| LO SVAGO DELL’UNA Di Alexandra Fischer Non c’entra nulla con gli edifici che ci sono lì intorno, se ne rende conto, eppure, non riesce a staccarsene, come se solo quella giostra ottocentesca, con i cavallini e le figure dipinte delle sibille alate possa riempirle la vita. Quando non ci passa accanto, la guarda dalla porta finestra della camera da letto, che si trova al primo piano e guarda verso lo spiazzo occupato dalla giostra. È il suo svago preferito soprattutto nella pausa del lavoro, all’una, quando si permette di tornare indietro nel tempo come pare a lei, con il sottofondo della domanda che non cambiava mai: Cosa sarebbe successo, invece, se….? La giostra ne ha fatto la sua musica, quella con la quale fa girare tutti i cavallini nel ricordo. Il settimo le fa pena. Poverino, è senza testa.
Lo aveva cavalcato Maddie l’ultimo pomeriggio nel quale la giostra aveva funzionato, diffondendo note caramellose nel quartiere. Questo, fino a quando il pomeriggio estivo non si era scurito come il ventre di una belva famelica in attesa di preda. Lei stessa ne aveva sentito il fascino. Non temeva il temporale estivo, ce n’erano stati altri e la giostra aveva continuato a funzionare comunque. Il fatto che Maddie volesse farci l’ultimo giro premio per aver acchiappato la bambola portafortuna appesa al cordino le era sembrato giusto. Poco importava se la pupattola dai capelli di paglia aveva perso la testa dopo lo strattone che le aveva dato Maddie. Ricordava ancora la testa dai codini fatti di paglia. Portava una coroncina nera di pizzo, che completava il costume di feltro blu con la gonna ornata da una riga grigia. Aveva anche un grembiule dello stesso pizzo della coroncina. Solo che aveva una brutta macchia rossa. La ricordava bene, perché era caduta dalla sua parte e lei l’aveva raccolta quando la giostra si era fermata. Maddie, a differenza di lei, non era scesa dal cavallino. Lo aveva abbracciato, anche dopo che gli altri bambini erano scesi, giocando con la criniera vera. Aveva nascosto la testa della bambola nella tasca del grembiulino estivo, perché non voleva rischiare di perdere il suo premio. Il cielo si stava rannuvolando, ma solo verso destra, pensava. Non voleva scendere prima di aver finito il giro. Gli occhi di vetro del cavallino grigio sembravano brillare di felicità. Era stata lei ad avvicinarsi al giostraio tenendogli la bambola decapitata. - Mi dispiace- gli aveva detto. L’uomo si era lisciato i baffi grigi:- Nulla di irreparabile. La riparerò stasera. Sempre che la tua amica mi ridia la testa. Aveva fatto segno a Maddie di scendere, poi era andata da lei, mentre il cielo aveva cominciato a brontolare come un cane stanco di moine. - Avanti, riportagli la testa della bambola- le aveva detto –sono sicura che ti farà risalire subito sul cavallino. - No, Ziska. Ci ripensa ancora, dopo tanti anni. Cosa sarebbe successo, se avesse ceduto all’impulso di afferrarla per il vestito con le maniche a triangolo verde salvia e darle il ceffone che meritava per essere così ostinata? Avrebbe dovuto farlo. Invece, aveva esitato. La sua amica era la figlia dell’industriale più in vista della cittadina e magari avrebbe potuto causarle dei guai. Bastava che avesse stravolto la realtà e sarebbe successo qualcosa di brutto a casa. In effetti, non avrebbe neppure dovuto accettare l’invito di Maddie alla giostra. Perché andarci all’una di luglio? Era un capriccio degno di lei. Cosa sarebbe successo, invece, se avesse rifiutato? La musica della giostra le suona nella mente la stessa identica domanda. Invidia i vicini. D’accordo, sono tutti canuti e mezzi sordi, ma questo è il loro vantaggio su di lei in quel momento. Non sentono quella musica. E non rivivono il Giro Interrotto.
- Scendi, Maddie. Sta per piovere. - No. Il giro è valido. Lo voglio finire. Il giostraio non aveva spento il macchinario. Aveva guardato la bambola decapitata con il grembiulino macchiato e aveva lisciato l’abito. Proveniva da un paese molto lontano e la persona che l’aveva confezionata non esisteva più da tanto tempo. Aveva resistito a tante mani di bambini e bambine, eppure, quel pomeriggio la sua fortuna doveva essere finita. E se era successo a lei, figuriamoci all’unica bambina rimasta. Il giostraio gridò per chiamarla, preso da una fitta di paura improvvisa. Non ce l’aveva più con lei per aver staccato la testa alla bambola. Aveva capito che quella macchia era di sangue….non ancora versato… Il fulmine si abbatté sulla parte di giostra dov’era Maddie, interrompendo il giro a metà. Nei giorni successivi alla tragedia, il padre di Maddie aveva fatto distruggere la parte di giostra che rimaneva, dopo aver ripagato il giostraio. Inutile. Ogni volta che lo faceva, si ricomponeva da sola, tranne che per il cavallino con la testa mozza e la bambola decapitata che pendeva dal cordino. Allora, convinto di essere sul punto di impazzire, aveva venduto l’attività e si era trasferito altrove con la famiglia. La giostra era rimasta dov’era, a tenere compagnia a Ziska. Se non altro, la consolava trucemente: le sarebbe potuta anche andare peggio. Maddie avrebbe anche potuto volerla accanto a sé sul cavallino dietro al suo. Ecco il suo svago dell’una, pensa anche in quel momento, guardando la giostra dallo specchio della stanza da letto. È il suo preferito, perché è a figura intera. Ogni volta che vi si rimira, pensa di essere un’invitata a una festa prestigiosa. Anche in quel momento si atteggia a dama altera, fingendo di essere ancora all’epoca in cui ha conosciuto Maddie. E la giostra le suona ancora la musica nella mente: Cosa sarebbe successo, se invece…? Ma si sta facendo tardi. Deve tornare al lavoro. Chiude la porta finestra e ha l’impressione che la giostra stia cominciando a muoversi, con i cavallini che fanno su e giù, ma non è possibile. Non è ancora arrivata l’ora di raggiungere Maddie e a finire il giro insieme a lei: altrimenti le avrebbe fatto trovare una parte della bambola come messaggio di Invito allo Svago Eterno. Il giostraio non c’è e il sole di luglio splende. Cammina veloce. Guai a ritardare, in ufficio. Dà un colpettino a un oggetto. Si direbbe una testa di bambola, ma lei non se ne accorge. Il cielo comincia ad annuvolarsi e un’ombra compare nella cabina dei macchinari. La bambina viziata ha stufato tutti, nell’aldilà. Non ha voluto saperne, di dilazionare ancora il suo giro. Stringe le ginocchia al cavallino e tiene la bambola decapitata con una presa di ferro.
Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine
Salve a tutti. Mi sono piaciute molto le specifiche e ho deciso di provarci.
Salve Master runta, mi dispiace per la faticaccia che ti ho fatto fare. Secondo me, è colpa del mio compagno: sai, ha pubblicato dei fumetti sul Web usando me. Chissà con quale programma informatico. Per scusarmi con te, te la do come idea per una storia: Mal di Fumetto, ossia, mai usare la persona che hai vicino come personaggio di una serie. Potresti stravolgerla (me, mi ha fatto tornare svampita in quelle ore lì. Adesso va meglio. Spero che abbia esaurito le idee...intanto tocco ferro e vizio il cardellino portafortuna (libero) di mia madre.
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