Marco S. Di Fonzo |
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| E' vero, la narrativa immersiva è narrativa, ma io la trovo una forma evoluta a forza di steroidi. E' come il bel canto che cede il passo a rap e trap perché quello che hanno da dire lo dicono in modo diretto e sfacciato. Quello che intendevo nel mio precedente post è che questo tipo di narrativa attinge a piene mani da altri media che raccontano per immagini - non potendo fare altro - e in cui il lettore è come un operaio che vede scorrere i pezzi sulla linea di montaggio senza che nessuno gli abbia detto a cosa servono e come si usano. Lo stesso successo che i lettori d'oltreoceano da sempre riscontrano in Europa, e soprattutto in Italia, si spiega, in parte, con il fatto che molti di loro lavorano, da sempre, proprio nel campo del cinema e della sceneggiatura. Se penso alla narrativa non contaminata, alla narrativa "vera" (per certi aspetti anche alla drammaturgia) mi vengono in mente i classici. Che non possono essere racchiusi, secondo me, in uno sbrigativo "è noioso", perché tutto viene da lì e la loro forza ammaliante non ha tempo, né segue mode. E' solo che scrivere dialoghi, fare cinema o tv, parlare a un ritmo cadenzato con una base ritmata sotto sono diventate tutte espressioni del medesimo intento di intrattenere per le vie brevi: dare tutto e subito in pasto al primo che capita.
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