Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio, agosto 2012, speciale X-0 ½, Le Ventiquattr'ore del Mardi Gras
extra-campionato, 2½ di 2

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Jackie de Ripper
view post Posted on 15/8/2012, 07:58




CITAZIONE (GDN76 @ 15/8/2012, 08:30) 
PS: Mi fa sorridere il tuo tentativo, mascherato (per rimanere a tema), di fare pubblicità occulta, però penso che dovresti mettere un link attivo... :p112:

Quando faccio pubblicità occulta allo Skannatoio
su Nero Cafè, i link attivi li metto. Cosa vorrà dire?
 
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view post Posted on 15/8/2012, 08:07
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Martin Sileno

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Significa che noi ti apparteniamo e non c'è via d'uscita da questa prigione... :p093:
 
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view post Posted on 15/8/2012, 08:38

Alto Sacerdote di Grumbar

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ok, idea avuta... ora mi invento una struttura cafona, di quelle che non chiedono né scusa, né per favore, poi scrivo...:D
 
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view post Posted on 15/8/2012, 09:22
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Yaaaawwwnnn... vediamo un po' le specifiche della 24h... oh, OH... c'è persino qualcuno che ha già postato... ok, raccogliamo la sfida! Vediamo cosa salta fuori! :lol:
 
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view post Posted on 15/8/2012, 10:33

il gattaro

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Perdonate la formattazione, vado a riempirmi la pancia di carne e birra, ora

Verrà la morte e avrà il tuo volto.


Il soffitto fu la prima cosa che vide. La seconda, come il solito, fu lo specchio, che imperterrito, col suo freddo occhio impietoso le rammentava l’impegno preso. Sospirò profondamente, girandosi ancora un paio di volte sotto le pesanti coperte invernali. Beatrice, la gatta, saltò sul letto, in cerca della prima carezza del giorno. A metà del balzo già stava facendo le fusa, atterrandole leggera sul petto.
Per un istante rimase senza fiato.
«Gesù quanto sei pesante. Dovrei metterti a dieta.»
La gatta spinse la testa contro la sua mano, forzando una carezza. La gatta miagolò di rimando, aumentando l’intensità delle fusa.
«Sembri un piccolo trattore.»
Un altro miagolio, un’altra testatina.
La sollevò e la depose a terra, dove prese a farsi le unghie sul tappeto. Anche quella mattina le facevano male i muscoli e le ossa. Forse stava esagerando con la corsa, magari doveva riposarsi un poco. Eppure le ossa non c’entravano niente con la corsa. Magari era una banale influenza. Si alzò e prese l’accappatoio che aveva lasciato sul calorifero, indossandolo, e sentendone il tessuto caldo e pesante sulla pelle.
Si guardò negli slip, perfettamente puliti. Ancora niente, pensò alzando le sopracciglia. Si sedette sul water, per fare pipì. Almeno il bruciore era sparito, ma di sangue nemmeno l’ombra. Uno sguardo all’agenda sul telefonino, dove scrupolosamente annotava i giorni del ciclo, le confermò il ritardo.
Una fitta allo stomaco le ricordò che aveva bisogno di nutrirsi, e con la consapevolezza arrivò il fastidio. Senza fame non avrebbe dovuto fare quello stupido patto con lo specchio, non sarebbe stata grassa. Ma nemmeno avrebbe conosciuto la disciplina. Aprì lo scaffale, e verso nella bilancia i cereali. Quindici grammi, non uno di più. Una dieta seria richiede rigore e impegno. E latte completamente scremato, cento millilitri. Masticò lentamente, contando. Uno, due, tre, cinque, venticinque, cinquanta. Ingoiò. Un’altra cucchiaiata. Ana era fiera di lei. Voleva essere come lei, e come tutte le amiche del suo gruppo, su internet. Tutte amiche di Ana, tutte magre, tutte belle. Anche lei ce l’avrebbe fatta, e con i chili poteva abbandonare finalmente quella pelle e quell’esteriorità goffa e pesante che si trascinava dietro dall’adolescenza. Oh, era stato bravo il suo ex, molto bravo. Le aveva aperto gli occhi, con quel ricatto. “Dimagrisci e ti sposo”. E dopo i pianti aveva deciso che sarebbe dimagrita, ma senza di lui, e gli avrebbe fatto rimpiangere la sua meschinità. Il contatto della gatta sulla sua gamba nuda la fece trasalire. Ricacciò indietro le lacrime. Doveva essere forte. Forte e decisa. Fino a sera niente di niente, a parte un cracker.
Si alzò, e si preparò al suo esame mattutino. Nuda, davanti allo specchio, si vedeva ancora grassa. Ancora qualche chilo e sarebbe stata pronta per mettere le sue foto sul suo blog, ma ancora si vergognava troppo. Iniziò a vestirsi, lentamente. Si sentiva stanca, fiacca. Doveva proprio covare un’influenza. Beh, doveva andare a correre, non c’erano storie. Si mise la tuta nera, col cappuccio. La faceva sentire protetta, al sicuro, e poi le piaceva correre per strada. Ancor di più in quei giorni di festa. E poi di martedì grasso, quando la gente è per strada ad abbuffarsi di dolci, e i bambini sono vestiti a festa. Si ricordò dei suoi carnevali da bambina, quando la mamma era ancora viva, e la vestiva da fatina. Adesso avrebbe potuto vestirsi da cetaceo, pensò amaramente, quando vorrei solo sentirmi un delfino.
Ancora lacrime, ancora il nodo alla gola. Forse sono gli ormoni, pensò. Devono esserlo.
Scese per strada, e iniziò a correre, per le strade piene di gente. Ragazzi per strada s’inseguivano spruzzandosi schiuma e stelle filanti, e il clima festoso la risollevò un poco. Anche l’aria fresca la fece sentire un po’ meglio, nonostante il fiato corto. Ancora un paio di chilometri pensò, ancora due. Poi, in un attimo, sentì le forze venire meno, e fu il buio.
Il primo ad accorgersi della figura a terra fu un bambino, che giocava nel parco. Si avvicinò alla ragazza stesa sull’erba e si spaventò, per un istante. Poi si fece coraggio, dopotutto era carnevale, e lo sanno tutti che a carnevale ci si traveste. Corse verso la panchina.
«Mamma, mamma vieni» disse, tirando la manica di sua madre.
«C’è una bambina travestita da morte che non si sente bene!».
 
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view post Posted on 15/8/2012, 11:15
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Idea trovata.
Niente d'eccezionale... Ma si può fare!

Lo dico solo perché se poi posto all'ultimo Master mi accusa di pubblicità ingannevole visto il mio post precedente!

Intanto complimenti a chi ha già dato, anche se per Smilo, e i suoi spritz delle 6 ne sono la prova, la notte (o primissimo mattino che dir si voglia) corrisponde al giorno! ;)
 
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view post Posted on 15/8/2012, 11:18

Alto Sacerdote di Grumbar

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Bella rovi, io ho app finito di strutturare la trama. Altro giro, altro esperimento per me...:P
(se poi ti gira di fare i disegni, beh, questa storia si presta... eccome...u.u)
dopo pranzo comincio a buttar giù due righe e vedo come va...
 
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view post Posted on 15/8/2012, 16:37
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Le radici dell'arancio

Un colpo ovattato nelle tenebre.
C'è qualcuno nella stanza.
Il fatto che fino a cinque minuti fa questo sgabuzzino contenesse solo un paio di scope non cambia proprio nulla.
-Ragazzi aprite, porca puttana! Questa merda mi farà avere un infarto.
Chiuso in un ripostiglio dell'Interaction design Institute del Piemonte in questo giorno di festa, con i miei compagni che sghignazzano mentre un'ondata psicoattiva mi lambisce le sinapsi, mi sto pentendo di aver preso parte a questa cosa.
-Stai calmo, ricorda che la salvia è legale e lascia che la tua coscienza esplori il tempo e lo spazio, è una figata! Io vedo tutto fatto di Lego!
-Vaffanculo, bastardi...-
Un altro colpo a una decina di metri da me, nell'ombra completa. Un altro ancora. Il ripostiglio misurava due metri per due, ma dai suoni capisco che ora mi trovo in un ambiente più vasto. C'è un piccolo chiarore, laggiù. Qualcuno si affaccenda attorno a qualcosa, dietro a un mucchio scuro. Cosa diavolo ha in mano? Che è questo tanfo? Cazzo!
-No ragazzi davvero, aprite, c'è qualcuno qui!
-Cos'è che vedi?- la voce stavolta non è di Michele o Claudio.
-Giovanna?
-Sì, sono io! Ti parlo dal mondo della Pimpa, sono davanti alla casa di Armando. Cosa c'è dentro, Giulio?
La sua voce risuona all'altezza del buco della serratura, e al pensiero che proprio dietro quel punto si trovino le sue labbra, il cazzo mi si irrigidisce quasi di colpo, scacciando quintali di paranoia densa come melassa. Un'ondata arancione si irradia dal volume che mi si gonfia nei boxer, estendendosi allo spazio circostante come la luce di una fiaccola.
-Sono in una specie di cantina, le pareti sembrano fatte di cera che si scioglie- la figura nell'ombra ha rizzato la testa verso di me per un istante: abbasso la voce in un sussurro -c'è una persona che fa cose spaventose, qua sotto. Ora sta sollevando un barile da terra, sembra molto pesante.
-Com'è fatta la persona, vedi qualcosa?
La porta tra noi non esiste più, Giovanna ha la pelle bianca a pallini rossi ed è inginocchiata ai miei piedi con la lingua che esce dalla bocca. Gli occhi azzurri risplendono alla mia luce.
Ansioso di dare altro combustibile alle mie fiamme, sollevo lo sguardo e cerco di accontentarla: -ha un berretto frigio, se ne sta andando con il barile.
-Dai, seguilo!
-Col cavolo, è pericoloso! Cosa ci guadagno?
-Se è interessante vengo anch'io lì dentro a vedere.
-Qui dentro? Ok- deglutisco un blocco di cera che mi è appena comparso in bocca -ma a patto che sia tu a impugnare la torcia.
-Okay!
Grande! Senza mollare la maniglia mi incammino sotto la volta, ma la mia luce si affievolisce nello scorgere un grande numero di involucri sul pavimento. Ce ne sono anche sulle pareti, trafitti da grossi ganci metallici!
-Gio, quella creatura li ha svuotati! Svuotati, capisci? Qua sotto li ha aperti, svuotati uno per uno e poi ha messo il loro contenuto in un barile!
-Cosa, cos'è che ha svuotato?
Svolto un angolo, la stretta sulla maniglia si fa dolorosa e la cera invade la mia gola. La cantina termina sul fondo di un pozzo. Sollevato da una corda tesa, il barile ciondola verso l'apertura. Un anello di luce illumina un mucchio di involucri. La loro superficie è marcia, chiazzata di un porpora malsano. Nel fetore stagnante, l'aria si muove alle mie spalle. Sulla mia spina dorsale scorre una cascata di spilli di ghiaccio. La luce della mia torcia ora è un lumino, un mozzicone calpestato da una colonna di oscurità secolare.
-Benvenuto alla mia festa, Giulio.
La creatura è dietro di me, parla in falsetto. Il freddo della maniglia nel mio palmo mi congela il corpo. Un solo movimento, e verrò spalancato anch'io.
-Chi sei...?
-Una tendenza ricorrente. Un ricordo sublimato. Uno spirito antico.
-Mi conosci...?
-Tu mi hai letto in Edgar Allan Poe, ma mi celebri ogni anno, nella stessa forma, in questa città.
-Qui a Ivrea?
-Qui. La fine di una guerra impari tra oppressori armati e oppressi appestati. Qui è la fossa putrida in cui l'uno si trasforma nell'altro. L'ultimo giorno di carnevale, il culmine del rovesciamento. Ricordi troppo terribili che indossano maschere per non germogliare in follia.
La sagoma di un braccio magro e lunghissimo si solleva accanto alla mia guancia, indicando in basso: un bubbone pulsante forato di arterie cardiache fuoriesce da un involucro e rotola verso di me.
Ricaccio un conato.
Sento muoversi la maniglia che ho in mano, mi volto. Uno spiraglio di luce mi ferisce gli occhi, la sagoma di Giovanna mi fissa con azzurro terrore. Ha visto anche lei, ha ascoltato attraverso il buco della serratura? Alle mie spalle, uno sgabuzzino vuoto. Ai miei piedi, un'arancia.
-Adesso ci credi che la salvia divinorum è più forte al buio?- ride Claudio avvicinandosi.
-Non fare quella faccia, è stato uno scherzo di interesse scientifico!- lo spalleggia Michele -Forza, spostiamoci in centro. Voglio arrivare in botta alla guerra delle arance, sai che storia?
Vomito.
Temo che non apprezzerò le tradizioni eporediesi allo stesso modo, da oggi in poi.

Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo racconto su Skan Magazine.

Edited by Signore dei Benelli - 15/8/2012, 19:53
 
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Wellax
view post Posted on 15/8/2012, 17:22




Anticipo col dire che il racconto è molto forte. mi sentivo uno schifo dopo averlo scritto, ma queste cose purtroppo succedono veramente e questo mi fa stare male.
Comunque buona lettura.


A lonely girl in this cruel world



Wellax


Boato.
Coriandoli come neve.
I colori nel cielo sono troppi per essere riconosciuti.
La gente, un ammasso di anime felici, sta accalcando Leister square per vedere i fuochi esplodere.
In lontananza una cassa pompa “la macarena”, la gente balla, ride; mille maschere e pochi volti, mille vestiti e pochi corpi.
-Io non ho mentito. Ho solo detto delle cose che in seguito si sono rivelate non vere.
Guardo questo tizio che mi si para davanti, è mascherato in una patetica imitazione di Richard Nixon.
-Sorella, Nixon per dio!
Il suo volto, plastificato, finto, non mi piace.
Quel sorriso che deforma il volto in un cumulo di rughe, un sorriso ipocrita.
Il tizio mi stringe le spalle. Sono terrorizzata.
-Ehi occhi azzurri! Tranquilla. É solo uno scherzo.
Lo guardo, lui guarda me. Il suo tono rassicurante, quel tono, lo utilizzò anche mio padre.
Mi stringeva come questo tizio fa adesso. Anche lui mi disse che ciò che stava per succedere era solo uno scherzo.
- É solo uno scherzo. Piccola mia.
La stanza era illuminata da una fievole luce. Era piccola. Agli estremi, vicino la porta d'ingresso, un uomo si stava togliendo i pantaloni.
-Solo uno scherzo. Continuava a ripetermi.
Ricordo il terrore che scorreva nelle mie viscere.
- Che cosa sta facendo quel tizio?
Non mi rispose.
- Quanti anni ha la piccola? Disse l'uomo dopo essersi acceso una sigaretta.
- Dodici. Rispose mio padre
-Bene. Non lo so, vuole guardare? Favorire?
- No, certo che no!
- Allora esca fuori- mio padre uscì – rincoglionito.-
Si avvicinò col pene che ballonzolava da una parte all'altra. Volevo vomitare.
-Allora piccola Obi, sei pronta?
No! Non lo ero.
Mi prese in bracciò e mi scaraventò sul letto.
Boato. Coriandoli in cielo.
La gente ignora la tristezza, non osa guardare un viso cupo, preferisce fingere di non vedere ma io osservo, in tutte queste maschere danzanti non vedo altro che il mio passato: demoni, mostri, gente senza dignità idolatrata da gente senza coscienza.
Un demone mi sorride, il volto come l'inferno, rosso, spaventoso, mi ricorda il viso paonazzo dell'uomo che mi stava stuprando. Sorrideva anche lui.
Era dentro di me, entrava e usciva con troppa forza per poterlo sopportare, urlavo, ma l'uomo mi pressava la testa nel cuscino e il mio urlo lentamente si trasformò in un respiro mozzato.
Godeva nel vedermi soffrire, ogni lacrima era come un orgasmo per il suo ego.
Ogni volta che entrava dentro di me la mia anima era sempre più sporca, mi sentivo colpevole, quando tutto di me era ancora innocente.
Mi tirò per i capelli e mi avvicinò al suo petto, peloso e sudato. Sentivo il suo sporco corpo nudo spalmarsi sul mio, sentivo le sue mani stringere il mio seno ancora acerbo.
Volevo morire.
Continuavo a ripetermi che era tutto uno scherzo, un terribile scherzo.
- Ti piace Zimba? Dimmi che ti piace piccola puttanella.
Dodici anni ed ero già una puttana.
Capivo che tutto questo era necessario, la mia famiglia doveva sopravvivere, ma era troppo doloroso da sopportare questo schifo.
Boato. Coriandoli in cielo.
Davanti a me un Alfred mi fa un inchino, gli sorrido e passo avanti.
Mi ricordò mio padre che servile ringraziò il tipo per essere stato così generoso.
Lo odiai.
Si avvicinò a me con una mazzetta di soldi. Non riusciva a guardarmi negli occhi quando era l'unica cosa che volevo. Volevo urlargli contro tutto il mio odio, ma il suo sguardo mi fece desistere, vedevo in lui una sofferenza forse maggiore di quella che provavo io, restai zitta, subii e tirai avanti.
L'innocenza era stata sepolta nel mio essere da chili e chili di merda quel giorno, troppe responsabilità, troppo dolore da sopportare per una bambina.
Quel mondo mi stava vincolando in qualcosa che non mi apparteneva. Nel paese in cui sono nata questo è l'unico modo per poter sopravvivere, non c'è lavoro e il sesso è l'unica cosa che va per la maggiore.
Molte altre volte dovetti subire questi soprusi, dovevo farlo. Per la mia famiglia ma la mia coscienza era troppo sporca per poter continuare.
A diciotto anni dissi basta, il mio volto era in una costante espressione di sofferenza da troppo tempo. Dovevo cambiare aria, dovevo ricominciare a sorridere e così mi sono trasferita a Londra. Lavoro in Fast-food e questo mi basta.
Boato. Coriandoli in cielo.
La gente urla, sorride, si diverte.
Guardo queste maschere, ricordi che si susseguono uno dietro l'altro ma non è il momento.
Finalmente vedo i miei amici, mi sorridono, mi avvicino a loro e li stringo più forte che posso. Mi baciano e io bacio loro.
No, non è il momento.
Il passato, sopratutto se doloroso, bisogna seppellirlo, non tirarlo fuori. É come una benda che ci rende ciechi, non sapremo mai chi potremo essere se continuiamo a pensare a chi siamo stati.
I miei amici mi stringono, sento il loro calore avvolgermi, sto bene, finalmente sono tornata a sorridere.
Guardiamo il cielo che risplende di meravigliosi colori.
Prima della parata era buio, senza una stella, ma adesso...adesso è bellissimo.
Boato. Coriandoli in cielo.

Fine

Autorizzo jackie a pubblicare questo racconto sullo Skan magazine

Edited by Wellax - 15/8/2012, 20:38
 
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view post Posted on 15/8/2012, 18:36

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Bon, eccoci... scusate se mi è scappato qualche refuso o ci sono pezzi poco chiari ma
1) ho una squadra di gnomi minatori che mi scava gallerie nel lobo frontale...
2) ho provato a concentrare una trama da minimo 10k in 5k... con tanta gioia per gli gnomi che hanno trovato terreno più morbido da scavare...
3) ho sperimentato una narrazione "al contrario" che mi ha sbarellato i neuroni...:D

In fase di commento non sarebbe male se aveste opinioni/consigli/dritte per il tipo di struttura che ho usato, quelle mi interesserebbero particolarmente. Grassie... :)

Indietro. A carnevale, ogni scherzo vale.
di Master_runta.

14 Febbraio 2018
“…presenta la campagna contro la violenza sulle donne, il senatore Alexander Mac Kenzie.”
Non gli era mai piaciuto vedersi in televisione, la spense. Sullo schermo nero, l’ombra del suo riflesso lo fissava in silenzio.
“Ironia. Solo nel giorno in cui tutti indossano una maschera, io posso togliere la mia. ‘Il volto dell’America’, dicono loro, semmai la bugia dell’America, dietro cui ognuno nasconde ciò che non può essere.”
Si spostò sul balcone dell’attico e osservò la città.
Durante il mardì gras, non c’era al mondo posto migliore di New Orleans: nel delirio della festa, nessuno avrebbe notato il vero volto di un vecchio stanco.
Guardò l’orologio, erano quasi le otto. Prese dal comodino un mazzo di rose fresche e una piccola borsa.
“È ora di andare, finalmente, dall’unica persona che mi conosce per quello che sono”.

27 Febbraio 1990
“…tutto quello che sono lo devo a mio padre che mi ha insegnato cosa sia la giustizia. Ed è con giustizia che ho intenzione di servire il mio Paese, sempre. Dio vi benedica, Dio benedica l’America.”
Il neo-senatore scese dal palco tra gli applausi entusiasti della platea, scortato come sempre da Sean Pollack, capo del suo staff, e da Kevin Riley, capo della sicurezza.
- Sean, sono in ritardo, devo ancora passare a prendere le rose.
- Non preoccuparti, Mac, ci ho già pensato io, è tutto in macchina.
- E la borsa? Hai preso la borsa?
- L’ha presa Kevin, non l’ha lasciata nemmeno un secondo.
- Bravi, non so cosa farei senza di voi.
- E, Mec, gran bel discorso.

6 marzo 1984.
- Ehi, Juan, chi era quello?
Maria appoggiò la scopa alla parete del corridoio e si avvicinò all’infermiere.
- Come, non lo sai? È il deputato Mac Kenzie.
Il suo sussurrare ispanico gli dava sempre l’aria del cospiratore.
- Quello di “giustizia prima di tutto”?
- Proprio lui.
- E che ci fa qui?
- Eh, è una storia triste: viene qui tutti gli anni a trovare la donna della 137. Tu forse sei troppo piccola per ricordarti ma è stata anche sui giornali: il deputato e la 137 erano fidanzati da piccoli. Poi, un giorno di carnevale, erano a casa da soli, stavano giocando, lui le ha fatto uno scherzo e lei è impazzita. Si è buttata dalla finestra in un roseto, è quasi morta dissanguata e, come se non bastasse, ha cominciato ad autoinfliggersi altre ferite. Poi ha avuto una crisi ed è diventata muta.
- Non ti aspetterai che mi beva una storia così.
- La cosa curiosa è che non c’è stata neanche una denuncia: quando lo sceriffo è arrivato, la ragazzina non parlava e c’erano due testimoni che hanno confermato la versione del deputato, cioè, del ragazzo. Quindi, lei l’hanno mandata nel manicomio di New Orleans, lui invece ha deciso che avrebbe fatto il politico, sai, per aiutarla.
- Aspetta, è vero, quest’ultima parte l’ho sentita anche io.
- Sì, e sono anni ormai che al martedì grasso lui viene a trovarla e le porta i fiori. Finalmente un politico che fa quello che dice. Io l’ho votato, e lo voterò ancora.

19 Febbraio 1980
Il neo-deputato Mac Kenzie si chiuse la porta dietro le spalle. Rose era stesa sul letto, polsi e caviglie legati da spesse cinghie di cuoio rinforzate.
Gli infermieri dovevano averla sedata: era più tranquilla del solito. Le appoggiò sul basso ventre il mazzo di rose e lei ebbe un sussulto.
- Sì, tesoro, sono io. È martedì grasso, il nostro anniversario, sono venuto a trovarti.
Dalla borsa estrasse un vecchio calzino gonfio e glielo poggiò sul petto, una lacrima le rigò il viso.
Si avvicinò dolcemente, le scostò i capelli e le baciò le labbra, mentre la sua mano scivolava lenta verso i seni, coperti solo dalla sottile vestaglia di cotone.
Rose cominciò a singhiozzare, chiuse gli occhi e inarcò la schiena. Le rose le scivolarono tra le gambe e una spina le graffiò l’interno della coscia: una goccia di sangue colò lenta sulle lenzuola.

6 marzo 1962
Alex aveva il braccio dolorante, lasciò cadere a terra il calzino pieno di sabbia umida e prese a massaggiarsi la spalla.
- Avete visto? Aveva ragione mio padre, con questo non rimangono i lividi.
Sean e Kevin lo guardarono ammirati: essere amici del figlio dello sceriffo era proprio il massimo.
- Vi prego, basta. Vi giuro che non cercherò più di scappare.
Rose urlava tra le lacrime, i polsi legati con delle cinghie alla spalliera del letto. La pelle candida della schiena era solcata da profondi graffi, testimoni del suo fallito tentativo di fuga attraverso il roseto.
- Perché hai dovuto fare tanto la difficile? Era un gioco, uno scherzo. E tu volevi rovinare tutto.
- Scusa, non volevo, ma ora basta, lasciami andare, prometto che non dirò niente a nessuno.
- Sono sicuro che non dirai niente, altrimenti ti uccido. Poi a chi crederebbe la gente, alla puttanella pazza che si getta di schiena nei roseti o al figlio dello sceriffo?
Alex fece un cenno ai suoi due amici che afferrarono Rose per le caviglie e le aprirono a forza le gambe.
- Hai voluto scappare, quindi ti meriti un altro gioco, un altro scherzo, - continuò Alex slacciandosi i pantaloni, -perché a carnevale, ogni scherzo vale.


Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo racconto su Skan Magazine.

P.S. vi risparmio di andarvelo a cercare sui vari calendari perpetui. Sì, tutte le date sono martedì grassi.

Ah, x Jackie, sono 4991 caratteri (titolo escluso).
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 15/8/2012, 19:15




Che delusione! Di tanti racconti solo due hanno autorizzato la
pubblicazione su 'Skan Magazine'. E io che mi scervello per
creare video-trailer esaltanti per gasarvi!... Ingrati!
 
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Nozomi
view post Posted on 15/8/2012, 19:20




Ok, mi avete convinta!

CLEO


di Nozomi

1.
Cleo, in ginocchio, le mani congiunte, mi fissava dal basso in alto con quegli occhi in cui ero affogata troppe volte.
- Ti prego, Nozomi! Da sola non voglio!
Opposi un’ultima resistenza. Le ripetei il nome della località dove ci aveva invitate quel bamboccio di cui si era invaghita.
- Ma sai dov’è? Faremo troppo tardi! Mercoledì devo lavorare, cazzo!
- Non puoi prendere un giorno di permesso? - Replicò. - Martedì Grasso capita una volta l’anno!
Ecco com’era Cleo: convinta di vivere nel Paese Degli Orsetti Del Cuore, dove il lavoro è un diritto e il precariato un hobby. Se l’amavo era anche perché era fatta così.

2.
Cleo, splendida Sailor Moon, la polverina dorata sul viso, il diadema a cuore tra i capelli, gli occhi truccati da un rimmel raffinato, il vestito preso in prestito dalla cuginetta. Io, ganguro di Nagakawa, con la divisa di mia madre, la gonna tirata in su alla maniera delle bishoujo.
Così ci presentammo. Un posto che dire enorme è eufemistico: un castello.
- Cleo! Sei splendida! Hai fatto buon viaggio? Vieni, dai!
Davide. Ecco chi era. Se fossi stata lui, l’avrei avuta. Bisogna essere sempre diversi da quel che si è per avere quel che non si ha. Cleo lo fissava in estasi. Aveva cominciato a confondersi con le parole, come le succedeva quando andava in estro per un ragazzo.
Vestito da Dracula, Davide era per davvero un Conte. Il suo castello, eredità dei suoi avi, era un interrotto susseguirsi di stanze.
Con lui, con noi, gente snob in maschera, sguardi discreti ma persistenti, intenti a valutare il nostro livello di mignottaggine.
- È la tua amica, Cleo?
Sì, ero io. Parlammo un po’ (Nozomi? Bello! Cosa fai? La cameriera? Bello!). Gli chiesi quanto pagasse di IMU. Rise. Un riccastro del genere ride di gusto a simili battute. È un riconoscimento del muro al di là del quale si trova e dove sta benissimo.
- Prego! Servitevi pure al buffet!
La serata iniziò, noiosa, con risate drogate. Lasciai Cleo al ruolo di ninfa adorante e subii le avances di due coglioni cui diedi finto spago. Ma pur essendoci subito integrate, notai qualcosa di storto nell’aria che non riuscii ad afferrare.
Chiesi a Davide dove fosse il bagno, me la stavo facendo sotto. Cleo si unì a me.
Davide ci spiegò, con una strana luce negli occhi, il percorso per arrivare a meta. Nonostante le indicazioni, quasi ci perdemmo per quanto quel posto era immenso.

3.
Mentre facevo pipì ammiravo Cleo rifarsi il trucco.
- Oh, sono persa di lui! – Aveva gli occhi lucidi per la gioia.
Non volli dirle che trovavo quel ragazzo banale, quel posto inquietante e che stavo contando i minuti per andarmene.
A lei avrei detto che il sole era verde per vederla felice.
Ma in quel momento andò via la luce.

4.
- Davide? Salvaci!
Cleo rideva. A differenza di me, trovava l’intermezzo divertente.
- Davide?
Dopo diversi minuti al buio, anche lei notò l’anomalia.
- Perché nessuno ci risponde?
- Saranno scesi a controllare un qualche generatore. – Le mentii.
- E ci sono dovuti andare tutti?
Ci arrivi eh!, pensai.
Come a risponderle, una musica Death Metal invase il buio a tutto volume.
Urlammo.


5.
Delle luci stroboscopiche proiettarono sulle pareti foto macabre: cervelli, copule immonde, occhi enucleati, cadaveri maciullati, ogni indicibile forma putrida di ribrezzo.
Urlammo e urlammo, aggrappandoci l’una all’altra. Dopo mezz’ora di quella tortura, fu di nuovo il buio totale, peggiore della morte. Non so per quanto rimanemmo lì, abbracciate. Perdemmo il senso del tempo.

6.
Lei alla fine crollò:
- Basta! Vi supplico!
- Zitta! – Le dissi stringendola più forte. – Zitta!
Non c’era solo il suo respiro, ora, a rompere il silenzio. Udii una litania in latino.
- Vi prego! Sto impazzendo! - Protestò Cleo, al limite della sopportazione. Piansi anch’io per il terrore mischiando le mie lacrime con le sue. Le luci si accesero solo dopo un milione di anni.

7.
Fissai il suo Principe Azzurro mentre tutti ci ridevano ancora in faccia. Capii perché avesse scelto proprio noi. Noi. Ragazze di provincia che non avevano tempo, come loro, di annoiarsi, no!, ma di illudersi, oh!, quello sì! Una festa in maschera in un castello! Per loro non eravamo state che un giocattolo. Non si erano nemmeno fatti passare per la testa che ci avevano oltraggiate, violentate, in un modo sottile, crudele, perché la loro amoralità era mischiata nel loro DNA, come un virus latente.
Era uno scherzo, tutto qui.
Cleo. Il viso stravolto dalla verità. Povero amore.

8.
Le luci dell’auto fendevano la notte. Ripensai al calcio che avevo dato a Davide, prima di andarmene e trascinarmi via Cleo con me. Sentivo ancora la forma delle sue palle sulla punta della mia scarpa. La mia amica fissava il vuoto informe oltre il parabrezza.
- Nozomi! Perché?
Mi girai a fissarla. Le lacrime le scioglievano il rimmel sul viso. Avrei voluto dirle tante cose. Ma non dissi nulla. Mentre guidavo, m’illusi che nella sua mente risuonassero queste parole: “ed io intesi quel che non dicevi, m’innamorai di te perché tacevi.”
Ma non era così.

4990 caratteri

Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo racconto su Skan Magazine.
N!
Baci
:wub:
 
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Wellax
view post Posted on 15/8/2012, 19:22




Jackie vorrei inserirla...ma ti sembro tanto scemo da non voler finire sullo skan magazine? E' un refuso!! Autorizzami ad autorizzarti.
 
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view post Posted on 15/8/2012, 19:40
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Martin Sileno

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CITAZIONE
Che delusione! Di tanti racconti solo due hanno autorizzato la
pubblicazione su 'Skan Magazine'. E io che mi scervello per
creare video-trailer esaltanti per gasarvi!... Ingrati!

perdonami ma preso dall'orgasmo creativo mi sono dimenticato di inserire l'autorizzazione... posso farlo adesso?

CITAZIONE
CITAZIONE (GDN76 @ 15/8/2012, 08:30)
mi sentivo terribilmente in colpa per aver saltato l'ultimo skanna... :B):

beh :blink: ...un po' c'eri, no <_< ?!
:Dio sono sempre presente, anche quando non mi potete vedere :p103:

@Jackie: mi sento così: 56d5cd95 ...hei, mi hai rubato l'emocion speriamo che l'ispirazione arrivi improvvisa nella giornata selvaggia :p099: !



Edited by GDN76 - 15/8/2012, 20:41
 
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Wellax
view post Posted on 15/8/2012, 19:40




Va beh Jackie visto che il racconto può essere ancora leggermente modificato mi sono autoautorizzato ad autorizzarti
 
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206 replies since 14/8/2012, 09:04   2938 views
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