Ciao Shanda
Visto che ho solo il tuo racconto da commentare, voglio provare a commentartelo in modo dettagliato, se non ti spiace
CITAZIONE
STALLO di Alexandra Fischer
Il tintinnio del campanellino da caviglia la fece sobbalzare, mentre era ancora rannicchiata dietro al mobile.
Non era il caso di avere paura, si disse, mentre l’aria vischiosa e torrida saliva dalla finestra priva di vetri del Luogo dello Stallo.
Le immagini sono veramente belle, ma le hai usate male nella frase: se dici “mentre...” significa che le due azioni possono svolgersi concettualmente insieme, invece qui abbiamo un interruzione (la fece sobbalzare). La frase suonerebbe meglio se la mettessi così “Era ancora rannicchiata dietro al mobile quando sobbalzò udendo il tintinnio...”
Anche nella seconda frase hai usato il mentre in modo poco corretto, usandolo per introdurre una descrizione. Io rivedrei tutto il periodo mettendo le descrizioni all'inizio (sono poche e fanno atmosfera) per poi passare a lei. Quindi “L'aria vischiosa e torrida (etc). Era ancora rannicchiata (etc)... Non era il caso di avere paura, si disse, né troppa fretta di farsi (etc)”
Altra cosa, evita di usare il ritorno a capo alla fine di ogni frase. Non serve e spezzetta troppo.
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E neppure di avere troppa fretta a farsi trovare dal proprietario del campanellino in questione.
Dopotutto, era una giornata da passare lasciandosi portare alla deriva dalla pigrizia.
Chiunque fosse entrato, tuttavia, aveva progetti ben diversi e glielo fece capire avanzando ancora, con tintinnii sempre più forti.
Quel chiunque è sbagliato: da come si capirà poi, la ragazza sa benissimo di chi si tratta.
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- Esci da lì dietro o ti farò scovare allo Spreenwoll.
Alla menzione dello Spirito Infuocato che compariva ogni volta che qualcuno si dimostrava troppo indeciso sulla scelta da compiere, la ragazza si riscosse come poté.
Infodump dannoso: più avanti si capirà molto diversamente.
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- Arrivo – disse, alzando la voce mettendoci tutta la forza che aveva.
Il risultato fu un sussurro che la persona appena giunta udì a malapena.
Stai uscendo dal p.o.v. della ragazza. Meglio “appena udibile” è più oggettivo e non sposta il pov.
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- Forza, su, mi manchi solo tu e poi potrò far venire un’altra al tuo posto.
Questa frase non ha senso con quello che verrà detto dopo.
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Parole vuote, in realtà, perché la ragazza era l’ultima candidata e non era neppure di rango.
I tatuaggi a disegno quadrato che spiccavano neri sulla carnagione color pesca delle guance e delle mani ne denunciavano l’appartenenza ai Quartieri Inferiori della Città Immota.
La giovane cercò di andare incontro alla confusa macchia azzurra
E la stanchezza le morse le gambe.
Molto belle queste immagini, ma di nuovo, non andare a capo a ogni frase.
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Reggendosi allo stipite, guardò l’addetto, mettendolo malamente a fuoco e si scostò una ciocca per vederlo meglio.
Con risultati scarsi, però.
Il suo interlocutore era nel pieno della forma e desideroso di farla sloggiare di lì.
L’afferrò per un braccio e la scosse: - Ebbene, cosa c’è? Non sai che devi deciderti prima che faccia troppo caldo? Sei diventata catalettica, per la Lebbra della Palude Infestata?
Io cambierei in “lo sai che devi deciderti etc”. Altrimenti sembra un infodump. La Lebbra serve? Non ho capito bene.
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La fanciulla socchiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco il suo tormentatore, ma riuscì a vedere soltanto un volto sfocato color ambra.
Spostò lo sguardo su un braccio dello stesso colore, uscito dal panneggio della veste e si sentì molto male all’idea di dovergli parlare.
- Allora? Cos’hai deciso? – le domandò lui impaziente – vuoi accettare il regalo di Dilarz Hetemk oppure quello di Keyr Wylam?
Lei gli rispose: - Mi serve altro tempo. Non so neppure chi siano, quei due.
Lui le strinse il braccio, al colmo della collera.
- Ahi, mi fai male – gli gridò lei – ricordo solo di aver bevuto una ciotola di acqua di Fiori Nevosi e di essermi svegliata qui.
Questo è troppo infodump. Non aggiunge molto alla storia, io lo toglierei e basta.
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L’uomo, lasciandole andare il braccio, l’avvertì: - Non ne hai. Ti ho appena detto di Spreenwoll. Sai che chiuderà di nuovo le porte che ti consentiranno di tornare nella Città Immota. Evitando il mercato, naturalmente.
La frase è messa male, sia per passare informazioni sia come dialogo. “Non ne hai. Spreenwoll chiuderà le porte a breve. A quel punto...” Suona meglio.
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Lei annuì vigorosamente, stringendo le labbra.
Lui non poté far altro che compatirla.
Perché cambi il pov? Quello della ragazza andava benissimo. Anzi, avresti potuto (e forse dovuto) far passare tutto il resto delle informazioni con un dialogo tra l'uomo e la ragazza.
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Fino a poco tempo prima, le candidate erano tutte preparate sulla storia di Wynbruk e lusingate dalla possibilità di scegliere uno dei due eroi colpiti dal maleficio.
Bei tempi, certo, ma c’era un limite alle fanciulle disponibili, per via della difficoltà della prova: l’indecisione portava sciagura.
L’uomo in azzurro, consapevole che una parte dei guai della sfortunata di turno sarebbe toccata a lui, la esortò: - Avanti, fammi almeno vedere che ci stai provando.
La ragazza, ignorando il tavolo imbandito che si trovava poco distante, si diresse a tentoni verso l’uscita.
C’erano due porte chiuse.
Entrambe di legno filigranato color magenta, erano trapassata ad altezza d’uomo da un grosso chiodo, al quale era appeso un sacchetto di stoffa bianca, ricamato con motivi di bambù grigio perla.
Ripetendo un gesto che durava ormai da un mese, la fanciulla sfiorò prima un sacchetto e poi l’altro, mentre le porte si illuminavano e un suono simile al brontolio di un temporale in arrivo, echeggiava per l’edificio.
- Insomma, non ti sei ancora decisa – sbottò l’uomo, mentre la osservava con maligna soddisfazione.
Eccola lì, l’ennesima candidata a diventare la favorita di qualcuno che avrebbe fatto parlare di sé per molto tempo.
Tanto Dilarz Hetemk che Keyr Wylam erano due esploratori coraggiosi, i quali erano arrivati a raggiungere i confini estremi delle Acque Divoratrici, tornando con statuine e monili di metallo indaco che avevano fatto impazzire di gioia i notabili.
Questo, fino al giorno in cui avevano trovato una cassa marcita e vuota, dal coperchio provvisto di due soli chiodi.
Li avevano sfiorati e il metallo aveva bevuto le loro anime, imprigionandoli all’interno.
Su ognuno dei chiodi era riportata la stessa iscrizione: “O me o lui”.
L’uomo, al ripensarci, rabbrividì, pentendosi di aver partecipato alla spedizione di essere riuscito per primo ad ammansire lo spirito infuocato.
Gli aveva detto di chiamarsi Spreenwoll e di voler fare da guida al gruppo ed era stato così fino ai confini della Città Immota.
Dopo si era trasformato in un tiranno folle, decimando prima i testimoni scomodi della spedizione e poi imprigionandone i capi.
Di lui si stava servendo in modo diverso.
Una folata di calore lo avvertì della presenza di Spreenwoll e della necessità di ricomporsi.
Ormai, si trovava nel Luogo dello Stallo come semplice esaminatore, una fatica ben misera in confronto a quella che c’era voluta per far apparire ambita la prova alle giovani dame più belle e colte della Città Immota.
Non gli era dato pentirsi della passata avidità; gli era pur toccato un rango di un certo rilievo e ci sarebbe stata una ricompensa per lui, se la ragazza avesse salvato uno dei due.
E sarebbe stata anche ora, visto che era stufo di passare accanto alle due porte percependo un’ondata di risentimento, visto che i chiodi alle porte li aveva fissati lui, come castigo per aver tentato di rubare due zanne di avorio indaco, ignorando che entrambi i giovani avevano messo Spreenwoll come guardiano.
Lo Spirito Infuocato era molto creativo.
Sua l’idea di creare lo Stallo sfruttando le antiche rovine della torre di guardia della Città Immota, come pure di trasformare le zanne in qualcosa di adatto a una fanciulla e di metterle nei sacchetti.
Certo, in caso di fallimento fino a poco tempo prima ce ne sarebbe stata un’altra subito dopo di lei.
Invece, le aspiranti avevano cominciato a scarseggiare, per via della difficoltà della scelta.
E Spreenwoll sapeva essere altrettanto eclettico anche nelle sue punizioni.
Non c’era da meravigliarsi che le dame addette al servizio della candidata fossero coperte da abiti informi e fossero tutte velate.
L’uomo vestito di azzurro, al pensiero di un possibile fallimento sapeva anche cosa sarebbe successo ai campanellini che portava ai piedi.
Avrebbero morso e la dose di veleno sarebbe aumentata ancora, fino a rinsecchirlo.
Altra prova dell’acuta mente di Spreenwoll, il quale aveva cominciato a scaldare l’atmosfera, partendo proprio dalla ricca imbandigione che si trovava nelle immediate vicinanze delle due porte.
Bevande piacevolmente ghiacciate fino a poco tempo prima, bollivano e vivande fredde sfrigolavano addirittura.
Era il modo in cui lo Spirito Infuocato cominciava a palesare un leggero risentimento per la lunga attesa.
- Per la Lebbra Sgranocchia Facce delle Paludi Infernali, vuoi deciderti? – le disse l’uomo in azzurro, mentre le caviglie cominciavano a prudergli.
La fanciulla avvicinò l’indice tremante al chiodo della porta di sinistra, ma all’ultimo momento lo ritirò, come se vi avesse visto comparire una goccia di veleno.
Non andò meglio neppure con il chiodo della porta di destra.
E i denti delle cavigliere, appena rispuntati, cominciarono a solleticare l’uomo in azzurro, stranamente gelidi.
Spreenwoll si stava stancando di lui e quella sarebbe stata l’ultima occasione per uscire dallo Stallo.
- Insomma, cosa hai visto di tanto diverso da uno all’altro? Perché tanta esitazione? – le domandò disperato.
La risposta della ragazza risuonò come una condanna: - Non lo so, capisci.
Non osò dirgli che le sembrava di dover scegliere fra due focacce perfettamente identiche, ma era così che si sentiva.
Valeva per i chiodi e anche per i sacchetti regalo.
- Povere bestie – sussurrò.
L’uomo in azzurro la sentì: - Sai cosa c’è lì dentro?
Lei annuì, lasciandogli scorgere il bagliore del Potere delle Tenebre negli occhi color agata.
- Allora esci – le disse, colpito da quella scoperta.
Doveva essere la sua via d’uscita, ma per lui era tardi.
Non così per la ragazza; poteva anche non essere una dama d’alto rango, ma possedeva qualcosa che lui aveva esaurito da tempo, per colpa del veleno.
Certo, neppure lei ne sarebbe uscita viva, ma il Potere non poteva andare sprecato.
- Tocca le pareti, che almeno Spreenwoll non distrugga tutto quanto – le ordinò l’uomo in azzurro, mentre le cavigliere cominciavano a morderlo sempre più a fondo e il veleno gli toglieva la coscienza.
La ragazza appoggiò la mano sinistra alla parete alle sue spalle, di marmo bianco venato di grigio come il resto dello Stallo, ma così fresca.
Capì che si trattava di una porta e la imboccò, uscendo dall’involucro di carne come da un abito smesso.
L’uomo in azzurro le aveva salvato l’essenza vitale; le dispiacque non essere stata in grado di superare la prova, ma non ne aveva capito nulla.
Non sapeva neppure che cosa accadesse esattamente nello Stallo.
Non ho aggiunto altro durante il racconto perché c'è poco da aggiungere. La storia dei due esploratori è interessante, così come quello che ne consegue. Tipico tuo buttarti in storie complesse e con mille sfaccettature, ma devi imparare a gestirle. In questo caso avresti potuto raccontare tutta la storia dalla voce dell'uomo con i campanellini, oppure fare un flasback. Avresti anche dovuto spiegare o lasciar intuire in cosa consiste la prova (lo so che volevi che non si capisse, ma così è troppo), o almeno qual'era il premio se il premio esiste.
Poi magari mi racconti che avevi in mente.
Ciauz.