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Skannatoio Marzo - Aprile 2021, Mors tua vita mea

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truemet
view post Posted on 30/3/2021, 18:47 by: truemet
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Gli Inferi

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Eccomi qui. Ci provo.
Spero di aver preso tutti e tre i temi, non so se li considererete tali.


Mordimi

Si portò l’indice alla bocca. Shame smise di parlare.
Con la mano sfilò la Glock dalla fondina.
Appoggiò la schiena al muro e avanzò con passo leggero.
Raccolse un barattolo di fagioli in scatola e lo fece rotolare nell’altra stanza.
Nessun rumore. Non era uno di loro. Trattenne il fiato e si affacciò alla porta.
«Bu!»
Dick chiuse gli occhi e bestemmiò.
«Stavo per ammazzarti!»
«E avresti riparato al danno?» Marie gli accarezzò la guancia.
Dick sbuffò. Fece scivolare l’arma nella fondina «Hai trovato qualcosa?»
«C’è un gruppo non troppo distante da qui. Quattro Dormienti e un Perduto.»
Dick si grattò il mento. La barba solleticò i polpastrelli.
Annuì. «Andiamo.»
Distribuii i tre bastoni appoggiati al muro e le tre corde di canapa.
Uscirono dall’officina a passi decisi. Passarono attraverso le auto ferme sulla carreggiata. Una radice aveva aperto uno squarcio sull’asfalto; Shame inciampò. Dick lo afferrò prima che potesse cadere.
Marie si aprì un altro bottone della camicia; il sole cominciava a darle fastidio.
Si accovacciarono dietro una Ford. Con un cenno della testa indicò un cinema poco più avanti.
A piccoli passi proseguirono verso l’ingresso. Dick afferrò Marie per un braccio, trascinandola dietro di lui. Lanciò un’occhiata all’interno. La hall era deserta.
Marie indicò tre volte la porta tagliafuoco che conduceva alla sala cinematografica.
Dick prese un respiro e tirò la maniglia.
Una mano viscida cercò di braccarlo.
Afferrò il braccio e lo trascinò a sé. Il corpo volò oltre la porta.
«Prendetelo!» Dick piantò il bastone sul petto del non-morto.
Shame lo guardò senza muoversi. «Lo fai tu?»
Dick sospirò. «Sì, tienilo fermo.»
Shame lo afferrò da dietro. Marie cercò di afferrargli la testa. I denti sfiorarono le sue dita.
Lo prese per un ciuffo di capelli e tirò la testa indietro.
«Ora!»
Dick tenne d’occhio entrambe le porte. Tolse il bastone dal petto. Fece tre respiri profondi e morsicò il collo del Dormiente con forza.
Gli occhi spenti si accesero, riportando alla luce iride e pupille. Shame mollò la presa.
Dick sputò a terra. Trattenne i conati di vomito e cercò di alzarsi.
Il volto bianco del non-morto si scurì. Aprì e chiuse la bocca. Spalancò gli occhi.
«Cosa sta succedendo?» Aveva le mani sporche e spellate; i vestiti insanguinati. Ansimò.
Shame gli si parò davanti. «Bevi.» Gli passò una borraccia d’acqua.
«Chi siete?» Fece una smorfia e si portò una mano al collo. «Dove siamo?»
Dick gli prese la borraccia dalle mani. «Riposa.» Bevve un sorso e la passò a Shame.
Aprì la porta e la bloccò. Un Dormiente era a metà della stanza; altri due vagavano vicino al proiettore accompagnati da un Perduto; Dick deglutì, due erano enormi.
Avanzarono accovacciati fino alle prime file di sedili. Si stesero a terra e strisciarono verso il non-morto. Marie e Shame da un lato, Dick da quello opposto.
Dondolava braccia e busto a destra e a sinistra rimanendo sul posto, postandosi solo di pochi centimetri.
Marie e Shame lo raggiunsero alle spalle. Dick passò dalla fila anteriore.
Alzò la mano con tre dita in mostra. Due dita. Una. Pugno chiuso.
Shame si alzò e lo afferrò alle spalle, bloccandogli le braccia. Marie gli bloccò la testa. Dick scavalcò i sedili e lo morse al collo. Strinse con decisione, affondando i denti nella carne.
Dalla penombra riuscì a intravedere soltanto il Perduto. Stava correndo verso di loro e ruggiva come un animale.
La pelle che stava mordendo si staccò; se la ritrovò in gola. Cercò di vomitare. Sputò solo qualche pezzo di carne morta. Si piegò su se stesso e con due dita riprovò a rigurgitare.
«Dick! Arrivano.» La voce di Marie venne seguita da un colpo di Glock.
Si sollevò in piedi.
Il Perduto giaceva a terra con il cranio bucato; il sangue sgorgava dalla ferita.
Marie tenne i non-morti a distanza di sicurezza con il bastone. Shame era fermo dietro di lei.
«Shame, aiutala!» Dick venne strattonato. Una signora sulla cinquantina si teneva il collo con l’altra mano e urlava di dolore. Del sangue rosso vivo colò passando tra le dita.
Dick si liberò dalla presa e si alzò di scatto. Prese il pezzo di corda col nodo e lo lanciò al collo del non-morto più minuto.
«È ferita. Vai dalla vecchia, qui ci pensiamo noi.»
Tirò la corda. Il Dormiente venne trascinato di qualche metro e cadde a terra.
Marie colpì allo stomaco l’altro, allontanandolo di qualche passo.
«Vai. Prima che muoia di nuovo. C’è Shame con me.»
Marie diede un altro colpo e si allontanò tra le fila di sedili.
«Shame!» Dick legò la corda ai piedi del sedile. «Shame!»
Il Dormiente si avvicinò. Il bastone in mano a Shame tremò con lui.
La sua bocca si spalancò ma non disse nulla. Lo colpì sulla spalla. Il bastone si spezzò. Shame si coprì il volto con le braccia.
Razza di codardo!
Dick avanzò impugnando il proprio bastone. Il non-morto a terra lo afferrò per la caviglia, interrompendo la corsa.
Stese le mani in avanti per non sbattere la faccia.
Merda!
Tirò il piede a sé, senza riuscire a liberarsi. Shame urlò.
Marie conficcò il bastone sulla mano del non-morto che lo tratteneva; Dick si sollevò da terra e si lanciò sul Dormiente. Era più alto di lui, con spalle troppo larghe per poterlo tenere fermo con le braccia.
«Vai! Ora!»
«Devo…» Shame rimase bloccato. «Devo farlo io?»
«Muoviti!»
Shame chiuse gli occhi e si avvicinò.
«Tieni gli occhi aperti, idiota!» Shame deglutì.
Il non-morto si voltò di scatto. Dick precipitò sui sedili in pvc.
L’urlo lo gelò. «Shame!»
Il Dormiente lo stava mordendo. Dick gli montò sopra la schiena e replicò il gesto.
Era la pelle più dura che avesse mai sentito. Non riusciva a penetrarla e scendere in profondità. Maledì tutti i culturisti. Quel collo era grande quanto la sua testa.
Lo morse in più punti, finché non trovò un pezzo di pelle morbido. Affondò i denti e li sentì penetrare nella carne.
Il corpo sotto di lui frenò la sua furia e cadde sopra il suo compagno.
Marie era piegata sulle ginocchia, con una mano sullo stomaco e l’altra davanti alla bocca. Al suo fianco c’era un ragazzo spaesato, con una corda legata al collo e il volto pallido, seppur umano.
Dal collo di Shame continuava a sgorgare del sangue rosso e denso.
Dick cercò di sollevare il corpo del culturista; era troppo pesante. Emetteva dei gorgoglii striduli. La pelle cadaverica riprese un colore più umano.
«Signore. Si alzi.»
Gli occhi di Shame si spalancarono. Dick si bloccò.
No! Dannazione!
Lo Shame zombie morse il culturista ancora stordito e disorientato.
«Marie!» Dick fece un gesto col braccio. «Porta una corda.»
Il culturista prese a pugni Shame zombie sul volto, spaccandogli il naso. Dick vide dei denti volare fuori dalla bocca.
«Fermati!» Cavalcò di nuovo il culturista. Cercò di fermalo ma la forza non bastò. Marie legò la corda attorno al collo dell’uomo.
«No, non è per lui.»
Il culturista calmò la sua furia e cadde ancora una volta sopra Shame.
La pelle stava tornando giallastra. Dick Sbuffò; aveva ancora in bocca il sapore della sua pelle morta.
«Quando si risveglia lo lascio alzare. Tu occupati di Shame. Pensi di farcela?» La ragazza annuì.
Il bicipite del culturista schiacciava la faccia di Shame, che emetteva gemiti e suoni molesti.
«Ci siamo!» Il corpo sotto di lui si mosse.
Si strinse con forza attorno alle spalle. In un istante fu sollevato da terra, perse la presa per un istante.
Marie infilò il cappio alla testa di Shame e tirò.
Dick affondò i denti nel punto in cui la ferita era aperta. Un colpo da sparo lo fece trasalire. Un altro colpo e un altro ancora seguirono il primo.
Dick mollò la presa e alzò lo sguardo.
«Mostro!» Un ragazzino con un cappio di canapa attorno al collo impugnava una Glock. La fondina di Marie era vuota.
«Fermati, idiota!» Dick si lasciò andare, riparandosi dietro il culturista.
Marie tirò Shame con una mano e colpì col gomito il ragazzino.
Il culturista camminava verso di lei con le braccia distese e le mani aperte. Le sue urla sparirono in un lampo. Gli occhi tornarono vispi. Cadde sulle ginocchia, portandosi le mani al petto.
Si risvegliò. Sputò sangue e urlò.
Shame zombie si allungò verso di lui. Marie strattonò la corda e allungò un braccio verso Dick. «No. Aspetta!»
«È troppo tardi, Marie.» Dick puntò l’arma verso il culturista. «Quell’idiota l’ha già ammazzato.»
«Possiamo portare anche lui.» Zombie Shame si spinse in avanti, spalancando la bocca sdentata. Marie si attorcigliò la corda attorno alla mano e tirò.
Il culturista si schiantò a terra e morì.
«Non possiamo!» Dick armò il cane e sparò un colpo alla nuca.
Dagli occhi di Marie sgorgarono delle lacrime. Prese il bastone e colpì il ragazzo con forza.
Dick le bloccò il braccio. «Dammi Shame. Lo porto io. Come sta la vecchia?»
Si slegò il nodo dalla mano e passò la corda tesa all’amico.
«Dobbiamo portarla da Martin, ma sta bene.»

All’officina abbandonata radunarono il gruppo. Fecero salire tutti sul cassone del camion. Dick salì per ultimo, tenendo Shame in disparte.
Marie guidò fino all’accampamento. L’allergia le fece colare il naso.
Del fumo nero anticipò la vista del cancello.
«Che cazzo è successo?» Sollevò il piede dall’acceleratore.
Si avvicinarono a passo d’uomo. La torre di guardia era deserta e inclinata in avanti.
Il cancello disteso a terra, era piegato e spaccato in più parti. Ci passarono sopra con le ruote. Le sospensioni attutirono i rimbalzi.
Jake agitò le braccia. «Ci hanno attaccato!»
Marie scosse la testa, indicandosi l’orecchio con l’indice.
Jake si avvicinò e aprì lo sportello.
«I Predatori! Ci hanno attaccato.»
«Cos’hanno portato via questa volta?» Marie scese dal camion con un balzo.
Il volto di Jake si accartocciò. «Hanno…»
«No!» Dick corse verso di loro, trascinando con forza Shame. Il suo volto strisciò sull’asfalto.
«Dov’è Laurie? I ragazzi stanno bene?»
Il vecchio iniziò a piangere. Scosse la testa.
«Mi dispiace. Hanno detto…» Singhiozzò. «Che così avresti capito.»
Dick urlò. Colpì lo sportello con tutta la sua forza. La mano diventò violacea. Si portò le mani al volto e urlò.
Zombie Shame strisciò verso di lui.
«Oddio! È Shane!»
«Sì» Marie si asciugò una lacrima. «Dobbiamo portarlo da Martin. Non possiamo trasformarlo così.»
«È in ospedale, sta curando i feriti.» Jake si asciugò il moccio con le dita.
Dick lasciò la corda e si allontanò.
Jake allargò le braccia. «Dove sta andando?»
Marie afferrò la corda e colpì Shame. «A farsi ammazzare. Dobbiamo seguirlo.»

***

I capelli di Dick cavalcavano il vento. Gli occhiali riflettevano i raggi del sole.
La strada era piena di aghi di pino. Gli pneumatici della moto li alzavano da terra, sparandoli a lato della carreggiata.
Prese una curva in derapata, calcolando male i tempi della frenata. La moto uscì di strada e si rovesciò. Scivolò sul fianco.
Aprì gli occhi e si toccò la testa. Sangue.
Il sole si era abbassato; l’afa era diminuita.
Per fortuna nessuno zombie si è fatto un picnic mentre dormivo.
Tastò il terreno un paio di volte. Raccolse da terra lo zaino e se lo ripose in spalla.
Raddrizzò la moto e ripartì.
La croce sul campanile si fece spazio tra i pini. Sterzò il manubrio e parcheggiò la moto a lato della strada. Proseguì a piedi passando per il boschetto.
Davanti alla basilica l’uomo di ronda impugnava un Remington semiautomatico.
Dick strisciò a terra. La tuta scura l’aiutò a mimetizzarsi tra i cespugli. Si avvicinò a pochi metri di distanza. L’uomo gli diede le spalle per accendersi una sigaretta. Lo accoltellò alla schiena e lo finì conficcando la lama nella nuca.
Appoggiò lo zaino a terra e l’aprì. Prese un fumogeno e due granate, mettendoli nella tasca interna della giacca. Si caricò l’M4 sulla spalla. Prese la Glock dalla fondina e la caricò. Nascose lo zaino tra i cespugli. una folata di vento trascinò via le foglie.
Afferrò il cancello e spinse. Era aperto. Salì gli scalini che portavano all’ingresso.
Ripose la Glock nella fondina e prese una granata. Impugnò la maniglia del portone e spinse con forza. Le giunture cigolarono. Un forte odore di sigari gli riempì le narici.
«Non smontavi alle otto?»
Tre predatori vicino l’ingresso si girarono. Uno di loro si avvicinò al portone.
Dick tolse la spoletta e lanciò la granata all’interno.
«Granata!»
La osservarono passare sopra le loro teste. Uno la indicò con il braccio.
In fondo alla navata centrale, cinque uomini seduti attorno a un tavolo fuggirono spaventati verso la sagrestia. L’esplosione li fece volare indietro. Due colonne della navata destra si spezzarono, una cadde sopra due uomini. Il capitello ne colpì un terzo. Il mosaico a sfondo dorato calò su di loro come pezzi di grandine.
Due uomini si ripararono dietro le panche e spararono senza sosta verso l’ingresso, alternandosi per dare tempo all’altro di ricaricare gli Uzi.
Il tintinnio ai loro piedi venne coperto dagli spari. La seconda granata scoppiò sotto di loro.
Dick lanciò il fumogeno ed entrò.
Attraversò la navata impugnando l’M4.
«Dove sei, Reagan?»
L’uomo rannicchiato vicino all’acquasantiera si alzò in piedi e sparò.
«Io sono Reagan!»
Dick si lanciò dietro le panche ancora intatte.
Un predatore sparò da dietro l’altare. «Io sono Reagan! Siamo tutti Reagan!»
«Finitela con ‘sta stronzata. Datemi il vostro capo.»
Una porta di legno cigolò.
«Dick.» Reagan si affacciò dalla porta. «Se avessi rispettato le regole, Laurie, Bart e… Come si chiamava? Judith?»
«Julie! Si chiamava Julie. Bastardo!»
«L’hai ritrasformata? Ah, già…» Rise. L’eco rimbombò per tutta la navata.
Una raffica di spari stese il predatore all’ingresso.
«Siamo qui, amico!» La voce di Shame echeggiò nelle sue orecchie.
L’uomo dietro l’altare sparò di nuovo.
Shame si lanciò a terra. Dick sparò verso Reagan.
La porta della sagrestia si spalancò. Marie sparò al predatore nascosto dietro l’altare.
«Dobbiamo andarcene! Questo casino ha attirato una mandria, non possiamo trasformarli tutti.»
Dick si sollevò da terra e corse verso Reagan. La porta di legno era serrata. Al terzo calcio si spalancò. Una scalinata a chiocciola si presentò d’innanzi a lui. Salì i gradini due a due, impugnando la Glock.
La frenesia della scalata gli diede un giramento di testa e un leggero senso di nausea. Spinse la porta con la mano. Reagan gli afferrò il braccio e lo trascinò dentro.
«Sei venuto a uccidermi come un vigliacco?»
Reagan raccolse la Glock e l’M4, finiti a terra dopo il capitombolo.
Rise e chiuse la porta a chiave. La risata echeggiò fuori dagli archi della cella campanaria.
Il battito di Dick si fece sempre più forte. Le gocce di sudore gli colarono sulle labbra.
«Non guardarmi così. Non voglio ucciderti.» Si avvicinò a un arco e buttò le armi giù dal campanile.
«Che gusto ci sarebbe?»
Dick si tastò la giacca. Non aveva con sé nient’altro. Si sollevò da terra e serrò i pugni.
«Fammi un sorriso. Uno solo!» Reagan si appoggiò al batacchio della campana.
Dick avanzò a denti stretti. I primi due pugni andarono a vuoto, il terzo lo colpì alla mandibola.
Reagan sputò a terra una colata di sangue. «Così, più forte!»
Avanzò a passo lento verso Dick, imitando i gesti di un pugile.
La maniglia della porta girò a vuoto.
«Dick! Dick!» La voce di Marie accompagnò i colpi alla porta.
Si precipitò per aprire. Reagan lo calciò al calcagno. Rotolò fino alla porta; si sollevò in ginocchio e aprì.
«Dick! Giochi sporco.»
Dall’interno della giacca Reagan sfilò una Beretta e la puntò verso le scale. La porta si spalancò. Shame cadde in avanti. Marie entrò nella cella cercando di trattenerlo in piedi. Reagan la colpì al volto con un proiettile calibro 9.
Gli occhi di Dick diventarono due palle da biliardo. Gli schizzi di sangue gli dipinsero il viso.
Si sollevò da terra. Il suo sguardo incontrò quello di Reagan. Digrignò i denti e strinse le mani a pugno. Gli si avvicinò a passi lunghi. Reagan indietreggiò, parandosi con la mano con cui impugnava l’arma. Sbatté la testa contro la campana, la botta lo rintronò. Dick si avventò su di lui, buttandolo a terra. Lo colpì con una serie di pugni al viso. Gli prese la testa e la sbatté contro uno spigolo di mattoni. Lo sentì gemere. Il suo battito sparì. Dick continuò a colpirlo.
«Stanno arrivando!» Shame trascinò il corpo di Marie all’interno e chiuse la porta. «Non reggerà.»
Dick si sollevò da terra; il suo viso era ricoperto di schizzi di sangue.
Si inginocchiò davanti a Marie. Le smosse i capelli e le accarezzò il viso; era già fredda. Il buco dell’occhio sinistro le deturpava il viso.
La porta tremò. Gemiti e grida disumane arrivarono dalle scale.
Shame ansimò. «Non ne usciremo vivi.»
Reagan si alzò in piedi. Con gli occhi senza pupille sembrò guardare verso di loro. Un grugnito anomalo uscì dalla sua bocca.
«Dammi un’arma.» Dick allungò una mano verso Shame.
La porta tremò di nuovo.
Portò la mano alla schiena. La porta si spalancò. Un gruppo di non-morti e già-morti penetrò nella cella. indietreggiò di qualche passo.
«Shame! Non fare il codardo!»
Dick calciò zombie Reagan sullo stomaco.
«Vuoi che smetta di chiamarti così? Dimostrami di meritarlo.»
Shame corse verso l’angolo più lontano della cella e stese il braccio verso un Dormiente. La mano con la Glock vibrò come una campana.
«No! Ogni vita è preziosa!» Dick spinse zombie Reagan a terra, pensando che quella fosse l’unica vita che non valesse la pena salvare.
Un colpo di Glock rimbombò nelle orecchie.
Un Dormiente colpito alla testa cadde a terra, calpestato dal gruppo dietro di lui.
Due proiettili bucarono una camicia e penetrarono nella carne, senza frenare la corsa del Perduto.
«Shame!» Dick calciò allo stomaco un non-morto che cadde indietro, travolgendone altri tre «Fermati!»
Shame urlò. Sparò in avanti senza mirare. Un gruppo si avvicinò, rallentato solo dai proiettili conficcati nella carne morta. Uno lo morse alla mano. La Glock precipitò ai suoi piedi. Denti marci si conficcarono sulla sua spalla.
Dick si riempì d’aria i polmoni. Shame urlò di nuovo.
Tre zombie si avvicinarono. Alle sue spalle Reagan camminava con le braccia distese e la bava alla bocca. Sembrava ridere anche da morto.
Lo scaraventò a terra e gli montò sopra. Con l’avambraccio gli bloccò il mento a terra. Frugò all’interno della giacca; la fondina era vuota. Nella tasca trovò un tirapugni in ferro. Infilò le dita nei buchi e lo testò sul volto di Reagan. L’osso del naso si spezzò. I grugniti alle sue spalle si fecero sempre più vicini. Si alzò facendosi forza con le ginocchia e colpì uno di loro con la sua nuova arma. Si fece strada dilaniando la loro carne.
Scivolò sopra qualcosa di rigido. Si aggrappò a un Perduto per non cadere. Con l’altra mano lo colpì. La Beretta di Reagan passò dalla suola delle sue scarpe a quelle del già-morto.
Con un doppio pugno allontanò quello che gli era sopra. Raccolse l’arma da terra e la puntò sui suoi assalitori. La canna era perfettamente in linea con la testa di uno di loro.
L’indice si spostò verso il grilletto; lo sfiorò appena, sentendo il contatto col polpastrello. Sparò alla nuca dei due Perduti.
Buttò fuori tutta l’aria dai polmoni. Spostò la Beretta nell’altra mano e colpì un Dormiente col tirapugni. I già-morti su Shame si alzarono, avanzando verso di lui. Erano sporchi di sangue dalla mascella in giù. Dietro di loro il corpo tumefatto e insanguinato di Shame li seguiva. La testa era stata risparmiata, sembrò il solito Shame, se non per le pupille rivolte verso l’alto e la bava alla bocca.
Dick si liberò dei tre già-morti con tre colpi secchi alla testa. Avanzò con lunghe falcate e colpì Shame al ginocchio con un calcio. Si tolse la giacca e la legò al collo dell’amico. Strinse forte il nodo e legò una manica al batacchio della campana. Zombie Shame cercò di afferrarlo. Lo schivò spostandosi di lato. Una fitta pungente lo colpì alle caviglie. Un Dormiente disteso a terra aveva i denti conficcati su di lui.
Non riuscì a tirare a sé la gamba. Lo colpì alla nuca con un pugno.
Morse più forte. Lo colpì sulla guancia col tirapugni; la mandibola lasciò la presa; cinque denti caddero a terra.
La vista si annebbiò. Chiuse gli occhi solo un attimo. Li riaprì e colpì con violenza un non-morto davanti a lui. O era un già-morto? Un altro colpo, con una cattiveria che non gli apparteneva. Si bloccò. Inspirando ed espirando.
Il dolore alla caviglia ricominciò a farsi sentire.
Un non-morto con i capelli biondi si avvicinò. Marie era ancora viva.
Dick si sfilò la t-shirt, la arrotolò su se stessa per formare una corda. Si abbassò sulle ginocchia per sfuggire a Marie, schivandone la presa. Le legò la t-shirt al collo e si sfilò la cintura. La passò tra il collo e la maglietta nera; diede uno strattone; il nodo non cedette e Marie venne trascinata indietro. Strinse la cintura alla gamba di Shame. Spero siate ancora qui al mio ritorno.
I jeans erano strappati da metà coscia; il sangue colava sopra le ossa e la pelle scarnificata.
Mi sa che non potrai più venire con noi.
Con una gomitata sullo sterno allontanò un Dormiente. Tossì, piegandosi in avanti. Lasciò una chiazza di sangue sul pavimento di legno. Dalla bocca fuoriuscì della bava bianca.
I già-morti lo circondarono. Avevano le budella di fuori. Non erano più da considerare umani, con la pelle in fase avanzata di decomposizione. Uno aveva soltanto metà faccia spaccata e scarnificata, ma Martin l’avrebbe considerato un Dormiente.
La vista si annebbiò di nuovo. Le sagome dei già-morti si avvicinarono.
Scambiò di mano la Beretta, armò il cane e la puntò in avanti. Dalla sua bocca uscì un ringhio. Scosse la testa.
Non ho più molto tempo.
Sparò alla testa della sagoma di fronte a lui; cadde a terra.
La nebbia sparì. Sparò altri cinque colpi, nessuno a vuoto. I già-morti erano stesi a terra, ricoperti di sangue fresco e secco.
Cibo!
Scosse la testa.
Il Dormiente camminò verso di lui. Dondolava il suo corpo bianco cadaverico, mordendo l’aria.
Gli tirò indietro la testa e lo morse. Non ringhiò più.
Mi dispiace, farà male.
Sollevò il mento. «Mordimi!»
L’uomo urlò. Si toccò il petto e sputò sangue rosso acceso.
Dick gli aprì la giacca. Merda! La t-shirt era bucata al centro dello sterno e all’altezza dello stomaco. Il cerchietto bruciato era ricoperto di rosso scuro.
Appoggiò la canna alla tempia, deglutì e sparò.
A Shame era stata scarnificata una gamba e il braccio opposto. Martin l’avrebbe potuto salvare. Le condizioni di Marie erano peggiori. Una pallottola era conficcata nell’occhio. E poi…
C’era Reagan.
Carne!
Si schiaffeggiò la faccia a mano aperta. Il ferro del tirapugni schiacciò la guancia sui denti.
Sputò sangue.
Laurie gli sorrise nella mente. Bart e Julie giocavano ai non-morti. Non era più un gioco ormai.
Ringhiò. In parte per il sangue corrotto, in parte per rabbia.
L’indice tamburellò sul grilletto senza toccarlo. Scosse la testa. Chiuse gli occhi ed espirò.
Focalizzò Reagan nella sua mente.
L’avresti vinta anche da morto!
Strinse la mani a pugno. Le unghie tagliarono il palmo.
Mirò alle gambe. Due colpi vicino alle ginocchia di Reagan. Cadde a terra. Lo girò, tenendogli la mascella bloccata. Le dita penetrarono nelle guance.
Spalancò la bocca e addentò il collo con forza.
Strappò più carne che poté. La ingoiò. Non era putrida e maleodorante. Era buona!
Diede un altro morso, con meno cattiveria e più ingordigia. Gustò il sapore del sangue fresco che gli scendeva in gola. Masticò la carne come ai tempi dei ristoranti e dei bistrot.
Le pupille si dilatarono. Sputò, cercando di liberarsi di quello che aveva in gola.
«Svegl»iati bastardo!
La forza sulla mascella di Reagan cessò. Non sarebbe comunque servita, si stava risvegliando. Urlò.
Spero che il dolore sia insopportabile!
Gli puntò la Beretta alla tempia.
«Cibo!»
«Cosa?» Reagan lo scrutò. Gli stava a fianco come un innamorato, con parte del suo corpo su di lui e una gamba sopra il petto.
«Mordimi!» Dick aveva tenuto da parte un soffio di voce.
Reagan rise.
«Mi hai ammazzato. Fa…» Si portò la mano libera al collo. «Male.»
«E ti am»mazzo di nuovo!
Le pupille di Dick stavano sparendo. La bocca si aprì e chiuse di scatto.
Reagan avvicinò la mano alla Beretta.
Le pupille di Dick ritornarono al loro posto. La canna dell’arma spinse sulla tempia.
«Togli il caricatore.» Reagan trattenne un urlo di dolore e sorrise.
Con le ultime forze rimaste Dick lo sganciò.
«C’è. Colpo. Canna.»
«Sì. E lo disperderai quando ti avrò morso.»
Dick annuì.
Credici!
Reagan impugnò la canna della Beretta, spingendola sulla propria tempia.
Dick si sollevò per farsi mordere il collo. Sentì i denti su di lui; non provò dolore, ma rabbia.
L’indice calò sul grilletto. Reagan sollevò la mano di scatto. Dick sparò. Il proiettile colpì la campana che risuonò come l’avvio di un ring.
Si rotolarono, avvinghiati l’uno all’altro.
Cibo! Uccidere! Sparare!
Un rantolo affaticato uscì dalla gola di Dick.
I proiettili nelle ginocchia di Reagan punsero come punte di lance. Strisciò via, portandosi con sé il caricatore.
Le due sagome sopra Dick presero forma. Marie e Shame avevano le braccia distese; l’apri e chiudi delle mandibole faceva schizzare bava ovunque.
Aprì la mano e distese le dita. La chiuse a pugno e la riaprì. Fece lo stesso con l’altra. La sensibilità del suo corpo stava tornando. Potè percepire il freddo della cella campanaria.
«Ci rivedremo, Dick!» Reagan rise dal cortile della chiesa. Uscì dal cancello, trascinandosi una gamba dopo l’altra.
Dick lo osservò dall’arco del campanile.
Puoi scommetterci. E non ti piacerà!
 
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