Beh , in fretta e furia ... Ma almeno la sessione è valida
Mi scuso in anticipo per i turpiloqui, ma credo siano in linea con i personaggi.
Al solito a volte le righe sono troncate a metà a volte ce ne sono due in fila ... Mah
Metro e Venti di David Galligani
Una fitta di dolore mi esplode in testa e mi risveglia dal torpore.
Metà della mia faccia sembra appartenere a qualcun'altro, l'altra metà mi fa male da morire.
Riapro gli occhi sullo squallore della stanza per gli “interrogatori”... con le pareti verdoline, la muffa e la triste luce al neon, è quasi più inquietante delle due caricature di esseri umani con cui ho condiviso diversi anni di attività criminale che mi stanno davanti.
-Ascolta nano di merda, dicci dove hai nascosto i soldi o questa volta ti prometto che ti mandiamo nel mondo dei sogni per sempre– mi ringhia in faccia Il Biondo, mentre Dimitri si massaggia le nocche con quello stupido ghigno da ritardato.
Legato gambe e braccia a una sedia la mia situazione potrebbe non sembrare tra le migliori.
-Non so dove sono i soldi- mento – e poi perché dovrei essere stato io e non uno degli altri che hanno collaborato al colpo?
-Perché di te non mi fido, non mi sono mai fidato, sei un cazzo di scherzo della natura e se fosse stato per me saresti rimasto al circo.
-Al circo! Gha, ha,ha – ripete l'altro.
-Si ma non sei te che comandi, perché di certo non ne hai le cap...
Un pugno in faccia mi interrompe bruscamente.
Lascio cadere la testa in avanti e fingo di essere svenuto di nuovo per guadagnare un po' di tempo, dovrebbe essere quasi ora.
Con la lingua controllo che il piccolo seghetto sia ancora al suo posto sopra le gengive.
Devo dire che non pensavo ci andassero giù cosi pesante sin da subito, di solito non lo fanno, è evidente che sottovalutavo il loro odio nei miei confronti.
Spero di non aver sottovalutato anche la loro stupidità, altrimenti invece di essere un nano ricco sarò un nano morto.
Mi arriva alle narici il tanfo dell'alito del Biondo e lo sgradevole odore del gel da due lire che usa.
Mi tira su le testa per i capelli.
Deve essere molto vicino al mio viso. Mi piacerebbe dargli una testata, ma non posso.
-Beh, la mezzasega è andata un'altra volta. Andiamo a pranzo Dimitri, mi sono rotto le palle, continuiamo dopo.
-Bene,tanto dove va ? Gha, ha, ha – ridacchia il demente.
Finalmente... Come tutti i giorni, alle ore tredici, pranzo al Bar Adriatico.
Oggi il solito menù prevede pasta scotta al pomodoro, pollo affogato nell'unto, vino annacquato e caffè.
Serviti su tavoli di formica mangiucchiati da un tipo untuoso con quattro peli in testa.
Tutto per soli 8,99 €.
Un'ora esatta per tutta la banda per mangiare, un'ora esatta per me per portare a compimento il mio piano.
È importante avere delle certezze nella vita.
Dopo che i due se ne sono andati, mi rilasso un paio di minuti e cerco di riprendermi un po' . Poi comincio a spostare con piccoli colpi di reni la sedia a cui sono legato, fino ad avvicinarmi a quella dove stava seduto il mio aguzzino.
Una volta vicino, facendo la massima attenzione, sputo il piccolo seghetto che tenevo nascosto in bocca, in modo che cada sulla sedia non troppo lontano dal bordo.
E di nuovo, piano piano, giro la mia sedia fino a poter afferrare con le mani il seghetto sull'altra.
E ancora poco a poco, comincio a segare il nastro adesivo.
Anni di fenomeno da baraccone al circo a qualcosa mi sono serviti... quando ero più piccolo mi divertivo a farmi spiegare i trucchi dal prestigiatore, trucchi con le carte, come far scomparire oggetti o come liberarsi dalle catene, per esempio.
Lui si immergeva incatenato in una teca piena d'acqua, e in bocca nascondeva la chiave del lucchetto.
Io invece, sapendo che mi avrebbero legato con nastro adesivo o laccetti da elettricista, ho preferito un piccolo seghetto per aprire le fiale.
Un quarto d'ora, venti minuti forse... e sono libero.
Mi massaggio i polsi indolenziti, dopodiché mi dirigo verso la grata di areazione in un angolo della stanza. La smonto e la rimuovo.
“È passato di qua”, penseranno... dopotutto è quello che ho sempre fatto, passare da posti stretti e bui per arrivare dove gli altri non potevano.
Come conferma di ciò troveranno un'altra grata smontata che dà sull'esterno dell'edificio.
Anche perché, cos'altro avrei potuto fare? Nella stanza non c'è niente se non due sedie, un tavolo, e un bidone della spazzatura con le ruote, di quelli grandi, da giardinaggio.
Nel caso avanzino dei pezzi di qualcuno sottoposto a un “interrogatorio”.
Sollevo il bidone e controllo che sotto, attaccate col nastro adesivo, ci siano ancora sia la piccola calibro 22 che la chiave della porta.
Me le metto in tasca, mi infilo dentro il bidone, richiudendo il coperchio sopra di me, e attendo.
Il tempo sembra non passare mai, i minuti si fanno lunghissimi, e il cuore mi batte forte per la tensione… Rinchiuso dentro il sacco di plastica comincio ad avere caldo, e il puzzo è tremendo.
Con i sensi amplificati dall'oscurità finalmente mi pare di udire il lontananza il rumore del portone che si chiude.
Poi il sopraggiungere di passi.
Risa.
Adesso posso riconoscere perfettamente le voci.
Il rumore della porta che si apre.
-Cazzo, “Metro e Venti” è scappato!- è la voce del Capo.
-Ma guarda 'sto stronzo di nano... Aspetta che gli metta le mani addosso... - risponde Il Biondo.
-Ce le aveva già, maledetto coglione...
Adesso o lo ritrovi o te le metto io, le mani addosso.
-Beh almeno adesso non abbiamo dubbi su chi sia stato a prendere i soldi – esclama il fenomeno di Dimitri.
-Che cazzo dici, magari è scappato solo perché lo stavate pestando, imbecille. Guarda, la grata è stata rimossa. È passato di lì. Dateci un'occhiata, e poi vi voglio tutti fuori a cercarlo! Con cinquanta centimetri di gambe non può certo essere andato lontano. Anche voi, Santo, Yuri, e Strazio, tutti! Forza!
-Si capo- risponde mestamente Il Biondo.
Me li immagino, grandi e grossi a testa bassa, con la coda tra le gambe, e il capo incazzato come una belva.
Non posso trattenere un ghigno di soddisfazione.
Li sento armeggiare con la grata. Bestemmiano.
E poi la porta sbatte.
Aspetto ancora un minuto e finalmente esco.
Per la prima volta, dopo anni, il capo è solo.
Le sue inseparabili guardie del corpo sono fuori a cercarmi...
certo mi sono dovuto far pestare come un sacco da pugilato, ma dopo infinite angherie potrò avere la mia vendetta.
Non hanno chiuso la porta, quindi la chiave non mi serve.
Apro leggermente, controllo con un'occhiata che non vi sia nessuno in vista nel corridoio e mi dirigo verso l'ufficio del capo.
Ho le mani molto sudate, nella destra stringo la pistola, nella sinistra la maniglia.
Aspetto un momento, respiro profondamente, e apro.
Il capo è seduto alla scrivania, davanti al portatile.
Sgrana gli occhi nella sua faccia grassa.
-Porca puttan... - esclama
-Stai zitto stronzo- gli intimo, puntandogli contro la 22.
-Hahaha! Che cazzo credi di farmi con quel giocattolo, mezzasega?
-La mezzasega ti ha rubato mezzo milione di euro, e si è scopata tua moglie per mesi. Almeno ha il cazzo che funziona – gli rispondo
Il ciccione si infuria e fa per alzarsi.
-Crepa, pezzo di merda! – ringhio, e premo tre volte il piccolo grilletto.
Tre piccole chiazze rosse appaiono sulla camicia di Armani.
Lo stronzo mi guarda con aria molto sorpresa... si vede che non si aspettava di morire.
Cade prima in ginocchio e poi con un tonfo finisce faccia a terra.
Un calibro 22 non avrebbe fatto grande danno di per sé, ma indebolendone la camiciatura ho trasformato le munizioni in proiettili a punta cava, che frantumandosi hanno straziato i suoi organi interni.
Per pura soddisfazione personale gli assesto un calcio in testa, con tutta la forza permessa dai cinquanta centimetri delle mie gambe.
Velocemente ritorno nella stanza degli interrogatori e questa volta mi infilo nella grata del condotto di areazione.
L'hanno già controllata, e non lo rifaranno.
E quando uscirò, me ne andrò lontano, e con tutti quei soldi non sarò più un nano di merda, ma un distinto signore “diversamente alto”...
Autorizzo Jackie the Ripper a pubblicare questo racconto su 'Skan Magazine'.