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Skannatoio Luglio - Agosto 2021, Who lurks in the shadows?

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Synbios
view post Posted on 14/7/2021, 20:15 by: Synbios
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Nanotech




Chiudo il file e spengo il portatile. Scrivere questo dannato testo è così difficile.
I passi di Lisa giungono dalle scale. «Amore, che stai facendo ancora sul PC?»
«Niente, stavo solo giocando.»
La porta si apre e lei entra nello studio.
«Certo, come no, stai mandando mail per il lavoro.» Si sistema la crocchia di capelli biondi. «È Domenica. Stacca la spina almeno in questi giorni.»
Ruoto la sedia verso di lei e sorrido. «Hai ragione sul fatto che devo rilassarmi, ma ti garantisco che stavo solo giocando.»
«Sei pessimo a mentire, anche sulle cazzate.»
Lisa si avvicina e mi accarezza i capelli. «Hai davvero bisogno di rilassarti.»
Sale cavalcioni sulle mie gambe e mi guarda dall’alto con i suoi occhioni azzurri.
Appoggio la testa sul suo seno. Si è messa il profumo alla lavanda.
Mi prende le guance e mi bacia sulla bocca. Le punte delle lingue si toccano appena. Gli afferro le chiappe e premo. Lei ansima di piacere.
Scivola con la mano sul pacco e si ferma di colpo. Le labbra si allontanano.
«Amore, che hai?» Ha un’espressione delusa.
Ottima domanda, che cazzo mi prende? Nemmeno il membro si smuove.
Abbasso la testa. «Scusami. Il lavoro ultimamente mi sta stressando parecchio.»
«Sei pieno di ferie, usale, riposati un po'. Potremmo farci un giro in montagna. È tanto che non ci andiamo.»
Sì, quanto lo vorrei, ma finché non chiudo questa storia non posso rilassarmi.
«Ora non posso.»
Lisa smonta e si mette in piedi. «Cosa mi nascondi?» Mi fissa con sguardo gelido.
Merda, era meglio se quest’ultima frase me la tenevo per me.
«Assolutamente niente, tranquilla.»
Non si muove. Ha il volto corrucciato. «C’è un’altra donna?»
Raddrizzo la schiena. «Fai sul serio?»
Allunga la mano «Dammi il cellulare.»
«Ma cosa dici? Solo perché oggi non mi tira pensi questo?»
«Se non vuoi farmi vedere il cellulare, allora fammi vedere il PC. È ovvio che mi nascondi qualcosa.»
Mi alzo di scatto. «Beh, non è quello che pensi.»
Lisa si lancia in avanti e mi spinge di lato. Sposta la sedia che sbatte contro le mie gambe.
«Ehi, datti una calmata cazzo.»
Apre il portatile e comincia a digitare password a caso.
Basta, sta andando troppo oltre.
«Smettila dannazione, che cazzo ti prende?»
«Mi stai tradendo.» Mi punta il dito contro. «Lo so che mi stai tradendo.» Ha il volto paonazzo e gli occhi sbarrati.
«Fanculo, sei fuori di testa.»
Esce dalla stanza e scende le scale. Le corro dietro. Entra in cucina ed estrae un coltello da macellaio dal ceppo. Alzo le mani e indietreggio. «Basta, ora ci diamo una calmata.» È indemoniata.
Si avventa con la lama in alto. Mi sposto di lato. Mena un fendente a vuoto, si gira, urla come una belva e scatta verso di me. Le blocco la spalla con una mano e con l’altra gli afferro il polso con l’arma. Mi prende a pugni sulle costole e continua a caricare. Faccio forza con le braccia e spingo. Lei barcolla, cade all’indietro e sbatte la testa contro lo spigolo del tavolo. Resta immobile a terra.
Mi chino su di lei. Un rivolo di sangue cola sulla chioma scompigliata. Gli occhi sono sbarrati.
La abbraccio e la scuoto. Cazzo, non respira.
Lacrime mi scendono sulle guance. «Lisa, ti prego, Lisa.»
Sto tremando. Il cuore mi pulsa sulle tempie e ho il fiato corto.
Devo chiamare aiuto.
Tiro fuori il telefono dalla tasca e mi asciugo la faccia. C’è una notifica da parte dell’azienda.
Mi sale una fitta al petto. Mio Dio, non dirmi che…
Apro la mail. L’indirizzo è quello generico, non è un ufficio specifico.
“Questo è il nostro primo avvertimento. Smetta di scrivere quell’articolo diffamatorio su di noi, lo cancelli. Se lo farà verrà soltanto licenziato, non prenderemo altri provvedimenti ancora più estremi.”
Mi hanno scoperto. Come cazzo hanno fatto? Mi hanno hackerato il PC? Sono nella merda. Lisa è morta, la mia dolce e bellissima Lisa, l’ho uccisa, e questi stronzi mi stanno alle costole.
Marco, forse lui può aiutarmi. È un sovversivo. Non avrà paura di niente.
Scorro il dito sul cellulare e lo cerco, premo sul suo nome. Squilla.
«Pronto?»
«Marco, sono io, Jacopo, sono nella merda.» Ho un groppo in gola.
«Jacopo… ok, prendi un bel respiro e raccontami.»
Cazzo, non so nemmeno fin dove mi controllano, magari mi stanno pure ascoltando.
«Non qui, non ora. Preferisco dirti tutto dal vivo.»

***

L’androne del piano è deserto. Suono il campanello. Dei passi e rumori di chiavistelli giungono oltre la porta blindata. Si apre un pertugio. Marco mi scruta da dentro gettando lo sguardo all’esterno come a cercare qualcosa.
«Entra.» Bisbiglia, è paranoico, potrebbe essere un bene.
Mi apre, supero la soglia e richiude in fretta.
Ha i capelli rossicci e scompigliati, con dei grossi occhiali quadrati, una barbetta incolta e porta una vestaglia da casa.
Sospiro e deglutisco. «Finalmente ci incontriamo.»
Marco si blocca per un’istante come fosse sorpreso. Accenna un sorriso e annuisce.
Il suo comportamento è goffo. Non ha molti rapporti umani. «Vieni, appoggia pure lì il giubbotto.» Mi indica un divano marrone sulla destra. C’è un orsetto malandato poggiato sopra. «So che ti piace il tè, ne preparo uno e parliamo.»
Il salotto è disordinato e sporco. Fogli di carta e libri sono disseminati ovunque. I muri sono ingialliti. Sul cucinino ci sono ancora i piatti da lavare, dalla quantità direi da almeno una settimana. Marco tira fuori un bollitore elettrico e delle tazze in vetro.
Almeno quelle sembrano pulite.
Mi accascio su una sedia al centro della stanza, appoggio un gomito sul tavolo e metto la mano sulla fronte.
Sto per piangere ancora. Meglio che mi dia un contegno.
L’acqua sta scaldando e le bustine sono già pronte per l’infusione.
Marco si siede di fronte a me. «Ehi amico, tranquillo, respira. Con calma, ora raccontami tutto.»
«Mi hanno scoperto, la Nanotech, l’azienda per cui lavoro, mi ha scoperto.»
«Parli della lettera che stavi scrivendo e che volevi mandarmi? Ti hanno messo i dispositivi sotto controllo?» Guarda il soffitto. «Cazzo, potrebbero aver ascoltato anche la nostra conversazione, ma tanto chissà da quant’è che erano in ascolto, magari hanno anche tutte le nostre mail e chat.»
Abbasso la mano tremolante. Gli occhi sono umidi. «E non è la parte peggiore: Lisa è morta, l’ho uccisa.»
Marco si blocca a bocca aperta per un istante.
Mi prende le mani con delicatezza. «Come è successo?»
«Non ne sono sicuro, ma ho paura che abbiano usato le nanomacchine sperimentali su di lei. Qualcosa deve averle attivate e lei è diventata una belva, mi ha aggredito con un coltello, abbiamo lottato, poi l’ho spinta, e ha battuto la testa.»
«È stato un incidente, non è colpa tua. È colpa di quegli stronzi che gli hanno messo quella ferragli dentro il cervello.»
Si alza, spegne il bollitore e versa l’acqua sui filtri. Il liquido fuma e diventa subito scuro.
«Per quanto possa valere, mi dispiace molto per Lisa, mi dicevi che l’amavi, ma ora devi stringere i denti. Troveremo una soluzione. Non possiamo arrenderci ora.»
Torna al tavolo con le tazze fumanti. «Come pensi che possano averla infettata? Se infettata può essere il temine corretto. Col cibo, nell’aria, come funziona?»
«Non lo so a dire il vero, io sono solo un tecnico informatico che ha sentito delle cose. Non ero neanche pienamente sicuro fossero vere. Per questo sono stato così
titubante nel scrivere quella lettera.»
Afferro il manico, le mani tremano ancora. Avvicino il tè alle labbra. È bollente come piace a me, il sapore dolce amaro mi da un po' di sollievo. Sapeva anche quanto
zucchero metterci, ormai mi conosce quanto Lisa. Altre lacrime mi scendono sul viso.
Marco mi fissa con i suoi occhi verdi. «Purtroppo amico mio, ne hai avuto
testimonianza diretta. È tutto vero.» Rotea un dito vicino alla tempia. «Quelle cose ti friggono il cervello e quei bastardi vogliono usarla per manipolarci. Per anni mi
hanno dato del complottista paranoico, ma avevo ragione cazzo.»
Beve un sorso. «Una cosa però non capisco, perché questi affari non hanno
controllato te?»
«Per via di questo.» Sbottono la manica della camicia e gli mostro l’avambraccio.
«oh cazzo, hai un chip sulla pelle?»
«Esatto. È un sistema di sicurezza aziendale per bloccare qualunque intrusione
nanotecnologica, o meglio, possono anche entrare ma non si attivano, il chip le
disabilita.»
«Quindi ne sei immune.»
«In un certo senso. Serve nel caso di fughe accidentali all’interno degli stabilimenti.»
«Buono a sapersi.» Da un’altra sorsata di tè e appoggia la tazza. «E il file, lo puoi
recuperare?»
«Sì, è sul cloud. Sappi che non l’ho finito.»
«Fammelo vedere. Gli do una letta.»
Estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans, apro il file e gli passo il telefono.
Lo legge scorrendo il dito sullo schermo, fa dei cenni di assenso. «Non sono un esperto della vostra tecnologia, ma da quello che ho capito nemmeno tu, almeno non del tutto.»
«Esatto. Io ho lavorato parzialmente alla programmazione. Ero un tassello fra tanti. Sono macchine estremamente complesse.»
«Fa niente, ho alcuni contatti. Divulghiamolo lo stesso.»
A questo punto tanto vale buttarsi, non ho scelta.
«Dimmi una cosa, ma non hai paura? So che hai divulgato molte notizie scottanti in passato.»
«Ormai non ho più niente da perdere.» Accenna un sorriso. «E comunque in camera ho un paio di spade.»
«Hai delle spade in camera da letto?»
«Certo, le armi da fuoco son troppo complicate da avere. Normalmente sono senza filo, ma le ho fatte affilare.»
Deve aver perso qualche rotella. Forse per colpa di un trauma?
«Ho visto il peluche sul divano.» Indico col pollice alle mie spalle. «Avevi figli?»
Marco abbassa lo sguardo. «Una figlia.» La voce gli trema. «È morta di leucemia, ma qualcosa mi dice che non era una semplice malattia, ho sempre pensato ci fosse dell’altro.»
Fatico a credere che possano aver fatto ammalare sua figlia di cancro.
«E quando è successo?»
Marco si alza dalla sedia e mi fissa con occhi gelidi.
Oh no, cazzo.
Afferra il tavolo e lo ribalta di lato. Le tazze si frantumano sul pavimento con un
fracasso di cocci rotti.
Scatto a sinistra. Marco mi carica e mi afferra per la gola. Stringe e mi spinge con forza. Indietreggio. Sbatto la schiena contro qualcosa di duro, lo superiamo. Lui
continua a spingere e un colpo secco mi prende dietro le ginocchia. Cado all’indietro su qualcosa di morbido. Siamo finiti sul letto.
È sopra di me, con lo sguardo folle e la schiuma alla bocca. «Lei era tutta la mia vita e voi me l’avete portata via.»
Gli tiro un pugno in faccia, sullo stomaco, sulle costole. Lui lascia la presa e cade di lato.
Riprendo fiato. Mi alzo e barcollo in avanti. Un rumore metallico giunge alle mie spalle, mi volto. Marco sta impugnando una katana con entrambe le mani.
Merda di mago, non scherzava.
Scatta alzando la spada sopra la testa. Metto le braccia davanti. La lama cala e mi trapassa il polso.
Un dolore lancinante mi prende fino all’osso e uno zampillo di sangue si riversa sul pavimento. La mano destra non c’è più.
Il stanza gira e mi viene da vomitare. Cado in ginocchio, le forze mi vengono meno e il pavimento urta contro la spalla. Marco è in piedi, immobile, con l’arma insanguinata. Ho la vista annebbiata. Il mondo scompare.

***

Apro gli occhi. Delle luci al neon sono collocate sul soffitto. A destra c’è una porta bianca, a sinistra un finestrone con le veneziane abbassate. Il sole si intravede attraverso le fenditure.
Mi sento come se mi avessero prosciugato l’anima. Muovere i muscoli è come alzare un tir.
Una figura sfocata è in piedi di fronte al letto. Alto, magro con la testa rossiccia.
L’uomo si avvicina alla mia sinistra. «Ciao amico, mi dispiace per tutto, non so cosa mi è preso.»
La vista si fa più nitida.
«Marco… non ti preoccupare… non eri in te, eri sotto… il controllo di quello schifo.»
Mi guarda dall’alto con gli occhi lucidi. È davvero dispiaciuto.
Avvicina la sua mano al mio braccio.
«No… non toccarmi.»
Si ferma con espressione stranita.
«Sono io. Ormai l’ho capito… chiunque mi tocchi viene invaso. Il chip… blocca le nanomacchine… ma non le disattiva del tutto.»
«E quando l’hai capito?»
«Mentre lottavamo, ho capito questo… e tante altre cose.» Accenno un sorriso. «Non chiedermi come facevo… a ragionare in quel momento… non lo so neanch’io.»
«Merda, quindi tutti i dottori che ti hanno operato—»
«Operato?»
Indica il mio braccio destro. La mano è ancora lì, attaccata all’osso, ma con delle fasciature sul polso. Non la sento, non la muovo.
«Ti hanno riattaccato la mano, dovresti riuscire anche a riprendere tutte le funzioni, i dottori sono fiduciosi. Dicono che l’intervento è perfettamente riuscito.»
«Ma chi ha chiamato i soccorsi?»
Marco si gratta la testa. «Io a dire il vero.»
«E… cosa hai raccontato per giustificare questo casino?»
«Ho inventato una storiella. Te la risparmio.»
«Quindi ti sei ripreso… dall’effetto delle nanomacchine.»
«Sì, dopo che sei caduto a terra. È stato come risvegliarsi da un incubo. Ero nel panico.»
«Quindi si sono disattivate… ma ho il presentimento che sia stata una cosa controllata… non vogliono uccidermi… ma mettermi fuori gioco. L’intervento quando è avvenuto?»
«Sei uscito dalla sala operatoria circa un’ora fa.»
«Allora i medici… dovrebbero essere fuori pericolo… le nanomacchine hanno poca autonomia dopo essere entrate in circolo. Con te e Lisa… si sono attivate abbastanza in fretta dopo il contatto fisico. Penso di aver anche capito… cosa le fa scattare.»
«Un trigger?»
«Esatto… sono i pensieri negativi. Lisa era delusa… mentre tu eri triste per il ricordo di tua figlia. Mentre mi aggredivi… dicevi che era colpa nostra. È chiaro che fanno leva.»
Marco avvicina il suo viso al mio. «A proposito di Lisa. Sembra che per ora tutto tace, nessuno deve aver trovato il corpo o chiesto di lei.»
Un brivido mi sale lungo la schiena. Mio Dio, cosa ho fatto. L’ho uccisa e abbandonata. Ho pensato solo a me stesso.
«Non so cosa fare.» La voce mi si strozza in gola. «Almeno non l’ho lasciata sul pavimento. L’ho messa sul letto. Non ho il coraggio… di entrare in casa.»
«Mi dispiace dovertelo dire, sarò diretto: è questione di tempo prima che la cosa si sappia.»
«Mi stai dicendo che dovrei costituirmi?»
«In realtà no, almeno non è quello che farei io. Combatterei. Divulgherei le informazioni, anzi non solo, aggiungerei la testimonianza diretta di ciò che ti è accaduto. Direi tutto. Anche con una…». Marco sospira.
«Condanna per omicidio colposo.»
«Non è detto. Se inchiodiamo l’azienda potresti essere persino scagionato.»
Giro lo sguardo verso i neon. «Anche se riuscissimo a vincere… il che è improbabile… di sicuro non sarebbe dall’oggi al domani. Nel frattempo dovrei fuggire, braccato sia dalla legge che da loro… col terrore che possa ripetersi ciò che ho vissuto oggi.»
«Lo so, non è una bella prospettiva.»
Qualunque cosa farò, verrò sconfitto, o in carcere o come fuggitivo. Se confessassi almeno avrei una condanna più blanda, e magari la lotta può comunque andare avanti senza di me.
«Confesserò, senza però dire che lei è impazzita… per via delle nanomacchine. Nessuno mi crederebbe. Penserebbero che sia una scusa… o che sia io ad aver perso la testa. Comunque dubito mi daranno l’infermità mentale.» Ho un groppo allo stomaco.
Marco fa un cenno di assenso. «E la nostra battaglia? Tutto finito?»
«Prendi il mio cellulare… ovunque sia. Scarica il file… completalo con le informazioni che ti ho dato. Racconta pure della mia esperienza di oggi… se te la senti. Ora tocca a te… io sono fuori dai giochi.»































Edited by Synbios - 25/7/2021, 20:35
 
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