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Skannatoio Settembre - Ottobre 2021, Going postal!

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shanda06
view post Posted on 13/9/2021, 05:43 by: shanda06

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Skannatoio settembre-ottobre.
Tema, una consegna apocalittica: oggetto, documento, persona, frantuma l’esistenza del protagonista e porta per lui conseguenze devastanti (e per l’intero genere umano)
Specifiche:
The Hole: dovrà essere scavata una buca
Frammenti: Una finestra dovrà andare in frantumi
Lunghezza: minimo 5000 caratteri, massimo 25000

Ho scelto: The Hole e Frammenti

L’ORMA E LA VOCE di Alexandra Fischer

Tommaso era chino sui compiti di inglese quando sentì suonare il campanello.
Era solo in casa, la madre era al lavoro e lui avanzò con cautela verso la porta e guardò attraverso lo spioncino.
Il ragazzo dall’altra parte masticava gomma e portava la divisa dell’ufficio postale, un completo in giacca e pantaloni blu e bianco ordinatissimo e il cappello blu di traverso; stringeva fra le mani un pacco di cartone bianco sul quale era appoggiata una tavoletta nera con uno stilo dello stesso colore.
Tommaso aprì la porta e il giovanotto spostò la gomma nella guancia destra e gli domandò con voce blesa: − Tommaso Ferri?
Lui fece di sì con la testa e il giovane postino, dopo aver toccato la tavoletta e averla fatta risplendere di una luce blu, gli porse la penna: − C’è un pacco per te. Firma subito.
Tommaso lo vide dondolarsi da una gamba all’altra e gli obbedì subito dopo averlo guardato in faccia: le occhiaie, il volto livido, comunicavano insonnia e altro.
Il giovane, dopo una rapida scorsa alla lavagnetta elettronica, gli mise in mano il pacco con un gesto brusco: − Tutto a posto. Goditelo.
Tommaso chiuse la porta, posò il pacco sul tavolo della sala, e guardò fuori: il postino alzò la testa verso la finestra e lui vide che il volto gli era diventato grigio e gli occhi gli brillavano di una luce verde e malevola; si allontanò dalla finestra e si mise a tremare.
I passi che udì lungo le scale lo riscossero, tornò a guardare dallo spioncino e trasse un sospiro di sollievo: era la coppia di trentenni del piano di sopra, ma la volta successiva, avrebbero potuto essere i suoi genitori.
Guardò l’orologio da tavolo e vide le lancette scorrere verso l’ora del loro arrivo; tolse il pacco dal tavolo e lo portò in camera.
Il nome del mittente era illeggibile per via di alcune macchie nere e questo lo insospettì.
Da una parte avrebbe voluto aspettare l’arrivo dei suoi, dall’altra, visto il postino, sapeva che si sarebbero innervositi al punto di traslocare di nuovo.
Aprì il cassetto e prese il cutter, aprì il pacco e il suo contenuto lo sbalordì: fotografie.
Il ricordo di una vacanza con il nonno tornò nella sua mente e le insinuò un senso di allarme.
Il villaggio turistico tutto palme, piscine, bungalow e il quartiere chiamato Beverly Hills Miniature per via delle molte copie di abitazioni simile a quelle dei divi e dei cantanti gli era apparso dapprima strepitoso, ma l’incanto si era rotto subito dopo la serata con il nonno alla Gelateria delle Stelle.
Tommaso risentì in bocca il sapore del Sunday alla fragola e nella mente gli tornò la canzone suonata nell’autoradio, Enjoy the silence dei Depeche Mode: un attimo di gioia assoluta guastato da un rumore assordante, dalla frenata dell’auto e dall’ordine del nonno di restare giù e non guardare in ogni caso; fu l’unica volta in cui gli disubbidì.
La penultima fotografia, di fatto, costituiva un’accusa e una condanna: Tommaso era ben visibile in primo piano mentre spiava da un albero nello stesso momento in cui suo nonno e alcuni uomini vestiti da militare trafficavano accanto ai resti di un piccolo velivolo nero.
Ce n’era ancora una: ritraeva un individuo alto e grigio accanto al lampione della casa di fronte a quella di Tommaso.
Individuo.
Tommaso scosse la testa, no, era troppo alto e magro per appartenere alla razza umana, inoltre, aveva una sorta di binocolo.
Quel particolare lo agghiacciò: era sicuro di essere solo e cominciò a capire le conseguenze del suo gesto di allora.
Di colpo, gli salì un sapore amaro in bocca; la sua vacanza risaliva a un mese prima, ma lui si sentiva di nuovo catapultato nel quartiere delle vacanze, solo, dalla parte sbagliata: il tunnel degli orrori.
Tommaso rovistò ancora una volta nel pacco e lo trovò vuoto, allora cominciò a tremare: la creatura alta e grigia aveva voluto mandargli un messaggio ed era un po’ che non aveva notizie di suo nonno.
Prese il cellulare: dall’altra parte gli rispose la voce allegra di un trentenne che lo informava di aver chiamato la Shimuzu Software troppo tardi e lo pregava di riprovare il giorno dopo.
Tommaso disse il cognome del nonno e la voce si fece di ghiaccio: − Parla.
Per un lunghissimo istante, Tommaso ignorò la parola d’ordine, poi gli venne in mente: − Cookies al mango.
Il trasferimento di chiamata gli parve eterno.
La voce del nonno era irritata: − Capo sezione Ferri. Parla.
Tommaso, sull’orlo delle lacrime, proruppe: − Nonno, mi è arrivato un pacco con le foto dell’incidente aereo. Ho paura.
Il nonno interruppe la comunicazione e Tommaso si sentì perso; posò il cellulare e decise di recarsi dalla sua amica Melissa per avere conforto: capiva di aver combinato qualcosa di veramente grosso.
Uscì di casa e attraversò la strada con l’impressione di essere seguito: guardò dietro di sé con la coda dell’occhio e vide la figura grigia seguirlo.
La sua paura era identica a quella del topo paralizzato dallo sguardo del cobra; gli restava solo la capacità di fingere e la usò molto bene mentre andava a casa di Melissa.
Suonò alla porta e lei gli aprì con un’espressione sconvolta negli occhi blu pervinca; si scostò un ciuffo della capigliatura ondulata biondo miele e inveì contro di lui: − È adesso che vieni da me?
Tommaso balbettò: − Prima non ho potuto. È arrivato un pacco.
Melissa annuì, con un’espressione distorta dall’odio: − Oh, certo, io vengo dopo i regali del nonnino.
Tommaso congiunse le mani: − Non è così −. Si voltò, la creatura grigia era accanto all’albero e la indicò a Melissa: − Vedi? Non so cosa sia, ma è colpa mia se è qui. Cercavo conforto da te. Mi sbagliavo, non lo merito −. La sua voce si ruppe, lacrime gli scorsero lungo le guance e le narici gli si riempirono di un odore metallico, mentre l’aria si caricava dell’elettricità che precede i temporali.
Melissa allungò il collo verso la creatura accanto all’albero e arrossì: − Scusa, Tommaso. Dobbiamo cavarcela tu e io. Il guaio è venuto da me.
Tommaso si grattò la testa: − Come? Io sono il cattivo, ho spiato dove non dovevo.
Lei si frugò in tasca e gli porse un fazzoletto: − Doveva succedere. Mio padre voleva aprire il commercio con Quelli dell’Altra Finestra. E loro hanno accettato.
Lui la guardò basito: − Ne ho sentito parlare dal nonno. Ma non so dove sia.
Melissa fece una smorfia piena di amarezza: − C’è in tutte le case. Se hai aperto il pacco, la gente comincerà a vederla. E gli affari cominceranno.
Tommaso era perplesso: − Quali?
Melissa gli rivolse un sorriso di superiorità: − Schiavi. Ce li mandano Quelli dell’Altra Finestra.
Tommaso inorridì: Melissa gli era sempre apparsa elegante, beneducata, con la passione per le feste brillanti.
Quel lato maligno di lei lo sconvolse come una scheggia di vetro trovata in un bignè alla panna; indietreggiò e lei se ne accorse, abbassò lo sguardo, ridusse la voce a un sussurro: − Per me è stato un colpo, all’inizio, perché mi sono trovata senza il loro affetto e le loro regole. Ora, però, guardali lì −. Gli indicò la finestra del secondo piano e lui vide il padre in giacca e cravatta mentre circondava le spalle della moglie in tunica color mirtillo nella posa di chi sta per farsi fotografare a scopo pubblicitario.
La falsità della scena lo nauseò: − I tuoi genitori sono irriconoscibili.
Melissa rialzò la testa: − Certo, perché non sono più loro. C’è stato uno scambio da parte di Quelli dell’Altra Finestra.
Tommaso si sentì mancare la terra sotto i piedi quando a quella vista si aggiunse il ricordo della telefonata con il nonno: − Faranno finire così anche noi?
Melissa si guardò le unghie smaltate di rosa: − Tutt’altro. Noi serviamo loro per un nuovo ordine. Pare che si fidino più di noi che degli adulti −. Gli fece cenno di entrare: − Ecco, vieni a vedere la televisione.
Tommaso sentì dei passi alle sue spalle e sbirciò con la coda dell’occhio: la creatura grigia li stava seguendo; toccò Melissa sulla spalla: − Ehi, c’è un tizio grigio, sta per entrare.
Melissa alzò un sopracciglio: − Faccia pure. È il suo lavoro tenere d’occhio la camera da letto.
Tommaso si allarmò: − Là dentro c’è la finestra della quale mi hai parlato, vero?
Melissa gli fece cenno di entrare in soggiorno e lui si fermò all’entrata, con gli occhi fissi sulla creatura grigia che passò di fronte a Melissa senza neppure notarla e si mise a salire le scale con passi lenti.
Tommaso si slanciò verso Melissa: − Dobbiamo fermare quella cosa, prima che faccia altri danni.
Melissa ridacchiò: − E come? Dicendo a lui e agli altri di andarsene con un giro di telefonate?
A sentirla parlare del cellulare, a Tommaso venne un’idea, ma la ricacciò subito in un angolo della mente: poteva funzionare, a patto di essere veloci e avere sangue freddo.
Melissa equivocò le smorfie di lui: − Capisco che tu non mi creda. Per questo voglio che guardi la televisione.
Tommaso si sedette in poltrona: − Facciamolo pure.
Melissa prese il telecomando, premette il pulsante e sullo schermo comparve un loro coetaneo nelle vesti di Presidente neoeletto fra una folla di ministri di poco più giovani di lui, rivolse uno sguardo serio a Tommaso e si mise a cambiare canale di continuo.
Tommaso assistette a un’assemblea dell’ONU composta da membri poco più che diciottenni e lo stesso valse per un congresso di medici, per non parlare delle pubblicità aziendali, dove i direttori generali parevano appena fuggiti da una scuola superiore.
C’erano spot pubblicitari che mostravano creature grigie mentre impartivano ordini a ultraquarantenni dalle tute bianche cascanti, gli occhi vacui e tutti loro, uomini e donne, erano alle prese con lavori di pulizia o facchinaggio; Tommaso, orripilato, riconobbe in alcuni di loro importanti professionisti della città, e anche suoi ex-professori e commentò: − Dunque, crescere, per noi vorrà dire diventare schiavi.
Melissa tacque, e lui sobbalzò al tocco alla nuca; si voltò e vide la creatura grigia, che gli parlò con voce rasposa: − Oh, no, tu e la tua amica non invecchierete. Voi e i vostri coetanei sarete giovani e otterrete tutto ciò che desiderate. Questo, a patto di essere discreti −. La creatura gli mostrò la dentatura affilata come quella di uno squalo.
Tommaso si alzò dal divano: − Perché?
La creatura gli lanciò un’occhiata gelida: − Per mostrare alla vostra gente che abbiamo imparato la lezione. Venimmo in pace dopo aver ricevuto i vostri messaggi e assistito alla vostra impresa sulla Luna. Ci avete schiavizzati e usati come cavie. Anche quella volta, sull’aereo. Lo hai visto bene, vero?
Tommaso sudò freddo: − Tu mi hai mandato il pacco?
La creatura lo applaudì: − Perspicace. E sai, aprendolo hai cominciato tu questo cambiamento. Tuo nonno è stato il primo a diventare nostro schiavo.
Tommaso si sentì sprofondare, ma decise di ricorrere all’autocontrollo, mentre la sua idea prendeva forma; sorrise: − Avete ragione a vendicarvi. Credo anche che noi ragazzi governeremo meglio la Terra degli adulti. Tanto, peggio di così.
La creatura gli fece un inchino: − Bravo. Così mi piaci. Preparerò una bella ricompensa per te e la tua amica. Erediterete la casa e il lavoro dei genitori di lei.
Tommaso si fregò le mani: − Oh, bene, ho sempre desiderato fare il tecnico informatico.
Melissa gli diede un bacio sulla guancia: − E io di insegnare musica.
La creatura mosse la mano in un cenno di saluto: − Allora siamo d’accordo.
Tommaso la fermò: − Un momento, vorrei vedere prima come possiamo comunicare con voi.
La creatura strinse gli occhi: − D’accordo, sali con me, ma non fare scherzi.
Melissa intervenne: − Verrò anch’io, nel caso, lo fermerò.
La creatura mosse la testa in segno di approvazione: − Seguitemi.
Tommaso entrò subito dopo la creatura nella camera da letto dei genitori di Melissa: in apparenza, tutto gli sembrava normale, il letto appena rifatto, i comodini con le lampade gemelle di alabastro e il settimanale abbellito da un paio di fotografie del matrimonio dei genitori e di una gita in barca con loro e la figlia.
L’unico elemento che lo disturbò fu la paura nei volti dei genitori di Melissa all’arrivo della figlia; si inginocchiarono tremanti, ma lei fu implacabile, prese la madre per i capelli: − Ti sembra questo il modo di sistemare il copriletto?
Tommaso la sentì balbettare: − Certo, padrona, è vero.
Melissa spinse per terra il padre e gli diede un calcio in faccia: − Non hai riordinato la cucina come dovevi.
Lui non tentò neppure di difendersi: − Grazie, padrona.
Melissa spalancò la porta della stanza da letto e alzò il mento: − Fuori tutti e due. I miei amici e io dobbiamo parlare.
Il padre di Melissa si coprì il volto e uscì per primo, a schiena piegata; la moglie lo seguì tenendosi a distanza da lui.
La creatura grigia intervenne: − Molto bene, Melissa, hai capito da che parte stare. La tua istruzione è finita, per cui è ora che vada.
Tommaso, indignato dallo spettacolo dei genitori di Melissa, puntò lo sguardo sulla creatura e la vide avvicinarsi all’armadio a quattro stagioni; dallo specchio a figura intera cominciò a risplendere una luce ambrata e si trasformò in una porta finestra spalancata, attraverso la quale la creatura passò.
Tommaso, malgrado lo sbalordimento indotto dalla trasformazione, corse verso la creatura grigia: − Cosa ne sarà dei genitori di Melissa, ora? E di mia madre e mio nonno?
La creatura sogghignò: − Guarda sul cellulare. Vedrai subito cosa aspetta te e la tua gente.
Tommaso strinse l’apparecchio senza avere il coraggio di alzarne il coperchio: − Cosa vorresti dire?
La creatura indugiò: − Sei sempre stato intuitivo. Io ti ho regalato un pizzico in più di quella dote. Ci serviranno molte persone come te nel mercato degli schiavi −. La creatura chiuse la finestra e la luce divenne abbagliante per un istante e si affievolì.
Tommaso guardò il cellulare: vide la madre ridotta a liberare le strade dai rifiuti e il nonno in catene, costretto a spaccare pietre; gli occhi gli si inumidirono, ma non tanto da indebolirgli la mira quando lanciò il cellulare contro la finestra, che andò in frantumi.
Melissa inveì contro di lui: − Hai rotto l’Altra Finestra. E ora Quelli si vendicheranno.
Un odore di bitume e spezie riempì la stanza; Melissa aprì il cassetto del comodino accanto all’armadio prese un fazzoletto, si coprì naso e bocca, poi passò la scatola a Tommaso: − Prendine uno anche tu e portiamocela dietro.
Dalle case vicine si udirono urla, rumori di vetri infranti e porte distrutte; per la strada, frenate, rumori di lotta.
Melissa scese al piano di sotto e passò accanto ai corpi mummificati dei genitori; Tommaso represse un conato a quella vista: − Devo andare a casa.
Lei cercò di trattenerlo: − Hai rovinato tutto e pensi di cavartela così?
Tommaso la respinse: − No, il danno l’ho fatto già prima. Ora vedrò di salvare quel che resta.
Corse a casa, accolto dallo stesso odore di quella di Melissa: proveniva dalla cucina, ma la porta era chiusa e lui si guardò bene dall’aprirla; salì al piano superiore, entrò in camera sua, sospirò di sollievo alla vista delle forbici e della bobina di nastro adesivo.
Tommaso posò il fazzoletto e la scatola sulla scrivania per avere le mani libere; richiuse il pacco con il nastro adesivo e poi corse in cantina, dove trovò una vanga.
Uscì in giardino e vide una piccola folla di suoi coetanei scuotere la ringhiera di ferro sotto l’incitamento di Melissa.
Tommaso scavò più in fretta che poté e poi buttò il pacco nella buca, infine la ricoprì di terra più in fretta che poté, incalzato dai rumori alle sue spalle; si girò e alzò la vanga verso il capo gruppo, un tipo tutto muscoli alto il doppio di lui e dalla muscolatura massiccia.
Lo sguardo vacuo di lui fu l’ultima cosa che vide prima che la vista gli si annebbiasse; prima di esalare l’ultimo respiro, Tommaso capì che Melissa aveva avuto ragione: Quelli dell’Altra Finestra erano spietati con chi sgarrava.
Le ultime parole che udì furono quelle del ragazzone: − Ehi, Mel, ma che ci facciamo qui?
La voce della madre di Tommaso risuonò in giardino: − Vorrei tanto saperlo anch’io. Sciò.
Tommaso spirò con un sorriso.
 
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