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Skannatoio Maggio 2020

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White Pretorian 2.0
view post Posted on 31/5/2020, 21:28 by: White Pretorian 2.0
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Custode di Ryelh
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Magna Mater



L’Alchimista osserva i vari strumenti presenti sul tavolino e sceglie una grossa lama ondulata. Ne saggia il filo sul pollice e sorride quando ne vede stillare una gocciolina di sangue.
- Cominceremo con qualcosa di semplice – dice, voltandosi verso il tavolo operatorio. – Prima di tutto, conviene verificare la qualità del soggetto.
Alza la lama e la affonda in una delle zampe della cavia. La creatura urla e cerca di difendersi, ma i ceppi che la bloccano le impediscono ogni movimento. Mentre l’uomo apre lo squarcio, un filo di bava cola dal ghigno eccitato sul suo volto.
- Ecco! Ecco! Vedete? – esclama, estraendo la lama. – Il taglio già si rigenera! La sua carne si ricompone con una rapidità sconosciuta alle specie viventi di questo mondo!
Un mormorio fitto si leva dal capannello di apprendisti e assistenti che lo circondano. Qualcuno osserva con la bocca spalancata l’icore verdastro che cola a terra dalla ferita, raggrumandosi sul pavimento in pozze viscide ed agitate.
- Le tradizioni riportano numerosi modi con cui una progenie può essere ferita o uccisa. Tutte sono anche concordi nel dire che queste creature, a meno di morte violenta, sono in grado di sopravvivere per interi millenni – sfiora con la mano l’arto precedentemente ferito, indugiando sulla carne nuovamente integra. – Il segreto della sua longevità risiede nelle sue sequenze… nei codici insiti nel sangue. Un segreto che noi porteremo alla luce.
Gli accoliti si guardano tra loro. L’eccitazione per la conoscenza incontra l’avidità e il desiderio di potere.
- Basterà una sola cavia? – chiede uno degli apprendisti più anziani. – Gli esperimenti sulle sequenze sono estremamente… dispendiosi.
- Le facoltà rigenerative del soggetto dovrebbero consentirgli di sopportare gran parte dei nostri trattamenti – gli risponde l’Alchimista, mentre torna ad osservare gli strumenti sul tavolino. – Ad ogni modo, ho già inviato i miei migliori cacciatori per procurarci altri esemplari. Ci saranno delle perdite, ma ogni progenie che riusciremo a procurarci accelererà le nostre ricerche.
Sceglie un’enorme siringa. I suoi occhi studiano febbrilmente la rete di vene scure che si intravedono sotto la pelle grigiastra.
- Ora mettetevi al lavoro. Il nostro cammino per la ricerca dell’immortalità comincia adesso!
Prima che possa cominciare, il rombo di un’esplosione scuote l’edificio fino alle fondamenta. La siringa gli scivola di mano e si spezza al suolo.
- Cosa succede? – esclama l’Alchimista, appoggiandosi al tavolo per non cadere a sua volta. – Qualcuno vada a vedere cosa succede!
Altri rombi. Il castello trema ancora. Il comandante delle guardie entra trafelato nel laboratorio.
- La fortezza è sotto attacco! – esclama, la spada stretta in pugno. – Non ho idea di come abbiano fatto ad arrivare così vicini, ma stanno già appoggiando le scale alle mura e la loro controbatteria ha messo fuori uso i nostri cannoni!
- Chi ci attacca? – esclama l’Alchimista, afferrando una delle lame chirurgiche. – Chi osa assaltare il mio rifugio?

- Sei già venuto qui altre volte?
- Nelle Fenditure? Più volte di quante avrei mai desiderato.
- Questo vuol dire che ti fidi di lei?
- No. Questo vuol dire soltanto che siamo stati utili l’un l’altra più spesso di quanto non fosse opportuno.
Le lanterne illuminano una spaccatura nella roccia. Mordecai si mette di profilo e si muove all’interno del passaggio, fino a quando non escono in un nuovo ambiente, dalle dimensioni indefinibili.
- Chi avrebbe mai immaginato che sottoterra ci fossero caverne così grandi… - mormora Tarx, guardando le viscide pareti calcaree, - se la gente che abita da queste parti sapesse cosa c’è sotto i suoi piedi, impazzirebbe per il terrore.
- Ci sono livelli anche più profondi. Luoghi in cui persino Lei preferisce non andare – gli risponde Mordecai, mentre la luce della lanterna getta strane ombre sul suo volto. – Alcuni viaggiatori astrali hanno provato ad addentrarsi in quegli abissi, tempo fa. Se ti facessi leggere i loro diari, ti si gelerebbe il sangue nelle vene…
Tarx fa una smorfia e non risponde. La mano si avvicina istintivamente all’impugnatura della spada.
- Bene, direi che siamo scesi abbastanza in profondità –Mordecai si ferma, fa un cenno al suo compagno, poi alza la lanterna sulla sua testa. – Magna Mater! Sorgi dall’abisso, Magna Mater! È il Magister Sapientiarum a chiamarti!
La voce dell’uomo si riflette in ogni direzione in echi sempre più distorti e lontani, alcuni dei quali sembrano rifrangersi in profondità sconosciute. Prima che l’ultimo residuo si sia dissolto, un rumore molto più vicino attrae i due uomini. Tarx sguaina la spada e alza la torcia: a pochi passi da loro, un ammasso di materia nerastra sembra essere colato a terra dal soffitto della caverna. Una cosa che pulsa e si agita, emettendo un gorgoglio che all’uomo ricorda il risucchio di un vortice marino.
- Ma cosa…
- Silenzio – lo interrompe Mordecai. – Lei ci ha risposto.
La materia si contorce, si gonfia e assume rapidamente forma e consistenza. In pochi istanti si muta nella figura di una giovane donna nuda, con lunghi capelli neri che scendono sui seni abbondanti e sui fianchi ben torniti.
- È un piacere rivederti, Mordecai – dice la donna, sorridendo con denti che scintillano alla luce delle lanterne. – È passato così tanto tempo dall’ultima volta, che pensavo ti fossi dimenticato di me.
- Non potrei mai dimenticarmi di te, mia signora, ma la Fenditura non è un luogo che si raggiunga a cuor leggero.
La Magna Mater risponde con una risata argentina, poi sposta gli occhi color smeraldo verso Tarx.
- Mmmmm… e chi sarebbe questo bell’uomo? Non era con te l’ultima volta che sei sceso quaggiù.
Tarx apre la bocca per rispondere, ma le parole gli si strozzano in gola: nel tempo di un battito di ciglia, la donna si è materializzata alle sue spalle. Può sentirne il respiro caldo sul suo collo e il tocco delle sue mani fredde sul corpo.
- Incantesimi di protezione… devi tenerci davvero molto, Mordecai. E io che pensavo che fosse il tuo tributo. – Esclama la donna, mentre gli massaggia maliziosamente il lobo di un orecchio con la lingua. – Peccato: avrei fatto buon uso di uno come lui. Sentivo giusto il bisogno di un po’ di compagnia…
Tarx reagisce d’istinto con una gomitata, ma incontra solo aria. La donna è nuovamente davanti a loro, stavolta assisa su una sorta di grosso trono di basalto, apparentemente comparso dal nulla.
- Lui non è per te, mia signora. È il comandante delle mie guardie del corpo.
Magna Mater arriccia una ciocca di capelli a un dito.
- Da quando hai bisogno di una guardia del corpo per venirmi a trovare? – appoggia la testa su una mano, il suo sorriso sfuma in un’espressione derisoria. – Quindi, dimmi: perché sei venuto?
- Il solito, mia signora: ho bisogno di qualcosa che solo tu puoi fornirmi.
- E cosa sei disposto a darmi, in cambio?
Stavolta è Mordecai a sorridere.
- Posso ripagare il tuo aiuto con qualcosa che solo io sono in grado di fare. I miei mezzi sono persino aumentati dall’ultima volta che ci siamo incontrati.
La Magna Mater osserva il Magister, poi passa lentamente lo sguardo su Tarx. I suoi occhi brillano nella penombra.
- Si… forse c’è una cosa che posso chiedervi…

La battaglia infuria. Anche se qualche scala è caduta, i misteriosi assalitori sono riusciti a creare numerose teste di ponte sulle mura e combattono furiosamente per scalzare i difensori dalle loro posizioni e per prendere il controllo della cerchia esterna. L’alchimista osserva lo scontro dalla sommità del mastio, sempre circondato dai suoi accoliti.
- I nemici stanno innalzando il loro stendardo sulla torre di sud-ovest – dice uno degli allievi, mentre osserva lo scontro con un cannocchiale.
- Descrivimelo.
- Un uccello in volo su sfondo grigio. Penso sia un avvoltoio.
L’Alchimista passa la mano nella lunga barba bionda.
- Mai visto in vita mia. Devono essere mercenari assoldati da uno dei priorati di questa regione.
- Chiunque siano, sono più numerosi ed addestrati dei nostri scherani – risponde il giovane, abbassando il cannocchiale con le mani tremanti. – Il bastione occidentale è caduto e anche la seconda cerchia non reggerà a lungo.
L’Alchimista incrocia le braccia e rivolge al ragazzo un sorriso obliquo.
- Quei disgraziati erano la nostra prima linea di difesa. Ma non l’unica.
Gli allievi più giovani si guardano l’un l’altro con aria confusa. I più anziani impallidiscono.
- Aprite i cancelli del sotterraneo. L’odore del sangue attirerà allo scoperto le mie creature.
- M-ma, Maestro. Quelle... quelle cose sono incontrollabili – balbetta uno degli allievi anziani. - Se le libereremo, chi proteggerà noi da loro?
L’Alchimista lo afferra per il collo e lo sbatte contro il muro.
- Obbedisci, idiota! – le dita lunghe e ossute si stringono come tenaglie attorno al collo del giovane. – Azzardati a contraddirmi un’altra volta e vedrò di trovare un posto anche per te nel sotterraneo. Come cavia!
Libera la presa. L’uomo ansima, poi si affretta ad allontanarsi assieme ad alcuni altri. Percependo gli sguardi pieni di timore dei suoi allievi fissi su di lui, il vecchio indica la piazza d’armi sotto di loro.
- Non correrete nessun rischio, anzi, sarà un’esperienza utile per tutti voi – il ghigno lascia scoperti i canini. – Sarà una lezione utile a chi di voi non ha ancora conosciuto il sangue.

- Uno dei miei figli è stato catturato alcuni giorni fa. Era andato con i suoi fratelli a cacciare gli amaquer nelle caverne più superficiali, ma si è allontanato troppo – dice Magna Mater. – Voglio che lo liberiate e lo riportiate da me.
Tarx si fa avanti.
- Come fai a sapere che è stato rapito? Forse si è perso nelle grotte. O magari ha incontrato un gruppo troppo numeroso di amaquer e…
Mordecai lo fulmina con lo sguardo. La donna resta impassibile.
- Mio figlio non è morto, ragazzo. Posso sentire le voci dei miei piccoli dentro di me in ogni momento e la sua è ancora forte – Magna mater si stringe tra le braccia e trema. – Soffre, è spaventato, è confuso. Mi chiama con tutte le sue forze, ma le sue preghiere vengono ricompensati con percosse e carni lacerate…
Tarx resta in silenzio. Mordecai si avvicina alla donna sul trono.
- Hai qualche indizio su chi possa averlo catturato?
- Ho qualcosa meglio.
Un rumore sordo alle loro spalle. Tarx si volta e fa luce con la torcia. C’è un uomo a terra, immobilizzato da una sostanza nerastra e pulsante. È nudo e la sua carne è coperta di ferite cauterizzate, morsi e altri segni che il mercenario fatica a interpretare. L’uomo mugola qualcosa e dalla bocca cola sangue pieno di pus.
- È uno dei cacciatori che hanno messo le mani su mio figlio – dice Magna Mater, osservando il disgraziato. – Non è riuscito ad allontanarsi in tempo dalle caverne.
Mordecai si inginocchia accanto all’uomo e comincia a pulirgli il volto con un fazzoletto.
- Ti ha rivelato perché lo hanno fatto?
- Mi ha detto chi lo ha pagato e mi ha detto dove trovarlo – la donna snuda i denti. Solo ora Tarx nota quanto siano appuntiti. – Stavo per occuparmene io stessa, ma, se poteste farlo voi al posto mio…
- Esaudirai la mia richiesta se ti riporto tuo figlio?
- Sono mai venuta meno alla mia parola?
Mordecai sorride, poi indica a Tarx l’uomo a terra. Il mercenario sospira e lo prende in braccio.
- Avrò bisogno di quest’uomo. Può essermi ancora utile.
Magna Mater annuisce. Quando il suo sguardo incontra quello del cacciatore, l’uomo emette un lungo gemito e si agita debolmente.
- Coraggio, amico mio: lei non potrà farti più alcun male – dice Mordecai, mentre sul volto compare un ghigno sardonico. – Ma non è di lei che dovresti preoccuparti.

Il clangore dei cancelli del sotterraneo che vengono aperti. Per un istante sovrasta il caos della battaglia e le urla degli scherani che fuggono. Poi, un altro suono, ancora più forte, copre ogni cosa: l’eco delle urla e dei barriti di decine di esseri innominabili.
Dall’alto del mastio, l’Alchimista chiude gli occhi e allarga le braccia, il volto trasfigurato in un’espressione estatica. Alle sue spalle, i suoi accoliti osservano la scena con volti molto meno felici. Chi sta più indietro, si assicura che la massiccia porta del laboratorio sia ben chiusa.
Altre urla, più vicine. Alcuni miliziani in fuga si fermano, stretti tra il terrore che sta risalendo dal basso e le alabarde puntate contro le loro schiene.
- Troppo tardi – sussurra il vecchio. – Avreste fatto meglio a morire al vostro posto.
Un uomo viene sollevato in alto da un confuso ammasso di denti e tentacoli che emergono dal sotterraneo. Un altro, viene trapassato da parte a parte da un corno lungo e affilato come una sciabola, che gli spacca il pettorale metallico come se fosse stato fatto di carta.
Abomini d’ogni forma compaiono nella piazza d’armi. Uomini con teste di leoni e di pantere, con i punti di sutura sul collo circondati da escrescenze infette. Esseri con troppe braccia o troppe gambe. Fauci abnormi spalancate sui ventri, piene di denti che stillano icore acido. Arti e teste uniti da giunti metallici, bulloni e placche ricoperte di rostri affilati.
Le mostruosità si avventano sugli uomini in fuga. Li sbranano. Li fanno a pezzi. Ne fanno scempio in modi che fanno urlare più di un accolito. L’Alchimista sospira.
- Ognuna di quelle creature è un fallimento nelle mie ricerche. Una strada chiusa che ha cancellato mesi di studi e ha tolto validità alle ipotesi su cui stavo lavorado. Eppure, persino da queste brucianti sconfitte ho ricavato qualcosa. Ho appreso l’umiltà, la costanza e li ho utilizzati come scalini per raggiungere i miei risultati più grandi – Uno scherano viene scorticato vivo da una bestia coperta di placche ossee affilate. – Se solo tutti i miei fallimenti producessero come risultato la nascita di un abominio assetato di sangue…
Torna a guardare in basso. Sbaragliati i fuggitivi, le creature avanzano verso gli assalitori, che si sono schierati dall’altro lato della piazza. Uno di loro, un uomo rivestito con un’armatura nera a fregi d’oro, ruggisce un ordine secco. Come se fossero un unico organismo, gli Avvoltoi si muovono all’unisono e si schierano in un quadrato compatto di alabarde.
- Maestro, gli stranieri non fuggono davanti alle creature! – esclama uno degli accoliti, tremante da capo a piedi.
- Fuggiranno! – urla il vecchio. – Se non lo fanno adesso, lo faranno quando le mie creature strapperanno loro la carne dalle ossa!
Un mostro enorme, apparentemente composto dai corpi di decine di uomini e animali malamente cuciti assieme, carica il blocco di ferro e lame. Lo schieramento degli assalitori non sembra avere esitazioni: le alabarde si alzano e ne intercettano la carica, piantandosi con forza nelle sue carni. Mentre l’essere si agita, gli uncini, le punte e le lame delle armi in asta lo fanno a pezzi brano a brano, fino a lasciarne solo un ammasso di carne sanguinolenta.
Un’altra creatura, ancora più grande, attacca dall’altro lato. Nonostante le aste piantate nel corpo, riesce ad allungare una grossa chela fino ad afferrare un alabardiere. Mentre lo stritola, l’uomo in armatura nera ruggisce un altro ordine: dallo schieramento vengono fuori alcuni colossi armati con gigantesche zweihänder, che cominciano a menare fendenti sulla creatura immobilizzata, colpendola fino a quando i suoi organi interni non eruttano dal corpo.
Mentre nella piazza d’armi si combatte, sulle mura prendono posto diverse squadre di archibugieri. Favoriti dalla posizione soprelevata, rovesciano sui mostri una pioggia di proiettili, alternandosi in modo che il loro fuoco di fila risulti incessante. Molte creature, soprattutto le più piccole, vengono crivellate prima ancora di arrivare a portata delle alabarde.
Anche gli Avvoltoi muoiono. Uno è afferrato e stritolato da tentacoli fatti di avambracci umani. Un altro ha il cranio spappolato dalle zampe di una bestia alata. Due di loro si rotolano a terra, mentre le loro carni sfrigolano e si sciolgono sotto il tocco del sangue versato dalla creatura che hanno appena sventrato. Eppure, ad ogni perdita un soldato delle file più arretrate si fa avanti e il quadrato di alabardieri riprende a lottare come se niente fosse, respingendo gli assalti delle creature ondata come ondata.
- Che… che razza di uomini sono? Non esitano… non fuggono… è come se fossero abituati ad affrontare mostri! – sbraita, l’Alchimista, mentre il ghigno sul suo volto si piega in una smorfia non meno allucinata. – Come fanno ad esistere uomini come loro?
- Sono… sono peggio dei mostri! – urla un giovane accolito. – Ci ammazzeranno tutti!
Il vecchio gli salta addosso e lo afferra con le dita adunche. Prima che quello possa reagire, lo morde alla base del collo e gli strappa via la carotide. Il giovane boccheggia e finisce a terra, soffocando in pochi istanti in una pozza del suo stesso sangue.
- Qualunque cosa abbiano intenzione di farvi quei soldati, non sarà mai peggio di quello che potrò farvi io se non mi obbedite! – sussurra, sputando a terra la carne dell’aiutante ucciso. – Ora andate a prendere le armi e gli elisir! Se vogliono rubare i frutti del mio genio, dovranno pagarlo con il sangue!
- Pagare col sangue? Questa roba non vale la carta su cui è scritta!
Il vecchio si volta. Nel laboratorio, uno sconosciuto legge rapidamente gli appunti delle sue ultime ricerche, accartocciando con noncuranza i fogli appena letti.
- Lascia! Quegli appunti sono le più grandi scoperte che la nostra specie abbia mai fatto!
- Questi? – lo sconosciuto agita gli appunti, poi li lascia cadere a terra. Quando li calpesta per avvicinarsi al parapetto, l’Alchimista sbianca. – Niente di nuovo per me. Quasi mi vergogno del tempo che ho sprecato per venirli a cercare.
Il vecchio urla e carica, brandendo un pugnale materializzatosi nelle sue mani. Raggiunge lo sconosciuto e lo colpisce con una punta, ma si scopre ad affondare la lama nell’aria.
- Ecco qui: l’unica cosa davvero di valore di questo posto.
Lo sconosciuto è dieci metri più avanti, chino sul tavolo operatorio dove la progenie si dibatte debolmente.
- Temevo che l’avreste ridotta peggio – dice l’uomo, imponendo le mani su uno dei ceppi. – O siamo intervenuti prima del previsto o tu e i tuoi saltimbanchi siete persino più incapaci di quello che pensassi.
Il metallo del ceppo si piega come se mani invisibili lo accartocciassero, poi si spezza. La cavia bercia mentre agita l’arto finalmente libero.
- No! Non interromperai i miei studi sull’immortalità! – urla il vecchio, per poi voltarsi verso i suoi assistenti. – Uccidetelo! Vi ordino di ucciderlo!
I giovani si guardano l’un l’altro senza muoversi e senza dir nulla. I più vicini all’Alchimista si limitano a farsi indietro di qualche passo.
- Non faranno il lavoro sporco per te, vecchio idiota – dice lo sconosciuto, mentre impone le mani su un altro ceppo. – Persino le loro teste da scimmia hanno capito che non sei più la cosa più pericolosa in questa fortezza.
Il vecchio urla e si lancia su un mobile vicino. Rovescia a terra libri e alambicchi, fino a quando non trova un flacone contenente un liquido rossastro.
- Ti ammazzo! – sbraita, stappando la boccetta. – Vi ammazzo tutti quanti!
Quasi senza voltarsi, lo straniero punta un dito contro di lui. La boccetta esplode, spappolando la mano dell’Alchimista
- Falla finita, verme – dice lo straniero, pulendosi la barba scura da una macchia di sangue. – Mi servi vivo, ma non necessariamente integro. Sta a te decidere in quanti pezzi arriverai a destinazione.
Il vecchio cade in ginocchio e comincia a gemere, stringendosi la mano devastata.
- Chi… chi sei?
Lo sconosciuto si ferma e sorride.
- Io sono ciò che tu non riusciresti a diventare nemmeno nei tuoi sogni più folli. Sono il genio di cui i vermi come te non costituiscono che la patetica imitazione – si avvicina, sovrastando il vecchio con la sua ombra opprimente. – Io sono Mordecai, il Magister Sapientiarum!

Tarx lascia cadere a terra l’Alchimista. Il vecchio si guarda attorno con sguardo vacuo, mentre un filo di bava sanguigna cola dalla bocca spalancata.
- E così, questo è il bastardo che ha fatto del male ai miei figli… - mormora Magna Mater osservando la figura che geme a terra. – un altro uomo ossessionato dalla conoscenza e dal potere che essa comporta… non pensi che ti assomigli, Mordecai?
- Come un topo assomiglia a un drago…
La donna scoppia a ridere, poi muove la mano con aria distratta. Qualcosa afferra l’Alchimista per le gambe e lo solleva verso le sommità buie della caverna. Tarx alza la lanterna, ma la abbassa subito: la fugace visione di zanne e occhi che si spalancano in masse protoplasmatiche lo ha rapidamente convinto che è meglio non sapere cosa si nasconde appena fuori il cerchio delle loro luci.
- Non te l’avevo chiesto, ma è stata una sorpresa piacevole – continua la donna osservando il buio sopra di loro con un sorriso. – Ora voglio mio figlio.
Nello spazio tra i due uomini, compare una terza figura, una creatura dalla pelle grigiastra e dagli arti molto arti allungati. L’essere annusa l’aria con fare guardingo, poi guarda davanti a sé e si accorge della presenza della donna.
- Eccoti qui, il mio piccolino – esclama Magna Mater, aprendo le braccia in un abbraccio. – Avvicinati, torna dalla tua mamma.
La creatura uggiola e trotterella felice verso la donna. Quando la raggiunge, mette la sua testa ovale sul grembo di lei e si lascia accarezzare.
- Non avrei mai potuto sopportare che ti facessero del male, piccolo mio – sussurra lei. – Vi amo tutti, grandi e piccoli che siate.
La progenie guaisce e accarezza il ventre della madre con la lunga lingua affusolata. Poi urla.
Dal buio compaiono protuberanze rostrate che lo afferrano e lo tirano via. Fauci che sembrano fatte della stessa consistenza delle ombre lo mordono, strappandogli via interi brani di carne. Sotto gli occhi spalancati dei due uomini, il cucciolo viene fatto a pezzi e maciullato, fino a quando anche l’ultimo frammento del suo corpo non scompare nel nulla. Nemmeno l’icore colato dalle sue ferite iene risparmiato: lingue segmentate, simili a enormi vermi, lo leccano dal pavimento della caverna, lasciando una traccia di muco puzzolente.
Quando tutto torna alla normalità, i due uomini si voltano in silenzio verso Magna Mater. I suoi occhi sono arrossati e due lacrime nere colano lungo il volto pallido.
- Le sue esperienze… le sue paure… tutto sopravviverà nelle sequenze del suo sangue e diverrà alimento per le future generazioni – sussurra, asciugandosi le guance. – I miei futuri figli saranno più forti e più astuti. Nessuno di loro potrà essere più preda di un cacciatore.
Lentamente, gli sguardi di Tarx e Mordecai si incontra con il suo.
- Non pensiate di potermi giudicare. Voi non conoscete fin dove può arrivare l’amore di una madre per i suoi figli.


di Agostino Langellotti
 
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