| VIA DELLA PISCINA
Di Alexandra Fischer È ancora presto, eppure una bambina ha appena aperto la finestra della cameretta e sta guardando fuori, tutta emozionata dall’idea di partire per la gita scolastica. Non che in quarta elementare si vada chissà dove, ma rivedere la vecchia piscina è una grande emozione, per lei, da quando lo ha saputo dalla prozia, la sera prima. Quando si siede a tavola con lei, per la colazione, le domanda:- Credi che la rifaranno, ora che il tuo amico Manlio l’ha mostrata a tutti in classe con quella cassetta che si vede? - No, Aglaura , si chiama videocassetta. E comunque, non lo so. È già molto che abbiano tenuto il nome della via. - Vorrei che ci fosse di nuovo, così potrei andarci a nuotare. - Chissà. La prozia si perde nel ricordo della piscina esposta all’aria.
Il sindaco la faceva aprire da maggio a settembre ed era aperta a tutti. Quante volte ci era andata, arrivando addirittura a vincere delle gare di nuoto. Era stato un buon modo per fare amicizia con diverse persone. Manlio aveva ripreso la piscina a gara finita, quando sul podio c’erano lei e le amichette con la coppa di latta e il pacchetto di caramelle gelatinose a forma di pesce. Era stato l’ultimo giorno di vita della piscina. La città era stata squassata dall’esplosione quella notte stessa. Non c’erano stati colpevoli da accusare. Il sindaco aveva semplicemente fatto portare via le macerie, ordinando poi di recintare il luogo in cui si trovava con delle palizzate di legno. Nessuno osò mai valicare quel limite, dapprima per paura: forse sarebbe scoppiato qualcos’altro, molti, infatti, avevano pensato a un guasto in una delle tubature che riempivano d’acqua trattata con il cloro la grande vasca, con quella piccola e la media, no, non sarebbe successo. Era una convinzione che avevano in parecchi, a cominciare dai proprietari, i quali si erano talmente avviliti da cambiare genere di affari. Poi, subentrò il rispetto che di solito si riserva a un cimitero e tale era diventato il cratere lasciato dalla piscina esplosa. Man mano che le amministrazioni comunali si succedevano negli anni, il nome della via rimaneva invariato. Certo che c’era una piscina. Lo provavano il filmato di Manlio, il quale si era divertito molto a mostrarlo nel Circolo Ricreativo della Città con il trascorrere del tempo.
Aglaura ascolta la prozia con estremo interesse: possibile che nessuno abbia mai pensato a ricostruirla? L’anziana donna scuote la testa:- Avrei tanto voluto che potesse esserci per te. Invece… Mentre parla, allunga la mano verso la mensola accanto all’orologio della cucina, dove c’è ancora la coppa di latta che ha vinto nell’ultima gara. - Pazienza, zia, la vedrò oggi. - No! L’ex-campionessa di nuoto si copre la bocca con la mano, sentendosi venire meno. Ha paura dell’acqua, all’improvviso. Per un attimo non riesce a respirare, quasi avesse davvero i polmoni invasi da un liquido bruciante, che sa di cloro.
Ancora poche bracciate. Abbiamo scommesso che se vincerai tu, Ottilia, nessuno ce la porterà via.
L’esortazione di Manlio, così lontana nel tempo, la fa tornare in sé. Ridiventa determinata:- Non devi oltrepassare la recinzione. Me lo prometti? Dillo anche ai tuoi compagni. Le stringe il braccino, ritrovando la forza di un tempo. La bambina indietreggia:- Ahi, zia. Lo dirò a tutti, ma non è colpa mia se c’è gente che ha cominciato a vedere qualcosa attraverso il buco nella palizzata. Ottilia la lascia andare e le dà il cestino con il pranzo al sacco:- Scusa, lo dicevo perché c’è ancora pericolo, anche dopo tutti questi anni. Da che parte è questo buco? - Da quella che dà verso la stazione. La prozia replica:- Allora non andarci a sbirciare. Segui il maestro e non credere a tutto quello che ti si dice sulla piscina. Aglaura si incuriosisce, ma quando la vede spreparare il tavolo capisce che è finito il tempo delle domande. Si chiede a cosa serva quella gita. Ne ha abbastanza di storie della piscina, sul diario elettronico della scuola. Manlio, sebbene abbia l’età della prozia, è un burlone. Poco prima di mostrare la videocassetta nel solito giro delle quarte elementari che compie ogni anno per tenere viva la memoria della piscina, le ha inviato una serie di filmati girati con il cellulare. Altro che cassetta che si vede o videocosa…un apparecchio così brutto da assomigliare alla testa di uno scarafaggio mutante affamato, così è molto meglio. Aglaura se la prende con il videoregistratore per non pensare alla brutta rivelazione che ha avuto dai filmati: la piscina non è scomparsa dalla faccia della Terra. Esiste ancora. Prima nessuno ha fatto caso a quello che succedeva al di là della palizzata di legno: era speciale, rinforzata. Aveva resistito negli anni, nascondendo il fantasma della piscina.
Nel suo ultimo messaggio, Manlio ha perso le qualità di burlone: “Tu crederai che i rumori di tuffi e di risate siano dei trucchi, magari cerchi di confrontarli con quelli della registrazione della gara di tua prozia Ottilia, ma sono la voce della piscina. Si è rimessa in piedi da sola, per quanto spettrale e io sono qui per avvertirti di ascoltare tua zia. Non entrare per nessun motivo là dentro. Ci sono delle forze che non sopportano Ottilia. Pensano che non si sia meritata la vittoria. Io morirò presto e il filmato andrà perso, ma tu devi ricordare quello che ti dico”.
Al centro della barriera di legno, ormai ammuffita, la piscina fantasma aspetta che qualcuno si degni di entrare, per ammaliarlo con un’estate a sorpresa, fatta di tuffi, musica piacevole, voci, risate e soprattutto una lunga permanenza ammollo nella piscina grande. Per ora l’acqua è grigia, scarsa, colma di putridume e la vasca ha perso il colore azzurro, che dava un tono tanto ufficiale alle gare, insieme alle strisce bianche, per ora cancellate. Per ora. Questo è il pensiero irato della piscina, che ha assistito a fin troppe scorrettezze durante le competizioni scolastiche. Odia Ottilia, soprattutto lei. E anche Manlio. Come si sono permessi di trattarla così?
La piscina ricorda ancora l’ultimo giorno prima della sua “morte”. Il suo costruttore aveva lasciato, accanto al trampolino più alto, un portafortuna appeso alla maniglia: un ippopotamo di gomma bianca a pallini rossa, a forma di ciambella salvagente. Lo aveva mostrato alla donna dalla quale aveva acquistato il terreno, per una “benedizione”, visto che era una mezza fattucchiera, ma di quelle bianche. Gli aveva detto: “Ci costruirete una piscina? Per me va bene, a patto che ci teniate lontane le persone distruttive: in questo caso, i pesci marci, altrimenti impesteranno l’intera città anche dopo morti”. L’uomo non l’aveva capita del tutto. La credeva mezza ammattita dalla solitudine e dalle superstizioni.
Nessuno aveva badato a Ottilia quando aveva tirato di malagrazia il piccolo ippopotamo di gomma prima di tuffarsi. Lo sapeva bene lei cosa gli aveva sibilato:” Adesso darai a me la buona sorte che stai facendo scorrere via in questa piscina”. L’ippopotamo aveva acconsentito, cambiando nel profondo, tuttavia.
Strappandosi e cadendo nell’acqua, quando era passato alla condizione di fantasma a sua volta, si era ingrandito, diventando una ciambella di salvataggio, ma il muso era stravolto nel ghigno dell’assassino.
E ora, che è il giorno della gita, aspetta Aglaura, sogghignando dalla cima del trampolino più alto. La bambina arriva con i compagni e il maestro accanto alla palizzata di legno più robusta, ma sente ugualmente la musica e le risate. Accosta l’orecchio e sente, dall’altra parte, il calore dell’estate. Vorrebbe entrare, ma il maestro la tira indietro. - Cosa fai? Non è possibile entrare. Possiamo solo andare a vedere là, vedi? Poco lontano, c’è il vecchio chiosco dei biglietti, dove scorrono le immagini pubblicitarie della piscina. - È com’era ieri, capisci? - Sì, signor maestro, ma la riapriranno? Lui, che è il nipote del costruttore, è agghiacciato. Manlio è morto da qualche ora. Ora, solo lui è al corrente dell’orrore che sta incombendo sulla città. C’è un fantasma aggressivo, ancora affamato. Ha preso lui il video registratore di Manlio e ha notato l’ombra accanto al podio. Una delle bambine ha derubato la piscina della sua fortuna, stravolgendo il sortilegio buono della fattucchiera. Cosa gli ha detto, Manlio, parlandogli nella videocassetta, spettro con la faccia del bambino cronista che è stato: “La città cambierà, ora. Molti rivogliono la piscina, perché le forze malevoli hanno soggiogato molte menti, per avere di che sfogare la cattiveria che sentono. La ciambella ippopotamo vuole far annegare i nuotatori esperti e strappare gli arti a quelli tanto bravi da salire in cima. Guai se prenderà Aglaura, poi la seguiranno in troppi, sua prozia Ottilia resterà per ultima. Vieni a farmi compagnia tu., c’è anche tuo zio”. In effetti, nell’ultimo minuto delle riprese, c’è anche il costruttore accanto al sindaco di allora.
Aglaura è accanto al gabbiotto dei biglietti, quando vede il maestro in una delle riprese e non osa voltarsi indietro, benché i compagni le gridino di allontanarsi. Lo vede salire sul trampolino più alto e le fa impressione, tutto vestito da inverno com’è. Ma quello che la stupisce è di vedere come afferra la grossa ciambella da salvataggio e come la testa dell’ippopotamo tenti di morderlo.
L’immagine si ferma lì. Poco al di sotto, l’acqua della piscina è limacciosa, piena di sassi.
Alla città non interessa più riavere la piscina. La considera un errore del passato. Ecco cosa vanno a vedere le scolaresche in gita. Il filmato di Manlio è ancora integro, ma nessun scolaro lo vede. È a casa del maestro, defunto per colpa del crollo di una parte della barriera, ora ricostruita e nessuno sa come far funzionare il video registratore. I parenti non lo guarderebbero comunque. Vogliono dimenticare le circostanze della fine del loro congiunto: hanno visto in che stato era il loro congiunto e per cosa ne sanno loro, una palizzata non morde quando crolla. Quanto ad Aglaura, vive ancora con la prozia, ma la coppa sulla mensola non c’è più. E ambedue si vergognano di parlare della piscina, come di una cosa brutta. Uno spreco d’acqua e cloro, pensa Aglaura. La prozia Ottilia invece, vive nella vergogna perenne di aver barato nella gara.
Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine
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