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Skannatoio Luglio - Agosto 2021, Who lurks in the shadows?

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Rebeca Buendia
view post Posted on 29/7/2021, 14:47 by: Rebeca Buendia
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Buongiorno a tutti!

Ecco a voi l'ennesima novellina del contest!

Questo è il primo racconto che rendo pubblico.
Inoltre non sono pratica nemmeno di forum quindi fatemi sapere se sto combinandone una delle mie.

Grazie in anticipo e buon lavoro!



Origine



origine
/o·rì·gi·ne/
sostantivo femminile
1. Il costituirsi iniziale di un fatto o fenomeno suscettibile di continuazione o di sviluppo nel tempo.


— Dai Tommy fagli vedere quello che ti ho insegnato!
Dal bancone del bar papà mi sorride.
Anche i suoi amici mi sorridono e annuiscono. Pastroni mima il gesto di una fionda e Mike mostra la lingua rossa e cicciona in una brutta smorfia tutta rugosa.
Faccio una boccaccia anch’io, la migliore, quella con gli occhi incrociati e la lingua di fuori.
Mi piace Mike, è uno forte.
— Dai Tommy che ce la fai! — papi grida e batte le mani.
Bene.
Mi giro e tiro fuori la fionda dalla tasca dietro dei jeans. Raccolgo un sasso dall’aiuola, quello più grosso.
Il gatto è acciambellato sul marciapiedi, si lecca il buco del culo.
Stupido animale, sei mio.
Mi concentro, socchiudo gli occhi.
Il petto si riempie di energia calda, le mani prendono la mira da sole.
Tiro.
Toc!
L’ho preso in faccia! Grande!
Il gatto si arriccia su sé stesso, con un balzo si rimette sulle quattro zampe e corre via ad una velocità supersonica.
Mentre si allontana fa un verso acutissimo, proprio come nei cartoni animati.
— Avete visto? — mi giro verso il bar e papà gonfia il petto, batte la spalla a Pastroni.
Si gira verso di me, mi guarda serio, solleva piano il braccio e fa il gesto di spararmi con le dita.
Colpito!
Salto all’indietro sull’asfalto duro e butto le braccia sopra la testa.
Colpito, colpito, colpito!
— Moira fai un altro giro che lo pago io in onore di mio figlio.
Sono stato bravo cazzo! Dritto nel muso l’ho beccato! Che eccitante!
E come scappava! Sembrava uno di quei gatti peluche che gli sporchi vucumprà vendono al lungomare.
Che ridere quei gatti saltellanti, peccato che a venderli siano quei negri schifosi o potrei anche comprarne qualcuno qualche volta.
Papi mi fa segno con la mano di avvicinarmi.
Faccio lo scalino ed entro nel bar, il pavimento lucido stride sotto le scarpe da tennis nuovissimissime.
C’è puzza di sigarette e di birra.
Che fico sarà un giorno iniziare a fumare! Mi viene la pelle d’oca dall’emozione!
Papà distribuisce ai suoi amici i grossi boccali pieni di birra dorata. Sembra una pozione magica, e loro i maghi panciuti pronti a fare le loro. . . le loro stupide magie!
Chissà se . . .
— Papi? — cerco di farmi sentire ma le loro risate sono profonde e mi rimbombano nella testa.
— Papi!
— Cosa c’è?
Mi faccio avanti e punto il dito verso il bicchiere.
— Me ne dai un goccio?
Esplodono tutti e tre in una risata gigantesca, spaventosa.
Pastroni mi da una spinta e mi fa quasi cadere.
— E bravo Tommy!
Papà mi fissa da dietro il boccale. Sogghigna, gli vedo il dente argentato.
— Basta che non lo dici a quella stronza di tua madre va bene?
— E secondo te io gli racconto qualcosa a quella stronza?
Fa cenno di sì con la testa.
Porco cazzo!
Mi porge il boccale, l’odore acido della birra mi travolge.
La lingua mi esce spontaneamente dalla bocca, fa venire così voglia!
Afferro ben stretto il bicchiere con entrambe le mani, non lo voglio far scivolare.
Pesa! È freddo!
Deglutisco a fatica. Il caldo nel petto mi arriva fino alla faccia.
Metto bene le labbra a beccuccio e le appoggio sul bordo di vetro.
La birra mi scivola subito in bocca.
È deliziosa. . . amara. . . frizzante. . . dolce. . . forte. . . è così buona e dissetante e. . .
Papà afferra il boccale e me lo strappa di bocca.
— Hey!
— Vacci piano con il primo sorso della vita ragazzino. — ride lui.
— Tale padre e tale figlio eh? — Mike si afferra i coglioni nei jeans e gli dà due strattoni.
Ridono tutti.
Rido anche io, di gusto. Una risata che viene dalla pancia tutta ingarbugliata per la birra.
— Moira hai visto mio figlio?
La signora sta sistemando delle carte in fondo al bancone. Fa un gesto con la mano ma non solleva la testa.
— Hey Moira ma con quelle tette li vedi gli ordini sul banco sì? -
Quella li manda affanculo scocciata.
Le risate esplodono con ancora più forza, mi sento travolto da una valanga di allegria.
Sarà la birra?
Ho bevuto la birra!
Che forza passare i pomeriggi con papà!
Mi viene da ridere e rido.
Rido.
Rido più che posso.

...


Scendo dall’auto e sollevo di sbieco la testa, cercando di vedere attraverso la pioggia fitta.
Sputo sul cemento bagnato, la collina oltre la strada è fradicia, un misto di fango ed erba.
M'incammino controvoglia, la pioggia fredda m’inzuppa come uno stronzo in un istante.
Gli scarponi affondano nel terreno molle, la salita è ripida.
Arrivo in cima e cerco la tomba.
Ezio Del Negro.
Eccola.
Faccio due passi nel pantano e sono di fronte a una piccola lapide rettangolare in pietra grigia.

‘Ezio del Negro
1955 – 2021
Amato marito e padre’


Non sento niente.
Né dispiacere, né rabbia.
Solo la pioggia gelata, che viene giù come una cascata.
— Fanculo.
Scendo veloce la collina e arrivo alla macchina ma Jamila non c’è, deve essere ancora nel supermercato.
Attraverso la strada di corsa e raggiungo l’androne di un negozio di scarpe.
‘Kellar’ recita l’insegna brillante e la vetrina è tutta manichini fluorescenti.
Le scarpe sembrano quelle ortopediche.
Che merda si mettono addosso oggi.
Un barbone è seduto nell’angolo, al riparo dalla pioggia.
Tiene sulle gambe una coperta sudicia di pile su cui è adagiato un pulcioso cane nero.
Il vecchio ha la barba lunga, grigia e gialla e la pelle affumicata dal sole. La faccia è ridotta a un grumo di rughe.
Mi avvicino.
Lui mi nota, il cane si mette subito seduto, con le zampe davanti ben dritte, le orecchie tese.
— Buongiorno. — mi dice lui.
— Non tanto buongiorno. — alzo gli occhi al cielo.
Lui fa spallucce.
Già, che ci vuoi fare.
— Viene a trovare qualcuno signore? - il barbone indica il cimitero.
— Mio padre.
Il cane si rimette a cuccia tra le gambe del padrone. Fa uno sbuffo annoiato.
— Mi spiace signore.
— Non importa, non eravamo molto legati.
Oltre l’arco in pietra del negozio la pioggia non dà un attimo di tregua.
— Un cancro?
— Quasi. Cirrosi. Era un alcolizzato.
— Oh. Di solito è sempre cancro. — abbassa la testa e accarezza con la mano pesante la testolina del cane.
La bestiolina stiracchia le zampette di dietro e sbuffa di nuovo.
— Come si chiama?
Lui solleva lo sguardo. Gli occhi neri profondi e giganteschi mi fissano tristi.
— Osvaldo. Era il nome di mio padre signore. Un drogato, proprio come me, proprio come me signore. -
Sorride con una bocca sdentata che sembra un antro scuro in cui si muove un biscio rosa e carnoso.
Continua a bisbigliare ma io non lo capisco, alza l’indice in aria e prende ad ammonire la pioggia battente.
Una donna cammina sotto un ombrello nero.
Tiene una busta della spesa.
È Jamila.
Faccio un fischio e un cenno di saluto col braccio.
Lei arriva di corsa.
— Amore mio! — si getta tra le mie braccia, il suo profumo sa di talco e spezie.
Mi stampa un bacio dolce e morbido sulle labbra.
La sua bellezza mi sorprende ogni volta.
— Hai finito con le tue spese?
Lei mette un adorabile broncio.
— Non avevano i miei cereali!
— Come? Non avevano i cereali Twinky?
Scuote la testa come una bambina.
— Tu invece, com’è andata al cimitero? — mi prende la mano e la stringe forte.
— Bene. Non era più mio padre da tanti anni.
Lei mi accarezza il viso, sorride con tenero affetto.
— Tu non hai proprio niente a che fare con lui.
Già.
Le do un bacio sincero, premo forte le bocca, la ringrazio come posso di tutto quell’amore che mi trasmette ogni giorno.
— Allora amore mio se hai fatto possiamo andare. Ho comprato la cena e ho in mente un ragù vegano che non hai mai mangiato in vita tua. -
Saltella e si agita.
Lei è il mio premio.
— Si un attimo. — prendo il portafogli dal giubbino e tiro fuori un paio di banconote — Tieni amico. — mi chino verso l’uomo e gli porgo i soldi.
Il cagnolino annusa le nostre mani e approva. Si fa accarezzare sulla testa ispida. È un bel vecchiotto, un buon compagno, il migliore forse.
— Grazie signore! Grazie! È bella sua moglie signore, anche io avevo una moglie senegalese signore ma la droga me l’ha portata via signore. Tanti anni fa signore. Sono belle le donne senegalesi, le migliori! -
Jamila scoppia a ridere di gusto.
— Come ha fatto a indovinare?
— Sono le migliori signorina! Le donne senegalesi sono le migliori, una donna senegalese si vede lontano chilometri signorina, le origini non si possono tradire, mai. Siamo quello che siamo signorina, non si può cambiare! Non si può cambiare! -
Lei mi prende il braccio e mi porta via. La pioggia ci bagna ma lei non apre l’ombrello.
— Non sempre amore mio, non sempre.

Edited by Rebeca Buendia - 4/8/2021, 17:12
 
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