| Rieccomi per il commento.
Ciao Alexandra, sempre piacevole trovarti ai contest della Tela Nera.
Innanzitutto, non voglio prendermi meriti altrui. I nomi dei nani non dipendono dalla mia fantasia ma sono i nomi che i nani cattivi (controparte dei nani di Biancaneve) avevano su un vecchio Almanacco di Topolino di tanti anni fa. La strega Gramigna accecava con un maleficio Biancaneve e Paperino e company davano una mano ai sette nani per aiutarla a riprendere la vista. I nani cattivi erano gli antagonisti delle storia e i loro nomi erano proprio quelli da me utilizzati. Quindi niente fantasia fervida, ma un bieco lavoro di copiatura da parte mia.
Una precisazione, anzi due. Oltre agli innumerevoli errore di battitura che il (S)correttore automatico mi fa compiere (e non riesco a disattivarlo), ho notato che sono stato forse poco chiaro nello specificare che tutti i partecipanti fiabeschi famosi, sono in realtà giocatori in carne e ossa che giocano on line ad un MMORPG. Per cui Aurora, è in realtà una giocatrice che non ha svolto i suoi compiti nella vita reale e si preoccupa per la lezione di domani.
I Guardiani Tematici, sono in pratica degli aiuti che l’intelligenza artificiale del gioco concede ai giocatori (per quello che i punti vengono dimezzati), non avatar di persone reali. Con questa spiegazione è facile intuire che il fratello della protagonista è in realtà il gatto con gli stivali, anche in considerazione che la protagonista lo saluta con “Ciao, gatto!”.
Starò più attento a specificare meglio alcuni passaggi e soprattutto a non ridurmi all’ultimo per scrivere i racconti. Questa volta ci sono arrivato stremato e oltre l’orario di consegna.
Arriviamo al tuo racconto. Ho notato un marcato miglioramento nello stile, ma non sono sicuro di aver capito appieno la storia. Dunque...
il demone della pestilenza sta minacciando il genere umano e la signora Cheng organizza una partita a Shangai con due clienti, Lorena e la signora Morandelli, per dare le istruzioni al drago buono. Poi Lorena, che nel frattempo si è ammalata, vomita il demone che aveva dentro per farlo combattere col drago. Il drago vince e tutti gli ammalati guariscono per un bel lieto fine.
Giusto?
Ho dovuto rileggere tre volte il racconto per cercare di capire una storia che ha le potenzialità per essere uno dei tuoi migliori racconti, ma che manca di un solido lavoro di revisione per essere reso con chiarezza.
Troppi punti oscuri, rimandi, forse importanti, ad una mitologia di cui personalmente non so nulla e che non vengono minimamente spiegati, periodi troppo lunghi, pieni di “e” di congiunzione, senza virgole che ne stabiliscano le dinamiche e che ne rendono difficile la lettura. Ecco un esempio:
“La signora Morandelli sbuffa, incapace di concentrarsi sul gioco e si gira verso la finestra e nota la mancanza di una statua sul tavolo basso con il piatto che raffigura il Topo circondato dagli altri undici segni dello Zodiaco cinese tenuti in piedi da un sostegno triangolare di legno e un vaso colorato, al quale dá un occhiata distratta”.
Un periodo di tra righe e mezza, con tre e di congiunzione, solo due virgole e nessun punto. A perte il fatto che arrivi alla chiusa finale senza più fiato (leggi il periodo ad alta voce e capirai cosa intendo), ma incasini la descrizione in un modo tale che non capisco realmente cosa la signora Morandelli stia guardando.
La statua mancante era sul tavolo basso e reggeva un piatto?
Il tavolo basso ha poggiato sopra il piatto?
Gli undici piatti dello Zodiaco sono tenuti in piedi da un sostegno di legno e un vaso?
Capisci la difficoltà in cui si trova chi legge?
È costretto a interrompere la lettura e a rileggere tutto. Addio sospensione di incredulità.
In più in alcuni punti non dai abbastanza input da far capire chi stia parlando o chi stia facendo alcune azioni.
Il racconto è pregno della tua fantasia, ma è vittima di un ermetismo che mi confonde oltre misura e che mi rende come un pugile all’angolo, incapace di reagire, mentre imbarco situazioni che non capisco e divagazioni filosofiche e folkloristiche di un mondo di cui so poco.
Rimettici mano. Il racconto merita: non puoi lasciarlo così
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