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Skannatoio Marzo - Aprile 2021, Mors tua vita mea

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Francis Luke
view post Posted on 16/4/2021, 11:57 by: Francis Luke
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CITAZIONE (Legno Di Noce @ 15/4/2021, 20:53) 
Ecco qua. Scusate il ritardo.
Spero di non essere risultato pedante nei toni, ho fatto molti esempi per essere utile. Se non siete d'accordo su qualcosa fatemi sapere.

La strada dalle mattonelle blu.

Il punto di forza è l’incipit, almeno nella misura in cui mette subito in campo la posta in gioco permettendo di volerne sapere di più.
L’aderenza al tema è anch’essa rispettata.
Mi piace anche il lessico asciutto perfettamente in linea con l’atmosfera e il setting del racconto, che evita inutili retoriche impressioniste e altre metafore stucchevoli.

Credo che il tuo punto più debole sia tutto lo stile nella sua chiarezza.
La prosa risulta un po’ confusa. Ci sono troppi riferimenti a persone e troppi nomi buttati in sole dieci righe “Mara, la direttrice, Rinaldo, Leonora, Piero, Mariagrazia, Casimiro e Luana”.
La scelta di riportare una linea di dialogo (quando Mara ricorda il dialogo della direttrice) senza usare i trattini o il corsivo stona con il resto del racconto.
Qui invece: “Lei guardò le mattonelle blu e le associò ai lunghi pomeriggi silenziosi di prima.” non è chiaro quale sia il nesso tra le mattonelle blu e i pomeriggi silenziosi.
“Rinaldo e Leonora avevano giocato insieme a lei con gli animaletti di legno intagliati e dipinti da quest’ultima” periodi come questo sono un po’ legnosi. Avresti potuto riordinarlo in questo modo per evitare di ripetere “da quest’ultima”:
Esempio “Mara guardò le mattonelle blu e le associò ai lunghi pomeriggi silenziosi di prima, quando giocava insieme a Rinaldo e Leonora con gli animaletti di legno che si divertiva a intagliare e dipingere, e non erano ancora comparsi gli automi a rimpiazzare le specie rare di animali sempre più indebolite dalle continue mutazioni dell’ambiente.” Anche in questo modo, però, il periodo risulta un po’ pesante, per via dell’eccesso di informazioni lanciate tutte insieme.
“Il lavoro di programmatrice informatica l’aveva aiutata a capire il motivo di quei sacrifici programmati ogni anno” avresti potuto sostituire “programmati” con “pianificati” per evitare la ripetizione con la radice di “programmatrice”.
“Associò il blu dell’ultima mattonella all’insegna dell’archivio della biblioteca” Il fatto che il blu le ricordi anche la biblioteca oltre che i pomeriggi confonde ulteriormente, inoltre ti sconsiglio di ricorrere a due rievocazioni così ravvicinate tra loro e prodotte dal medesimo stimolo.
La dinamica della morte dei quattro compagni non è chiara. Non si capisce dove si trovi Mara. Prima viene detto che cammina su una strada, poi si trova in uno stadio… Oppure è fuori dallo stadio e guarda da lontano? Ma in quel caso le sarebbe impossibile vedere così nel dettaglio dentro i finestrini. Forse mi sono perso qualcosa io, non riesco a capire. Sta guardando da uno schermo? Ma in quel caso perché i poliziotti le dicono di andare via se è una cosa pubblica?
In generale dovresti lavorare sulle descrizioni, che a volte sono valide, mentre altre volte non permettono di visualizzare la scena.
Ci sono tante altre cose che si possono migliorare, ma ci metterei troppo ad elencartele tutte. Ti consiglio di leggere qualche manuale di scrittura, ti aiuterebbe a disfarti di una certa legnosità nella prosa.

Poi le reazioni dei personaggi sono un po’ bizzarre, come quando Mara vede morire i suoi amici e pochi minuti dopo, quando parla con la sorella, sembra essere solo un po’ malinconica, come se fosse andata male ad un esame.
Dovresti lavorare anche sui dialoghi, sono molto didascalici: in particolare la sorella parla in un modo che ricorda molto una soap opera, con discorsi a cuore aperto e sogni e speranze confessate in un tono che suona un po’ finto. Ci sono anche troppi riferimenti a cose che non conosciamo e che creano confusione “gruppi artistici, pittori amici della direttrice ecc.”
Inoltre se tu lavorassi sulle azioni che i personaggi compiono prima di parlare non avresti bisogno di ripetere “disse” e “replicò” in continuazione, e questo ti aiuterebbe a snellire la prosa.
Ad esempio:
Mara replicò: − Un giro, per decidere chi fra i due mi tocca scegliere, come da accordi con la Direttrice. A proposito, dov’è?
Mara si grattò la nuca: - Un giro, per decidere chi fra i due mi tocca scegliere, come da accordi con la Direttrice. A proposito, dov’è?
Ogni tanto lo hai fatto. Tipo “Mara chinò la testa.”, ma ti consiglio di farlo più spesso, non avere paura di mettere beat prima di un dialogo, sono sempre meglio dei dialogue tag e rendono più viva la scena.


Montecristo.

Ho poche critiche da farti. Sei molto bravo e si vede che sei uno scrittore che sa quel che fa.
Tra le poche note negative una è che il tuo racconto in certi punti presenta personaggi un po’ clichè. Non tanto nel loro ruolo, ma nei tratti di personalità. In particolare la figura del generale o direttore di un centro di detenzione o di un campo di concentramento che si diverte a fare giochi psicologici con i detenuti è un po’ sterotipata. È una figura presente in tante storie, ad esempio ce n’è uno simile in L’uccello che girava le viti del mondo di Murakami, nel film Quella sporca ultima meta, o ancora in 1984 col personaggio di O’Brian. Ma mentre alcuni di questi “cattivi” esprimono una certa autorialità, il tuo generale si perde in un sadismo generico che si confonde con molti film, romanzi e telefilm già visti. Manca il tuo tocco, almeno a parer mio. È un errore che faccio anche io quando mi trovo a scrivere personaggi per i racconti, alcuni li pesco da immagini già viste in molti film per fare prima e non gli do la giusta cura per renderli miei.
Altra nota. La guardia la tiene ferma con un piede sul ventre. “Che diavolo pensavi di fare? Sporca tedesca!” La stella di David è ricamata sulla stoffa della giacca al braccio destro, al petto brillano diverse piastrine militari. È strano che in un contesto del genere l’attenzione del reverendo vada sull’uniforme del soldato. Sembra un po’ forzato, ma nulla di grave.
Ti segnalo anche la frase “silenzio surreale” che è un po’ clichè, e forse un uso eccessivo dei puntini di sospensione, ma quello è un gusto personale.

In fondo al mar

Sei bravo, e anche tanto. Sinceramente non ho trovato difetti, se non magari il modo che il tuo pdv ha di rivolgersi con quel tono confidenziale un po’ stereotipato al lettore “Come diavolo ci sono finito qui?” oppure tutti quegli “ok”.
La scena di panico collettivo l’ho trovata un po’ sbrigativa, avrei preferito vedere più dettagli, specie sull’emozione del pdv in quel momento. Alla fine dura sì e no un rigo: sembra la bozza di una scena di panico più che una scena di panico vera e propria.


1478

Per me il problema non sta tanto nella prima persona al passato, ma nel modo in cui più volte oscilli tra mostrato e raccontato, e questo risulta in uno stile un po’ ambiguo. Uno dei problemi maggiori che ho trovato sono i dialoghi: “Caterina, figlia mia. So bene cosa ti costa sopportare tutto questo. Conosco la mia bambina, hai un animo nobile e pacifico, non ti piace tutto questo parlar di uccisioni e sangue. Il tuo babbo lo sa, ma è accecato dal potere, tu porta pazienza: appena saremo liberi da questa situazione potrai farti internare nel monastero” I personaggi parlano in modo troppo didascalico, come se non ci fosse un sotto testo, come se fossero su un palco davanti a una platea o in uno soap opera su rai 1.
Si riesce a percepire bene l’ansia della protagonista, seppure il modo enfatico che ha di descrivere qualunque cosa alimenta la sensazione plasticosa che viene dalla lettura complessiva del racconto, ovvero quella sensazione di essere davanti allo sceneggiato di un drammaturgo, più idoneo al teatro che al romanzo o al racconto.
Il tema direi che è centrato. Mi è piaciuta anche l’idea di creare un’ucronia nella Firenze del quattrocento.
Ora: scrivere dialoghi irrealistici ed enfatici non è necessariamente un errore, e il tuo stile punta molto sulla teatralità più che sul realismo. È vero che i dialoghi devono sempre essere espressivi e mai reali, però bisogna trovare il giusto bilanciamento, tu punto molti di più sulla prima che sulla seconda. Esistono romanzi scritti così che funzionano, ma serve aver letto molto e aver un buon orecchio, altrimenti si corre il rischio di risultare un po’ kitsch. È una scelta coraggiosa ma che comporta molti rischi. Visti i tempi in cui viviamo sconsiglierei di provare a scrivere un romanzo o un racconto così oggi.


Mordimi

Mi è piaciuta la gestione di certi dettagli crudi nelle scene, anche se ho trovato diversi inciampi stilistici.
Hai la strana tendenza a rimuovere i soggetti delle azioni, i pronomi e gli articoli:
“Si portò l’indice alla bocca. Shame smise di parlare. Con la mano sfilò la Glock dalla fondina.” Chi sfila la Glock?
“Una mano viscida cercò di braccarlo. Afferrò il braccio e lo trascinò a sé. Il corpo volò oltre la porta.” Chi afferrò il braccio? Il corpo di chi?
All’inizio pensavo che lo zombie avesse afferrato Dick, ma poi scopro che il soggetto di “afferrò il braccio” è Dick.
“Dick tenne d’occhio entrambe le porte. Tolse il bastone dal petto. Fece tre respiri profondi e morsicò il collo del Dormiente con forza. Gli occhi spenti si accesero, riportando alla luce iride e pupille. Shame mollò la presa.”
Gli occhi spenti di chi? Di Dick o del non morto? Non essendoci un personaggio punto di vista chiaro ed essendo anche Dick a quanto pare una sorta di vampiro è difficile dirlo.

Anche il world building risulta molto confuso. Troppi nomi tra dormienti, non morti, già morti ecc. Ti consiglio di progettare le scene prima di scriverle. Prova a stilare un riassunto schematico di quello che ti serve per far arrivare il flusso di informazioni al lettore, scegliendo in quali momenti inserire scene di azione e in quali i dialoghi. Progetta la scena in modo da dire quello che serve senza spiegoni. Se scrivi tutto di getto come ti viene, è normale che tu non riesca a tenere le redini del flusso informativo.
Sembra che tu abbia in mente il cinema quando scrivi. È come se tu avessi un film in testa che funzionerebbe con una videocamera, ma non con la narrativa scritta. Iniziare un racconto o romanzo con tre o più personaggi sconosciuti al lettore, dei quali ognuno richiede una specifica caratterizzazione e gestione della sua posizione nella scena, e farli muovere tutti insieme in una sequenza d’azione è un po’ difficile.

Essendo così esterni al punto di vista è difficile sentirsi coinvolti nella scena finale, Anche se in generale i paletti tematici sono rispettati.



La voce delle foglie.


Sei abile nel creare atmosfera western. Per un attimo mi è sembrato di essere dentro un romanzo di Cormac McCarthy.

Il racconto mi sembra un po’ troppo fuori tema, sia per l’aspetto dell’ucronia che per la scena di panico. Sulla scelta del protagonista diciamo ni.

Per quanto riguarda lo stile, l’incipit mi è parso confuso per via dei troppi nomi: abbiamo il vecchio, Jack, Donnie e Billy. Ho dovuto rileggere ogni rigo per assicurarmi di chi fosse chi e se il vecchio fosse il morto (viso che lo guarda con indifferenza e ricambia).
“Quindi scaricò a terra la cassa (non senza accertarsi prima che il coperchio fosse ben inchiodato).”
Questa parentesi non ha molto senso usata così. Avresti potuto semplicemente scrivere “Si accertò che il coperchio della cassa fosse ben inchiodato e la scaricò a terra.” Perché mettere tra parentesi un gesto che è parte di una normale sequenza di azioni della scena? Non è un riferimento a qualcosa di esterno o una postilla di qualche tipo.
C’è un uso eccessivo di frasi clichè come “eco senza fine”, “urlo lacerante” ecc. Limandole la qualità della prosa aumenterebbe. Usare un gergo desueto può starci visto il contesto, ma cerca di non eccedere in espressioni enfatiche e banali. Se vuoi un esempio di una prosa che rende bene quello che voglio dire prova a leggere Meridiano di sangue di McCarthy.
“Quella stessa maledizione aveva portato Billy nella sua testa, e l'aveva resa l’unica anima presente e invisibile allo stesso tempo.” A mio avviso questo spieghino è eccessivo anche in uno stile raccontato. Avrei preferito che avessi lasciato capire al lettore le ragioni del legame tra il protagonista e la voce nella sua testa.
Fai anche un uso eccessivo di verbi percettivi come “vide” o “sentì”, sono troppi anche per uno stile raccontato. Se succede qualcosa, prova a descriverla e basta: se la scena è pensata bene capiremo da soli che è lo sguardo del pdv a osservarla.

Per quanto riguarda il world building ho trovato tutta la digressione sugli elfi un qualcosa che sarebbe stato bene in un romanzo, ma non in questo racconto. Non aiuta in alcun modo né il proseguo della storia né a comprendere il contesto che porta il protagonista a parlare con gli spiriti. È un qualcosa di troppo vago e lontano per interessare davvero al lettore.

Classifica:

1) In fondo al mar

2)Montecristo.

3)La voce delle foglie.

4)1478

5) mordimi

6)La strada delle mattonelle blu

Ti ringrazio del commento.
Hai ragione, ahimè trovare dei tratti propri e originali con cui dipingere un personaggio è una delle cose più difficili, spesso siamo influenzati da opere già viste/lette senza nemmeno accorgercene (è per questo che il parere altrui sarà sempre insostituibile).

CITAZIONE (Marco S. Di Fonzo @ 15/4/2021, 23:59) 
Alexandra Fischer:

Ciao Alexandra
Hai questo modo molto interessante di sviluppare il pensato della protagonista di turno, e al tempo stesso descrivere il contesto in cui si trova. A volte, però, quest’ultimo tende a sparire un po’, soverchiato dall’ego proprio della stessa protagonista. Fatico, in certi frangenti, a entrare in empatia con lei, perché certe sue azioni mi sembrano un po’ forzate, poco naturali. Come anche certi suoi comportamenti. Mi è capitato con Mara come mi era capitato, mesi fa, con Rubinia. Stavolta però mi è capito anche con altri personaggi del tuo racconto.
Ad esempio, in questo passaggio:
Lui l’accarezzò su entrambe le guance: − Avrei scelto te e lasciato che uccidessero i miei familiari pur di seguirti.
Mara gli sfiorò le labbra, commossa: − E il tuo studio di architetto?
Ecco, uno che dice una frase del genere per me qualche turba psichica deve averla, e lei gli va dietro addirittura commuovendosi.
Ma Mara, inoltre, come fa a non angosciarsi per la morte dei suoi amici d’infanzia? Pare non gliene freghi nulla. Il loro ingresso sulla scena precede di pochissimo la loro uscita, e finiscono per essere quello che effettivamente Mara, con i suoi comportamenti, pensa di loro, cioè nulla.
Anche la chiusa finale con il “tradimento” di Mara... Scusa la franchezza, ma valeva la pena renderla così stronza da sputtanare la sorella in quel modo? Oltretutto in una scena precedente ce le hai mostrate molto unite...
Qualche accorgimento qua e là: cerca, se puoi, di ripetere più spesso il nome della protagonista perché nelle prime righe entrano in scena così tanti nomi che se non specifichi il soggetto di un’azione si rischia di fare confusione.
Poi ci sono, anche qui come in “Spicchio di cielo”, dei punti in cui ti sei persa qualche parola per strada. Mi stupisce, per questo motivo, vederti postare il tuo racconto con così ampio anticipo sulla scadenza, probabilmente basterebbe qualche altra lettura, il tempo ce l’hai. Però ho visto in rete che hai pubblicato diversi romanzi, quindi sono sicuro che in questa circostanza si è trattato solo di piccole sviste.
Ti faccio alcuni esempi:
-Piero era alla guida del con accanto Mariagrazia
- Mara gli sfiorò le labbra di Mara
...Facciamoci un giro per conto −.
...avessero contenuto e depositi di viveri.
In quest’altro passaggio, invece, probabilmente hai invertito il personaggio perché la sorella di Mara non può parlarle dandole del lei:
Leonora, la quale le si avvicinò calma e si rivolse a Mara: − Ha il coraggio di dare della ribelle a sua sorella?
Comunque devi insistere e proseguire con questa tua passione, hai belle idee e i risultati arriveranno senz’altro.


Mentiskarakorum:

Il racconto è senz’altro scorrevole e piacevole da leggere.
Al di là dei paletti narrativi, che hai senz’altro azzeccato, mi piace il modo che hai di ammiccare al lettore. È tipico della prima persona in un certo tipo di narrazioni, e anche questa si sposa bene con questo modo di fare. Mi spiego meglio: ammiccare al lettore e rivolgersi direttamente a lui sottintende una certa ironia di fondo, e quello che capisco è che tu abbia voluto far trasparire questa ironia, a cominciare dal titolo e dalla cantilena che balla nella testa del protagonista, per arrivare al finale “trash”.
C’è un altro elemento che mi fa propendere verso l’intenzione umoristica del racconto, e cioè il fatto che il protagonista, che si trova nella merda fino al collo, “ferma il tempo” cominciando a descrivere se stesso e quello che fa, e come si è trovato in quella situazione, e lo fa usando il tempo presente. Questa scelta è tipica del racconto umoristico, e mi ha fatto venire in mente in molti passaggi la frase di apertura “salve, sono Troy McClure!” (sono sicuro tu colga la citazione).
Se questo non fosse un racconto volutamente umoristico, difficilmente potresti spiegare il fatto che il protagonista, nel bel mezzo del pericolo, si fermi per le presentazioni e lo faccia usando lo stesso tempo verbale scelto per tutto il racconto. È un po’ come quelle sigle di apertura dei telefilm degli anni ’80, dove il protagonista è intento, che so, a svitare una lampadina, poi all’improvviso si ferma e fa un ampio sorriso in camera, e sotto di lui compare il nome del personaggio interpretato insieme a quello dell’attore. Ecco, queste sono le immagini che leggere questo racconto mi ha suscitato.
In tutto questo, potrebbero esserci delle scelte lessicali un po’ troppo “forti” per lo spirito del racconto, ad esempio quando parli di “mestruo” o di “sperma”: possibile non ci fossero altri modi per rendere l’idea? Preciso, non è un commento bigotto il mio ma solo un appunto sulla coerenza di fondo che deve permeare la storia.

Legno di noce:
Il tuo racconto mi ha coinvolto molto, e tenuto davvero con il fiato sospeso.
Credo solo, non me ne volere, che il finale risulti un po’ troppo affrettato. Forse avresti potuto mostrare di più, calarci maggiormente nella realtà, darci qualche appiglio ulteriore. Di sicuro è una scelta azzeccata ambientare la storia in un posto che potremmo conoscere tutti, facendo rimandi a strade ed edifici che esistono realmente. Contribuisce a rendere ancora più angosciante e coinvolgente la storia.
Altro punto di forza secondo me è la gestione dei dialoghi. Hai usato un impianto stilistico molto attuale e comune a romanzi di successo recente. E’ facile nel tuo caso, e mai scontato in generale, ricondurre le parole a colui/colei che le pronuncia.
Posso solo chiederti come mai hai scelto di far parlare, ad uno dei personaggi, due lingue? Di solito mi è capitato di vederlo fare con le esclamazioni. Ad esempio, se Sarah avesse avuto occasione di, che so, pestarsi un dito con il martello mentre piantava una tenda, sentirle pronunciare un rabbioso “shit!” sarebbe stato più naturale che sentirle pronunciare “a flower” quando fino a pochi attimi prima ha parlato in italiano.
Comunque sono stato contento di leggerti e spero di poterlo fare ancora.


Gruenermond:
il tuo racconto storico è ben scritto, anche se molto lontano dai miei gusti personali. Mi piace l’uso della prima persona al passato, mi sa meno di telecronaca rispetto all’uso del tempo presente. Trovo anzi più sensato che si possa ricordare qualcosa che è appartenuto al proprio passato, e lo si faccia mostrando ciò che è stato. Forse è vero che la prima parte è un po’ appesantita da dialoghi pomposi, poi con l’arrivo dell’azione tutto scorre meglio.
Il finale, forse troncato un po’ troppo di netto, avrebbe potuto portarci meglio lo sconvolgimento interiore della protagonista.

Truemet:
Ciao, devo dire come prima cosa che i riferimenti a TWD con i nomi storpiati sono una chicca da veri nerd, e come tale l’ho apprezzata.
Però ho faticato a starti dietro per quasi tutto il racconto. L’idea alla base, il fatto che il processo di trasformazione sia reversibile, è una trovata interessante, ma avrebbe meritato una narrazione più ponderata e soprattutto coerente, senza dover essere per forza lenta. Se dai per scontata la reversibilità della trasformazione, devi un minimo contestualizzarla, farla digerire al lettore con i tempi giusti. Invece la fai diventare una girandola di trasformazioni che fa perdere il filo.
In alternativa, avresti potuto presentare la novità di questa trasformazione reversibile come il colpo di scena finale, ma mi rendo conto che sarebbe stato un racconto completamente diverso.
Sono sicuro, però, che scrivere questo pezzo ti abbia divertito un sacco, e questo secondo me è il modo migliore per iniziare a cimentarsi con la scrittura.

Francis Luke:
Caro Francis, il tuo è il racconto che mi è piaciuto di più. Avvincente e dal finale sorprendente.
In alcuni passaggi avresti forse potuto presentare meglio i personaggi, contestualizzare meglio le scene (non si capisce subito, all’inizio, di chi è la ferita che il reverendo sta bendando, se sua o di altri, e in questo caso avresti potuto tranquillamente fare subito il nome di Franciszek).
Ma davvero, dovrei sforzarmi per trovare qualcosa che non va. Spero di poterti leggere ancora.

CLASSIFICA FINALE:
1) Montecristo
2) La midriasi bianca
3) In fondo al mar
4) 1478
5) Mordimi
6) La strada delle mattonelle blu

Grazie anche del l tuo commento, Marco. Ho ancora molto da imparare sulla gestione del contesto e dei personaggi.
 
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