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Skannatoio Marzo - Aprile 2021, Mors tua vita mea

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shanda06
view post Posted on 14/3/2021, 08:21 by: shanda06

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SPECIFICHE COSA SI FA PER NON MORIRE (UNA PERSONA CHE DEVE PRENDERE UNA DECISIONE ESTREMA O DIFFICILE PER SALVARSI LA VITA. GRAVITA’ TARATA SUL TIPO DI PERSONAGGIO: UN EROE IMPAVIDO E CORAGGIOSO NON HA DUBBI NEL SACRIFICARSI PER FAR TRIONFARE LA GIUSTIZIA, MA POTREBBE TROVARE PIU’ FATICOSO SACRIFICARE LA VITA DI UN INNOCENTE PER CATTURARE UN MALVAGIO)
SPECIFICHE FACOLTATIVE
HO SCELTO: TERROR PANICO (UNA FOLLA, DALLE QUATTRO PERSONE IN SU, DOVRA’ ESSERE COLTA DAL PANICO)


LA STRADA DELLE MATTONELLE BLU

Di Alexandra Fischer

Mara camminò rasente i muri; cercava rinfresco dalla calura che veniva dalla terra, ma anche conforto dall’ultimatum che le era stato posto dall’alto.
Doveva decidere entro quattro giorni.
La Direttrice della Distribuzione delle Risorse l’ha fatta facile, dietro a quel suo specchio: Hai un fidanzato e una sorella gemella. Devi scegliere quali fra loro far salire sulla prossima navicella perché ormai la casa della tua prozia serve a un’altra famiglia. Avrete una nuova sistemazione su Acquarius. Certo, è un pianeta artificiale e mi rendo conto che avere Sedna al posto della Luna non è il massimo, però non soffrirete la nostalgia di casa. Vi ho assegnato la sezione di Nova Casalia.
Lei guardò le mattonelle blu e le associò ai lunghi pomeriggi silenziosi di prima, quando non erano ancora comparsi gli automi a rimpiazzare le specie rare di animali sempre più indebolite dalle continue mutazioni dell’ambiente; Rinaldo e Leonora avevano giocato insieme a lei con gli animaletti di legno intagliati e dipinti da quest’ultima e spesso a loro si erano uniti Piero, Mariagrazia, Casimiro e Luana.
Era certa che ci sarebbe stata una via d’uscita: camminò a testa china lungo la strada di mattonelle alla ricerca di una soluzione.
Il lavoro di programmatrice informatica l’aveva aiutata a capire il motivo di quei sacrifici programmati ogni anno: era bastato un guasto all’anagrafe per confermare l’autenticità dei notiziari.
Le risorse non bastavano per tutti e ogni volta che alzava lo sguardo dalla finestra del suo ufficio, la torre con il cartello luminoso che riportava i dati delle nascite e delle morti ribadiva l’ineluttabilità della legge dei numeri.
Associò il blu dell’ultima mattonella all’insegna dell’archivio della biblioteca e si toccò la tasca: aveva ottenuto un gettone da spendere in uno svago a piacimento perché aveva lavorato bene quel mese.
Lo userò per capire un ultimo paradosso. Ci sono interi quartieri vuoti, e ci propinano la storia delle risorse scarse. Non mi è piaciuta la faccia di Mariagrazia stamattina in ufficio, anche lei deve avere ricevuto la mia stessa comunicazione.
Mara lasciò il sentiero di mattonelle blu alle sue spalle e cambiò strada apposta per mettere quanta più distanza possibile fra se stessa e la colonnina in centro.
Certo, sarebbe tornata a casa con almeno dieci minuti di ritardo, ma voleva sfogare la tensione prima di vedere sua sorella.
Il rumore di un velivolo che avviava i motori la riscosse e la portò ad attraversare la strada deserta.
Ora utilizzano il prato dello stadio come pista di partenza e atterraggio? Non lo facevano da quando ero bambina.
Rivide i suoi quattro compagni di giochi: Piero era alla guida del con accanto Mariagrazia, Casimiro e Luana erano seduti dietro di loro.
Le pareti trasparenti del velivolo glieli mostrarono in ogni dettaglio.
Si era avvicinata, attirata dal lieve ronzio dell’accensione, stupita dal trovarli tutti insieme.
Cominciò a sperare in un cambio della regola crudele della scelta.
Casimiro, però si staccò dal sedile di guida e si girò verso Mariagrazia con il volto contratto dalla paura, le gridò qualcosa, la scosse, lei si staccò la cintura e insieme si misero a gesticolare verso Piero e Luana.
Piero annuì e tirò la cintura, scosse la testa, allora Casimiro tirò fuori un oggetto lucente e la tagliò via; Luana si agitò sul sedile, gridò, mentre il volto le si arrossava.
Casimiro cercò di tagliare la cintura di lei e tentò di farlo più volte, ma fu inutile. Luana reclinò il capo in avanti e lui la scosse, mentre Piero correva verso il sedile del pilota e premeva diversi bottoni.
Mariagrazia si affannò intorno alla porta del velivolo, poi passò a batterci sopra i pugni, finché il materiale trasparente si coprì di sangue.
Infine, i vetri si oscurarono.
Mara rimase impietrita, mentre alle sue spalle arrivarono i poliziotti, vestiti di nero e con i caschi dalla visiera a specchio.
Uno di loro l’afferrò e la tirò indietro: − Vada via.
Mara si dibatté: − Cos’è andato storto?
Il poliziotto la gelò: − Proprio nulla. Lo prenda come un avvertimento per chi cerca di barare. Lei, piuttosto, cosa ci faceva qui?
Mara chinò la testa: − È stato un caso. Mi rincresce di aver interrotto il suo lavoro.
Il poliziotto continuò a fissarla, in attesa che lei aggiungesse altro; Mara lo fece, dopo aver guardato il cellulare: − Devo proprio andare. L’autobus arriverà fra breve.
Il poliziotto le sussurrò: − Sì? Meglio per lei. Vada, ora.
Lei scappò via, in direzione della fermata e il convoglio, di materiale trasparente, si fermò dopo che i sensori collegati alle porte ebbero registrato la sua presenza; salì e si accomodò nel sedile di mezzo dell’ultima fila.
***
Quando Mara rincasò, la sorella, seduta al computer, la chiamò: − Mara, sei tu? Vieni a leggere. C’è stato un incidente al campo giochi. Il pilota Casimiro Scotti, la moglie e un’altra coppia sono morti durante un volo di prova. Sua moglie Mariagrazia era una tua collega, vero?
Mara allungò il collo verso il monitor e mantenne un tono calmo: − Sì. Mi dispiace. È stato un incidente.
Leonora le indicò la lettera aperta sul tavolo e tenuta ferma dagli animaletti di legno che aveva creato da bambina: − Ormai non ti resta molto tempo per decidere−. Si alzò dal tavolo e l’abbracciò: − Tu e Rinaldo potete ancora farvi una vita−. La sua stretta si rafforzò: − Da una parte vorrei poter avere la vostra stessa possibilità, ma sono cattiva. Certo, nel corso dell’ultima riunione del gruppo artistico, c’è stato chi mi ha detto che esagero, a quanto pare, ricostruiranno qualcosa di simile nel pianeta e il pittore amico della direttrice mi ha promesso che potrò viverci, sempre che tu me ne dia la possibilità.−. Le indicò i profili degli edifici del quartiere abbandonato, sfumati nella luce azzurrina dell’orizzonte e si portò le mani al volto: − Ogni tanto sogno di essere lì, con mamma e papà. Per me, la nostra vera casa è quella e ce l’hanno portata via. Forse mi adatterei alla versione che lui mi ha mostrato nel video, però penserei a questa. Odio questa regola dei numeri.
Mara le sussurrò: − Sì, è crudele. E tutto perché siamo in troppi. Lo capisco bene, vedi cosa ho dovuto fare per lavoro – Indicò la pila di fascicoli posata in uno dei ripiani del mobile libreria di compensato bianco; attraverso il vetro, i dorsi numerati a inchiostro argentato le ricordavano le file di lapidi anonime al cimitero.
Era cominciata così in tutte le famiglie per quelli che mancavano il sorteggio per il posto in nave: i loro volti e i loro nomi venivano cancellati, ma occorreva fare posto alle creature schiamazzanti che affollavano la città.
La busta con la lettera era accanto al notebook di Leonora e trattenuta da una scatolina quadrata di porcellana con un paesaggio dipinto in colori fluorescenti dove spiccavano costruzioni a forma di serra.
Mara guardò quella scatolina meno che poté e si soffermò sul salvaschermo, dove era raffigurata l’immagine di una famiglia seduta fuori da una delle costruzioni: l’uomo, giovane e in tuta da lavoro, mostrava al ritrattista il contenuto di un cesto pieno di pesche, la donna, che lo era anche più di lui, sedeva poco più in là e rammendava una piccola camicia da notte sotto lo sguardo di una bambina che era la sua versione in miniatura quanto ad abbigliamento: abito intero dalla gonna lunga fino alle caviglie, maniche lunghe fino al gomito, sabots ai piedi e cappelli ricamati all’uncinetto.
Il piccolo, in disparte, giocava con tanti pezzi di legno colorato a di forma rettangolare; indossava un completo a bretelle dalle maniche corte e portava sandali neri.
Nell’intenzione dell’artista, l’immagine voleva trasmettere serenità.
Mara commentò: − Mi dispiace che riguardi poche persone.
Leonora si girò verso di lei con un grande sorriso: − Ma cosa dici? Io trovo che lo Stato sia generosissimo. Intanto, mi permette di creare opere come queste− Le indicò l’ora sul computer. – Pensa a preparati. Rinaldo sta per arrivare.
Mara si mise le mani sui fianchi a sottolineare quanto le cadesse bene l’abito attillato grigio antracite con la cintura a grandi cerchi di metallo: − Mi basta l’impermeabile bianco e sono a posto.
Leonora ridacchiò.
Mara atteggiò le labbra in un broncio infantile: − Beh, cosa c’è che non va?
La sorella si sfregò le braccia per scherzo: − Sei sempre stata freddolosa e con la paura di ammalarti. Oggi non pioverà neppure.
Mara la indicò: − Tu, invece, porti solo questi vestitini al di sopra del ginocchio e senza maniche. Quanto ai tuoi piedi, hai mai sentito parlare delle calze alle caviglie e delle scarpe chiuse? Vivi sempre come se fossimo ancora bambine e ci fossero ancora tutte quelle estati infinite.
Leonora le fece una linguaccia: − Almeno non mi rubi i vestiti.
Lo scampanellio alla porta fermò quello scherzo.
Mara corse nell’ingresso e premette un bottone nel riquadro del citofono: Rinaldo si accarezzava la barba e sorrideva.
Lei premette il secondo bottone, afferrò l’impermeabile e corse lungo i gradini.
Rinaldo era accanto all’auto dalla carrozzeria trasparente; Mara gli sfiorò le labbra di Mara e poi gli mostrò il gettone: − Faremo una gita nella Fortezza. Ho ottenuto il gettone per il miglior recupero di dati all’anagrafe.
Rinaldo batté le mani: − Finalmente. Ti eri persino portata il lavoro a casa. Meriti un bel giro. Proprio come me. Sono così stanco, sapessi. Ho appena consegnato il progetto per un nuovo condominio. Mi manca l’aria al solo pensiero di chi abiterà dentro.

***
Mara osservò con estrema attenzione la pianura con le fattorie, il nuovo ponte sul quale passava il treno e quando arrivarono alla salita, fece lo stesso con gli abeti, il pozzo ricoperto di muschio e le panchine di ferro battuto.
Al termine della salita, il muro della Fortezza parve incombere su di loro, ma il cancello era aperto e c’erano altre auto.
Un capannello di gente si era radunato intorno a una donna dal tailleur pantalone bianco e Rinaldo, mentre spegneva l’auto, commentò: − Io preferirei evitare la guida. Facciamoci un giro per conto −. Si volse verso Mara e le sorrise.
Lei ricambiò: − Hai ragione. Sai, hai avuto un’ottima idea−. Si diresse all’ingresso e diede il proprio gettone all’impiegato, il quale aveva un telefono auricolare, le sopracciglia aggrottate, ma le dita abbastanza veloci da ritirarlo in un gesto automatico.
Rinaldo le fece strada lungo il cancello e lei ammirò le siepi di bosso, le costruzioni di mattoni rossi dalle imposte chiuse.
Mara osservò: − Sembra quasi impossibile che un tempo avessero contenuto e depositi di viveri.
Rinaldo concordò: − Anche a me fa la stessa impressione. Come già ai tempi della gita scolastica.
Mara si sforzò di ricordare: − Eravamo insieme già allora?
Lui rise: − No, ma eri dell’altra classe. Alle elementari, tre anni di differenza sono tanti.
Mara gli diede una gomitata scherzosa: − E ora?
Rinaldo le indicò le scale: − Preferisci goderti la vista da quella parte o camminare per tutta la fortezza?
Lei ridacchiò: − Mi basta vederla da questo punto. Avrò dimenticato la tua faccia dei tempi delle elementari, ma non la ricerca che dovemmo fare prima di venire qui. Struttura a stella a cinque punte con altrettante scale.
Rinaldo la precedette: − Come vuoi.
Videro il panorama della città, suddiviso in capannoni della zona industriale, terreni agricoli con fattorie, il fiume che divideva quelle zone riservate al lavoro dai condomini, dal grande parco con l’arco di pietra nel mezzo e il quartiere degli Anni Dieci, dalle palazzine multicolori; subito dopo, c’era lo spiazzo erboso che ospitava i velivoli per le partenze e ne videro uno sfrecciare nel cielo.
Mara si girò di lato: − Non posso vedere. Qualche giorno fa mi è arrivata la lettera. E io devo decidere su chi portare con me in viaggio. E chissà verso dove.
Rinaldo stava per intervenire, quando la comitiva di turisti arrivò in fila ordinata, mentre la guida le illustrava le meraviglie del paesaggio.
Mara prese per mano Rinaldo e lo portò fuori: − Dammi le chiavi. Guido io.
Lui la guardò sorpreso: − Non lo hai mai voluto−. Gliele passò, tuttavia.
Mara partì.
Rinaldo restò a bocca aperta: − Ignoravo che fossi così brava. Veloce e sicura allo stesso tempo−. La sua espressione si fece costernata quando la vide imboccare il vecchio ponte: − Non dovremmo andarci. Hanno chiuso tutti i quartieri.
Lei guardò fisso avanti a sé, mentre si profilavano le prime botteghe con le serrande abbassate e le torri elettriche fuori uso da quando i loro genitori erano ragazzi.
L’interno del quartiere mostrava le fondamenta di condomini e i resti della stazione; fra le rovine, erano comparse erbacce e ogni tanto qualche animale selvatico tagliava la strada a Mara.
Rinaldo la guardò intimorito quando si fermarono nello spiazzo della stazione degli autobus: − Questo posto mette i brividi.
Mara si frugò in tasca: − Non più di dove vorrebbero mandarmi. Ho visto i video di propaganda, tutto in costruzione, tutto in fermento, però c’è un prezzo da pagare.
Rinaldo annuì: − Lo sospettavo. Sono passati troppi giorni dalla lettera e mi fa piacere che sia arrivata a te.
Mara lo fissò, mentre la paura si faceva strada dentro di lei: − Che vuoi dire?
Lui l’accarezzò su entrambe le guance: − Avrei scelto te e lasciato che uccidessero i miei familiari pur di seguirti.
Mara gli sfiorò le labbra, commossa: − E il tuo studio di architetto?
Lui fece un gesto, come a minimizzare: − Ho pensato che ci sarà parecchio da costruire nel pianeta dove ci manderanno.
La sicurezza di lui la mandò in crisi, come pure la generosità della sorella; quel pensiero la portò a guardare l’ora sul cellulare.
Il telefono squillò e lei gridò: − Leonora, cosa dici? Sono passati da te? Partenza anticipata? Come mai? Sì, sono alla stazione degli autobus−. Chiuse la comunicazione e gli occhi le si riempirono di lacrime: − Verranno subito e dovrò decidere.
Rinaldo si tolse la cintura: − Scendiamo, allora. Godiamoci quello che potrà essere una fine o un inizio−. La prese per mano, mentre arrivava un’auto a fari accesi.
Ne scese una donna che Mara riconobbe subito e lo sussurrò a Rinaldo: −La guida turistica.
Ne scesero anche due poliziotti abbigliati in nero e con le armi spianate: spingevano in avanti Leonora, con le mani alzate.
La guida turistica, vestita di bianco come alla Fortezza, andò verso Mara: − Sua sorella è stata imprudente a telefonarle, ci ha portato qui in un baleno. Sappiamo della vostra amicizia con quei sovversivi. Cos’è venuta a fare, qui?
Mara replicò: − Un giro, per decidere chi fra i due mi tocca scegliere, come da accordi con la Direttrice. A proposito, dov’è?
La guida turistica replicò: − Nel suo ufficio, da dove si sta assicurando che la polizia e io l’accompagneremo con la persona che ha scelto. Ad Acquarius programmatori informatici, come lei, architetti, come il suo fidanzato−. Guardò Leonora: − Certo, esistono persino quartieri per gli artisti.
Mara si mise a tremare e non solo per l’umidità notturna.
Rinaldo era il futuro, l’ottimismo; Leonora, invece, era cresciuta con lei all’ombra della perdita dei genitori ed era rimasta fragile, soprattutto dopo la morte della prozia paterna, la loro tutrice.
Avrebbe voluto dare un futuro a entrambi, ma poi vide le armi spianate e le vennero in mente i video nei quali si mostravano i pestaggi riservati agli amici dei ribelli.
Mara fece un profondo respiro, mentre le parole, le uscivano gelide: − Rinaldo.
La guida approvò: − Motivazione?
Mara indicò la gemella: − Furono gli animaletti che scolpiva nel legno a farmi incontrare quei sovversivi. Io non sarei mai andata nella strada delle mattonelle blu. Ricordo i loro giochi. Immaginavano un mondo dove ci fosse posto per tutti. Pura follia. E crescendo, è peggiorata.
La guida fece un cenno ai poliziotti, che le portarono Leonora, la quale le si avvicinò calma e si rivolse a Mara: − Ha il coraggio di dare della ribelle a sua sorella?
Mara sentì qualcosa che le si spezzava dentro, ma l’istinto di autoconservazione prevalse, insieme ai doveri verso Rinaldo: − Sì.
Leonora tacque e le mandò un bacio in punta di dita prima che i poliziotti la portassero via.
La guida indicò l’auto di Rinaldo: − La direttrice ha fatto preparare un volo speciale per voi. Usate pure la macchina.
***

All’incrocio con il semaforo spento da anni e coperto di erbacce, le due auto si divisero.
 
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