Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio, Marzo 2015, edizione 37, Odi et Amo

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 5/3/2015, 08:37
Avatar

Educatrice di bambini alieni

Group:
Member
Posts:
263
Location:
Stella Vega

Status:


Ben arrivata Alexia93!! ;)
 
Top
view post Posted on 5/3/2015, 10:49
Avatar

Apprendista stregone

Group:
Member
Posts:
645
Location:
Area 51

Status:


Benvenuta Alexia 93... dacci dentro!!! :)
 
Top
view post Posted on 5/3/2015, 10:59
Avatar

Milena Vallero

Group:
Moderatori
Posts:
482
Location:
Santhià (VC)

Status:


Benarrivata Alexia! :D
 
Web  Top
view post Posted on 5/3/2015, 11:58

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


CITAZIONE (Alexia93 @ 5/3/2015, 03:51) 
Visto che è prima volta che partecipo volevo chiedere una cosa che non ho letto da nessuna parte (o forse c'era ma non l'ho letto io :1392391933.gif: ).
Lo skannatoio è come la macelleria cioè a numero chiuso?
Perchè ho già cominciato a lavorare al racconto e non vorrei, poi, scoprire all'ultimo che non posso pubblicarlo perchè non ho confermato la mia "presenza".

Macché, ti pare che se fossimo a numero chiuso accetteremo gentaglia come quella che vedi qui in giro?? :p099: :p099: :p099:
:p103: :p103: :p103:
:1392239991.gif: :1392239991.gif: :1392239991.gif:

Vai tranquilla, scrivi e posta entro la deadline espressa nelle specifiche! ;)


CITAZIONE (kaipirissima @ 5/3/2015, 08:18) 
Ieri sera ho sognato che facevo la revisione al racconto dello skanna, però non riesco a ricordare la trama, l'unica cosa che ricordo è che volevo chiedere a Master se la frase Io amo/io odio potesse essere espressa solo nel titolo.

Benvenuta Alexia 93. :)

Beh, dai, almeno era un sogno e non un incubo nonostante ci fossi anche io... :P

E, in caso che la domanda abbia oltrepassato i confini del sogno per approdare alla realtà, no, la frase incriminata dev'essere usata nel testo. Cioè, puoi usarla anche come titolo se vuoi, ma deve esserci anche nel testo ;)
 
Web  Top
view post Posted on 5/3/2015, 13:55
Avatar

Member

Group:
Member
Posts:
152
Location:
Caserta

Status:


CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 4/3/2015, 22:47) 
Ciao Paolo. Non per fare il saccente, ma nel tuo racconto manca completamente la specifica. Chiedi al Master se puoi correggere il tuo lavoro, e inserisci la frase richiesta. Il racconto é interessante ma senza specifica varrà meno di zero! :blink:

caspita! grazie per la segnalazione!!! ho fatto una corsa da lavoro per inviare un messaggio al Master e chiedere venia/editazione! Grazie ancora...l'avevo detto che ero pronto alle figuracce...bwhahaahahah!
 
Top
view post Posted on 5/3/2015, 15:13
Avatar

Educatrice di bambini alieni

Group:
Member
Posts:
263
Location:
Stella Vega

Status:


L'ULTIMO PASTO

di Laura Palmoni

Max odiava i gatti, in modo particolare quello di casa sua. La mattina, quando si apprestava ad uscire di casa per andare al lavoro, la creatura pareva quasi deriderlo. Sprofondato in quella che avrebbe dovuto essere la poltrona del capofamiglia e che invece da anni l'animale aveva eletto a suo personale giaciglio, lo esaminava con i suoi perfidi occhi verdi. Lo osservava allungare le zampe e sbadigliare indolente, per poi raggomitolarsi su sé stesso e tornare a dormire. Maledetto bastardo, non solo mangiava e beveva a sbafo in casa sua, ma gli rubava anche l'affetto della sua famiglia e la poltrona! Mentre finiva rabbiosamente di vestirsi, Max sentì improvviso e travolgente il desiderio di strangolare quel gatto del cazzo.
«Dusty!» Si girò alla voce di sua figlia, la guardò raggiungere la bestia e strofinarle il viso contro il muso. Gli venne da vomitare e divenne ancor più furibondo.
«Potresti anche venire prima ad abbracciare tuo padre!» La rimbrottò.
La bimba si girò verso di lui, spaventata da quel tono di rimprovero e sgranò i grandi occhi chiari. Sua moglie gli portò la giacca e la ventiquattrore, abbozzando un sorriso e sfiorandogli le labbra con un bacio.
«Il mio gelosone» bisbigliò, sfiorandogli la pancia prominente. Max era consapevole di essere un po' diverso dall’uomo che aveva sposato dieci anni prima. Da ingegnere di belle speranze e dal fisico atletico era passato ad impiegato frustrato e scontento; il suo peso viaggiava già sui centoventi chili, aveva perso gran parte della chioma fulva che a lei era tanto piaciuta in passato ed era sempre più scontroso e svogliato. La sera era stanco, ormai facevano l’amore a settimane alterne e non avevano più una vita sociale. Il fatto che lei lo amasse ugualmente e continuasse a sperare di farlo tornare l'uomo di un tempo da una parte lo spronava, dall'altra lo faceva sentire sotto pressione.
«Stasera c’è la recita di Sara alle sette. Pensi di riuscire a venire?»
L’uomo fece spallucce. «Non lo so, vedremo.»
Gettò uno sguardo alla figlia, che continuava a fissarlo con la solita aria di rimprovero. Avrebbe voluto chiederle cosa pretendesse da lui, visto che gli unici a cui rivolgeva la parola erano sua madre e quel dannato gatto. Si era sempre reputato un uomo razionale, ma a volte aveva la sensazione che quell'animale l'avesse stregata. Avevano lo stesso lampo demoniaco negli occhi.
«Vado al lavoro, voi restate pure a lisciare il vostro gatto» sbottò l’uomo, liberandosi con uno strattone dall’abbraccio della moglie. Sara teneva Dusty in grembo. Lo accarezzava e intanto osservava con insistenza il punto dove suo padre era sparito, senza che le sfuggisse mai una sola parola.

A Max occorsero più di venti minuti per raggiungere l’ufficio. Di solito ne impiegava dieci, ma quella mattina sembrava che tutto il traffico del mondo confluisse nella sua stessa direzione. Era visibilmente irritato mentre attraversava il corridoio e gettava un secco saluto alla segretaria. Lo aspettava uno dei lavori più noiosi, la gestione degli ordini e il controllo dei relativi documenti di trasporto. Lo avevano assunto come addetto alla logistica, nessuna possibilità di avanzamento di carriera o prospettiva futura, se non quella di dare un taglio netto alla questione prendendo un po’ di coraggio e dando le dimissioni una volta per tutte. Gli venne da sorridere. Così gliela avrebbe fatta vedere lui a quegli stronzi dei suoi capi! E sua moglie e sua figlia avrebbero capito cosa voleva dire non aver più uno che sgobba dalla mattina alla sera per dar loro da mangiare! Quel gatto ripugnante sarebbe stato il primo a morire di fame. Bestiaccia immonda... Gli pisciava nelle pantofole, lasciava ciuffi di peli solo sul suo cuscino, si affilava gli artigli sullo stipite della porta e lo guardava con un ghigno che sembrava voler dire “Sono io il padrone di casa, tu esisti perché io esisto” E i bocconcini freschi di macelleria, le visite dal veterinario, l’antipulci, tonnellate di sabbia per gatti... Avrebbe voluto chiedere a qualcuno di quelli che si proclamavano protettori dei gatti, se fossero al corrente di quanto venisse a costare tenere in casa una di quelle terribili bestiacce! Un giorno o l’altro avrebbe schiacciato la sua sotto le ruote della macchina.
Un miagolio sinistro lo fece sobbalzare dalla sedia. Si guardò intorno terrorizzato, alla ricerca del gatto. Lo aveva sentito miagolare. Non se lo era immaginato, ma continuava a guardarsi intorno e non c’era nessuno. Tentò di calmarsi. L’immaginazione a volte giocava brutti scherzi, comunque per qualche ora abbandonò i suoi sadici pensieri.

Lo spavento della mattina fu presto dimenticato e le ore passarono insolitamente veloci per Max. Alla mensa aziendale, mentre si avvicinava con il vassoio al banco, l’uomo si divertì all’idea di un bel piatto a base di ciccia di gatto. Con tutta la carne scelta che mangiava doveva essere proprio un pasto sostanzioso. Invece optò per la solita pasta scotta, con pollo fritto e verdure in pastella, il menù più appetibile del giorno. Prese anche il dolce, alla faccia dei suoi chili in più. Disdegnando di ritrovarsi con i colleghi, cercava sempre di arrivare per ultimo, cosicché i tavoli fossero ormai quasi tutti occupati e a nessuno venisse in mente di fargli compagnia. Ma quello era un giorno sfortunato; l’unico tavolo rimasto aveva due sedie libere e il capo magazziniere, un uomo sui cinquant’anni grasso, calvo e sudaticcio, prese subito posto davanti a lui.
«Ma te ne stai sempre da solo?» gli disse, con finta aria di rimprovero.
Max bofonchiò qualcosa mentre continuava a mangiare. E questi iniziò a blaterare di prodotti abbandonati senza criterio in magazzino, di merce buona mescolata a merce difettosa, del lavoro di loro poveri magazzinieri mal pagati e sottomessi a superiori che non capivano un cazzo di niente e continuavano a comandare, prendendosi gioco degli operai.
Ma quel ciccione superò ogni limite di sopportazione, quando iniziò a raccontargli del suo nuovo acquisto.
Un gatto.
Mancò poco che lo uccidesse lì davanti a tutti. Rimase a sentire per un po’ i suoi vaneggiamenti sul pelo bianco e morbido, su come giocava con la palla, col gomitolo, con le scarpe e chissà quali altri cazzi, finché non esplose. Balzò in piedi senza neanche finire il suo pollo fritto e lo mandò tranquillamente a fare in culo, prima di tornarsene al suo ufficio.

In un modo o nell’altro, l’orario di lavorò passò. Max era stato tentato dallo scendere in magazzino e scusarsi con il magazziniere, ma poi si era detto che non gliene fregava niente se non gli rivolgeva più il saluto e andava a dire in giro che era uno psicopatico maleducato. Il traffico delle cinque e mezza lo innervosiva non più del pensiero di rientrare a casa e di trovare sua moglie con i capelli tirati in testa e il grembiule da cucina, la figlia che gli rivolgeva appena la parola e quel gatto demoniaco.
Pensò a quando Anna aveva portato a casa quella mostruosa palla di pulci. Si era sentito pervadere da un brivido. L’idea che l’animale lo odiasse aveva preso corpo nel suo cervello, nell’istante stesso in cui si erano fissati. Lui era il padrone di casa, ma quel gatto aveva impresso nello sguardo un risoluto desiderio di prenderne il posto.
«Meow»
La Twingo sbandò paurosamente e per poco travolse un pedone sulle strisce. Max accostò sul ciglio della strada, si girò verso il sedile posteriore. Di nuovo il miagolio di Dusty, stavolta l'aveva sentito bene! Cercò affannosamente in giro, a terra, sui tappetini puliti e profumati di pino silvestre. Niente. Un altro scherzo della sua immaginazione? Riportò gli occhi davanti a sé e urlò. Un volto bieco e grinzoso lo fissava dal parabrezza. Con rapido movimento, il vecchio si spostò a ridosso del finestrino semiaperto. La sua età era indefinibile, così come il suo sguardo. Dalle labbra screpolate dal sole scendeva un rigagnolo di saliva trasparente, aveva gli occhi verde opaco iniettati di sangue, la cornea giallognola. Peli ispidi coprivano il mento ossuto e un puzzo di sporcizia e sudore si mischiava orribilmente al profumo del deodorante per auto, creando un contrasto rivoltante. Max rimase pietrificato, mentre un brivido freddo gli gelava le ossa.
Il vecchio aprì la bocca per parlare. Una zaffata di alito pestilenziale inondò l’abitacolo.
«Tu lo ucciderai» aveva gli incisivi marci «ma ciò che disprezzi sarà causa della tua morte!»
La collana di ossi che portava sopra la camicia lercia, tintinnò contro il vetro del finestrino. Max fu preso dal terrore. Inserì la marcia e partì a razzo, incurante della strombazzata di clacson di un’automobilista inferocito. Evitò di guardarsi indietro. Deglutì, tentando di recuperare il controllo di sé. Con mano tremante si allentava il colletto della camicia e poi cercava, frenetico, una sigaretta. Si era solo spaventato. Era un vecchio pazzo, un mendicante. Calmo. Era finita.
Il battito era tornato pressoché normale quando girò nel vialetto di casa. Parcheggiò l’auto nel garage e rimase un attimo con la testa appoggiata al sedile, quindi uscì. L’utilitaria di sua moglie non c’era. Ah sì... La recita della figlia, non sarebbero tornati prima delle otto. Avrebbe dovuto andare anche lui. Giusto quello gli occorreva, rompersi le palle ad una stupida, noiosissima recita, non ci pensava proprio. Mosse un piede in direzione della saracinesca quando pestò qualcosa di molliccio. Abbassò lo sguardo. I resti mangiucchiati di un grosso ratto formavano un nauseabonda pozza di carne e sangue. Una poltiglia disgustosa ora ben stampata sotto la suola della sua scarpa.
Meow.
Max sollevò lo sguardo. Dusty era lì, con i suoi occhi fiammeggianti d'odio. Lo aveva fatto apposta, si prendeva gioco di lui! Fuori di sé, si avvicinò all’animale che ora lo fissava con aria di sfida.
«Vieni qua» avvicinò la mano alla testa del gatto. Questi si ritrasse un attimo ma si lasciò accarezzare. Con un gesto rapido, Max lo afferrò per la collottola e, ignorando completamente le sue proteste feline, lo trasportò verso l’angolo degli attrezzi.
«Hai fatto il tuo ultimo pasto, bestiaccia, spero te lo sia goduto! Ti faccio vedere chi è che comanda qui. Hai passato il segno» afferrò un grosso sacco di iuta ripiegato da una parte (chissà se Anna si sarebbe accorta di quell’appropriazione indebita di sacchi da giardinaggio), lo aprì faticando un po’ con una sola mano e vi gettò dentro il gatto, stringendo quindi il laccio con rapidità e decisione. Il suo cuore sembrava impazzito per l’eccitazione, mentre assicurava meglio il nodo e sentiva il gatto infuriarsi e miagolare selvaggiamente.
«Mi odi, vero?»
Meow... Meooow…
Caricò il sacco in macchina e con esso la sua mazza da baseball preferita. Aveva avuto un attimo di esitazione, ma alla fine era un sacrificio nobile. Gettò uno sguardo all’orologio. Appena le sei, aveva tutto il tempo.

Varcò la soglia di casa e lo accolse un dolce profumo di arrosto. Max respirò a fondo, stuzzicato da quel buon odore. Nessun senso di colpa. Mentre con la sua mazza di legno si accaniva sul quel lurido felino, si era sentito eccitato e felice come mai in vita sua. I colpi erano stati così violenti che i disperati miagolii della bestia si erano confusi con l’eco terrificante di ossa frantumate. Incurante del fatto che qualcuno avesse potuto accorgersi della sua furia inarrestabile, Max aveva continuato ad infierire fino a che una macchia rossa si era diffusa sul sacco di iuta, una massa schiacciata e informe giaceva ormai silenziosa e priva di vita. Aveva spinto il sacco nell’acqua, insieme alla mazza da baseball, quindi si era sciacquato le mani nell’acqua fredda del fiume e aveva atteso che il cuore decelerasse i battiti. Come si era sentito felice mentre il sacco veniva lentamente trascinato dalla corrente!
Era così di buon umore che neanche se la prese troppo, quando la moglie lo rimproverò per essere mancato alla recita della scuola. Riuscì perfino a mostrare una sorta di comprensivo stupore alla notizia che Dusty era improvvisamente sparito. E’ carne morta in mezzo al fiume, pensava Max. Non si accorse dei lucciconi in fondo agli occhi della sua piccolina, né del lampo di rabbia con cui lo guardava, mentre sembrava cercare di leggergli in faccia ciò che aveva fatto.

Si svegliò all’una di notte, sudato e col fiato corto. In un incubo tanto terrificante quanto reale, si era visto disteso sul suo letto, paralizzato dal collo in giù. Poteva solo muovere la testa e roteare gli occhi, tutt'intorno era avvolto nell’ombra di un’aria afosa e maleodorante.
Un lamento sottile, impercettibile lo aveva gettato nel terrore. Qualcosa gli era saltato sulle gambe, piccole pressioni leggere e quel gemito diventava un miagolio, sempre più prossimo, sempre più minaccioso. Artigli acuminati erano penetrati nella sua carne, Meow... Meooow... finché Dusty non gli si era fermato sul petto e lo aveva fissato con occhi che erano diventati gialli. Aveva l’alito fetido, i denti affilati, la bava che gli colava dal mento e gocciolava sul volto atterrito dell’uomo. Poi un ruggito rabbioso, violento e nel sogno Max aveva un’ultima volta tentato di muoversi, di svegliarsi, di gridare. Inutilmente. Il gatto si era avventato su di lui e gli aveva piantato i denti nel collo. E Max aveva sentito il sangue sgorgargli via e la vita abbandonarlo.
Ma adesso era sveglio. Anna dormiva accanto a lui. La stanza era avvolta nell’oscurità, una debole luce filtrava dalla finestra. C’era la luna piena. Non che volesse dire qualcosa.
«Tu lo ucciderai e ciò che disprezzi sarà causa della tua morte»
Era solo un vecchio pazzo. Deglutì nervosamente.
Meow...
Max tese l’orecchio. Il respiro leggero di sua moglie, una civetta lontana, il latrato di qualche cane che vagabondava per le strade. No, non sentiva nessun...
Meoooooow...
Ma era impossibile! Stava ancora sognando, non poteva essere Dusty! Quel miagolio lagnoso sembrava proprio il suo, ma.... Dio Santo! L’aveva ammazzato. Era morto affogato, se non l’aveva ucciso a bastonate! Controllò che sua moglie dormisse ancora, quindi scese lentamente dal letto e cercò freneticamente le pantofole. Si mosse a tentoni nel buio, trovò la porta, l’aprì il più silenziosamente possibile e uscì, richiudendosi l’uscio alle spalle. Sara si affacciò dalla sua stanza e con lo sguardo seguì il genitore scendere al piano di sotto. Strinse convulsamente il suo gatto di peluche, mormorò qualcosa di incomprensibile e sorrise.

Perlustrò ogni angolo della cucina e del soggiorno ma Max non trovò nulla. Forse stava diventando pazzo. Poi lo sentì di nuovo. Un lamento sinistro, più forte. Veniva dal basso. Iniziò a riordinare le idee, a pensare. Magari era ancora vivo, si era liberato dal sacco che lo imprigionava e aveva fatto in tempo a raggiungere l’auto prima che lui partisse. Era decisamente improbabile, ma non poteva che essere l’unica spiegazione. Continuò a pensarci mentre scendeva in garage, seguendo il lamento del felino. Probabilmente era ridotto male, sarebbe bastato un colpo di cric per mettere fine alla questione.
Arrivato ai piedi della scala, l’uomo scoprì con sorpresa che non c’era nessun garage. Non come lo ricordava, almeno. Gli parve di riconoscere dall’odore le pareti impregnate di muffa, gli attrezzi da giardinaggio ammucchiati nell’angolo, la ruota di scorta da riparare, la bicicletta di Sara, ma il buio era spezzato unicamente dalla luce della luna che entrava dalle finestre, permettendogli di scorgere solo forme indistinte. Si muoveva rapido, volgeva il capo tutt’intorno per cercare di orizzontarsi ma non riusciva a capire cosa stesse succedendo e perché aveva la netta impressione di trovarsi in una stanza molto grande.
Cercò di guardare verso l’alto. Nient’altro che buio.
Meooow…
Prima che potesse rendersene conto, si trovò imprigionato da qualcosa. Tirava e zampettava, piccoli guaiti gli uscivano dalla gola, piuttosto che l’urlo di paura che si era aspettato. Ma che stava succedendo? Di colpo si accese la luce. Finalmente poté vedere la lampadina, ma era in alto, molto in alto, più di quanto ricordasse.
Il suo disprezzo... La causa della sua morte...
La macchina all’improvviso era lì, enorme, riusciva a malapena a vederne le ruote. Le finestre erano troppo alte perché potesse raggiungerle. Le chiavi, le chiavi della macchina... Qualcosa gli impediva di muoversi, ma cosa? Si trovò all’improvviso libero, riuscì a scattare sotto l’auto ma qualcuno lo riagguantò subito. Gemette, pianse, gridò ripetutamente con quegli strani suoni che non sapeva cosa fossero, finché qualcosa di caldo lo agguantò per il collo e lo tenne stretto, abbastanza da imprigionarlo ma non troppo da ucciderlo. Sentiva gli occhi sbarrati, il terrore nella gola, mentre il suo aggressore lo trascinava di nuovo fuori, allo scoperto, sotto la luce della lampadina. Si ritrovò a terra e tentò nuovamente di scappare, ma un essere grosso e peloso, con le fauci spalancate e gli occhi iniettati di diabolica malvagità gli sbarrò la strada. Dusty. Dietro di lui, sua figlia lo fissava in silenzio. Entrambi erano enormi, lo sovrastavano.
Max capì, nell’esatto momento in cui Dusty si avventava su di lui per divorarlo, quale significato avessero le parole del vecchio. La causa della sua morte. Riuscì quasi a sentire il sapore del suo sangue e delle sue viscere mentre i denti affilati del gatto gli dilaniavano la carne.

Dusty masticò soddisfatto il suo facile pasto. Poco sostanzioso, in verità, ma si sarebbe rifatto presto. La sua padroncina non mostrò alcuna reazione, neanche quando il rumore delle ossa spezzate e masticate riecheggiò fra le quattro mura corrose dall’umidità. Dusty si leccò i baffi, liberando i canini dai rimasugli di carne di ratto, la lingua passò ripetutamente attorno alla bocca per degustare le ultime gocce di quel sangue delizioso.
Sara sorrise e lo accarezzò, Dusty le miagolò dolcemente in risposta.
«Vieni piccolo, ti sei meritato la pappa.»
Certo che se l’era meritata. Andare a caccia d’uomo non era cosa di tutti i giorni!



Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo mio racconto su 'Skan Magazine'.
 
Top
Alexia93
view post Posted on 5/3/2015, 19:46




Oddio che accoglienza :lol: Grazie a tutti,
Speriamo di non fare qualche enorme gaf :P
 
Top
view post Posted on 5/3/2015, 21:07
Avatar

Apprendista stregone

Group:
Member
Posts:
645
Location:
Area 51

Status:


CITAZIONE (Alexia93 @ 5/3/2015, 19:46) 
Oddio che accoglienza :lol: Grazie a tutti,
Speriamo di non fare qualche enorme gaf :P

L'hai già fatta. Si scrive gaffe. :lol:
 
Top
Alexia93
view post Posted on 5/3/2015, 22:21




CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 5/3/2015, 21:07) 
CITAZIONE (Alexia93 @ 5/3/2015, 19:46) 
Oddio che accoglienza :lol: Grazie a tutti,
Speriamo di non fare qualche enorme gaf :P

L'hai già fatta. Si scrive gaffe. :lol:

:blink: wow non sono durata neanche 5 minuti :1392239554.gif:
 
Top
view post Posted on 6/3/2015, 00:12

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


CITAZIONE (Alexia93 @ 5/3/2015, 22:21) 
CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 5/3/2015, 21:07) 
L'hai già fatta. Si scrive gaffe. :lol:

:blink: wow non sono durata neanche 5 minuti :1392239554.gif:

pronti, via :D
Eh vabbè, la gioia di vivere passa sempre attraverso una palude di figure de... :1392239813.gif:
 
Web  Top
view post Posted on 6/3/2015, 13:37
Avatar

Co-moderatore dello skannatoio
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
1,630
Location:
Macerata

Status:


Quanti ampere ci vogliono per ammazzare un uomo?

Non mi serve per la trama (1 o 10 è uguale), ma visto che qualcuno lo deve affermare con cognizione di causa, mi farebbe piacere saperlo prima.

No, google non mi sta dando una mano :(
 
Top
view post Posted on 6/3/2015, 13:47

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


CITAZIONE (reiuky @ 6/3/2015, 13:37) 
Quanti ampere ci vogliono per ammazzare un uomo?

Non mi serve per la trama (1 o 10 è uguale), ma visto che qualcuno lo deve affermare con cognizione di causa, mi farebbe piacere saperlo prima.

No, google non mi sta dando una mano :(

dipende da persona a persona... e la corrente in realtà è definita da svariate unità di misura, quindi è difficile dare una risposta univoca. Dipende sia dai volt che dagli ampere (dalla combinazione dei due), ma anche da questioni come se la corrente è continua o alternata. in generale, comunque, la risposta generica alla domanda dovrebbe essere "oltre la decina". A spanne.

In india, per esempio, c'è un tipo che può essere attraversato da salcazzo di corrente a spam e ride... tipo che mette le dita nella presa, con l'altra mano tiene la spina del frullatore, e il frullatore funziona... e lui ride... :P
 
Web  Top
view post Posted on 6/3/2015, 13:50
Avatar

Milena Vallero

Group:
Moderatori
Posts:
482
Location:
Santhià (VC)

Status:


Ciao! Io non me ne intendo ma ho trovato questa pagina www.physics.ohio-state.edu/~p616/safety/fatal_current.html in cui si dice che "tra 100 e 200 milliampere sono letali"; poi dice che al di sopra a volte ci si salva, e non capisco perché... :blink: ma magari ti aiuta.
Ciauuuuuuu!!!!!!! :wub: :D
 
Web  Top
view post Posted on 6/3/2015, 13:56
Avatar

Co-moderatore dello skannatoio
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
1,630
Location:
Macerata

Status:


In effetti dipende molto dalla conduttività del corpo e da dove è il punto di ingresso e quello di uscita della corrente, oltre che dall'esposizione (una scarica minore ma protatta per più tempo è ugualmente letale di una scarica di maggiore intensità ma per meno tempo).

@Master: ci sono 3 parametri per misurare l'elettricità, ma quello che interessa un arresto cardiaco è proprio l'intensità di corrente. La tensione dipende più che altro dalla resistenza che oppone il corpo e dalla potenza interessata. Si può sopravvivere a 10'000 Volt e morire per 0,1 Volt, a seconda della corrente.

Ora mi leggo il link di Willow, speriamo bene :) (comunque, se non lo sa nessuno, nessuno si dovrebbe lamentare che ho sbagliato XD)
 
Top
view post Posted on 6/3/2015, 13:58

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


CITAZIONE (willow78 @ 6/3/2015, 13:50) 
Ciao! Io non me ne intendo ma ho trovato questa pagina www.physics.ohio-state.edu/~p616/safety/fatal_current.html in cui si dice che "tra 100 e 200 milliampere sono letali"; poi dice che al di sopra a volte ci si salva, e non capisco perché... :blink: ma magari ti aiuta.
Ciauuuuuuu!!!!!!! :wub: :D

perché ne fa un discorso di interazione con gli organi interni... che è poi la causa di morte principale quando prendi la scossa... l'elettricità, se passa attraverso il cuore, può interferire pesantemente con il suo funzionamento (che avviene, appunto, tramite elettricità), e se ti si ferma il cuore, sei fottuto. :P
Infatti dice anche che spesso, se rianimati, i fulminati si ripigliano... :)

Diverso è il caso in cui vuoi proprio "friggere" un essere umano ;)
 
Web  Top
241 replies since 1/3/2015, 00:09   4639 views
  Share