| "Mors tua, vita mea"
All’epoca, il “Rubio Manchado” era rinomato come il peggiore bar di Caracas ed era proprio per quel motivo che a Miguelito piaceva. Come era solito fare, anche quella sera entrò nel locale, si accomodò al bancone e ordinò del rum agricolo. Semplice, scuro come l’oblio e caldo come il fuoco. Buttò giù quel bicchierino, e altri tre seguirono a breve distanza. Il locale, odoroso di fumo e sudore, traboccava emozioni. Chiuse gli occhi, inspirando profondamente l’aria densa, decifrando le diverse correnti che gli sfioravano la pelle appiccicosa, alcune in maniera lieve, altre con un tocco più marcato. Poteva sentire i sentimenti del campionario di umanità dolente che frequentava la bettola, poteva annusarli, ascoltarli. Se avesse tirato fuori la lingua avrebbe sentito il gusto delle emozioni degli avventori. La vista nemmeno serviva più, la precisione con la quale leggeva chi aveva intorno trascendeva le forme fisiche. Proprio quella discrepanza tra il visto e il sentito l’aveva reso consapevole che nell’aria c’è più di quanto normalmente si riesca a percepire. Che fosse un dono di Dio, o una tentazione del demonio ancora non l’aveva capito, ma d’altronde lui era un poveraccio. E a Caracas, quando trovi qualcosa di inaspettato, lo raccogli e cerchi di farlo fruttare al meglio. Fece cenno a Editta, che provvide a riempire nuovamente il bicchierino di liquido scuro. Un sorriso, una strizzata d’occhio. Nonostante nel locale l’aria non profumasse certo di gelsomino, attorno alla ragazza sembrava sempre di stare in un giardino. Gli sembrava, quella sera, di riconoscere il profumo dell’albicocca, una nota azzurra nella serenità del sorriso candido. Vent’anni, un figlio in arrivo e un lavoro come barista in un barrios di Caracas. Ne aveva di coraggio la ragazza. Di sicuro non aveva alternative, ma accettare serenamente quel poco che la vita gli offriva non era cosa che riuscivano a fare in molti. Certamente non vi riusciva Nando, che giaceva riverso sul tavolino di legno, circondato da una selva di bicchieri vuoti come unici compagni di sbronza. Lo sentiva rivoltarsi nell’incoscienza dell’ubriachezza, annaspare nell’alcol che aveva in corpo e che lo imbrigliava e proteggeva dalla consapevolezza di una vita fallimentare. Annusava il desiderio di Milena, percependolo come una rossa sfumatura odorosa di muschio, mentre guardava il giovane Freddie giocare a biliardo con i suoi amici, e a fianco di questo fuoco umido sentiva grattare la gelosia di Marcos, pesante come una macina che lentamente frantumava l’amore per la sua ragazza e lo trasformava in odio per quel ragazzetto impertinente, dai riccioli morbidi e l’impudenza di chi crede che il mondo stia ai suoi piedi. Si rese conto di avere la mano serrata in un pugno, ed un erezione violenta che premeva contro la patta dei pantaloni, mentre fagocitava le poderose emozioni che si dibattevano imbrigliate in quel trio, e sopra di esse poteva sentire fischiare la nota della tragedia. Ancora non era abbastanza, e l’alcol non faceva che aumentare la sua fame, un appetito che non poteva saziare con il cibo, un vuoto colmabile solo rubando quanto di più intimo avessero le persone. E paradossalmente, lui che quasi non era capace di emozioni proprie, si trovava a dover dipendere da quelle degli altri. Normalmente bastava raccogliere qua e la, e quando la nazionale giocava, e nelle baracche tutti urlavano ad un gol, mancato o riuscito che fosse, ne aveva abbastanza per giorni. Ma la fame, la fame aumenta. Nel barrio con la fame ci nasci, ci vivi e ci muori, e quando provi la sazietà dell’anima, l’appetito che ne consegue è insaziabile. Marcos si alzò, buttando giù la birra restante nel bicchiere. Il fischio aumentava, uno stridio quasi insopportabile. Persino la corazza profumata di Editta faceva fatica a reggere sotto quel peso, e il sorriso era sparito dalle sue labbra. I sogni di Nando erano incubi con cui il demone dell’alcol si baloccava ormai senza freno. Poteva sentire le percezioni degli avventori piegarsi, incrinarsi sotto quel rumore assordante. E poi, l’esplosione dell’arma da fuoco, delle emozioni, del dolore, del sollievo. E mentre Freddie a terra boccheggiava, cercando di trattenere l’anima nei polmoni, Miguel respirava. Mentre il desiderio di Milena moriva in un urlo di terrore, Miguel sentiva il fuoco invadergli i lombi. Mentre Marcos provava il vuoto di chi ha preso una vita, Miguel finalmente si saziava. Uscendo dal locale, prima che qualcuno si facesse vivo a cercare vendetta, sull’onda dell’energia che aveva fagocitato Miguel riuscì a provare un po’ di vergogna. Poca, a dire il vero, ma era pur sempre qualcosa. Forse non era giusto ciò che faceva, e a ben pensare sembrava più una maledizione, piuttosto che un dono o una tentazione. Ma nel barrio, a Caracas, quando trovi qualcosa pensi solo a raccoglierlo e a farlo fruttare al meglio.
buona lettura.
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