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Skannatoio, aprile 2013, edizione XVII, Stasera l'aria è fresca...
* Campionato pri-est 2013, 3 di 12

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Sol Weintraub
view post Posted on 1/4/2013, 20:32




@Nozzy:
Ottimo, la porta della mia bisca è sempre aperta cara... soprattutto per te. :woot:
 
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view post Posted on 1/4/2013, 21:08

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Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine.

Il Portico del Sole
Di Alexandra
E’ sera, le ombre si allungano nell’ingresso della casa intonacata di bianco, dove spicca il tavolo di marmo rosa con le due panche di ferro verde.
A sinistra, sul muro, c’è un sole di metallo appeso, che dà il nome al portico.
Tutti lo conoscono come il Portico del Sole ed è attraverso di esso che sono passati molti ospiti indesiderati.
Questo appartiene al passato.
Ora non sono più, tuttavia, il loro influsso malvagio perdura, dato che Annabelle non riceve più le visite di quando era bambina.
Una volta il portico risuonava di voci allegre e di giochi, ora però, c’è un silenzio che la opprime, mentre siede sola su una delle panche.
Guarda l’orologino a bracciale e vede che sono appena passate le cinque.
Chi aspettava?
Era da un anno che Walter non veniva più, eppure, continuava a sperare che tornasse.
Di lì si vedeva bene l’imbocco della stradina.
Sarebbe bastato un momento per vederlo comparire nella sua tenuta da festa grigio scura, con tanto di camicia di seta.
Avrebbe portato il vino rosé, non aveva mancato di farlo, mai, neppure negli ultimi tempi, quando le aveva sconsigliato di rimanere in quella casa.
Lei non osava lasciarla per paura.
Non temeva nulla per se stessa, ma per lui sì.
Lo teme ancora oggi.
Si alza dalla panchina ed esce in giardino per guardare alla sua destra.
L’alloggio della governante è chiuso, tuttavia, l’abitudine a controllare che non scenda a sorprenderla è più forte di lei.
Se ne è andata quando lei ha compiuto i diciotto anni non senza averla avvertita di fare attenzione alla casa.
Annabelle, all’epoca le aveva quasi riso in faccia.
Cosa c’era, da temere nella casa in cui era cresciuta?
Certo, alcuni parenti ci erano morti, ma non succedeva forse in tutte le famiglie, di avere dei lutti?
La governante, una donna alta e robusta, che negli ultimi tempi si era incurvata per l’età e il clima umido del paese, l’aveva chiamata da parte, fuori, proprio accanto al sole di ferro appeso al muro.
Annabelle distoglie lo sguardo dall’alloggio della governante e si mette accanto a esso, ben ricordando le parole della donna che l’ha cresciuta:”Questa parte della casa è forse la più sana. Peccato che sia l’unica. Ci sono delle stanze che ti prendono quando viene la tua ora, non ti lasciano più scappare. Oggi hai degli amici, ma non sarà sempre così. Devi andartene fin che sei in tempo. Non ridere, ascoltami. Comincerà tutto quando sentirai un fresco pungente che nulla mitigherà, per quanto tu ti metta a cercare nell’armadio”.
Quelle parole le erano sembrate curiose, allora, ma ora, con dieci anni in più, le capisce.
Non sono successe per caso, le brutte cose che l’hanno portata a vivere isolata. Lei, a questo punto, può solo incolpare le pareti fra le quali vive.
Sfiora il sole di ferro, coperto di ragnatele e sente un calore irradiarle la mano.
In effetti, quello è il posto dove si sta meglio, per un attimo non si sente più sola come prima.
Non si gira subito, ma lascia che la brezza tiepida simile a una carezza le si avvicini e la faccia sentire felice come ai tempi di Walter.
Un tempo lui era un ospite di riguardo nella sua vita, la casa sembrava averlo accettato.
Questo fino al giorno in cui non uscì nel giardino e non si fece male prendendo…non ricordava neppure più cosa.
Era un oggetto avvolto nel tappeto che la cameriera aveva messo fuori in occasione delle pulizie di primavera.
Ricorda ancora oggi la mano graffiata di lui e il grande spavento della cameriera, la quale aveva colpito il tappeto più volte, per stanare la bestiaccia che vi si era nascosta.
In effetti, anche lei era andata a controllare, notando che nel mezzo del tappeto si era nascosta una forma tondeggiante, che vibrava tutta.
Cos’era?
Un grosso topo?
Lei stessa aveva aperto il tappeto e ne era uscito un grumo di polvere con gli occhi fiammeggianti e i denti che emanavano bagliori infuocati.
Le aveva ordinato di bruciarlo, ma la ragazza si era rifiutata.
No, la governante aveva deciso di ubbidire alla prozia, la quale voleva che non accadesse nulla agli arredi della casa.
Quando lei aveva protestato che l’anziana donna era deceduta l’anno prima, la cameriera l’aveva mandata dalla governante, la quale le aveva risposto: ”La casa non può cambiare per fare comodo a te, per quanto tu sia l’unica erede. Sembra che ti abbia presa in antipatia, quindi, faresti meglio ad andartene, così come farò io una volta scaduto il contratto. Nel frattempo, faresti meglio a non invitare quel giovanotto così spesso. A meno di non decidere di partire con lui per la città. Sembra che lì ci siano meno pericoli per te”.
Lei aveva protestato, continuando a frequentare Walter come sempre, ma qualcosa era cambiato fra loro.
Il giovane era rimasto spaventato dall’incidente, si era fatto visitare per il morso, dicendo al medico che si trattava dei denti di un topo.
Per sua fortuna, non aveva contratto né la rabbia né l’epatite, ma la sua vita era cambiata comunque in peggio.
Aveva cominciato a soffrire di un incubo che lui era convinto fosse premonitore: nella sala dei ricevimenti sarebbe accaduto qualcosa di orribile ad Annabelle.
L’aveva scongiurato di seguirla in città, ma lei aveva temporeggiato.
I genitori erano all’estero, tuttavia, facevano sentire la loro autorità.
Aveva incontrato un ragazzo che le piaceva? Molto bene, ma prima di pensare a una convivenza, doveva imparare a vivere nella casa della famiglia e amministrarla come le avevano insegnato loro. Non era detto che lui non avrebbe scelto di viverci.
Sì, c’erano stati lutti, era vero, la servitù amava spettegolare, ma lei doveva dimostrare a tutti che non esisteva nessuna maledizione.
Lei si era adattata a quello che dicevano i genitori nel corso delle telefonate intercontinentali, dunque, aveva preso tempo.
Dieci anni erano volati, in un isolamento che stava minacciando di rovinarle i nervi.
Da quando era rimasta sola, in attesa che Walter tornasse, sempre con la speranza che rispondesse alle sue e-mail con un :”Sì, verrò. Non è successo nulla di grave, cosa vuoi che sia uno stupido tappeto”, non aveva osato tornare nella sala dei ricevimenti.
Oh, quella sala.
Quanto era bella, con l’affresco che occupava le pareti.
L’artista, buon amico della prozia, aveva raffigurato un pomeriggio estivo in una villa sul lago.
La prospettiva del grande affresco partiva dal giardino, colmo di statue che raffiguravano dee dell’antica Grecia e il corteggio di animali mitologici che ricordavano le figure grottesche dell’epoca barocca.
C’erano anche grandi vasi con piante rare e sul soffitto il cielo estivo pullulava di uccellini, fiori e violini.
Da piccola, le sembrava di sentire una musica soffusa e la calura di giugno, insieme alla frescura del lago.
Amava molto anche le isole che vedeva all’orizzonte.
L’ultima volta che c’è stata, però, dopo il litigio con Walter, ha cambiato idea sull’affresco.
Le è sembrato di essere in una prigione immersa in una calura soffocante, con una musica rimbombante.
I violini erano stonati e gli uccellini cinguettavano per implorare pietà.
Le dee le erano apparse sogghignanti della sua disgrazia mentre le grottesche apparivano sazie, dopo essersi pappate tutta la sua felicità.
Aveva dimenticato il golfino rosa che Walter le aveva regalato ai tempi della loro felicità.
Quando era uscito dal salone, lei se lo era sfilato, gettandolo sulla sedia a capotavola della bella sala in stile Chippendale.
Ora se ne ricorda, mentre si scosta dal sole e sente che la frescura di settembre sta cominciando a infilarsi fra le pieghe del vestito leggero a fiori.
Quanto vorrebbe poter tornare nella sala, a dispetto delle parole del giovane: ”Nel mio incubo, qualcosa salta fuori dalla sala e ti fa del male. E’ nascosto nel maledetto tappeto di quel giorno. La cameriera ha fatto male a non bruciarlo”.
Lei ha solo potuto licenziarla, quella stupida, ma non è stata in grado di distruggere il tappeto preferito dalla prozia.
E’ ancora nella sala, sotto il tavolo.
Una volta le piaceva, rosa antico, ornato di peonie blu e di vasi cinesi.
Ora non più.
Cosa nascondono le piccole gobbe che nessuna delle cameriere venute dopo è riuscita a togliere?
Intanto, la servitù si rifiuta di pernottare nella casa e svolge i lavori di fretta, guardandosi alle spalle.
Sono tutti indizi che lei non vuole vedere.
No, si corregge.
Che non ha voluto vedere fino ad allora.
Le sue amicizie sono finite per incidenti successi nella casa.
Come mai?
La prozia la vuole sola?
E i genitori?
Anche.
Forse la vogliono sacrificare all’orrore che ogni tanto si scatena nella casa e che sceglie le sue vittime fra i familiari più ingenui.
Decide di andare da Walter quella sera stessa.
In fondo, l’ha sempre trattata con gentilezza, anche se è fermamente deciso a non tornare nella casa.
A quel punto, come dargli torto?
Cammina decisa verso la casa.
Il sole di ferro è troppo lontano per mandarle calore e la frescura settembrina è diventata ancora più forte.
Una brezza frizzante, uguale a quella del giorno del litigio con Walter, le fa desiderare di entrare nella sala che tanto teme e di prendere il golfino rosa.
Insieme alla valigia che preparerà di lì a poco, pensa, sarà un simbolo di riconciliazione fra loro.
Non le ha forse sempre detto che l’aspettava a casa sua?
Certo, non ha cambiato idea.
Per lui il litigio fa parte del passato, è disposto a perdonarla per aver esitato.
I genitori capiranno la sua scelta.
Entra nella sala.
Il golfino è a capotavola, come l’aveva lasciato quel giorno.
Accidenti.
A vederlo così, non sembra essere passato tutto quel tempo.
C’è ancora la bottiglia di rosé sul tavolo.
Ci sono i bicchieri.
Strano che la cameriera non abbia portato via tutto.
Decide di non rimproverarle quella negligenza.
Le fa sentire il passato più vicino di quanto non creda.
Afferra l’indumento.
Non lo ricordava così pieno di gobbe.
Fa per infilarselo.
Sente della polvere addosso e dopo arrivano dei morsi.
Se lo scuote di dosso, ma esso si è avviluppato intorno a lei come la belva famelica che è.
Una voce, che proviene dal giardino dell’affresco, la deride: “E’ già da molto che ti cammino a fianco”.
Sì, pensa Annabelle, da sempre.
Prima aveva assunto le apparenze rassicuranti del bel giardino, poi l’aveva attirata in quella trappola.
Decide di reagire, malgrado i morsi sempre più profondi:- Facevi parte della dote della prozia, dì? Viene tutto dal tappeto e dall’affresco?-.
La voce la dileggia:- Brava. Saresti stata un’ottima amministratrice di questa casa, se non ti avessi soggiogata. Non avrai creduto ai tuoi genitori e a Walter? Il pensiero del vino è stato mio, per attirarti meglio. Sai, anche noi orrori domestici dobbiamo nutrirci. Non è rimasto molto cibo, ma ci arrangeremo-.
Annabelle fa notare all’orrore che la tormenta:- Morta io morti tutti, caro mio. Non penserai che i miei genitori verranno qui, o che magari lo farà qualche cugino?-.
La voce appartiene alla dea affrescata più vicina a lei, che si volta, interrompendo l’eterna contemplazione del lago:-Non ho fretta. Morirai poco a poco e attirerai la gente che piace a me. Più facile da abbindolare dei tuoi sciocchi amici troppo curiosi. Forse verrà qualcuno di più affascinante di quel tuo Walter-.
La dea si volta di nuovo verso il lago e i morsi cessano.
Per ora.
Annabelle si strappa di dosso l’indumento e lo brucia.
Poi prepara la valigia, determinata a raggiungere Walter.
Il sole di metallo si illumina, ma non può nulla contro la massa d’acqua che esce dalla sala e travolge la giovane, la quale, dopo essere caduta, si rialza e sorride alla casa:- Sì, dopotutto devi nutrirti anche tu, farò del mio meglio- le assicura, raccogliendo la borsa e strizzandosi le vesti bagnate.
E’ una menzogna, la sua.
Una volta arrivata davanti all’abitazione di Walter suona il campanello, sicura di essere sfuggita alla maledizione.
Quando lui le apre la porta, gli sorride, da vincitrice, ma nella valigia c’è un rigonfiamento che sfugge a entrambi.
La governante, i genitori e lui stesso si sono sbagliati.
Non si sfugge alle maledizioni che attraversano le generazioni.
Al massimo, si subiscono un poco alla volta.
Hanno tutto il tempo e tutta la pazienza per camminarti al fianco, loro.
Eterne e inesorabili.
 
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view post Posted on 2/4/2013, 16:55

Alto Sacerdote di Grumbar

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@Polly: non sei stata la prima a postare?? sei viva? stai bene? :P
 
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view post Posted on 2/4/2013, 17:29
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Arrotolatrice di boa

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Guarda, l'ultimo Skanna, Shanda è riuscita a postare prima delle specifiche. Lo sa solo lei come ha fatto! Quindi è imbattibile! ;)
Non mi sono ancora fermata a riflettere sul tema. Contavo di farlo stanotte, ma i i dentini di mia figlia, o meglio il loro voler spuntare a ogni costo, ha deciso per me! Speriamo in questa nottata!


Tu che fai, ti butti?
 
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anark2000
view post Posted on 2/4/2013, 17:54




Spero che Jakie o TETRA mi rispondano, se no non posso inizare a scrivere :p111:

Domanda inerente una specifica: è possibile far entrare il personaggio in una stanza d'albergo o di un mezzo di trasporto pubblico o privato? Oppure, per casa, si intende proprio dove si abita?
 
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Jackie de Ripper
view post Posted on 2/4/2013, 18:32




CITAZIONE (anark2000 @ 2/4/2013, 18:54) 
Spero che Jakie o TETRA mi rispondano, se no non posso inizare a scrivere :p111:

Domanda inerente una specifica: è possibile far entrare il personaggio in una stanza d'albergo o di un mezzo di trasporto pubblico o privato? Oppure, per casa, si intende proprio dove si abita?

Nelle specifiche c'è scritto "casa", mi pare. In ogni caso,
se si trattasse di un barbone che dorme in uno scatolone
o in un vagone ferroviario, penso che si potrebbe intendere
per "casa" anche uno di questi rifugi alternativi. La stanza
d'albergo potrebbe andare bene purché il protagonista
ci abiti, cioè non sia un alloggio temporaneo. Tutto
questo perché il TETRA ha scritto CASA! E io che
gli dico sempre di essere più generico!
 
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anark2000
view post Posted on 2/4/2013, 18:42




QUOTE (Jackie de Ripper @ 2/4/2013, 19:32) 
QUOTE (anark2000 @ 2/4/2013, 18:54) 
Spero che Jakie o TETRA mi rispondano, se no non posso inizare a scrivere :p111:

Domanda inerente una specifica: è possibile far entrare il personaggio in una stanza d'albergo o di un mezzo di trasporto pubblico o privato? Oppure, per casa, si intende proprio dove si abita?

Nelle specifiche c'è scritto "casa", mi pare. In ogni caso,
se si trattasse di un barbone che dorme in uno scatolone
o in un vagone ferroviario, penso che si potrebbe intendere
per "casa" anche uno di questi rifugi alternativi. La stanza
d'albergo potrebbe andare bene purché il protagonista
ci abiti, cioè non sia un alloggio temporaneo. Tutto
questo perché il TETRA ha scritto CASA! E io che
gli dico sempre di essere più generico!

Sono fritto :')
Cercherò un escamotage per l'ambientazione su nave...
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 2/4/2013, 19:11




CITAZIONE (Jackie de Ripper @ 2/4/2013, 19:32) 
Nelle specifiche c'è scritto "casa", mi pare. In ogni caso,
se si trattasse di un barbone che dorme in uno scatolone
o in un vagone ferroviario, penso che si potrebbe intendere
per "casa" anche uno di questi rifugi alternativi. La stanza
d'albergo potrebbe andare bene purché il protagonista
ci abiti, cioè non sia un alloggio temporaneo. Tutto
questo perché il TETRA ha scritto CASA! E io che
gli dico sempre di essere più generico!

C'è scritto "casa" e non "casa sua" quindi il fatto che ci abiti o meno non è essenziale, almeno io deduco questo. Potrebbe benissimo essere a casa di amici e entrare a prendere il cappotto.
 
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anark2000
view post Posted on 2/4/2013, 19:55




QUOTE (Sol Weintraub @ 2/4/2013, 20:11) 
QUOTE (Jackie de Ripper @ 2/4/2013, 19:32) 
Nelle specifiche c'è scritto "casa", mi pare. In ogni caso,
se si trattasse di un barbone che dorme in uno scatolone
o in un vagone ferroviario, penso che si potrebbe intendere
per "casa" anche uno di questi rifugi alternativi. La stanza
d'albergo potrebbe andare bene purché il protagonista
ci abiti, cioè non sia un alloggio temporaneo. Tutto
questo perché il TETRA ha scritto CASA! E io che
gli dico sempre di essere più generico!

C'è scritto "casa" e non "casa sua" quindi il fatto che ci abiti o meno non è essenziale, almeno io deduco questo. Potrebbe benissimo essere a casa di amici e entrare a prendere il cappotto.

Ho il vago ricordo di aver letto da qualche parte il commento di qualcuno che diceva: non hai bisogno di scrivere "sua", è sottointeso che si tratti di casa sua.
A parte questa nota a freddo, io deduco che se si parla di casa di qualcun altro se lo si specifica e qui non è il caso. Se poi si tratta di una casa da film horror, allora viene definita "La casa" :)
 
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view post Posted on 2/4/2013, 20:20

il gattaro

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tra LTL, Catena e Skanna sono messo bene...
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 2/4/2013, 20:39




Albe devi partecipare anche tu, da solo ho paura :woot:
 
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anark2000
view post Posted on 2/4/2013, 21:01




QUOTE (Sol Weintraub @ 2/4/2013, 21:39) 
Albe devi partecipare anche tu, da solo ho paura :woot:

Non sei da solo :p099:

yu_gi_oh__my_shadow_friend_by_morimori_mori
 
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Sol Weintraub
view post Posted on 2/4/2013, 21:20




Ahahahah... tu sei la mia ombra malvagia.
 
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view post Posted on 3/4/2013, 00:40
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Arrotolatrice di boa

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Anche io avevo pensato UNA casa. Non la propria.
 
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kaipirissima
view post Posted on 3/4/2013, 09:06




E se lei entra in casa sua e poi scopre che invece è a casa mia? Autore e personaggio possono condividere l'illusione di un tetto sopra la testa?
 
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193 replies since 31/3/2013, 00:37   2751 views
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