Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio, edizione I

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 15/9/2010, 15:44
Avatar

Il Terrore delle Pizzerie
Badge Amministratore

Group:
Administrator
Posts:
5,962
Location:
Brianza

Status:


Ok, è aperta la Prima Edizione dello Skannatoio 5 e mezzo. :lol:

Ovviamente chi è già iscritto alla Macelleria Numero 6 non può partecipare... :D

Partecipanti alla prima edizione:

Polissena C.
Snow2
Black _ Dahlia
Alessanto
Riubbe


I dettagli:

Possono partecipare: racconti Thriller, Noir, Pulp con la presenza significativa di almeno un animale (esistente!) particolarmente velenoso.

Lunghezza: 15.000 caratteri max, 5.000 caratteri min, spazi compresi. Tolleranza zero.

Tempistiche:
Deadline consegna racconti giovedì 23, ore 6.00. Tolleranza zero.
I racconti non possono essere modificati dopo la consegna per alcuna ragione.

E' possibile commentare e valutare i racconti dal momento in cui viene consegnato l'ultimo o a partire dalle ore 6.00 di giovedì 23
Deadline voti e commenti lunedì 27, ore 6.00. Tolleranza zero.

E' possibile assegnare i voti ai commenti dal momento in cui viene consegnato l'ultimo o a partire dalle ore 6.00 di lunedì 27
Deadline voti ai commenti giovedì 30, ore 6.00. Tolleranza zero.

Premi in palio: buono da 5€ per l'acquisto di un libro edito da Edizioni XII (di costo pari o superiore ai 12€) e una copia del romanzo Messa di mezzanotte di Paul F. Wilson (Gargoyle Books, 2007)

Edited by alecvalschi - 24/9/2010, 13:07
 
Web  Top
view post Posted on 15/9/2010, 16:14
Avatar

Arrotolatrice di boa

Group:
Moderatori
Posts:
3,298
Location:
Di solito da casa mia.

Status:


scusa grande capo, non sono avvezza a tutta questa tecnoforumblogteconologia, dove dovrei inserire il mio racconto?
 
Contacts  Top
view post Posted on 15/9/2010, 18:32
Avatar

Il Terrore delle Pizzerie
Badge Amministratore

Group:
Administrator
Posts:
5,962
Location:
Brianza

Status:


CITAZIONE (Polissena C. @ 15/9/2010, 17:14)
scusa grande capo, non sono avvezza a tutta questa tecnoforumblogteconologia, dove dovrei inserire il mio racconto?

Proprio QUI in questo post. :D
 
Web  Top
view post Posted on 22/9/2010, 16:11
Avatar

Arrotolatrice di boa

Group:
Moderatori
Posts:
3,298
Location:
Di solito da casa mia.

Status:


L’Inconsistenza.

L’aroma dell’incenso si era quasi dissolto, un unico filo di fumo denso arrancava stanco, verso l’alto in ampie volute, arabescando il salone spoglio.
Napo prono sul tappeto grigio chiaro, riempì un paio di volte il naso dell’inebriante profumo poi si sollevò a sedere.
Aveva tentato di rilassarsi, aveva acceso l’incenso meditativo, aveva preso le sue pillole, aveva caricato l’I-Pod con una selezione di brani classici ma non era servito. Il rumore continuava ripetitivo e martellante a profanargli le orecchie.
Il pianto della donna al piano di sotto rimbombava, desolato ed incessante ormai da ore.
“L’uomo che ascolta il dolore con impotenza.”
Eppure lei era un giglio, cresciuto spontaneo su una scarpata ferroviaria; era il profumo del mare impetuoso, era tutto questo ed era inesorabilmente di qualcun altro.
Di un mostro violento ed iroso, di un orco dalle mani artigliate che strappava di giorno in giorno la sua purezza.
“L’uomo che osserva la verità con riluttanza.”
Si avvicinò alla piccola teca, posta con cura ed armonia tra due grandi fioriere azzurre; il crotalo color sabbia lo fissava immoto.
Ebbe un sussulto, scosse il capo tozzo e lo infilò tra le possenti spire.
L’uomo del piano di sotto era rientrato, Napo lo capiva sempre. Sia dai movimenti scomposti del rettile sia dal rumore di bottiglie rotte, sia dalle grida; minacciose di lui, supplicanti di lei.
Risoluto si erse e si diresse alla grande specchiera orizzontale che ornava la parete di fondo. Si guardò a lungo nudo ed esile, riflesso nell’argento. Poi la sua immagine, maliarda ammiccò.
Si girò verso il riflesso della teca e la aprì.
“L’uomo che sfida la vita con risolutezza.”
Un ghigno sghembo da elfo colorava il suo riflesso di nuovo ardore mentre correva nudo per delle scale improbabili, fino alla porta della sua vicina.
Non bussò, ne suonò il campanello ma la porta si aprì ugualmente.
Manila, bellissimo fiore dai petali stropicciati era accovacciata in un angolo, il volto rigonfio di lacrime e lividi.
L’immagine riflessa prese il piccolo serpente deserticolo e lo scagliò come freccia contro l’aguzzino vestito da sera.
“L’uomo che sfida i mostri con baldanza.”
L’unico dente ricurvo della bestia ancestrale ghermì la carne flaccida della sua vittima, l’uomo cadde riverso a terra, mentre la neurotossina gli inibiva i nervi cervicali.
Con una dinoccolata danza della vittoria, Napo si portò sul carnefice promosso vittima sul campo; iniziò a infierire sul corpo inerme e dolente mentre i segni del morso diventavano scuri e gonfi.
Un colpo, un altro.
“L’uomo che vince e gode con spensieratezza.”
Il pavimento sembrava trasudare sangue, tanto era coperto del denso fluido vitale, un nuovo colpo con l’attizzatoio, dritto al cranio stavolta e in una vermiglia esplosione di ossa e materia celebrale il mostro sbuffò via la vita dalle narici.
Come malevole lucertoline, brividi freddi corsero veloci su e giù per la sua schiena sudata ma continuò a guardare.
Nello specchio ora, pennellate di rosso vivo date da un macabro pittore inondavano la scena.
Si avvicinò ancora di un passo mentre il suo volto ossuto imitava l’elfico ghigno contorto della propria immagine.
“L’uomo che guarda se stesso con incoerenza.”
L’immagine pareva brillare, potente e risoluta. Continuò caparbia ad infierire sulla carne morta, si inginocchiò infine accanto al corpo maciullato ed in quello che era un volto affondò le mani.
Napo avvertì un tocco leggero, un lieve formicolio alle dita e la piacevole, antica sensazione di tuffare le mani in un cesto di legumi secchi. Mosse le dita, spostando tra di esse consistenti immaginarie lenticchie.
Quando il suo riflesso ebbe terminato il proprio apotropaico rituale, aveva il volto e le braccia dello stesso denso, rosso.
Superato il primitivo ribrezzo, la brama di sangue, vendetta e giustizia lo avevano pervaso, cercò nello specchio l’immagine di Manila.
“L’uomo che reclama il trofeo con ingordigia.”
Era rimasta immobile per tutto il tempo o semplicemente Napo non aveva prestato attenzione alla delicata figura in secondo piano. Si avvicinò ancora, la punta del suo naso sfiorava la parete liscia e fredda dello specchio adesso.
Il riflesso di Manila sorrise maliardo, si alzò stentando appena e claudicando leggermente si avvicinò alla parete levigata.
Non guardava il riflesso di Napo, ancora riverso sul corpo senza vita.
Non guardava il riflesso del cadavere scomposto di suo marito.
Stava guardando Napo fisso negli occhi, dall’altra parte dello specchio.
“L’uomo che miscela realtà e delirio con naturalezza.”
Erano l’uno di fronte all’altra, separati dalla liscia parete che aveva smesso di riflettere per elargire nitide e suggestive premonizioni.
Napo seppe in pochi attimi quello che doveva fare, diede le spalle allo specchio e con passo trionfante si diresse alla piccola teca alle sue spalle.
Il rettile avrebbe cambiato il suo destino. Procellosamente si avvicinò alla piccola serratura color ottone che lo separava dalla sua rivalsa.
La aprì.
Si girò una volta ancora e dallo specchio in fondo alla sala lo guardava Manila, con i palmi poggiati al vetro, come se lo stesse osservando da una finestra; gli sorrise.
“L’uomo che conosce le risposte e procede con sicurezza.”
Allungò la mano verso il rettile sopito, un tintinnio forte deciso ed acuto lo fece trasalire, scostò la mano in un automatico riflesso.
Troppo repentino.
Il rettile scartò sulla destra e prima che Napo potesse ritrarre la mano, lo aveva morso.
Impiegò molto meno tempo a cadere riverso a terra che a capire cosa davvero fosse accaduto, in una carambola di immagini indefinite la stanza prese a vorticare intorno a lui.
Si girò su un fianco, cercando di bloccare quell’uragano visivo. Lo specchio in fondo alla stanza sembrò sciogliersi e mentre una Manila quasi del tutto liquefatta cercava il suo sguardo, lui vide il proprio cellulare trillare ignaro dal tavolino di cristallo.
“L’uomo che aveva disgiunto anima e corpo con inconsapevolezza.”
Nell’ultimo barlume di lucidità avvicinò la mano ormai livida al piccolo telefono.
La sveglia che aveva impostato gli ricordava di prendere le sue pillole.
Dal piano di sotto, ovattati suoni di risa salivano leggeri, suggellando la pace domestica e l’arrendevolezza di Manila.
Come ogni sera.

 
Contacts  Top
Snow2
view post Posted on 22/9/2010, 22:28




Serpe scaccia serpe




I.
Paola camminava fra gli ultimi palazzoni di periferia, un alternarsi di grigi, beige e rossi di cattivo gusto. Tutti gli edifici erano percorsi da enormi cicatrici di intonaco scrostato.
Indossava delle vecchie Converse sfondate, un paio di jeans lisi e una maglietta rossa con il collo a V; i capelli biondi le ricadevano sulla schiena simili a grosse corde dorate.

Camminava adagio; nonostante la mattinata in classe e le tre ore passate a lavorare da Cinzia-la-parrucchiera, non aveva fretta di tornare a casa e rivedere quello stronzo di suo padre.
Mancava mezz’ora al tramonto e per le strade non c’era nessuno.
Tirava un leggero vento che trascinava i fazzoletti sporchi e faceva frusciare i bordi dei manifesti elettorali: la Casa della Libertà contro l’Ulivo di Rutelli.
Non so nemmeno chi sono, pensò Paola. E l’anno prossimo mi tocca votare. Magari mi trovassi anche un ragazzo…
Non le mancavano gli ammiratori, ma i furbetti che l’avvicinavano volevano solo sbattersela, lo sapeva bene.
Così era stato con gli ultimi due, almeno.
Bella ma povera e malvestita. Sempre appiedata, con un padre notoriamente coglione e una madre che aveva tagliato la corda dieci anni prima senza prendersi il disturbo di divorziare.
Sono cose che non attirano i ragazzi perbene.
Svoltò l’angolo di un condominio e percorse l’ultima strada a est della città.
Alla sua destra c’era solo un grosso cantiere abbandonato, una distesa pressoché infinita di forasacchi che ondulavano al vento e una stradina in terra battuta che portava a quel buco che suo padre chiamava “casa”.

Una clacsonata la fece sobbalzare. Una Clio azzurra si accostò a lei, un finestrino si abbassò e la faccia appuntita di suo zio Pino spuntò come a dire “bubusettete!”.
Ma disse: — Tesoro, salta su.
E lei fece il girò e salì.

Lo zio indossava una camicia viola sbottonata e i capelli ingellati cinti da un paio d’occhiali scuri. Lui era un tipo da riviera, uno dei tanti che crede d’avere Rimini in tasca.
— Venivo giusto a trovarvi, — disse.
Lei si girò verso i sedili posteriori. — Che c’è in quella scatola coperta dallo straccio?
— Una sorpresa, — rispose Pino sterzando nello sterrato. — E quella non è una scatola. È una gabbia di vetro.




II.
Suo padre era nel piccolo garage, chino sulla Ducati rossa con la fronte sporca di grasso.
— Ciao pa’, — disse Paola.
— Visto che ti ho portato, Enzo? — disse Pino. —E ho anche un’altra cosa con me, — continuò alzando la mano su cui teneva in equilibrio, come un vassoio, la teca coperta.
— Non puoi immaginare come l’ho avuta. Non c’è un posto dove appoggiarla?
Il garage era stretto e pieno di attrezzi.
— Aspetta, porto fuori la moto, — rispose Enzo.
Paola entrò in casa e stava per lanciarsi sul divano quando con la coda dell’occhio vide suo padre tornare nel garage. Si appiattì contro il frigorifero e restò ad ascoltare.
— Fammi vedere cosa hai rubato, — disse suo padre.
— Non l’ho rubato! — sbottò Enzo. Poi aggiunse: — Be’, forse sì. Comunque… ieri sono andato a ballare a Riccione e ho rimorchiato una tipa dai capelli neri, tutta piena di tatuaggi e piercing; una fregna che l’avrebbe fatto rizzare a una salma.
— Fammi solo vedere che c’è lì dentro, — disse Enzo. — Non voglio sentire la storia.
— Ma è necessario.
— Quando mai…
— Allora, — continuò suo zio, — questa fregna impasticcata mi porta a casa sua. Entro e mi ritrovo in un appartamento di lusso con luci arancioni soffuse e una sfilza di teche lungo il corridoio. La porca aveva un serpentario in casa. Un fottuto serpentario!
Comincia a farmi: guarda, questo è di questa specie, io lo chiamo Ciccino, è il mio piccolo. Quest’altro viene dal Bangladesh.… Davanti a un figlio di puttana bianco e verde dice: questo è letale, ha ancora il veleno nei denti. Senza soccorsi uccide nell’arco di poche ore, dipende da dove morde.
Paola continuò a osservare quel buono a nulla disoccupato di suo padre, seduto di spalle.

Suo zio riprese: — Be’ in camera da letto c’era una teca con un pitone. Hai capito? Le piaceva guardarlo mentre scopava. Allora io dico: diamoci una mossa. E in un attimo siamo a letto tutti aggrovigliati e ci diamo dentro alla grande. Nonostante il bestione dietro il mio culo, io sto troppo bene e vengo.
— Falla breve!
— Sì, allora, la zozza si gira e mi indica il comodino. Sopra c’è una boccia per pesci con un serpentello rosso. Lei mi dice: passamelo.
E io: che? Passami il leccapassere, dice lei. E allora sai che faccio? Prendo quella schifezza senza denti e gliela butto fra le cosce. Lei lo afferra e sta lì, aspettando che quello tiri fuori la lingua, e quando lo fa… impazzisce!
— Non mi dirai che lì dentro c’è…
— Il leccapassere? No. Dopo qualche minuto quella è venuta, ed è subito collassata, per i cocktail e le pasticche. Allora io prima di uscire ho preso la teca del serpente velenosissimo e me la sono portata via. Ho pensato: qualcosa varrà di sicuro…
Paola vide suo padre sfilare lo straccio dalla teca e balzare in piedi.
— Cristo santo! Tu sei pazzo, — disse.
— In onore di quell’altro l’ho chiamato Mordipassera… Paola! — strillò poi. — Vieni a vedere.
— Lascia perdere, — disse suo padre, ma lei non aspettava altro.

A denti stretti entrò, strappò lo straccio di mano a suo padre e lo gettò in terra. Stette un secondo a rimirare la bestiola arrotolata, poi partì in quarta.
— Zio, ma è possibile che non gli dici niente? Non che tu sia molto meglio, ma lo vedi che sta senza fare un cazzo e ci chiacchieri come nulla fosse… ma lo sai… — la rabbia le aveva già rotto il fiato. — Lo sai come siamo messi. Sai con chi ha debiti mio padre. Possibile che non gli dici nulla!
Pino disse: — Calmati, tesoro. Sei sempre arrabbiata… Lo so che la situazione è quella che è.
Paola si lanciò una corda di capelli dietro la spalla. — La situazione è questa perché lui si è fatto dare dei soldi per aprire un bar con altri due scemi, scemi ricchi, ed è passato un anno e ancora devono aprire. Questo perché lui non ha mai fatto niente. Doveva organizzare, decidere delle cose e non ne aveva voglia. Non ne aveva voglia, — ripeté, fissando suo padre che guardava il cemento ai suo piedi.
— Lo sai che quel mafioso è già venuto due volte, questo mese?
Suo zio sbarrò gli occhi. — Cosa?
— Non te l’ha detto?
— Cazzo, — strillò Pino.

Poi una Mercedes bianca si fermò davanti al garage.



III.
Dalla nube di polvere spuntò Marcello Loria, con il fratello Luigi e un uomo con la faccia di un bulldog affamato.
Pino coprì di nuovo la teca e la appoggiò in un angolo, mentre i tre avanzavano.
— Allora, Enzo-caro-Enzo, — disse Marcello Loria, grasso e con dei pantaloni blu che facevano a pugni con la camicia verde. — Tu vattene fuori dalle palle, — disse poi a Pino. — Sono questioni private.
— È il fratello di mia moglie, — disse Enzo.
— Lo so chi è e non me ne frega un cazzo. Augusto, accompagnalo fuori.
Pino guardò Enzo, che gli fece cenno di uscire.
Il bulldog si avvicinò e lo scortò oltre la soglia, poi si chiuse dietro la serranda pieghevole.
La luce ora veniva solo dalla porta della cucina, illuminando la polvere nell’aria.
— Vedo che c’è pure la signorina, — continuò Marcello.
Luigi Loria, più giovane e meglio vestito del fratello, cominciò a fissarla.
— Signor Loria, ancora non li ho i soldi. Mi serve qualche altro mese, — disse suo padre.
— Ah, sì? E come credi di trovarli, smontando auto rubate?
— Mi dia tempo, le giuro che li trovo. Lavorerò in qualche officina.
— Lavorare? Tu? Non raccontarmi stronzate. — Indicò gli attrezzi appesi al muro. — Ti spacco quella testa piena di merda con una chiave, quant’è vero Dio.
Paola vide Marcello Loria soffiare aria dal naso come un toro.
— Io ti avevo detto: lascia perdere, è una cazzata. Tu hai insistito, brutto stronzo. Non cercare di far passare me come quello che ha fatto la cagata, perché la cagata l’hai fatta tu!
Il signor Loria sputò in terra, fissando suo padre ancora seduto alla seggiola.
— La verità è che tu vuoi farti ammazzare — disse. — Un cazzo di bar… La sanno tutti la storia. Mi hai ridato appena un decimo dei soldi! Sto facendo la figura del coglione, e nei giri che frequento queste cose non vanno bene. Ti dovrò ammazzare, stronzo.
— Ho provato a vendere la mia parte agli altri soci, ma non l’hanno voluta, — sbottò suo padre alzando il capo.
Il signor Loria caricò il destro e lo colpì al volto, sbattendolo a terra.
La sedia si ribaltò.

Luigi si passò una lingua sulle labbra e si avvicinò a Enzo, ma suo fratello tese un braccio.
— Aspetta, — disse. — Ehi, coglione, guardami.
Suo padre si tirò su e lo guardò con occhi perplessi.
— Ora sai che possiamo fare? Tu esci fuori con mio fratello, così io parlo un po’ con tua figlia, che mi sembra più ragionevole.
Paola sentì le pupille dilatarsi. — No, — disse.
— Non mi piace ’sta cosa, Marce’, — disse Luigi Loria.
— Sta’ zitto tu. Chi t’ha chiesto niente?
— Allora, Enzino, che dici, — continuò Marcello appoggiandogli una mano sulla spalla. — Vedrai che se parlo un po’ con tua figlia può essere che ti lascio altri sei mesi. Fino a Natale.
— No papà… — insisté Paola, ma Luigi aveva preso suo padre a braccetto e lo scortava verso la serranda.
Enzo si voltò.
— Tutto a posto, — disse ancora il signor Loria. — Facciamo quattro chiacchiere.
— Questa cosa non mi piace, — ribadì Luigi Loria sollevando la serranda.


Paola scrutò lo spazio davanti al garage ma non c’era traccia di Pino né del bulldog.
Poi la serranda si chiuse e tornò la penombra. Marcello Loria fece qualche passo e richiuse la porta della cucina.
Si udì un click e la lampadina al centro della stanza si accese.
— Allora, che vogliamo fare?
Paola aveva la bocca impastata. — Che vuoi da me?
L’uomo tirò su la seggiola. — Avvicinati.
— Sto bene qui.
— Stammi a sentire. Non mi rivedrete per sei mesi. Lo so che non sei una verginella… vieni qua. Non ti costa nulla e salvi la pelle a tuo padre. Farò piano, hai la mia parola. Voglio solo toccare quelle mezze tette che ti ritrovi, quella pelle perfetta…
Dopo qualche secondo Paola fece un passo di lato e Marcello le afferrò un polso e la fece sedere su di lui.
Paola sentì la sua erezione premerle contro i jeans. Cercò di mantenere il controllo, ma non ci stava capendo più niente.
Le grasse dita di Marcello le scivolarono sotto la maglietta e le abbassarono il reggiseno. Paola sentì rompersi il gancetto.
Marcello perse il controllo. Cominciò a strizzarla ovunque, con una mano le tirò su la maglietta e la gettò via, lasciandole scoperti i seni, poi le sbottonò i jeans.
A Paola sfuggì un singhiozzo. Il signor Loria la fece alzare e le strattonò giù i jeans e le mutandine, fino alle caviglie. Poi le spinse il collo in basso finché lei per non cadere appoggiò le mani per terra.
Benché fosse chiusa e secchissima, lui la aprì con violenza. Perse l’erezione, ma dopo qualche secondo tornò duro.
Paola urlò e Marcello le tappò la bocca con una mano.
Si udì un altro grido fuori dal garage, che venne troncato a metà.
Luigi sta pestando mio padre, pensò mentre quello la sbatteva da dietro con tutta la sua forza. Ci fanno il sevizio completo.

Allora il suo cervello andò in tilt.
La mente si distaccò dal corpo come una piccola barca da un porto.



IV.
Quando Marcello ebbe finito, Paola lo sentì scivolare fuori come una lumaca.
Si era ridestata, ma c’era qualcosa che non andava nella sua mente.
— Ohi, ohi. Va bene ragazza. Spero ti sia piaciuto… — disse Marcello, e Paola si stupì nel sentire i suoi muscoli flettersi.
Marcello dovette cogliere qualcosa nella sua espressione, perché sbarrò gli occhi.
Paola sferrò un pugno a tutta forza dritto alla sua gola.
Lo prese sul pomo d’adamo, e lo sentì rientrare come un pungiball nella macchina. Si sbilanciò e cadde in terra tutta nuda, macchiandosi un fianco di olio.

Si mosse verso l’angolo mentre Marcello, ricaduto sulla seggiola, gorgogliava a bocca aperta, con le guance rosse.
Ogni tanto emetteva una specie di fischio stridulo.
Paola tolse il panno dalla teca e l’aprì. Senza esitare un istante afferrò Mordipassera giusto dietro al collo.
Lo sollevò, e la bestia non gradì: con la coda cominciò a sferzarle la pancia.
Paola prese la rincorsa e ficcò il braccio dentro alla bocca spalancata del signor Loria, fino al polso.
Poi mollò la presa.
Mordipassera sembrava impazzito. Aveva affondato i denti da qualche parte nel fondo del palato, oltre la lingua. La sua coda saettava come la frusta d’un folletto.
La fronte di Marcello Loria si contrasse e gli riuscì di urlare. Con gli occhi luccicanti morse a sua volta Mordipassera che si dibatté, gonfiandogli le guance.
Con gli incisivi riuscì a staccare metà serpente, poi il Loria spalancò la bocca per respirare e Paola vide l’altra parte di Mordipassera tuffarsi giù per la sua trachea, come uno spermatozoo che si infila in un ovulo.

Mangia, fece in tempo a pensare. Poi udì la serranda sollevarsi: aprì la porta della cucina, corse in casa, afferrò una vestaglia e uscì dal retro.
Dentro si udivano rumori, bestemmie ovattate.
Si infilò la veste, poi si guardò attorno: erbacce per alcuni metri, poi un mare di forasacchi che frusciavano nell’oscurità.

Corse scalza verso il fianco dell’abitazione e vi trovò la Ducati appoggiata maestosa al cavalletto laterale.
Suo padre le aveva insegnato a guidare la moto: la cosa migliore che avesse mai fatto. Sollevò l’orlo della veste e balzò in sella; girò la chiave e il ruggito del motore sconvolse i dintorni.
Derapando infilò la stradina di terra e lanciò un’occhiata indietro: vide suo padre seduto in terra, a dir poco malconcio, poi il bulldog uscire per un attimo dal garage.
Quando guardò di nuovo avanti stava per finire nell’erba, ma in qualche modo si rimise al centro della carreggiata e accelerò ancora di più. Filò via con la veste che svolazzava denudandola fino alla vita e la polvere che dietro di lei si sollevava rabbiosa.



V.
Suo padre e Pino erano spariti, a cause dei debiti, secondo i più.
In realtà erano stati fatti sparire, e anche il corpo di Marcello Loria era stato portato via e il garage ripulito, ma non dalla polizia.
La polizia non aveva prove della morte di nessuno. Avrebbero indagato ma senza risultati, credeva Paola. E del fatto che lei aveva ucciso Loria non aveva fatto parola.
Tutto quello che sapeva era che doveva andarsene.
Luigi Loria era passato al comando. Essendo un vero signore non voleva che le capitassero incidenti, ma perché ciò fosse possibile, avrebbe dovuto lasciare il paese entro tre giorni.
L’aveva esiliata dalla cittadina, come nel Far West.

Sua madre era tornata a casa, le aveva dato dei soldi e Paola era pronta a partire.
Stavolta era lei ad andar via.
Direzione: riviera, dove trovare un posto in un bar per l’estate, poi una scuola per l’autunno.
L’unica cosa che contava al momento era stare da sola. Cercare l’equilibrio mentale.
Si sentiva sfasata dai colpi di cazzo di Marcello Loria e dagli occhi che aveva prima di morire.

Era la sera prima della partenza e lei uscì di casa con il casco integrale in mano.
Saltò in sella e partì sputando terriccio e poi cominciò ad accelerare per le strade di Coriano. Corse sempre più forte, e più correva più la strada le sembrava sottile.
Come un filo.





14995 caratteri
 
Top
Alessanto
view post Posted on 22/9/2010, 22:49




RACCONTO RIMOSSO.



Edited by Alessanto - 11/10/2010, 20:35
 
Top
Riubbe
view post Posted on 23/9/2010, 00:07




PARANOIE







Avevano bussato alla porta. Non avevano suonato il campanello, no, avevano proprio bussato.
Ben si svegliò. Lesse sull'orologio a muro che erano le quattro del pomeriggio.
Bussarono di nuovo, e con più vigore.
«Fermi, volete sfasciarmi la porta?» biascicò Ben, con la voce ancora rotta dalla pennichella. Infilò i piedi nelle babucce lanuginose, e si mise addosso la prima maglia che trovò appesa sulla scrivania. La maglia nera gli andava strettissima e lo faceva somigliare a Hulk. Attraversò il corridoio, e aprì la porta: Due uomini. Il primo era alto un metro e ottanta, e largo un metro e ottanta. Il secondo era un vecchio pieno zeppo di rughe. Entrambi erano vestiti da sicari, e Ben pensò che erano, probabilmente, proprio dei sicari.
«Sei tu Benjamin Sylvester Greene?» chiese il sicario enorme.
«Sì, perché?»
«Sei tu, sì o no?»
«A rigor di logica direi di sì. A meno che non ci sia un altro Benjamin Sylvester Greene nello stesso palazzo.»
Il sicario anziano avvicinò la bocca all'orecchio dell'altro, coprendola con una mano. L'altro fece sìsì con la testa, e si schiarì la gola. «Dobbiamo chiederti una cosa, Benjamin Sylvester Greene.»
«Va bene anche Ben.»
«Benjamin Sylvester Greene, non fare il simpatico. Ti chiami così.»
«Ehi, era solo per facilitarti la cosa.»
«Tu non faciliti proprio niente.» gracchiò il sicario in età pensionabile. «Vuota il sacco. Dove hanno messo Joe?»
Ben fece mente locale. Conosceva ben tre Joe. «Di quale Joe state parlando?»
Il tipo grosso afferrò Ben per la collottola. «Non fare lo scemo. Dov'è?»
Ben si sentì sollevare per aria. «Lasciami!» strillò, menando pedate per l'aria.
Il sicario lo lasciò andare, e Ben cadde col culo per terra. Ora fissava quell'omone da testa a piedi: Scarpe nere, luccicanti. Pantaloni neri. Camicia nera sbottonata sul petto per far uscire fuori i peli riccioluti da vero macho. «Ma che cazzo sei, oh!» proruppe Ben.
Il vecchio fissò il grosso. «Vince, buttalo dentro.»
E Vince eseguì. Prese a calci Ben fino a farlo strisciare davanti al divano in salotto. «Forza, stronzo, dimmi dov'è Joe, non farmi incazzare.»
«Ma ti sembra un buon modo di discutere?» reagì Ben, mentre sentiva la punta dello stivale entrargli di violenza esattamente nel buco del culo, aprendolo a nuove prospettive di dolore. Urlò e bestemmiò.
«Lo decido io come discutere. E tu ancora non mi hai risposto.»
«E dammi tempo!»
Vince ficcò la mano grassoccia nella tasca, estraendo un pacchetto di sigarette. Frugò con le dita all'interno, e se ne infilò una tra i denti. Con l'altra mano prese un accendino metallico. Si accese la sigaretta. «Ora possiamo parlare in santa pace.» disse, sprofondando col culo nel divano, che rumoreggiò plasticamente.
«Hai scoreggiato?» fece il sicario vecchiardo.
«No, ho appena rifoderato il divano.» intervenì Ben, mentre con l'aiuto delle mani si rialzava in piedi. «Quale Joe cercate? Io ne conosco addirittura tre. Uno lo vedo sempre al bar qua sotto, è un professore di matematica.»
«Passa avanti.» disse Vince il grosso, tirando poi una boccata di fumo.
«Un altro Joe è uno sbirro...»
Vince fissò il suo compare. «È uno sbirro, Mike?»
«No, il nostro Joe è uno stronzo di un notaio.» disse l'anziano Mike, chiudendosi dietro la porta d'entrata.
Ben passò a guardare prima Vince e poi Mike. Mike e poi Vince. Ed entrambi avevano posato gli occhi su di lui. «Non conosco nessun notaio di nome Joe.» dichiarò, con un filo di voce.
Vince vide un posacenere in vetro trasparente, e spiaccicò il mozzicone contro il fondo. Poi scattò in piedi. «Mi sono rotto il cazzo. Dov'è Joe? Basta stronzate, Benjamin Sylvester Greene.»
Ben arretrò, notando che quella montagna di muscoli si stava avvicinando a lui. Si ricordò che però la montagna di muscoli non era venuta da sola. Si voltò verso il vecchio che aveva di schiena: Impugnava una spranga, e dall'espressione sul volto, simile a quella di un molosso che non vedeva carne da una settimana, era determinato a usarla. L'oggetto metallico impattò contro la sua fronte, producendo un tonfo. Ben perse i sensi.


«Ma che cazzo!» esclamò Vince. «Potevi andarci più leggero?»
Mike si puntò il dito contro il petto. «Io? E che dovevo fare con la spranga, dargli una carezza?»
«Potevi non usarla!»
«E l'ho usata, va bene? Chiama al gran capo e chiedigli che dobbiamo fare di questo merdoso.»
Vince tirò fuori dal taschino un cellulare vecchio stampo, magari obsoleto, ma compatto, solido e funzionante nella sua essenzialità: Un glorioso Nokia 3310.
Le sue dita enormi digitarono il numero del gran capo. Poi schiacciò il pulsante di chiamata.
«Pronto?»
«Pronto, capo, sono Vince.»
«Dimmi tutto. Sei arrivato a casa di Greene?»
«Volevo parlarle di questo. Mi trovo a casa sua, ma lo stronzo dice che non conosce il nostro Joe.»
«E avete provato con le maniere forti?»
«Non ancora. Mike gli ha dato una botta, e ora è svenuto. Che facciamo, alla vecchia maniera? Gli sganciamo i denti? Lo riempiamo di botte fino a che non parla?»
«No, no. Mike dovrebbe avere una sorpresina in macchina. Diciamo una roba più...soft.»
«Soft?»
«Digli di prenderla, ti farà piacere.»
«D'accordo, capo.»
«Allora ci sentiamo più tardi. Solo una cortesia, non me lo ammazzate Greene, d'accordo?»
«Sì, capo, ok.»
E Vince attaccò.
«Allora, che ha detto il capo?» chiese Mike.
«Dice che hai una sorpresa in macchina.»
«Sorpresa?»
«E cazzo, se non lo sai tu.»
All'improvviso gli occhi di Mike brillarono, e le sue labbra formarono un sorriso. «Ah!» esclamò. Poi scoppiò a ridere. «Non ci crederai mai a che cazzo ha pensato il capo.»
«Be', lo vedrò tra poco. Muoviti a prendere 'sta cosa.»
Mike aprì la porta e se ne andò.


«Bello, svegliati.»
Ben sollevò una palpebra, e gli sembrò uno sforzo sovrannaturale. Poi riuscì a sollevare anche l'altra. Il cervello collegò il tutto. Girò il capo a destra e a sinistra. Le sue braccia e le sue gambe erano tese, e vista dall'alto la sua figura assomigliava a una X. Le mani e i piedi erano legati. Sopra la sua testa vedeva muoversi le pale del ventilatore.
Una faccia rugosa entrò nel suo campo visivo. «Sai cosa ho preso in macchina?» Il suo alito sapeva di cipolla e di erba.
«N-no.» balbettò Ben.
La mano del vecchio Mike sorreggeva una gabbietta dentro cui si muoveva, ansioso, un essere giallo, con un inquietante coda a pungiglione dorata. «Guarda che carino. Uno scorpione del...del?»
«Dello Sticazzistan. Comunque è uno scorpione asiatico, mi pare.» commentò Vince.
Ben avvertì una vampata di calore dietro la nuca. Impietrito, guardò Mike che si allontanava da lui e sollevava il coperchio della gabbietta. Lo scorpione si arrampicò su una parete, e Mike rovesciò a terra il contenitore. Ridacchiò. «Ti lasciamo solo col nostro amico.»
«Non conosco nessun Joe del cazzo!» piagnucolò Ben. «Ve lo giuro!»
«Ragazzo mio, siamo qui. Tu devi solo dirci dove si trova, davvero.» spiegò Vince, accendendosi un'altra sigaretta.
Lo scorpione studiò il luogo attorno a sè, poi voltò le sue zampette verso Ben, e puntò contro di lui il pungiglione. Con passetti veloci si avvicinò all'umano succulento.
«Non lo conosco! Non lo conosco! Vi prego, no! No! NO!» strillò Ben. La sua faccia era arrossata e bagnata di lacrime e sudore.
Mike si massaggiò il mento. «Vince, ma mi sa che questo veramente non lo conosce Joe.»
«È Benjamin Sylvester Greene.» rispose Vince. «Deve conoscerlo.»
Ben cercò di liberarsi dalle corde. Strillò di nuovo, tirando fuori tutta l'aria accumulata nei polmoni. Cercò di piegare le braccia, riunendole al suo petto, ma senza risultato.
L'aracnide se ne fregava dei pensieri e dei bisogni di Ben, e si avvicinava sempre di più alla succulenta e immobile preda. Sbattè le chele, e piegò il suo carapace contro il pavimento, tirando in avanti il pungiglione dorato.
«Fanculo, maledetti! Dovete morire!» strillò Ben. I due sicari assisterono all'attacco dell'animale impassibili.
Lo scorpione calò il pungiglione contro il ginocchio dell'umano, che urlò di nuovo.-
Ben sentì il veleno penetrargli la carne. Un lampo di dolore partì dalla parte colpita per giungere in fretta a tutto il corpo. Lo scorpione estrasse il pungiglione e voltò il suo corpo contro gli altri due umani.
Mike cacciò fuori la pistola dalla giacca. «Che cazzo vuole questo?»
Vince continuava a fumare. «E calmati, Mike.»
Lo scorpione continuava ad avvicinarsi a loro, sbattendo le chele ritmicamente.
Le urla di Ben cessarono di colpo e la sua pelle cambiò colore, passando da un rosa pallido a un bianco quasi fosforescente.
Vince spiaccicò il mozzicone sul fondo del posacenere. Mike lo fissò. «Ma non è che è morto?»
«Morto dici? Ma gli scorpioni non ti ammazzano mica.»
«Ma come? E guardalo.»
Vince si chinò su Ben: La faccia bianca, gli occhi chiusi e la testa piegata su un lato. Guardò poi lo scorpione, che adesso si era fermato, come a studiare quell' umanoide enorme. Estrasse la pistola e la armò con un rapido gesto del pollice. Prese la mira con cura, e poi fece fuoco. La pallottola vorticò nell'aria e poi si incastrò nel corpo dell'animale. Lo scorpione esplose in una poltiglia di carapace e liquido giallastro, che si sparse quà e là per le piastrelle del pavimento. Il pungiglione si piegò su sè stesso, accompagnando la caduta dell'aracnide, o di ciò che ne rimaneva.
«Questa non l'ho capita.» disse Mike.
«Il suo l'aveva fatto, no?»
«Be', sì, ma...»
«E allora?»
«Senti, che cazzo ne so. E che ce ne facciamo di questo sfigato? Mi sa che è schiattato.»
Vince si concentrò su Ben. Prese la pistola per il calcio e lo colpì sul naso. Nessuna risposta. Ripetè il gesto più e più volte, fino a distruggerglielo rendendolo irriconoscibile. La faccia di Ben era coperta di sangue.
«Cazzo, ma questo è morto sul serio.» sbottò Vince.
«Si è mosso!» urlò Mike. «Cazzo Vince, ti giuro su mia figlia che si è mosso.»
«Cosa si è mosso?»
«Il piede.»
«Ma ero quì a rompergli il naso, e secondo te non l'ho visto?»
«Ti giuro che gli si è mosso il piede.»
Vince affiancò la bocca all'orecchio di Benjamin Sylvester Greene. «Mi senti? Mi senti, brutto stronzo?»
Nessuna risposta.
«Questo è morto, Dio santo! È morto, e tu sei un vecchio arteriosclerotico di merda!» ruggì Vince, stringendo fra le mani la testa di Ben.
«Ma porco diavolo, ti giuro che l'ho visto muoversi!»
Vince fissò il vuoto. «Che cazzo abbiamo combinato...»
«Ma è il capo che mi ha dato lo scorpione! Ti pare così scemo, il capo, da darci un animale velenoso da compagnia?»
«Forse... Oddio, ho capito.»
«Che cosa?»
«Porca puttana, Mike, dobbiamo darcela a gambe. Tutta questa storia mi puzza, e parecchio. Il capo ci dice di andare da questo Benjamin Sylvester Greene, che secondo lui dovrebbe sapere dove si trova Joe. Lo prendiamo e lo torturiamo, e nonostante tutto non parla. Secondo te è tutto un caso? Greene che non sa di cosa stiamo parlando, lo scorpione che lo ammazza... Tutto! Il capo ci vuole fottere. Magari ha già chiamato gli sbirri.»
«Ma ti vuoi calmare, Vince, buon Dio? Stai sparando una cazzata dietro l'altra. Per prima cosa lo stronzetto non è ancora morto. E poi perché il capo dovrebbe farti una cosa simile? Voglio dire, perché vuole farti fuori?»
«Perché il capo lo sai com'è fatto. È pazzo.»
«E allora perché sprecarsi così tanto quando per ammazzarti bastava chiamare tre o quattro stronzi armati?»
«Non hai capito niente, Mike. Non vuole ammazzarmi, vuole farmi catturare dagli sbirri. Cristo santo, scommetto che se apri la tendina vedi sei o sette volanti che mi aspettano piene di sbirri fottuti.»
«Calma, Vince.»
«Non mi calmo neanche per il cazzo!»
Vince puntò la pistola contro Ben, e fece fuoco tre volte. La testa si spappolò, e pezzi di sangue e cervello schizzarono contro una parete. Pezzettini di carne e ossa si sparsero per il pavimento, e una pozza sugosa rosso scuro prese il posto della faccia di Ben. Dal collo fuoriuscì altro sangue, e nel giro di qualche secondo sotto il corpo legato del poveretto nacque un lago scarlatto.
Mike fissò la scena, a bocca aperta. «Ma tu sei completamente pazzo!»
«Era già morto.»
«Morto? Oh cazzo, ora il capo se la prenderà con me perché tu sei uno psicopatico di merda. Di merda!»
Vince rimase fermo a guardare le gocce che fluivano dal collo, e che si depositavano sulla pozza densa e rossa. «Dobbiamo andarcene.»
«Fanculo a te! Le hai prese le pillole almeno?»
«Ma quali pillole, sto benissimo. Dobbiamo andarcene, prima che arrivino gli sbirri.»
Mike scosse la testa. «Niente sbirri, sei tu il problema. Posso ancora cavarmela però. Gli dico che tu eri impazzito e che avevi sparato a quel Ben.»
«Eri? Perché eri, io sono ancora quì.»
Mike tese il braccio e puntò la pistola contro il suo collega. «Non per molto, schizzato merdoso.» disse.
«Bastardo di un vecchio, sapevi tutto sin dall'inizio, vero? Sapevi che questo poveraccio non sapeva niente, e il capo ti ha mandato quì per ammazzarmi. Tutta questa storia è solo contorno.»
«Tu sei pazzo.» ribadì Mike.
Vince inghiottì, e puntò a sua volta la pistola contro il vecchio.
Mike si concentrò. Fissò Vince dritto negli occhi. Notò le zampe di gallina attorno.
Vince fece un passo in avanti.
Mike si schiarì la gola. «Vince, mi è venuta un'idea. Devi andartene via di quì, il prima possibile. Prendi un aereo per dove cazzo ti pare, e sopratutto portati dietro i medicinali, che senza sei uno straccio. Ti giuro che non c'è nessun complotto nei tuoi confronti, solo che se il capo scopre di questo macello vorrà la tua testa su un piatto.»
Ma Vince non rispose. Compresse le labbra tremanti, come se fosse in procinto di piangere.
«Cazzo, mi hai sentito?» ribadì Mike.
Vince schiacciò il grilletto. Partirono tre colpi diretti contro il corpo del suo collega. Mike indietreggiò, e tre macchie rosse comparvero sulla camicia bianca. La mano armata si piegò, ma il vecchio mantenne salda la presa, e fece fuoco a sua volta. La pallottola colpì una pala del ventilatore. Indietreggiò di nuovo, piegandosi in due, con la mano a sorreggersi il ventre spappolato dalla pallottola. La pistola questa volta gli sfuggì di mano e cadde a terra. Le labbra si schiusero a fatica. Stava per dire qualcosa, ma fu interrotto da un altro sparo. Il proiettile questa volta gli portò via mezza faccia. Istintivamente, il corpo di Mike roteò su sè stesso e poi capitombolò a terra.
Vince si girò a guardare prima il cadavere del suo ex-collega, e poi quello di Benjamin Sylvester Greene: Una vittima innocente.


14990 caratteri.

Maledetto Firefox. Perché non "calcola" gli "stacchi" prima delle due caporali di ogni dialogo? Nel documento Word prima delle caporali ci sono quattro "spazi" di stacco che non compaiono nella pagina web. Danno più leggerezza al tutto.
 
Top
Black _ Dahlia
view post Posted on 23/9/2010, 01:46




Racconto rimosso

Edited by Black _ Dahlia - 6/12/2010, 20:25
 
Top
view post Posted on 23/9/2010, 02:47
Avatar

Il Terrore delle Pizzerie
Badge Amministratore

Group:
Administrator
Posts:
5,962
Location:
Brianza

Status:


Bene, tutti e 5 i partecipanti hanno consegnato... ^_^
 
Web  Top
view post Posted on 23/9/2010, 10:27
Avatar

Arrotolatrice di boa

Group:
Moderatori
Posts:
3,298
Location:
Di solito da casa mia.

Status:


Partirò con i commenti in ordine decrescente, voglio rileggere due lavori per la scelta del primo, nella mia personalissima classifica.
Assegno un (1) punto a "Paranoie" di Riubbe.
A mio avviso la scrittura non scorre, la pantomima dei due killer da film d'azione con risvolti comici è carina all'inizio poi rischia di sfociare nella macchietta.
"si avvicinava sempre di più alla succulenta e immobile preda" Non credo che esista uno scorpione abbastanza grande da scambiare un umano per una preda.
Può pungerlo per paura, per difendere il suo territorio ma mai per mangiarselo!
Poi? il capo aveva sbagliato indirizzo, voleva davvero far fuori i due killer, o aveva semplicemente affidato a due idioti un compito importante? Il semplice fatto che siano tutti morti non è necessariamente un finale.
Detto questo, che è la parte negativa, posso dire che alcune battute tra i due killer le ho trovate davvero divertenti e mi è piaciuta la sensazione di tensione ed ansia che trasudava da Ben.
 
Contacts  Top
Alessanto
view post Posted on 23/9/2010, 10:53




Ti consiglio di inserire tutto in un post: faciliterai il lavoro di chi deve fare i calcoli.
;)
 
Top
view post Posted on 23/9/2010, 11:08
Avatar

Arrotolatrice di boa

Group:
Moderatori
Posts:
3,298
Location:
Di solito da casa mia.

Status:


orca, hai ragione...
ok. riparto!
 
Contacts  Top
Alessanto
view post Posted on 23/9/2010, 11:09




CITAZIONE (Polissena C. @ 23/9/2010, 12:08)
orca, hai ragione...
ok. riparto!

Puoi inserire anche tutto nel post che c'è già.
:)
 
Top
view post Posted on 23/9/2010, 11:28
Avatar

Arrotolatrice di boa

Group:
Moderatori
Posts:
3,298
Location:
Di solito da casa mia.

Status:


Assegno due (2) punti a "Coincidenze" di Alessanto.
Il racconto mi piace in realtà e lo relego al terzo posto soltanto perchè una scelta ci è imposta.
Leggendolo ho sentito il dolore e lo strazio che volevi raffigurare. Ci sono alcune imprecisioni dettate con molta probabilità da una scrittura veloce, singolari che diventano prlurali ad esempio.
Quello in realtà che ha decretato la mia scelta è stata la disattenzione.
Il Fugu è un piatto prelibato della cucina giapponese, non di quella cinese.
Avrei sorvolato all'inizio quando parlavi della sua presenza in acquario, poteva essere lì soltanto come ornamento ma poi lo hai più volte menzionato nel menù!
La storia è triste e crudele al punto giusto ma ho notato alcune stonature puramente grammaticali.
Ci sono troppi puntini di sospensione, i puntini si usano quando una frase è interrotta a metà, non quando vuoi intendere che chi la pronuncia stia pensando ad altro.
Assegno 3 (tre) punti a Voodoo di Black _ Dahlia.
Il racconto scorre via veloce, la ricerca storico religiosa che hai fatto è davero notevole ma non ne appesantisce la fluidità.
Il finale però mi ha lasciato perplessa, non c'era nessuna aspirazione da parte di Ayda-Wedo a divenire sacerdotessa, avrebbe probabilmente preferito rimanere a giocare con gli altri ragazzini. Ho poi trovato riduttiva la soluzione della morte del bokor.
Era temuto e venerato o non avrebbe potuto agire indisturbato per tutta la vita, poi tutto d'un tratto si decide semplicemente di eliminarlo, a mio dire ci sarebbe stata meglio un pò di azione in qul passaggio.
Non una sua reazione, ne una maledizione che ci lasci magari con un finale aperto, solo un linciaggio a morte.
Assegno quattro (4) punti a "Serpe scaccia serpe" di Snow2.
Iniziamo col dire che il genere e lo stile narrativo veloce ed essenziale sono i miei preferiti, qundi questo ha giocato un ruolo fondamentale nella mia scelta.
Mi piace l'ambientazione, è inutile virare per strane e sconosciute mete quando possiamo lavorare su cose che conosciamo, la rieviera adriatica è un ottima scelta.
Il modo di scrivere è duro alle volte brutale ma coglie nel segno. L'unico appunto, avrei omesso la frase finale. Non lascia niente al lettore, sarebbe tranquillamente potuto terminare con il periodo precedente.

 
Contacts  Top
Alessanto
view post Posted on 23/9/2010, 14:39




Nel puro stile dello Skannatoio ecco i miei commenti. Credetemi, il tono può sembrare duro (e in molti casi, magari lo è) ma solo così si cresce. E poi siamo qui per questo, no?

Inconsistenza.



Trama
Premetto che il finale l'ho dovuto rileggere per capire cosa sia accaduto. Ho avuto il sospetto che tutto fosse un'allucinazione quando lui ha preso il serpente e l'ha usato come arma. Se volevi una sorpresa non ci siamo. Per il resto bello l'incrocio con lo specchio usato come mezzo di “trasfigurazione” e i vigolettati: evocativi. I problemi di stile e forma, però, me l'hanno reso indigesto.

Personaggi
Il protagonista e basta. Non mi ha convinto la caratterizzazione. È sotto l'effetto di qualche droga? Okay, perchè? Sta meditando? Okay, perché?

Stile e forma
Qui vengono le vere dolenti note. Non ci siamo proprio. Troppi aggettivi di cui molti fuori luogo. Ciò che traspare è la voglia di abbellire con barocchismi che risultano pesanti. A mio avviso andrebbe seriamente rivisto il registro usato: parole come “Immoto” o i doppi attributi che nel voler abbellire alla fine ottengono l'effetto contrario.
Ci con molte d eufoniche che vanno eliminate.

Serpe schiaccia serpe



Trama
Anticipo adesso: mi aspettavo molto di più.
Appena sono arrivati i mafiosi ho capito dove la vicenda sarebbe andata a parare. Tutto scorre liscio, questo sì, ma non ci sono sussulti. In questo racconto A+B = C e basta. Non c'è altro.
Inoltre trovo forzato il furto del serpente: quante persone l'avrebbero fatto? Non ci ho creduto.

Personaggi
Padre e figlia buoni (la moto è un tocco di classe, bravo!). Non male lo zio, ferme restando le precisazioni di cui sopra. Male il cattivo. Fa quello per cui è stato creato e basta. Troppo forzato. La sua morte sfocia in un pulp che, si vede, essere nelle tue corde, ma che lascia il segno solo per il disgusto. Troppo avvia. Serpente + mafioso + violenza = Morte col serpente del mafioso che ha fatto la violenza.
Buoni i dialoghi a parte qualche informazione buttata lì direi che ci siamo.

Stile
Nulla da eccepire. Secco e asciutto, perfettamente funzionale. Un buon lavoro.

Paranoie.



Trama
Debole. Due killer che vanno a far cantare un malcapitato. Non è qui la forza del racconto che, a mio avviso, visti i personaggi poteva venire molto meglio.
Un po' il finale è tirato via. Non tutto viene chiarito ma ci può stare. Avrei preferito, però, qualcosa di più incisivo.
A un tratto mi sono chiesto: ha mai visto uno scorpione?
Credo che te lo immagini molto più grande di come realmente è. ^_^

Personaggi
Qui non è andata male. I due amici si trovano a meraviglia e i duetti, in molti passaggi sono carini. Gradevole Ben. Mi sono divertito a leggere.

Stile
Liscio. Non ci sono scossoni e questo è un bene. Le azioni, specie nella parte finale, sono un po' fuori controllo, ma credo sia colpa dei caratteri che rimanevano.

VOODOO



Trama
Prima un complimento: l'ambientazione è buona. Mi è piaciuta! Tratteggi con cura i paesaggi. Bene. Andiamo alle “Skannaiate”. Nel complesso non mi è piaciuto. A mio avviso hai scelto una storia non da 15.000 cc. Mancano intere parti su cui sorvoli riassumendo e basta. Anche l'animale velenoso non ha un ruolo fondamentale: potevi costruire una droga con le erbe e non ci sarebbe stata molta differenza.
Anche la droga che hai costruito ha degli effetti troppo strani: non credo compatibili con il genere imposto dalla traccia: in alcuni passaggi ho pensato al soprannaturale, del resto il narratore “parla di contatto con gli dei” e cose simili.

Personaggi
Fino a quando parlano sono vivi. Poi spariscono e vengono fagocitati dalle parole e dal “raccontato”. Si sa troppo poco di loro non ci si affeziona.

Stile
Altalenante. Alcuni passaggi sono puliti, altri, e purtroppo sono tanti, pesanti. C'è un infodump di duemila caratteri (se non di più) che è proprio indigesto. Al lettore non interessa della tossina del pesce palla (a parte che non agisce come hai spiegato tu) vuole che la storia vada avanti.

Confesso che ho dei problemi per stilare la classifica: ogni racconto ha dei difetti che a mio avviso, sono piuttosto consistenti.
In ogni caso ecco la mia:

Snow2: 4 Skannaiate (ho premiato la pulizia e i personaggi).
Riubbe: 3 Skannaiate (ho premiato i personaggi benché il racconto non mi soddisfi in pieno)
Polissena: 2 Skannaiate (ho premiato l'idea ma lo stile me l'ha resa indigesta)
BD: 1 Skannaiata (l'ambientazione ben resa non è bastata... Sorry...)

________________________________________________________
Inserisco di seguito alcuni idee sui racconti che mi sento di dare: potete seguirli, farne spunti di riflessione o fregarvene. Chiaramente è per eventuali sviluppi futuri.

Snow2: Il racconto va bene così. Modificherei il finale mettendo un incontro della ragazza con il nuovo boss e un chiarmento col padre. Il personaggio si presta a diventare un specie di Lisbeth Salander all'italiana. Pensaci.

Riubbe: prendi quei due e non farli morire! Pensa a qualche altra avventura.

Polissena: riconsidera la narrazione nei termini che hai usato. Ci sono molti passaggi evocativi e interessanti, non li soffocare.

BD: Allunga la storia e scegli con decisione se vuoi un thriller con elementi soprannaturali o uno "liscio". Nella seconda ipotesi ripensa la droga.
Polissena ti consigliava di far morire il cattivo con un linciaggio. L'idea è ottima.
________________________________________________________

Ciao a tutti!

PS
@Polissena.
Ci avevo pensato. Il fatto è che non me li vedevo in un ristorante giapponese. Credevo non occorresse specificare (del resto nella prima persona non ci sarebbe stato motivo per dirlo... il perché era inserito in menù). Del resto esistono i locali che hanno specialità di diverso tipo. Ero indeciso e ho lasciato perdere.
Peggio per me! ^_^

Edited by Alessanto - 23/9/2010, 16:35
 
Top
36 replies since 15/9/2010, 15:44   1055 views
  Share