| Autorizzo Jack de Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine
DA RIBIEZ
Di Alexandra
E’ di nuovo sera, nella casa fuori città del grande pittore Ribiez, ed egli continua a girarci intorno nella sua Mini bianca, indeciso se entrare o meno. Con lui ci sono un paio di amici, il regista De Pastri e Lovelia la ballerina. De Pastri è impaziente:-Ci fai entrare o no? Hai sempre paura di aprire la porta alle sei? Intanto, controlla l’ora sul telefonino –insomma, fa un freddo da schiaffi, sta annottando, e tu te ne stai lì come un bambino pauroso? -Lo saresti anche tu- gli dice Ribiez, calmo, sgranchendosi le dita lunghe da pittore –se ti fossi trovato insieme a me davanti alla Caverna dell’Antimateria. -Oh, no, di nuovo- commenta Lovelia, stringendosi nel cappottino panna e fragola a fantasia di lisca di pesce. E dire che si è messa elegante per farsi notare da Ribiez, il quale, insieme a De Pastri, sta lavorando a un progetto che contempla delle scenografie ispirate a un suo sogno di bambino, e per il quale gli serve una ballerina. Accidenti a lei, credeva di incontrare un altro artista dall’aria internazionale come De Pastri, invece, guarda qui. Questo tizio si è spaventato per aver affrescato la cucina di casa sua. E’ persino peggio del sogno che De Pastri ha trasformato nella sceneggiatura di un cortometraggio che le è apparso claustrofobico fin dall’inizio. Nella scena principale deve percorrere un lungo cunicolo in penombra, in fondo al quale c’è una porta chiusa. Non può aprirla, perché la voce dell’orco in fuori campo l’avverte:”Bisogna morire molte volte per imparare a vivere”. Eh, no, carina, staresti troppo comoda se riuscissi a spalancare la porta e a uscire fuori dal set ridendo del sogno di Ribiez, che è poi il tuo. Ricorda ancora quella scena, e le sgridate di De Pastri. Non così, non doveva immedesimarsi troppo nella parte, quante volte voleva svenire? Lui aveva pensato di ricorrere a una controfigura. Lei, pur di avere la sua occasione, aveva preso tutte le pastiglie che aveva potuto. Ecco, le pastiglie. Fruga nella borsetta. Sì, per esserci ci sono, ma non vuole prenderle. Non davanti a De Pastri. Cosa penserebbe di lei? No, vuole fargli buona impressione, e rendere giustizia alla fatica di aver ballato per buona parte del film come se si fosse trattato della Sagra della Primavera. Tanto che Lovelia si chiede: Ho forse ballato a morte anch’io? Se per imparare a vivere bisogna morire tante volte, allora io l’ho fatto, morendo delle mie paure. E cosa sono venuta a fare, qui? Ribiez vuole mostrarci l’affresco che ha ispirato buona parte del film di De Pastri, e io credo di sapere da dove gli sia venuto. Anche lei correva sempre in penombra nel sogno sempre uguale, e si ostinava a toccare la porta che l’avrebbe portata fuori alla luce, ma essa era senza maniglia. E l’uscio di scena ideato da Ribiez aveva quella particolarità. Era liscio. Quanto alla voce da orco che aveva sentito, anche quella faceva parte del sogno. E diceva la stessa frase:”Bisogna imparare a morire tante volte per imparare a vivere”. Quanto terrore, in quel sogno. Per risvegliarsene, rompeva uno dei muri accanto a lei e precipitava nel vuoto, ritrovandosi a letto madida di sudore. Sul set non poteva farlo, così sveniva davanti alla porta. Aveva chiesto a Ribiez a quale espediente ricorreva per risvegliarsi al mattino. Lui le aveva risposto che bussava e bussava, per poi girarsi e correre all’impazzata quando dalla serratura usciva un filamento gelatinoso e gli solleticava il naso. Finiva per inciampare e risvegliarsi a letto a sua volta, sentendosi sempre più avvilito ogni giorno che passava. Era diventato artista perché non si piaceva come persona. Si considerava un vigliacco. Perché non si muniva di un martello e non spaccava quella maledetta porta una volta per tutte? Allora si sarebbe risvegliato felice. Non aveva voluto sentire ragioni quando Lovelia gli aveva detto che si trattava pur sempre di un sogno, e non ci sono ferramenta nei sogni. Questo se lo erano detto il giorno prima, alla fine del film, e Ribiez le aveva detto:-Non credo che il nostro sia un sogno come quello della gente normale, ce lo portiamo dentro da troppi anni. Io credo che sia tratti del messaggio di un’entità che esiste davvero, e che vuole sfidarci. La ragazza aveva riso, e poi gli aveva chiesto:-Come La Vendicatrice d’Acqua, lo spettro che appare nei luoghi in cui scorre l’acqua e annega chi le ha fatto del male? -Esattamente, vedo che ti piacciono le storie da brivido. Adesso vuole scendere anche lei dalla macchina, e vedere come il sogno che lei e Ribiez hanno in comune possa essere autentico. Anche De Pastri vuole essere della partita, e si è preso una web-cam; nella sua voglia di vincere il concorso per lungometraggi, ha deciso di aggiungere qualcosa al suo film, una specie di coda della storia. Ribiez fa strada ai due. Non c’è nulla di pauroso nel casolare riattato nel quale lui si è ricavato un piccolo studio. Nell’ingresso ci sono un paio di poltrone e un divano a grandi fiori stampati, e un televisore sulla destra. Sulla sinistra c’è una piccola libreria, con riviste, libri, e qualche CD di musica. In fondo all’ingresso, si intravede il lavabo d’acciaio della cucina. Ribiez, in silenzio, guida i suoi ospiti, guardandosi stupito la mano con la quale ha acceso la luce. -Tutto qui?- gli domanda Lovelia stringendosi nel cappottino. De Pastri, accendendo la web-cam le mormora:-Questo freddo non è normale. Difatti, una corrente d’aria arriva dalla cucina. Dapprima, si sente appena, e poi diventa sempre più forte. Ribiez scuote la testa, nervoso:-Lo sapevo. Non era ancora ora di entrare, abbiamo fatto troppo presto, e ci ha visti.
Le raffiche di vento sono sempre più forti. Qualche libro vola già per la stanza. Ribiez si mette a correre in cucina. Lovelia lo tallona, più nervosa che spaventata:-Insomma, c’è una porta comunicante o cosa? -No- le risponde lui battendo i denti –c’è una porta, ma è chiusa, ed è in fondo alla caverna. La ballerina è la prima a vedere l’affresco. Raffigura una caverna gigantesca dall’ingresso in penombra, in fondo al quale c’è una porta chiusa. E’ alta come il suo mignolo, ed è da essa che viene la corrente gelida. -Non capisco- dice De Pastri, accorso dietro all’amica per vedere di cosa si tratta; crede che sia uno scherzo dell’amico, e riprende tutto ciò che vede –come è potuta succedere una cosa così? -Ci sono forze che vengono a sfidarci anche se noi non le cerchiamo, e più rimandiamo il confronto con esse, più ci rendono infelici. Non appena Ribiez ha smesso di parlare, una voce da orco, che viene dalla porta in miniatura risponde:-Hai ragione, e come sai, bisogna morire tante volte per imparare a vivere. -Sì- dice lui –sì, oggi verrò. Mi hai trovato. La voce rise di lui:-Sciocco, credevi davvero che passate le sei del pomeriggio io diventassi meno pericoloso? Ti ho solo voluto osservare all’opera. Dipingi bene, e mi sono divertito a vederti crescere come artista. Ribiez sfiora l’ingresso della caverna, e la sua mano scompare. La ritira, ed è coperta da una fitta serie di cristalli di ghiaccio. -Bambino prodigio, mi ricordo di te, vieni, ora, affrontami. Lui accetta, ma in cambio gli chiede di risparmiare la ragazza. La voce da orco non fa sconti a nessuno:-Voglio che balli con me fino a stramazzare. Non ha forse passato la vita a desiderarlo? Entrambi entrano nella caverna. De Pastri lascia cadere la web-cam e si mette a tempestare di pugni quello che è tornato a essere un normalissimo affresco. Sa bene che nessuno gli crederà, e che quello non è l’effetto speciale di un film. La voce da orco gli dice, con tono fintamente consolatorio:-Hai assistito alla morte di due parti di te, chissà che questo non ti insegni a vivere.
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