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Skannatoio Speciale Novembre - Dicembre 2020, "When you came to wake me and to wish me merry Christmas in Lovecraft"

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MentisKarakorum
view post Posted on 1/12/2020, 18:48 by: MentisKarakorum
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:lol: Stavolta sono stato più veloce di te, Alexandra.

Ciao a tutti! Posto deliberatamente molto in anticipo i miei commenti perché non sono cose scritte sulla pietra, e quindi voglio dare a tutti l’occasione di controbattere e rispondere a eventuali mie mancanze o incomprensioni. La classifica (ardua, ve lo dico fin da subito), verrà invece postata all’ultimo momento, anche alla luce di quanto emergerà dalle nostre eventuali discussioni.

Viaggio Nell’ignoto.

Prime Impressioni. Il racconto ribalta la figura di Babbo Natale in chiave horror. Il protagonista e portatore della voce narrante è sperduto nella neve alla ricerca di cibo e si imbatte in creature mostruose. Alcune hanno un significato irrisolto, altre chiaramente sono visioni distorte di personaggi natalizi (Babbo Natale, le renne e gli elfi). La risoluzione avviene nel finale in poche battute: una semplice lancia uccide il Babbo Natale cattivo e sgomina per magia il suo esercito di schiavi. Questa risoluzione è frettolosa e lascia a bocca asciutta, in più il protagonista una volta ucciso il mostro non si preoccupa della moglie lasciata indietro, ma solo a rifocillarsi, andando a snaturare l’intero conflitto. A primo acchito il pezzo andrebbe riveduto (hai detto di aver poco tempo per idearlo e per scriverlo, quindi ci sta), e il fatto che sia una prima stesura si nota dai piccoli refusi ed errori grammaticali lasciati qua e là, che comunque non influiranno nel mio commento finale.

Aderenza al tema. Come il racconto di Alexandra, anche il tuo cerca di ribaltare la buona visione che si ha di Babbo Natale in favore di un’interpretazione malefica, e ci riesce. Se consideriamo Babbo Natale come una mostruosa divinità, allora il tema della gara è rispettato per il rotto della cuffia, in quanto il buon Lovecraft aveva idee molto più grandi quando si riferiva a divinità cosmiche, e Babbo Natale non ha a mio avviso nemmeno la possibilità di paragonarsi a un Chtulhu. Lascio qui l’ultima parola alla Giuria. Quanto ai bonus, usi a tratti lo show don’t tell, ma in generale lo stile è più quello del mostrato; l’abbigliamento fuori luogo sinceramente non lo trovo (pelle di lupo in una tormenta di neve? Non è fuori luogo, mi sembra coerente.)

Punti di forza. Sicuramente l’ambientazione e la situazione in cui il protagonista si trova sono azzeccati, mettere qualcuno in una tormenta di neve e fargli vivere continue esperienze di morte crea un pericolo costante che tiene alta l’attenzione del lettore; i dettagli tattili (il freddo pungente della neve) e sensoriali in generale sono ottimi per potenziare l’immersione nella storia e partecipare alle difficoltà del personaggio.

Punti di miglioramento. In primo luogo il contesto non è ben definito, le divinità cui il protagonista e sua moglie alludono non sono ben identificate, come anche i motivi per cui il cielo è diverso, o cosa siano le visioni mostruose che appaiono prima di arrivare alla capanna. Manca qualche dettaglio in più per contestualizzare la fuga del protagonista e sua moglie e comprendere bene i loro dialoghi. Infine, il pericolo è costante, ma il conflitto è sempre evitato: quando il protagonista scaglia la lancia la prima volta non si scatena nessuna battaglia e anche il finale è un conflitto gestito in poche righe e quindi poco riuscito. Lo stile è migliorabile, per quanto la voce narrante stia vivendo le esperienze mentre le descrive, si ha l’impressione che sia tutto raccontato a posteriori. Paradossalmente, ho percepito come più simultanee le parti in flashback piuttosto che le altre. Riguardo allo stile, se hai tentato di scrivere in show don’t tell, come ti ho già anticipato, ci sei riuscito solo in alcuni punti, ma dal basso della mia esperienza il tuo stile è tell. Prendo il tuo incipit per sottolineare le parti su cui si potrebbe intervenire:

La neve è talmente fitta che riesco a capire dove sto andando solo a tratti.
Il personaggio mi parla e mi dice che la neve è fitta. Il problema sta nel “talmente”, metterei qualcosa come:
i fiocchi di neve mi flagellano il viso: sbatto le palpebre e strabuzzo gli occhi, solo tenebra intorno a me.
Se è notte (come dici dopo), non è la neve che impedisce vedere davanti, ma le tenebre o la scarsa luce lunare. In realtà qualche passaggio più avanti spieghi che c’è una strana luce, però è troppo più avanti, lo metterei qui.
Tremo, la mia pelle di lupo è troppo leggera per questo freddo.
Qui va bene, la seconda frase può essere letta come fraseggio mentale.
Incasso la testa tra le spalle e stringo le braccia sul corpo, ma è più un espediente per sentirmi protetto, sarebbe bello se riuscissi a scaldarmi così.
Da “ma è un espediente” in poi è tell, il narratore si rivolge al pubblico e racconta la sua esperienza piuttosto che mostrarla.
La lancia è sempre stretta nella mia mano.
A parte il “sempre” tutto ok. Mio ragionamento: prima ha stretto le braccia al (non “sul”) corpo, la lancia non ingombrava un po’? Per rannicchiarsi dentro la pelliccia come minimo ha dovuto posarla un momento.
Sfioro con la spalla il tronco nodoso di un albero mai visto
Perché è mai visto? Cos’ha di particolare? È una specie ignota o semplicemente non lo riconosce perché non ha mai battuto questa strada?
mi sposto più a sinistra e mi sforzo di guardare avanti a me.
“Mi sforzo” è tell. Mostra come si sforza: strabuzza gli occhi, fissa davanti a sé, si pulisce gli occhi dalla neve e cerca qualcosa…
Grido il nome della mia tribù, ma la mia voce è roca ed esce un lamento quasi incomprensibile.
Il “quasi” è vago, puoi dire che farfuglia suoni senza senso, che solo una sillaba è scandita bene e le altre sono versi, che la voce viene sovrastata dal rumore del vento… oppure togliere direttamente il “quasi”.
Nemmeno questa volta arriva una risposta. Maledizione.
Non hai descritto un episodio precedente in cui lui urla qualcosa, quindi quel “nemmeno questa volta” è superfluo.

Conclusioni: Spero che i miei commenti possano essere utili, a mio parere se veramente hai scritto questo pezzo di fretta i difetti sono comprensibili e sono in ogni caso migliorabili. L’idea mi è comunque piaciuta.




Il Prete.

Prime Impressioni La storia che racconti è molto semplice e lineare, il prete nasconde la sua vera identità, e questo è telefonato fin dall’inizio. I due personaggi sono curiosi e la loro curiosità li fa finire male: concetto degno di un horror anni ’80, specie sapendo che i due protagonisti sono adolescenti.

Aderenza al Tema. Il mostro ha tutte le caratteristiche per essere saltato fuori da un racconto del buon Lovecraft: tentacoloni, scambio di corpi e sprezzo per la vita umana. L’ambientazione natalizia c’è ma la vicenda poteva tranquillamente svolgersi a Pasqua senza rovinare niente, quindi il Natale non è ben agganciato alla vicenda, ma comunque c’è. Tu stesso dici di non cercare troppo lo show don’t tell o il tacco 12, ad ogni modo sia lo stile che la trama non permettono di individuarli.

Punti di Forza.Le parti dialogate sono rese bene, i dialoghi sono realistici e fanno pensare a due adolescenti che osservano qualcosa che non capiscono. L’idea di mostrare l’aspetto del prete attraverso le loro battute di dialogo è buona, specie la parte in cui viene mostrata l’andatura “scivolante”. Un punto a favore del tuo pezzo viene di sicuro anche dalla scelta di elementi tipici della letteratura lovecraftiana, a partire da questi tentacoloni che sono sempre ben graditi.

Punti di miglioramento.Tralasciando la trama prevedibile, mi concentrerei sullo stile. Senza voler troppo andare a fare il pignolo e ricordare le “regole” dello show don’t tell a menadito, il tuo pezzo soffre di una struttura che non permette di visualizzare bene la scena. Mi riferisco al fatto che nelle prime righe introduci dei personaggi che poi abbandoni per un bel pezzettone occupato da una digressione. Le digressioni così lunghe sono una brutta bestia, dopo un paio di righe il lettore medio ha già deciso di chiudere il libro e di giocare alla Play. In questo caso descrivere così minuziosamente il background relativo al nuovo prete e alle sue stranezze non ha nemmeno una funzionalità nella storia, infatti quando la scena riprende i due protagonisti descrivono molto bene quello che vedono attraverso le battute di dialogo e il lettore comprende con successo che il prete “ha qualcosa che non va”. Se avessi tolto completamente la digressione avresti potuto approfondire di più l’identità dei due ragazzi e dare la possibilità al lettore di instaurare un legame con loro. Senza empatia coi ragazzini il lettore arriva al finale con un “vabbé”. Arriviamo dunque al finale: i due ragazzi vengono massacrati. Per quanto mi stiano sulle scatole gli adolescenti sbaciucchioni, non riesco a partecipare in nessun modo alla loro dipartita. Vuoi che il lettore ne gioisca o ne sia addolorato? Propendiamo per la prima ipotesi: dovresti far provare ancora più antipatia verso di loro, magari a parte gli sbaciucchiamenti potresti cospargerli di tatuaggi di Hello Kitty e fargli canticchiare canzoni di Justin Bieber al posto degli inni di Natale, così il lettore stronzo godrà come un riccio della loro dipartita. Oppure: il protagonista è un ragazzino che canta alla messa di Natale, dalla sua posizione privilegiata nota tutte le stranezze del prete (durante la predica si gratta le chiappe, alza gli occhi al cielo annoiato mentre racconta le solite baggianate su quanto dobbiamo essere esaltati dalla nascita di Cristo, addirittura sotto la sua tonaca si muove qualcosa come se stesse scodinzolando…). Alla fine della messa, il povero sfigato viene approcciato in sagrestia dalla sua nemesi: il bulletto con le scarpe di Hello Kitty e il tatuaggio di Justin Bieber; lo stronzetto lo prende per il culo per aver cantato con la sua voce da contralto e inizia a massacrarlo di botte (oppure, come scriverebbe il buon King, a incidergli le iniziali sul petto grassottello usando il coltellaccio di turno). Arriva il prete e “salva” il nostro amico spezzando le ossa del bulletto con un bel colpo di tentacolo: il protagonista è talmente contento di essere stato salvato, che promette al “prete” di andarsene senza rivelare niente della sua vera natura; a quel punto il prete con la sua verve da cattivo dei fumetti chiacchierone, gli rivela tutto il suo passato e lo mette finalmente al corrente di aver deciso di appropriarsi del suo corpo.

Conclusioni. La tua idea mi è piaciuta, magari se avessi scritto il tuo pezzo con un po’ meno fretta avresti potuto veramente farlo splendere, però al momento (secondo il mio parere) il tuo racconto offre diversi punti di miglioramento. Fossi in te andrei soprattutto ad eliminare le lunghe digressioni, inserendo piuttosto scene della trama che mostrino il contesto che vuoi portare alla conoscenza del lettore, e potenzierei il coinvolgimento con i personaggi principali.




Neve di Carta.

Prime Impressioni. Solo dopo alcune riletture ho potuto cogliere qualche legame tra gli elementi che descrivi, le relazioni tra i personaggi non sono ben chiare, in special modo ancora non comprendo bene la natura del “patto” tra il protagonista e il Babbo Natale malefico e il suo assistente. Purtroppo questo racconto si porta dietro i problemi che ritrovo in molti tuoi pezzi, Alexandra, ovvero una difficile comprensione delle meccaniche del mondo fantastico che crei. Sinceramente questa volta la sensazione di aver “perso” qualche pezzo è accostata a un interesse forte per la natura del patto, e una buona empatia col protagonista e il suo amore perduto.

Aderenza al Tema. Anche tu hai rivisitato la figura di Babbo Natale in chiave malefica e l’hai dotata di poteri divini. Rimane anche qui il dubbio che una simile scelta abbia attinenza con l’universo lovecraftiano, e anche qui lascio l’ultima parola ai Giudici di Gara. Quanto ai bonus: non usi lo show don’t tell, mentre per il capo di vestiario c’è un episodio (molto marginale) in cui il protagonista esce di casa con maglietta e pantaloni corti col freddo del periodo natalizio. La sua scelta non è motivata in nessun modo, quindi ho come avuto l’impressione che tu abbia deliberatamente inserito questo dettaglio giusto per poter reclamare il bonus. Anche qui lascio l’ultima parola ai Giudici.

Punti di Forza. La tua fantasia e la tua capacità di creare dettagli molto particolari è una tua dote indiscussa, e in questo pezzo si nota subito. Altro punto di forza è l’attenzione che dai ai legami famigliari, che sono sempre un buon espediente per creare empatia e coinvolgere il lettore. La storia d’amore e la perdita della fidanzata sono anche buoni elementi in questo senso. Molto bella la scena del mercatino, mi sono piaciuti i dettagli sui dolciumi e sui copricapi dei bambini.

Punti di miglioramento. Purtroppo i punti di miglioramento che ti indico sono sempre gli stessi: cerca di dare più peso alla comprensibilità della trama, dare un senso ai dialoghi in modo che anche il lettore li possa comprendere, stabilire in modo chiaro quali sono le meccaniche del tuo world building. A volte inoltre esageri un po’ coi dettagli e il lettore fatica a starti dietro: i motivi norvegesi del maglione della tizia, il cronografo che addirittura misura i milionesimi di secondo (avrebbe delle lancette che corrono praticamente alla velocità della luce), gli oscuri riferimenti ad autori e opere teatrali che solo un lettore avvezzo può comprendere. Rispetto ad altri tuoi pezzi la costruzione delle frasi è più chiara, però offre ancora qualche punto di miglioramento: ho come l’impressione che tu cerchi di ricalcare uno stile un po’ arcaico, però attenzione perché così puoi rendere il tutto un po’ meno scorrevole.

Conclusioni. l’idea di base mi sembra ok, però andrebbe messa giù con un po’ di chiarezza in più. Buoni come sempre i tuoi elementi fantastici, sempre ricchi e originali.




Maledetto Shakespeare!

Prime Impressioni. Riedizione moderna del racconto di Lovecraft: la Maschera di Innsmouth, anche il nome del vecchio Zaal Dok-len è un anagramma di Zadok Allen. L’ambientazione in Corea del Nord è originale, ma la troppa somiglianza col racconto di Lovecraft permea tutto di una sensazione di déjà vu.

Aderenza al Tema. Lovecraft c’è (anche troppo), il Natale però, anche qui, non ha alcun peso nella trama, tanto che se tutto si svolgesse a Carnevale sarebbe lo stesso. Non assegnerei nessuno dei bonus: lo show don’t tell non lo trovo, e nemmeno il capo di vestiario fuori luogo.

Punti di Forza. Anche se lo stile è di raccontato, qui la lettura procede senza troppi intoppi. La voce narrante si volta verso una platea immaginaria e racconta la sua storia, mi ha ricordato un po’ il film Train de Vie in cui appunto il narratore racconta tutto da un campo di prigionia. Lo show don’t tell non c’è, ma in questo caso chissenefrega.
L’ambientazione così particolare e l’utilizzo di così tanti nomi e toponimi orientali indicano forse una certa padronanza della materia da parte dell’autore (ho indovinato?), e comunque sono la nota più originale del racconto. La struttura così simile al racconto originale di Lovecraft è un’arma a doppio taglio, da un lato riesce a creare interesse e simpatia sia verso chi conosce che chi non conosce il pezzo originale, dall’altro puzza di esercizietto senza veramente nulla di innovativo. Lo vedrei più come l’omaggio di un appassionato più che un vero racconto sui generis (la stessa cosa si applica al mio, quindi non prenderla male).

Punti di Miglioramento. Credo che avresti potuto creare un minimo di suspence in più se non avessi rivelato fin dal principio che il protagonista si trova già in un campo di prigionia. Il film Train de Vie usa l’espediente di rivelare solo alla fine che il narratore si trova in prigione. La risoluzione finale anche non mi piace, il protagonista ruba la pistola di uno dei cattivoni (un po’ come farebbe James Bond o qualche altro superfigo) e spara a tutti. Deboluccio, non credi? Sia i mostri fanno la figura dei rinco, sia il protagonista quello del super agente segreto (spia occidentale magari, come dici all’inizio).
Sullo stile poco da dire, hai voluto per forza far raccontare tutto dal protagonista a posteriori, perciò va bene usare lo stile del raccontato. C’è una nota stonata nel racconto interminabile del vecchio, che occupa secondo me troppo spazio e uccide l’attenzione. La costruzione delle frasi in genere va bene, ma in alcune occasioni (anche nelle prime righe) inframmezzi tante subordinate da altrettante virgole, e tale costruzione è difficile da seguire.

Conclusioni. Ho apprezzato la tua idea di voler riscrivere per intero un racconto di Lovecraft, col rischio però che qualcuno trovi questa scelta poco originale. Per questo non so bene quanto premiare la tua idea, perché le meccaniche e gli espedienti che funzionano meglio nel tuo racconto sono deliberatamente “presi in prestito” dall’opera originale. L’ambientazione orientale però, ha il suo indiscusso fascino.

Edited by MentisKarakorum - 1/12/2020, 19:32
 
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