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Skannatoio, agosto 2014, edizione XXXII

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shanda06121
view post Posted on 10/8/2014, 14:31




Salve Ceranu,
grazie del commento.
Il racconto mi è venuto fuori così per caso. Ho usato quel tipo di canzone perché rispecchiava molto il mio stato d'animo del momento e anche le parole ci si adattavano bene. Mi spiace per la forma tronca. Ne terrò conto in futuro. Quanto alla storia: è qualcosa che ho visto succedere nel mondo reale e che ho trasfigurato.
In quel caso: l'Orrore del Conducente Seduttore perseguitato dal Fantasma dell'Amore di Ieri (quindi sì, la brunetta viene dal cimitero e non certo dal Settore di Prima Classe) che si imbatte nella Raccoglitrice di Roba Smarrita (eh, sì, ci sono quei maniaci lì. Certi sono fissati con i pacchetti di sigarette vuoti oppure con i tappi delle bottiglie. E' una mania vera. Quanto al particolare del conducente ex-orafo, è autentico. Per quel che riguarda le mie intenzioni...ho voluto creare un racconto con elementi soprannaturali centrando le specifiche meglio che potevo per....mettermi alla prova.
 
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view post Posted on 10/8/2014, 15:03
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Questa volta dovrei esserci. L'ho anche riletto, ma gli errori di battitura... mamma mia quanto mi sfuggono!!!


Il cane triste
di Nazareno Marzetti

Era come se quel cagnolino stesse aspettando me: appena uscì nella via si mosse sulle zampette facendo uno strano balletto come se volesse scattare in avanti ma si fosse trattenuto all'ultimo. Era sicuramente un bastardino: il manto era un mantello nero bordato di marrone, su un petto e un muso bianco. Mi fissava con gli occhioni castani, quasi aspettasse qualcosa. Gli feci annusare la mano prima di fargli una carezza.
La sera lo trovai ancora lì e non riuscì ad ignorarlo. Pareva non essere di nessuno del condominio o di quelli vicini e non potei fare altro che portarlo in appartamento. In frigo avevo le polpette della sera prima e una mozzarella: nessuno di noi due fece una cena soddisfacente.

Quella notte il cagnolino venne a trovarmi in sogno: era un ragazzino adolescente, a petto nudo e sporco, i capelli neri, lunghi. Eravamo in uno spiazzo di terra battuta e merda di galline, davanti una casa di mattoni e calce. Parlammo a lungo. Mi disse «Per favore, riportami a casa» e io gli promisi che l'avrei fatto.

Mi presi alcune ore di permesso e lo portai dal veterinario. «Sta bene» mi disse «ma non ha nessun microchip identificativo.»
«Che significa?»
«Che probabilmente è un randagio o il padrone non lo ha mai portato da un veterinario.» Rispose. Gli mise il microchip, era obbligato per legge, mi spiegò. Credo che gli fece male, ma non guaì. «Lo vuole tenere?»
«Non lo so... Vorrei riportarlo a casa.»
«Può lasciarlo al canile comunale.» Mi diede un biglietto da visita con indirizzo e una mini mappa. «Ma, se decide di tenerlo, deve farlo vaccinare.»
Che altro potevo fare? Glielo avevo promesso. Dovetti scegliergli un nome e, non sapendo quale potesse essere il suo vero nome, optai per Nemo.

Era lo stesso bambino della notte prima, con i capelli chiari e gli occhi tristi. Stavo appoggiato a un albero e lui stava semi addormentato appoggiato al mio petto. «Voglio tornare a casa.» Mi disse, con voce impastata dal sonno. «Dov'è la tua casa?» chiesi.
«È questa.» Alzai lo sguardo. Camminavamo nello spiazzo di terra battuta sporco. Da una parte la casa di mattoni, dall'altra una costruzione più piccola, sempre in mattoni ma più recente. Una delle pareti era fatta in modo da lasciare uno spazio tra un mattone e quello a fianco, e lasciava poco meno di un metro prima del soffitto. Puzzava di animali. Entrammo nella casupola più piccola, c'erano cocci di ceramica bianca. Mi svegliai con la sfuggente sensazione di esserci già stato in quel posto. Quel giorno non riuscii a concentrarmi sul lavoro: continuavo a ripensare al sogno e a quella casa di mattoni così familiari.

Rientrando incontrai la signora che abitava al piano di sotto. «Buonasera.»
«Buonasera.» Di solito bastava così, ma quella sera ero un po' preoccupato. «Spero che Nemo non le abbia dato fastidio.»
«Nemo?»
«Il cane che ho trovato l'altro ieri.»
«Ah, quel cucciolo!» Non l'avevo mai vista sorridere. Ha un bel sorriso. «No. Non l'ho proprio sentito. Hai deciso di tenerlo alla fine?»
«Sto cercando la sua casa.»
«Fai bene. Hai preso una cuccia? E il cibo? I cani sono molto esigenti, ma ti riempiono la vita.»
«Sì» risposi e salutai frettolosamente.
Nemo stava ad aspettarmi davanti alla porta. Non scodinzolava, semplicemente aspettava. Sorvolo sui danni che un cucciolo può fare se lasciato in casa da solo. «Piccolo,» gli dissi «Se devi stare qui, devi imparare a comportarti!» Gli misi il guinzaglio e lo portai a passeggio. Non abbaiò mai, e mi sembrò strano. Anche la signora al piano di sotto aveva detto che non lo aveva sentito.

Il giorno dopo lo riportai dal veterinario, che lo analizzò accuratamente. «Non credo sia muto. Forse gli è stato insegnato a non abbaiare.»
«È possibile?»
«Bhè... sì. Però... Sembra triste.»
«Credo che gli manchi il padrone.»
«Ha provato a mettere un annuncio?»
Giuro che non ci avevo pensato. Rimediai la sera stessa: scattai una foto e misi insieme un volantino con tanto di numero di telefono e mail. Approfittai della fotocopiatrice in segreteria e il pomeriggio attaccai il volantino in ogni fermata del bus, bar, palo della luce della città. Quando tornai a casa ero così stanco che, incrociando la signora del piano di sotto, riuscì appena a biascicare «Buonasera.»
«Oddio. Che hai fatto? Sembri tornato dalla guerra!» rispose al posto del solito buonasera e tanti saluti.
«Dalla guerra?» Mi venne da ridere «No, sono solo stato ad appendere questi volantini.» Gliene mostrai uno.
«Tutto il pomeriggio? Ma sono le nove di sera. Hai fatto cena?»
Scossi la testa.
«Aspetta.» Rientrò in casa e uscì subito dopo con un piatto di lasagne raggrinzite. «Questo qui lo scaldi al forno per dieci minuti. Ci metti un pentolino di acqua per evitare che si secchi. E, aspetta...» Mi mise il piatto in mano e rientrò per uscire con un sacchetto con un osso sporco di sugo. «Questo è per lui.»
Non riuscii a dire di no.

Credo di aver sognato Nemo anche la notte seguente, ma la mattina mi rimase solo una piacevole sensazione. Approfittai del fine per tornare nella casa in cui sono cresciuto, nella campagna appena fuori città. Girai tra le strutture diroccate con Nemo che mi zampettava dietro. Lo spiazzo, ancora brecciato, era così piccolo che la mia auto ne occupava la maggior parte, le scale erano strette e dovetti abbassare la testa per entrare in quella che era stata la mia stanza, ora senza il tetto. Avevo come la sensazione di essere un gigante intrufolatosi nella casa di un lillipuziano. Sulla parete erano rimasti i miei disegni, e la macchia pulita dove una volta c'era la testata del letto. La finestra che mi arrivava all'altezza delle spalle, con vetri talmente sottili che parevano crinarsi a parlare troppo vicino, tenuti insieme da adesivi blu trovati in qualche bustina. In cucina era rimasto il tavolo, ora talmente malconcio da sostenere appena il suo stesso peso. Nemo curiosava un po' in giro, tornava a guardarmi, ripartiva all'esplorazione e ritornava.

«Non era quella» mi disse la notte. Eravamo sdraiati in un letto immenso, le lenzuola ruvide ingrigite dal sapone e acqua di fiume. Lo abbracciavo, la sua schiena contro il mio petto, il mio braccio sotto la sua testa. Respiravo il sapore dei suoi capelli bianchi e nocciola.
«Dove si trova?» gli risposi. Guardavamo entrambi un mare azzurro nella notte buia.
«Non lo so.»
«Come faccio a trovarla?»
«Tu ci sei stato, per questo sono venuto da te.» Si accoccolò ancora più profondamente nel mio abbraccio «Me lo hai promesso. Aiutami a trovarla.»

La domenica mattina passò la signora del piano di sotto. Mi aveva portato il vecchio giaccone per farne un giaciglio a Nemo e dei biscotti fatti da lei. Mentre lei mi parlava, continuavo a pensare al sogno di quella notte. C'ero stato, ma non ricordavo quel posto. Il pomeriggio si mise a diluviare, ma non riuscii a restarmene a casa, così andai a trovare mio nonno all'ospizio. Ormai l'Alzheimer gli aveva rubato ogni ricordo. Non mi riconobbe neanche quel giorno, ma gradì la visita di Nemo. Lo chiamò Sbirolo, e gli diede comandi che Nemo eseguì prontamente. Seduto, cuccia, zampa. Gli portò anche il giornale, quando lo chiese. Parevano intendersi così bene che li lasciai fare. Passai il pomeriggio seduto su una panchina lungo il corridoio, a rimuginare su quel nome. Chi era Sbirolo?
«È il nome del cane che avevamo quando giù» mi rispose mia madre.
«Giù?»
«Sì, quando vivevamo a Serracapriola, prima che tu nascessi. Aspetta...» Da che ricordo, gli album di foto erano sempre stati sullo scaffale sopra la treccani. Le pagine si aprivano crepitando, scollandosi con lentezza, mostrando foto sbiadite. Mia madre le sfogliò riaprendo cassetti di ricordi perduti. Io che camminavo nel ciottolato della vecchia casa, io a giocare con un tritacarne, mia nonna sulla poltrona in velluto blu, la prima auto di mio padre, il primo compleanno di mio fratello.
«Eccolo» disse. Mia nonna, con l'età di mia madre, teneva un cane dal manto nero, marrone e bianco. «Questo è Sbirolo.»
«Che nome strano.»
«Li chiamava tutti così. Sbirolo o Sbirola. Non aveva molta fantasia con i nomi.»
«Questa è la casa giù?» chiesi.
«Sì.»
«Ora che fine ha fatto?»
«Era rimasta Giacomo e Girolamo quando ci siamo trasferiti. Perché?»
«Mi piacerebbe rivederla» sembra quella che ho visto nel mio sogno.

Mia madre riesumò la vecchia agenda telefonica ed io passai il lunedì lavorativo su Google e street view. I miei zii l'avevano ristrutturata e trasformata in un agriturismo. Dalle foto non assomigliava molto al mio sogno, ma Nemo continuava a chiedermi ogni notte di riportarlo a casa, ed io avevo voglia di prendermi qualche giorno di ferie.

Così misi in auto tutto quello che poteva servirmi per un fine settimana – e per le due settimane successive, compresi un paio di pantaloni imbottiti nettamente fuori stagione – e mi imbarcai in quel viaggio. Per la prima ora i chilometri scivolarono via con naturalezza. Nemo si affacciò dal finestrino e passò la maggior parte di quel viaggio a godersi il vento sulla lingua, ed io spendi la radio e il cervello, godendomi quella mattinata di sole. Fu dopo che imboccai la A14 che il paesaggio cominciò a cambiare: Gli alberi, i tralicci dei fili, la struttura delle case, era come se tutto si fosse fermato a qualche anno prima. Immagini della mia adolescenza riaffioravano con il loro retrogusto di nostalgia. Senza rendermene conto avevo intrapreso un lungo viaggio a ritroso nel tempo. Un supermercato mi ricordò di uno dei miei primi amori, una pineta mi parlava di lunghe giornate perse dietro a un pallone. Visi e volti dei momenti migliori mi facevano compagnia, chilometro dopo chilometro. Gli autogrill parevano isole anacronistiche in quel viaggio nei ricordi. Mi fermavo ogni tanto per sgranchirmi le gambe e permettere, ma quando ripartivo, riprendevo anche il mio viaggio nei ricordi. Mi soffermai a lungo alla prima volta che mi toccai. Quando scesi nell'infanzia la nostalgia divenne una morsa che mi stingeva il petto. La mia prima casa, la vecchia stanza, la televisione in bianco e nero dove vedevo i puffi a colori, il telefono a disco, gli amici e i giochi innocenti. Andai a ripescare così antichi che non credevo possibile recuperare. Quando nacque mio fratello, il giorno che ricevetti Teddy, mia madre che mi leggeva una fiaba. Ero giunto all'inizio della mia storia, ma mancavano ore alla fine del mio viaggio. Ormai il paesaggio era indubbiamente cambiato: c'era un che di polveroso sulle strade, e di selvaggio nella vegetazione ai lati dell'autostrada. L'asfalto stesso era sbiancato, e io iniziavo a vivere ricordi non miei. Percorrendo all'indietro la mia storia rividi il matrimonio dei miei genitori, istantanee di quando uscivano insieme ai loro amici, mia madre con una gonna asimmetrica in un pomeriggio sovraesposto degli anni settanta, mio padre e mio zio sulla giulietta della quale andavano orgogliosi. Non potevano essere miei ricordi, ma erano dentro di me, e li assaporai finché anch'essi non mi abbandonarono. Ormai ero così indietro nel tempo che stavo rivivendo la gioventù dei miei nonni. Immagini sfocate e in bianco e nero, di pochi vizi e tante virtù. Quando lasciai l'autostrada ero stanco e svuotato. Mi addentrai in un paesino che pareva essersi fermato a quando la vita era degna d'esser vissuta. L'asfalto era vecchio e crepato, i marciapiedi rattoppati con piastrelle e il logo della FIAT era ancora quello a rombi blu. Parcheggiai l'auto in una piazza bruciata dal sole, facendo attenzione a non disturbare un gruppo di anziani che chiacchierava sulle sedie appena fuori casa. Dalle porte aperte intravvedevo cucine che sapevano di spezie. Mi fermai velocemente a un bar per un ultimo caffè e due informazioni prima di ripartire per l'ultimo tratto.

Cosa mi aspettassi arrivando non lo saprei dire, ma quella casa ristrutturata non mi diceva niente. Alla reception c'era una ragazza più o meno della mia età. Parlammo appena. Entrai in camera il tempo di appoggiare le valige, e feci un giro per la tenuta. Per la tenuta. Nemo correva in lungo e in largo, tornava da me e poi ripartiva. Si avvicinava agli altri cani dei proprietari con un po' di timore, si annusavano a vicenda e facevano amicizia. Poi tornava indietro, quasi a dirmi Andiamo?, sì, ma dove?
La cena fu abbondante e gustosa. Mangiammo tutti in una lunga tavolata, compresi i gestori, che ogni tanto si alzavano per prendere quello che mancava o rimboccare le brocche di vino. Quando, dopo metà cena, anche la cuoca si sedette, mi chiese senza troppi preamboli «Tu sei il figlio di Lorena?»
«Sì.»
«Come sei cresciuto! L'ultima volta che ti ho visto eri alto così. Non ti ricordi di me, vero? Io sono zia Rosina, sono venuta a trovarvi quando hai fatto la comunione. Eri così carino con quell'abito bianco.»
Sentì le orecchie in fiamme e mi passò la voglia di mangiare.
Cercai di cambiare argomento. «Stavo... Stavo guardando le foto della tenuta» suggerì, indicando delle foto appese ai muri.
«Sì. È stato un lavorone risistemarla.»
«Immagino» risposi «Avete ingrandito questa casa?»
«Sì. Abbiamo abbattuto alcune vecchie strutture che non servivano più e abbiamo riutilizzato i mattoni.»
«Come quella?»
«La stalla dei maiali? Sì.»
«Ricorda dove si trovava?»
«Certo.» si girò sulla sedia, indicando verso fuori «Cento o duecento metri in quella direzione, c'è uno spiazzo. Dovrebbero esserci rimaste ancora le fondamenta. Perché?»
«Non so. Mi ricorda qualcosa.»

«È questa la casa dove sei nato?» mi chiese Nemo quella notte. Camminavamo in quello spiazzo sterrato, sotto la casa in bianco e nero.
«No, qui è nata mia madre. È casa tua?»
Scosse la testa. «Ci venivo sempre, ma non sono a casa.»
«Allora dove?»

Per la prima volta da quando mi ha trovato, Nemo era entusiasta. Si mise a correre precedendomi nella discesa, fermandosi di tanto in tanto ad assicurarsi che lo seguissi. Quando giunse sullo spiazzo, per la prima volta, abbaiò affinché lo raggiungessi.
«È questa casa tua?» gli chiesi e lui, per tutta risposta, prese a correre intorno, annusando e cercando. Tornò dove mi ero seduto solo molto dopo. Guaendo, mise il muso sulla coscia affinché lo consolassi. Rimasi seduto con lui, a guardare il mare in lontananza sotto il sole del sud. In qualche modo lo avevo portato a casa, ma casa sua non c'era più da anni.

Quella sera la zia Rosina mi diede una vecchia foto dai colori sbiaditi, dicendo «guardati» con un sorriso nostalgico. Era la foto di un bambino che dormiva su un telo abbracciato a un cane. Rivolsi alla zia uno sguardo interrogativo.
«È stato quando i tuoi genitori sono venuti a trovarci. Eri ancora così piccolo. Una sera scappasti e non ci fu verso di trovarti. Ti trovò la mattina dopo tuo nonno, abbracciato a Sbirolo.»
Riguardai la foto. Sbirolo era rannicchiato su se stesso, io lo avvolgevo petto contro la sua schiena e il mio braccio sotto la sua testa. Era come nel mio sogno.

Mi aspettavo che il viaggio di ritorno fosse, come all'andata, un viaggio nei ricordi. Invece non fu così. I ricordi non riaffioravano spontaneamente, dovetti andare a cercarli, riordinandoli. Grazie a Nemo avevo ritrovato un frammento della mia vita e fu come se, per il resto del viaggio, rimettessi a posto tutti i pezzi, ricostruendo la mia storia, dandogli una nuova visione, un nuovo senso. Non ero riuscito a riportare a casa Nemo, ma lui aveva riportato a casa me.
 
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shanda06121
view post Posted on 10/8/2014, 15:43




Salve a tutti, visto lo Skanna particolare, ho deciso di seguire l'esempio di Ceranu e postare i commenti dei due racconti già finiti. Mi sono piaciuti tutti e due. Molto accurati e istruttivi per chi vuole scrivere.

Seguono i commenti:

IL CAVALLO DI BASTONI Di Ceranu

Mi è piaciuto il racconto, dall’atmosfera malinconica molto ben resa. È facile identificarsi con il protagonista, il quale vorrebbe rivivere il passato di calciatore attraverso il figlio e chiudere i conti con il dolore per la perdita del padre. L’orrore che mostri attraverso allusioni ben congegnate, non è soprannaturale, ma mette i brividi. La partita del passato era truccata, dunque. E gli esecutori dell’antico delitto hanno nomi presi dalle carte da gioco (la figura del Cavallo di Bastoni, il Settebello, che è, se non erro, una serie vincente delle carte). Ho trovato un’assonanza con il numero della maglietta del figlio del protagonista ( pur non essendo ferratissima nel gioco delle carte, non credo che il sette sia casuale, associato al Cavallo di Bastoni e al settebello), sceso in campo per il padre, certo, ma anche per dare pace alla memoria di nonno Enzo (morto per via del giro corrotto intorno alle partite). La canzone di Cotugno dona efficacia alle allusioni sulla fine di Enzo. Me l’ha mostrata così: un pestaggio in uno scantinato, poco lontano dal campo di calcio, previo appuntamento allo stesso bar dove è andato Giuseppe.
OK la specifica del cucchiaio (serve per rimescolare una tazzina di caffè al bar) e anche per le manie (il nomignolo Cavallo di Bastoni suggerisce di per sé la mania del gioco).
Attento a gol per goal (parola inglese; goal=traguardo, punto in linguaggio calcistico) a cicalio per cicaleccio a mente per mentre. Trovo curioso uno stomaco che avvampa. Attento a : chi era rimasto sfidava chi era tornato sfoggiando i propri successi. Meglio: chi era rimasto, sfidava chi era tornato, sfoggiando i propri successi. Attento a trascinò con se per trascinò con sé riferito al soffio caldo.


INAFFERRABILE Di Bloodfairy Ben ritrovata.

La storia è molto serrata, nello spirito del metal.
Ho apprezzato il personaggio di Catia (gusto del macabro, tendenza a sollevare ogni pietra. Accidenti, la presenti come un ‘impiegata di un’azienda di import-export, ma ha qualcosa dell’investigatore dell’occulto de La Casa e il Cervello di Bulwer-Lytton) e anche quello della vecchina fissata con la marmellata fatta in casa e la mania igienica (meglio il cucchiaio portato da casa, e chi si fida degli autogrill). Molto riuscite le allusioni macabre (marmellata di essere umano?) e anche la suoneria orgasmica è spassosa. Il fatto della morte di Catia, caduta forse per il…malocchio, dà una nota di umorismo nero alla vicenda. E quel gesto della “vecchina”, inquieta. Catia aveva ragione?
Attenta a: tutte le porte erano spalancate a parte una; scorrerebbe meglio: tutte le porte erano spalancate, a parte una. A vide…rivide, un po’ ravvicinati (ma possono andare bene anche così, servono a caratterizzare meglio il personaggio…linguaggio ossessivo). Il direttore gli avrebbe fatto una lavata di capo, no: il direttore le avrebbe fatto una lavata di capo, visto che è una donna. Il suono della sirena, no, è di troppo: la sirena era già stata spenta. Attenta anche a gli parve per le parve nella scena in cui la vecchietta la guarda.


Ciao Reiuky,
passo subito a commentare il tuo racconto (e leggo le due versioni, mi sembra giusto, vista la storia particolare che c'è dietro).
 
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view post Posted on 10/8/2014, 16:28
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Seguo l'idea di Ceranu e comincio con Shanda.

Allora, devo dire che mi hai favorevolmente colpito: per la prima volta da quando partecipo allo scannatoio, sei riuscita a costruire un racconto omogeneo e organico. Dall'inizio alla fine il punto di vista è coerente, e, come esso, il tono e il racconto.

Purtroppo non riesco a seguire bene lo svilupparsi della trama. Mi pare di aver capito che il guidatore dell'autobus è una sorta di vampiro che si nutre dell'energia di chi trova oggetti personali di una ragazza morta anni prima, ma se è così ci sono vari aspetti che non tornano: da come parla la passeggera pare che gli oggetti glieli abbia dati l'autista, o che l'autista glieli abbia fatti trovare, ma se è così perché si arrabbia se lei li usa?

Forse avresti dovuto scegliere meglio gli indizi da lasciare al lettore per intuire cosa realmente stesse accadendo.

CITAZIONE (Ceranu @ 10/8/2014, 11:58) 
Visto che l'edizione é un po' particolare, mi prendo la libertá di postare i commenti singoli, tanto non c'é nessuna classifica da fare.
Forfait
Di Alexandra Fischer

Ciao Alexandra.
Non ho capito molto, ma temo che sia colpa della mia ignoranza. Immagino che la protagonista sia un personaggio a metà tra uno spirito e uno zombi, ma non riesco a focalizzare bene. Come la donna che sale sull'autobus.
Ho cercato di associare la canzone al racconto, ma anche qui ho faticato un po'. Per una musica simile mi sarei aspettato dei ritmi più serrarti. Frasi brevi e lettura rapida. Invece così non è. Le frasi erano troppo articolate.

CITAZIONE
Non è un orario molto di punta, questo, soprattutto d’estate.
Vorrei evitare questi siparietti, ma è più forte di me.
Quando salgo qui sopra e mi siedo dietro di lui, divento un’altra persona.

In questo passaggio vai tre volte a capo, quando bastava il punto. In più articoli troppo le frasi.

Non è un orario molto di punta, questo, soprattutto d’estate

“Molto” è di troppo, così come “questo”.

Vorrei evitare questi siparietti, ma è più forte di me.

Togli “questi”

Quando salgo qui sopra e mi siedo dietro di lui, divento un’altra persona.

“Qui sopra” è di troppo.
Prendi tutto con le pinze, questo è mio gusto personale. Ma se voglio dare ritmo, credo che sia il modo migliore.

CITAZIONE
Riconosco quel braccialetto al suo polso.
Soprattutto il grosso cucchiaio di smalto rosa.
Non credo alle coincidenze.

Anche qui vai tre volte a capo. La frase è una. E anche:“quel braccialetto al suo polso”. Bastava:”Il suo braccialetto”.

Questi sono solo due esempi, ce ne sarebbero altri.
Anche la forma usata non mi sembra particolarmente azzeccata, troppo raccontata dalla protagonista. Si vede tutto attraverso lei. La utilizzi per spiegare un po' di cose, che dal mio punto di vista vengono fuori comunque poco chiare. Mancano immagini.
Normalmente non lo chiederei, ho sempre creduto che se una cosa non arriva sia un problema dello scritto, ma potresti spiegarmi le tue intenzioni. Grazie.
Mi dispiace, ma non avendo capito il racconto, non posso apprezzarlo.
Ciao e alla prossima.

è la stessa cosa che le dico sempre anche io. Va a capo troppo spesso e questo spezzetta il racconto. Mette gli a capo quando basta il punto, il punto quando basta la virgola. Il risultato finale da l'idea di qualcosa di affrettato e serrato, anche quando la descrizione è più morbida.
 
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view post Posted on 10/8/2014, 16:44
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Procedo con il cavallo di bastoni :)

Non so, sicuramente mi è piaciuto. L'inizio è un po' stonato. Si comincia a focalizzare il protagonista solo dopo, avresti dovuto mirare a dare qualche tratto un po' prima.

Anche l'informazione che il padre di Giuseppe si è suicidato arriva troppo tardi.

Dal punto di vista della trama, l'arrivo degli sgherri della mafia (nel racconto tutti i mafiosi sono troppo stereotipati per essere credibili) appare un po' forzato, specie alla luce di quello che dice il settebello dopo: "vi avevo detto di portarmi lo sciancato e voi arrivate con un poliziotto?"

Per il resto molto bello. Per fortuna che non devo fare la classifica: non saprei chi scegliere :)
 
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shanda06121
view post Posted on 10/8/2014, 16:46




Come promesso, segue il commento per te, Reiuky.

IL CANE TRISTE Di Reiuky Che sorpresa. Il video e la canzone mi hanno immersa in un ‘atmosfera fantasy e io, cominciando la lettura, mi aspettavo una storia di questo tipo. Invece, ecco un racconto di realismo magico. Bello. Perché mostra un lato della tua poetica tutto particolare: sai trasfigurare la realtà. Naturalmente, non manca il fantastico (lo sdoppiamento cane-bambino. Sa di paradosso Zen: ma è il cane che sogna di essere un bambino e come tale appare al padrone? Oppure c’è un bambino, nell’oltretomba, che sogna di essere un cane? E magari ascenderà in una specie di paradiso solo dopo aver riaccompagnato il protagonista a ritrovare la gente e i luoghi del passato: quest’interpretazione del testo, venutami spontanea nella prima fase di lettura, mi è rimasta, visto che per vivere bisogna morire: difatti, il protagonista bambino è “morto” per lasciare posto al protagonista adulto del racconto, come quando si cresce e il bambino “muore” per lasciare posto all’adulto. Sai, il cane Nemo-Sbirolo, mi ha fatto pensare a un cane molto particolare, quello di un racconto di Dino Buzzati (in quel caso, il cane dimenticato in casa, attende il padrone in forma di scheletro), sulla fedeltà oltre la morte: magari in Nemo c’è anche l’impronta dello spirito di Sbirolo.
Per quel che riguarda la prima versione. Ci sono parti in cui scorre molto bene (la seconda versione, pur essendo molto corretta, è asciutta dal punto di vista dei particolari che fanno entrare il lettore nella vicenda: penso all’incontro fra Nemo-Sbirolo e il protagonista e il dialogo fra il protagonista e la vicina e quello fra lui e la gestrice dell’agriturismo). Nella prima versione ho notato un’incongruenza : capelli neri che diventano chiari e che purtroppo si ripete anche nella seconda versione. Un Bhé per Beh. Giovani adolescenti (è di troppo: basta adolescenti, si capisce che sono di età verde) Particolari molto ben aggiustati nella seconda versione.
Se fosse il mio racconto: metterei insieme i punti di forza delle due versioni. Può piacere anche in un contesto di narrativa non di genere (il realismo magico può infilarsi in parecchi concorsi così. Io lo chiamo il genere narrativo pipistrello: per i cultori del fantastico, una storia magico realistica è un sogno a occhi aperti, per i lettori realistici, può essere invece una sbirciata nella vita interiore di chi narra, tipo Ulisse di Joyce). Bravo.
Attento a crinarsi per incrinarsi.
A parlare troppo vicino, meglio: se si parlava troppo vicino.
No a testata del letto, si dice testiera.
Attento a spendi per spensi (ma hai fatto un gran lavoro sugli errori di battitura, complimenti).
No a rimboccare per rabboccare le brocche del vino.
 
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view post Posted on 10/8/2014, 17:04
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E con quello di Bloody chiudo :)

Fai attenzione: sei uscita un paio di volte dal punto di vista del personaggio: una volta quando la protagonista giudica ossessiva la sua mania di ficcare il naso. Nessuno giudica ossessiva una propria mania, al massimo la giustifica.
La seconda quando parli delle reazioni dei colleghi. In quel caso avresti dovuto far trasparire la preoccupazione dei colleghi filtrandola però attraverso il punto di vista di Catia.

La scena finale è molto delicata: hai dovuto cambiare il punto di vista, dato che Catia è morta e dovevi passare tutte le spiegazioni, ma non hai cambiato lo stile di scrittura. Cambiare punto di vista, specie in un racconto, è sempre molto delicato. In questo caso va bene scegliere un punto di vista in terza persona omniscente, ma avresti dovuto cambiare il tono, renderlo più pragmatico, più cronistico.


A parte questi pochi difetti, il racconto mi è piaciuto veramente tanto. Tutta la prima parte genera un'alone di mistero che poi viene egregiamente smontato nella seconda parte. Carino il movimento repentino della vecchietta nel nascondere la marmellata rosso sangue, quasi a lasciar intendere che non è proprio detto sia marmellata.

I personaggi sono stati sviluppati molto bene, sia la protagonista (molto coerente) che la vecchietta (che, pur avendo avuto un ruolo marginale, ha avuto il suo giusto spazio). Nessun infodump e nessun errore nel passare le informazioni giuste, che ci sono e sono messe bene. Ottimo :)
 
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shanda06121
view post Posted on 10/8/2014, 17:05




Salve Reiuky, eccoti la precisazione sul mio racconto:
Anche la mia storia è una sorta di realismo magico pur se venato di horror. L'autista del bus è un Seduttore (fai conto di vedere una Lamia maschile) che ruba energia vitale alle sue vittime, sì, attraverso una pratica sessuale (come da specifica) che io mostro attraverso la brunetta (da come muove la testa) che ha qualcosa di vampiresco (ed è la f.....io). Però l'autista-Lamia adesca con un bracciale (questo, raccolto e indossato dalla brunetta venuta apposta dal cimitero mal tenuto per sfogare la gelosia è il solo oggetto dell'autista). Gli altri oggetti della storia, li ha ritrovati casualmente la protagonista sulla panchina che si trova sotto la pensilina del bus, perché lei ha la mania di prendere per sé tutto quello che la gente smarrisce per strada, soprattutto alla fermata del bus. Nella scena iniziale lei non ha trovato il bracciale rimasto sui gradini, perché troppo gongolante per lo specchietto e il gloss, ma la rivale sì. Il bus si è fermato vicino al cimitero...Quindi, l'autista se la prende con la protagonista a inizio storia, perché lei non ha il bracciale...non è una vittima vera e propria, in compenso lo espone ala gelosia della ex, morta davvero (altro che storia lacrimevole inventata apposta). Insomma, sbeffeggio con scene macabre un certo tipo di seduttore.
 
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view post Posted on 10/8/2014, 17:10
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CITAZIONE (shanda06121 @ 10/8/2014, 17:46) 
Come promesso, segue il commento per te, Reiuky.

IL CANE TRISTE Di Reiuky Che sorpresa. Il video e la canzone mi hanno immersa in un ‘atmosfera fantasy e io, cominciando la lettura, mi aspettavo una storia di questo tipo. Invece, ecco un racconto di realismo magico. Bello. Perché mostra un lato della tua poetica tutto particolare: sai trasfigurare la realtà. Naturalmente, non manca il fantastico (lo sdoppiamento cane-bambino. Sa di paradosso Zen: ma è il cane che sogna di essere un bambino e come tale appare al padrone? Oppure c’è un bambino, nell’oltretomba, che sogna di essere un cane? E magari ascenderà in una specie di paradiso solo dopo aver riaccompagnato il protagonista a ritrovare la gente e i luoghi del passato: quest’interpretazione del testo, venutami spontanea nella prima fase di lettura, mi è rimasta, visto che per vivere bisogna morire: difatti, il protagonista bambino è “morto” per lasciare posto al protagonista adulto del racconto, come quando si cresce e il bambino “muore” per lasciare posto all’adulto. Sai, il cane Nemo-Sbirolo, mi ha fatto pensare a un cane molto particolare, quello di un racconto di Dino Buzzati (in quel caso, il cane dimenticato in casa, attende il padrone in forma di scheletro), sulla fedeltà oltre la morte: magari in Nemo c’è anche l’impronta dello spirito di Sbirolo.
Per quel che riguarda la prima versione. Ci sono parti in cui scorre molto bene (la seconda versione, pur essendo molto corretta, è asciutta dal punto di vista dei particolari che fanno entrare il lettore nella vicenda: penso all’incontro fra Nemo-Sbirolo e il protagonista e il dialogo fra il protagonista e la vicina e quello fra lui e la gestrice dell’agriturismo). Nella prima versione ho notato un’incongruenza : capelli neri che diventano chiari e che purtroppo si ripete anche nella seconda versione. Un Bhé per Beh. Giovani adolescenti (è di troppo: basta adolescenti, si capisce che sono di età verde) Particolari molto ben aggiustati nella seconda versione.
Se fosse il mio racconto: metterei insieme i punti di forza delle due versioni. Può piacere anche in un contesto di narrativa non di genere (il realismo magico può infilarsi in parecchi concorsi così. Io lo chiamo il genere narrativo pipistrello: per i cultori del fantastico, una storia magico realistica è un sogno a occhi aperti, per i lettori realistici, può essere invece una sbirciata nella vita interiore di chi narra, tipo Ulisse di Joyce). Bravo.
Attento a crinarsi per incrinarsi.
A parlare troppo vicino, meglio: se si parlava troppo vicino.
No a testata del letto, si dice testiera.
Attento a spendi per spensi (ma hai fatto un gran lavoro sugli errori di battitura, complimenti).
No a rimboccare per rabboccare le brocche del vino.

Grazie :)

Ti rivelo un segreto: il racconto è nato da un sogno che ho fatto domenica mattina, quindi la prima versione è molto influenzata da quel sogno. La seconda l'ho corretta tra ieri e oggi, quindi mi sono un po' distaccato.

Quello che volevo raccontare è di questo cane che, in qualche modo mistico, ha superato le barriere del tempo per tornare dal suo padroncino, riportando con se un frammento di un ricordo. Frammento che è riuscito a migliorare anche se di poco la vita del padroncino.

Il colore dei capelli che cambia nei sogni è voluto. Se ci fai caso cambia anche l'età (bambino / adolescente). Questo perché nel linguaggio dei sogni non conta l'aspetto ma la sostanza. è sempre Nemo, che si presenta in forma umana, e la forma, pur avendo un aspetto diverso, è sempre la stessa. Se hai mai letto Alice nel paese delle meraviglie, puoi intuire di che parlo.

Grazie per le correzioni :)
 
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Ceranu
view post Posted on 10/8/2014, 21:46




Ciao Nazareno, complimenti. Nel tuo racconto hai rispettato a pieno il ritmo della canzone. Ti dirò, a tratti, l'inizio poteva sembrare addirittura un testo musicale. Racconto delicato, il surreale passa come una cosa di tutti i giorni, sebbene si posa respirare a pieni polmoni. Noto anch'io che l'inizio è un po' sotto tono, ma ci può stare, serve per far entrare in empatia con il personaggio. Mi è piaciuto tutto, anche se manca un po' di mordente. Però un paio di appunti devo farteli.
Il racconto è sicuramente intimo, come tutti quelli che accompagnano un protagonista in un viaggio, qualsiasi esso sia. Eppure secondo me manca qualcosa, un motivo per essere coinvolti emotivamente. Scorre tutto liscio, non dico che dovesse essere per forza tormentato da qualcosa, ma il cambio di età mi sembra troppo poco.
Alcuni errori, o cose che ho capito male. Nella prima parte del viaggio, vede dei posti che gli evocano dei ricordi, poi dice che mancano ancora molte ore all'arrivo. È un errore o erano posti diversi?

CITAZIONE
la televisione in bianco e nero dove vedevo i puffi a colori

Potresti spiegarmi questa frase?

CITAZIONE
il manto era un mantello nero bordato di marrone

Manto, mantello, marrone. Non è un errore, ma si può far meglio.

CITAZIONE
ancora lì e non riuscì ad ignorarlo

CITAZIONE
riuscì appena a biascicare «Buonasera.»

È in prima persona, credo ci vada riuscii

CITAZIONE
dalla guerra!» rispose

Credo che rispose vada maiuscolo.

CITAZIONE
e rientrò per uscire con un sacchetto

Credo sia giusto, ma non mi piace la forma.

«È il nome del cane che avevamo quando giù»

Ci sono altri errori di battitura, in alcuni punti mancano delle parole e in altri le ripeti. Ci sono dei periodi lunghi in cui mancano delle virgole, ma nel complesso non c'è nulla di eclatante.

Insomma, il racconto mi piace molto, ma se ci avessi messo un po' di pepe in più avrebbe fatto il salto di qualità.
Bel racconto. Ciao e alla prossima.
 
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Ceranu
view post Posted on 10/8/2014, 22:08




Ciao Alexandra, il mio intento era appunto quello di dare un taglio malinconico a tutto il racconto, e mi fa piacere ti sia arrivato. Invece il rifrimento alle carte, ho usato apposta quelle napoletane, sono il simbolo di un meridione rimasto al palo, quello che poco alla volta si sta spegnando. E nel mio intento erano una sorta di "grado" all'interno del clun. Il settebello, è una delle carte più importanti della scopa, e il cavallo di bastoni sono i punti della briscola, e comunque una di quelle più alte. Invece la canzone l'ho scelta per richiamare la loro epoca d'oro, quando quei paesi hanno vissuto una seconda giovinezza, e essendo un racconto accentrato sull'italianità, credo che fosse il più azzeccato.

Ciao Nazareno, Quello di non far conoscere da subito il protagonista è stato un escamotage per concentrare di più l'attenzione del lettore sull'ambientazione. Probabilmente poco riuscito. Mentre sul rapimento del poliziotto hai pienamente ragione, ma le battute erano poche per poter articolare il racconto. Nella mia idea veniva rapito solo lo Sciancato, per far partire la ricerca, ma avrei sforato di almeno il doppio. Magari posso pensarci su e ampliare la storia. Hai preso a pieno anche lo stereotipo, ma anche quello è voluto, passami il termine, ma è una sorta di "denuncia" contro i pregiudizi che circondano il meridione.

Grazie a entrambi per il commento, e sono contento vi sia piaciuto il racconto. Ma vi chiedo uno sforzo in più. Ho faticato molto nello scrivere lo scontro, e sono curioso di sapere se è resa bene.

Ciao
 
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view post Posted on 11/8/2014, 02:03
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CITAZIONE (Ceranu @ 10/8/2014, 22:46) 
Ciao Nazareno, complimenti. Nel tuo racconto hai rispettato a pieno il ritmo della canzone. Ti dirò, a tratti, l'inizio poteva sembrare addirittura un testo musicale. Racconto delicato, il surreale passa come una cosa di tutti i giorni, sebbene si posa respirare a pieni polmoni. Noto anch'io che l'inizio è un po' sotto tono, ma ci può stare, serve per far entrare in empatia con il personaggio. Mi è piaciuto tutto, anche se manca un po' di mordente. Però un paio di appunti devo farteli.
Il racconto è sicuramente intimo, come tutti quelli che accompagnano un protagonista in un viaggio, qualsiasi esso sia. Eppure secondo me manca qualcosa, un motivo per essere coinvolti emotivamente. Scorre tutto liscio, non dico che dovesse essere per forza tormentato da qualcosa, ma il cambio di età mi sembra troppo poco.

Grazie mille per i complimenti :) In effetti anche io ho avuto la sensazione che mancasse di qualcosa ma non sono riuscito atrovare la nota giusta.

CITAZIONE
Alcuni errori, o cose che ho capito male. Nella prima parte del viaggio, vede dei posti che gli evocano dei ricordi, poi dice che mancano ancora molte ore all'arrivo. È un errore o erano posti diversi?

L'associazione tra i paesaggi che vede e i ricordi non è "reale", ma del tutto arbitraria nella mente del protagonista. Non so spiegarla meglio, in realtà è la cronaca di quello che ho vissuto io quando sono andato per la prima volta a foggia. Non so come mai, ma più scendevo più quello che vedevo mi richiamava a ricordi della mia infanzia. Anche a me è successo che, quando ho finito i miei ricordi, quello che vedevo mi ricordava cose che poteva aver vissuto mia madre.

CITAZIONE
CITAZIONE
la televisione in bianco e nero dove vedevo i puffi a colori

Potresti spiegarmi questa frase?

Quando ero piccolo i miei avevano la televisione in bianco e nero. Eppure, associavo alle immagini i colori più o meno giusti. Sapevo che i puffi erano blu, per cui li vedevo blu. Al contrario non sapevo che Lexington era giallo e sono rimasto meravigliato nello scoprire che non era marrone chiaro. Visto che non sono l'unico a cui ha fatto questo effetto la tv in bianco e nero, ho azzardato a mettercelo.

CITAZIONE
CITAZIONE
il manto era un mantello nero bordato di marrone

Manto, mantello, marrone. Non è un errore, ma si può far meglio.

Guarda, se mi dici come ti ringrazio. Ci sono stato mezz'ora sopra.

CITAZIONE
CITAZIONE
ancora lì e non riuscì ad ignorarlo

CITAZIONE
riuscì appena a biascicare «Buonasera.»

È in prima persona, credo ci vada riuscii

Vero. In altri punti avevo corretto. Quelli mi erano sfuggiti.

CITAZIONE
CITAZIONE
dalla guerra!» rispose

Credo che rispose vada maiuscolo.

No: il punto esclamativo non interrompe il flusso di una frase (CMT docet) quindi è corretto come l'ho messo.

CITAZIONE
CITAZIONE
e rientrò per uscire con un sacchetto

Credo sia giusto, ma non mi piace la forma.

Tu come l'avresti messo?

CITAZIONE
«È il nome del cane che avevamo quando giù»

Ci sono altri errori di battitura, in alcuni punti mancano delle parole e in altri le ripeti. Ci sono dei periodi lunghi in cui mancano delle virgole, ma nel complesso non c'è nulla di eclatante.

Insomma, il racconto mi piace molto, ma se ci avessi messo un po' di pepe in più avrebbe fatto il salto di qualità.
Bel racconto. Ciao e alla prossima.

Be', per un racconto estivo ci può anche stare no? :)
 
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shanda06121
view post Posted on 11/8/2014, 09:20




Ciao Reiuky, non c'è di che.
Ti sono grata per la precisazione. Mi piace apprendere da te che abbiamo in comune l'abitudine di prendere nota dei sogni per trasformarli in racconti. Anch'io ho letto Alice nel paese delle Meraviglie (illustrato con fotografie di una messinscena teatrale dell'opera, molto Anni Settanta), per cui, ora sono che le incongruenze sono apparenti.
Salve Ceranu,
direi che lo scontro è reso molto bene, sembra di essere lì. Ti ringrazio per avermi confermato che si trattava di carte napoletane (grazie anche per la precisazione sul settebello, ora ne so di più). Scusa l'ignoranza, io non ci gioco (non ho mai imparato, non ho una mente molto matematica). Mi piacciono i Tarocchi e le storie dove ci sono streghe che li fanno alla vittima di turno. E poi, reggiti forte...i Tarocchi che ti mostrano certe riviste di oroscopi. Certi sono opere d'arte. E poi erano belle le carte da gioco con i personaggi del cartone Bia, la Sfida della Magia.
 
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view post Posted on 11/8/2014, 13:27

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Scusate l'assenza ma ho avuto qualche problema che ha richiesto la mia attenzione nei giorni scorsi. Comunque vedo che vi state autogestendo in modo soddisfacente. Vista la natura dell' "edizione", continuerò a lasciare che vi autogestiate. Però non litigate ;)
 
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Ceranu
view post Posted on 11/8/2014, 21:24




Ciao Nazareno. Dipende dall'effetto che vuoi dare. Potresti dire: il manto nero con bordature brune, mentre muso e petto erano tinti di bianco.
Il manto era nero con striature marroni, muso e petto bianchi.

Manto e mantello sono sinonimi che appesantiscono la lettura.

Rientrò in casa e uscì subito dopo con un piatto di lasagne raggrinzite.
cercò qualcosa in casa e subito dopo ne uscì con un piatto di lasagne raggrinzito.

Credo che nel momento in cui dici che "ne uscì" sottintendi che fosse in casa.
Il bambino che immagina i colori è molto bella, complimenti.
Spero di esserti stato utile.
Ciao
 
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56 replies since 1/8/2014, 09:17   869 views
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