nuovamente il pugno sul tavolo. – E la sicurezza è la base stessa su cui si poggia Bayt al-Ḥikma! I privati e i governi di tutta l’Espansione ci affidano le loro opere perché sono convinti che questo sia il posto più sicuro che esista: come pensa che reagirebbero se sapessero che non siete nemmeno in grado di individuare uno sciroccato che ha voglia di giocare all’intellettuale!
Le sue parole suonano come una sentenza inappellabile E Mahul torna a sedersi, senza più tentare ulteriori resistenze. Ottenuto il silenzio, Feydan torna a sedersi.
- I nostri server contengono miliardi di yottabyte di dati, la più grande arca di conoscenza dell’Espansione. Ognuno di noi è tenuto a farsi carico di questa responsabilità e a prendersi cura di questo patrimonio. Non sono ammessi errori o negligenze. A voi meno di tutti.
Farah stringe la mano di Basir. Quasi gliela stritola.
Quando la riunione viene sospesa, loro sono tra gli ultimi ad andarsene.
- Ti senti meglio?
Farah annuisce.
- Ti va di mangiare qualcosa? Il mio cubicolo non è lontano.
- Non ho voglia di andarmi a chiudere in camera. Hai altre idee?
Basir annuisce e riflette per qualche istante. Poi si illumina.
- L’area di snodo del livello -45 è attrezzata con un’area panoramica, o sbaglio?

Lo spettacolo è simile a quello che l’uomo ha visto pochi giorni prima durante la caccia, solo ampliato a dismisura. Nei livelli più alti lo spazio tra un monolite e l’altro è più ampio e altre aree che, più in basso, sono nascoste nella terra, svettano nella penombra delle profondità. Le luci verdastre dei server e quelle bianco-lattee delle zone abitative squarciano il buio e disegnano costellazioni nell'abisso.
Farah e Basir osservano lo spettacolo in silenzio. Grazie alle bioplastiche trasparenti di cui è fatto il punto di snodo e alla sapiente disposizione delle luci, hanno quasi l’illusione di galleggiare nel nulla.
Lentamente, senza dir nulla, Farah comincia a piangere.
- Non devi prendertela così. Faydan è uno stronzo e sta trasformando una sciocchezza in una questione seria.
- Ma ha ragione – ribatte lei. – Tutto questo… noi responsabili per quello che viene conservato in questo pianeta e non stiamo facendo il nostro dovere.
Basir le stringe nuovamente la mano.
- Ma cosa dici? Tu hai fatto il tuo dovere fino in fondo: non è colpa tua se la Voce ci è sfuggita di nuovo.
- E se non volessi che ciò avvenisse? - Sussurra lei, quasi spaventata. – Io… io credo in quello che facciamo. Voglio che quest’arca planetaria sia sicura. Eppure, quando sentivo la voce parlare e lei mi mostrava quelle opere d’arte… desideravo solo che non smettesse mai.
Basir la stringe. Le culla la testa finché lei non smette di piangere.
- Sai cosa penso? – fa l’uomo dopo alcuni minuti. - Penso che pianeta non sia un’arca, ma un magazzino.
- In che senso?
- Abbiamo tesori artistici di ogni epoca e di ogni luogo; opere letterarie le cui copie sono scomparse da interi sistemi e persino pièce teatrali messe all’indice da alcune religioni. E cosa ne facciamo? Li teniamo sottochiave in bunker sotterranei o imprigionati in server con protocolli di sicurezza di livello militare.
- Così sono al sicuro.
- Ma non è quello lo scopo di un’opera d’arte! Dovrebbero essere ammirate, scoperte, conosciute! La gente dovrebbe vedere gli originali, non le copie!
- Non è permesso nemmeno a noi che le custodiamo – risponde Farah, con un sorriso malinconico. – Siamo i guardiani di un tesoro che non possiamo vedere nemmeno dalla serratura.
Restano in silenzio. Loro, il buio e le costellazioni artificiali. Tutto in apparentemente immobile, tutto in movimento. Farah scioglie l’abbraccio e guarda l’uomo negli occhi. Nei suoi c’è un luccichio strano.
- Basir.
- Si?
- Il ronzio dei server che facevano il tuo nome… la Voce che scompare senza lasciare mai traccia… – Stringe di nuovo le mani. – e se fossero le opere stesse a cercare qualcuno che le guardi?

***



- Pronto?
- Si, eccomi.
- Sei Farah?
- Si, sono io.
- Piacere di risentirti.
- Non sono da sola: c’è il mio amico Basir con me. È un problema?
- Assolutamente no. Più siamo, più persone possono condividere la bellezza.
- Lo pensiamo anche noi.
- Quindi, Basir è tuo amico. Sant’Agostino ha scritto parole molto profonde sull’amicizia. Vi piacerebbe ascoltarle?


Agostino Langellotti
 
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35 replies since 27/12/2019, 11:16   394 views
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