Bianca...neve
Di Paolo Spoto
Gli zoccoli ferrati dei destrieri sollevano, percorrendo il sentiero, piccole nuvole di povere mentre il sole di luglio splendente nel cielo terso di mezzogiorno, batteva cocente sui due cavalieri. Il più giovane dei due sembrava non sentire il caldo e continuava a guardarsi intorno estasiato. L’altro cavaliere, più maturo e possente, teneva lo sguardo fisso davanti a sé maledicendo a bassa voce il caldo opprimente.
“La mia patria è rimasta meravigliosa come la ricordavo!” disse il più giovane, asciugandosi il sudore dalla fronte con il palmo della mano destra “Lo spettacolo offerto oggi dalla natura mi ristora il cuore, cancellando dalla mia anima gli orrori vissuti in questi due anni di guerra ».
«Con tutto il rispetto vostra altezza, l’unica cosa che mi ristorerebbe sarebbe un bel boccale di birra fredda e una giovane cameriera, con tutte le sue curve al posto giusto, seduta sulle mie ginocchia» disse il più anziano, grattandosi la ispida barba nera e alzando gli occhi al cielo con aria sognante.
«Sei proprio rozzo Aurelio!» rispose di rimando il giovane ridendo di gusto «Di fronte a uno spettacolo così incantevole riesci solo a pensare a bere e alle donne?»
Cosa vuole che le dica principe? Sono un uomo d’armi, un uomo pratico e così penso alle cose pratiche! Non ho né il tempo né la voglia di perdermi in queste riflessioni filosofiche».
«Ovviamente, da uomo pratico, pensi che le mie esternazioni filosofiche siano stupidaggini, vero?» disse il principe guardandolo con un'espressione di finto risentimento.
«Se mi permettete vostra altezza, penso che lasciare indietro il nostro esercito per arrivare prima a palazzo sia una grossa stupidaggine!» sentenziò Aurelio indicando con un plateale gesto della mano, il sentiero deitro di loro. “Ma dico io: con un intero esercito a proteggerci ci mettiamo a fare gli eroi solitari, senza contare…»
«Taci Aurelio!» disse il principe fermando il suo cavallo «Non senti anche tu dei lamenti?»
«L’unico lamento che sento è quello della mia pancia vuota! Perche non…»
«Ti dico che ci sono più persone che si disperano! » disse il principe ammutolendo il suo interlocutore con un deciso gesto della mano. «Ora stai zitto e fammi capire da dove provengono questi lamenti struggenti».
Senza aggiungere altro scese da cavallo e incominciò a camminare avanti e indietro, voltando la testa e guardandosi intorno come un segugio intento a fiutare una traccia.
Poi prese in mano le redini del suo cavallo e indicando il bosco davanti a loro, disse «Presto, seguimi! Da questa parte!» Aurelio scese da cavallo sbuffando e si inoltrò nel bosco dietro al suo principe.
I due cavalieri avanzavano nel bosco, scostando i rami più bassi degli alberi e scacciando gli insetti che ronzavano intorno al viso.
Con le orecchie tese procedettero in direzione dei lamenti, e anche se in alcuni punti si trovarono indecisi su quale direzione prendere, riuscirono comunque a orientarsi.
Alla fine, dopo aver aggirato un cespuglio spinoso, sbucarono in una radura e quello che videro li lasciò senza parole. Una ragazza bellissima era deposta dentro una bara di cristallo e intorno al feretro sette nani barbuti che gridavano, piangevano e si lamentavano senza sosta. Il principe lasciò il cavallo e si avvicinò al gruppo dei nani in lacrime. Inginocchiandosi chiese al più vicino «Cosa succede? Chi è che state piangendo?»
Il nano lo guardò, con gli occhi gonfi dal pianto, per un tempo che parve infinito, poi disse con la voce arrochita dal dolore « Messere, la nostra amica, la nostra amata Biancaneve è morta!»
«E' stata la strega Grimilde sua matrigna a ucciderla, facendole mangiare una mela avvelenata!» rispose un altro nano tirando su col naso.
Il principe si ricordò di Grimilde, la regina del regno confinante. Era sempre stata descritta come una maga potente ed era sicuramente una donna crudele, ma neanche lei avrebbe ucciso la sua figlia adottiva senza un valido motivo.
«Perchè la regina Grimilde avrebbe dovuto uccidere la sua figliastra? Non capisco!»
«Perchè è sempre stata invidiosa della sua bellezza » sentenziò l'unico nano del gruppo a portare gli occhiali. « Biancaneve era incantevole e per questo motivo quella strega l’ha uccisa!»
“La regina Grimilde che uccide per un motivo così stupido?” pensò il principe aggrottando le sopracciglia “Non pensavo che lo sfiorire della bellezza potesse portare a uccidere. D'altro canto se questi nani professano il contrario... che motivo avrebbero di mentirmi?”
«Ecco sua maes... ehmm messer Filippo...» intervenne Aurelio schiarendosi la voce «..la ragazza è morta, quindi non c'è niente da fare e possiamo partire. Signori nani ci dispiace per la vostra amica ma ora dobbiamo proprio andare, e anche di corsa».
Il principe non rispose e si avvicinò lentamente alla bara per guardare meglio la fanciulla. Era la più bella ragazza che avesse mai visto: giovanissima, con la pelle talmente chiara da sembrare quasi bianca, in netto contrasto con i suoi capelli neri come l'inchiostro. Il corpo era minuto ma grazioso e la sua bocca a forma di cuore, rossa come il sangue la rendeva irresistibile.
“E' meravigliosa, non posso fare a meno di guardarla e di desiderarla” pensò il principe che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso “Quella bocca mi attira come il miele fa con l'ape. Devo... devo baciarla!”
Quando le sue labbra si posarono su quelle della ragazza, provò un tuffo al cuore. Profumavano come rose ed erano dolci come fragoline di bosco.
La ragazza aprì gli occhi mentre il viso del principe era sospeso a pochi centimetri dal suo. I suoi splendidi occhi azzurri si piantarono in quelli del principe e il viso di Filippo si riflesse in quegli occhi da angelo.
«Dove sono? Cosa è successo? Lei chi è messere?» pronunziò Biancaneve, stropicciandosi gli occhi come a volersi svegliare da un lungo sonno, fissando interrogativamente il volto del principe.
Filippo fu circondato e assalito da nani festanti. In un attimo se li trovò appesi alle vesti, alle gambe e alle braccia. Il più piccolo del gruppo era riuscito ad attaccarsi al suo collo e lo stava ripetutamente baciando su una guancia.
“Amici, un po’ di contegno. Lasciatelo respirare. Potrete abbracciarlo e stringerlo più tardi» disse Biancaneve ridendo coprendo la bocca con il dorso della mano.
Una volta uscita dalla bara si avvicnò a un intontito Filippo e chiese sorridendo: «Posso conoscer il suo nome, prode cavaliere?»
«Sono il principe Filippo, signore di queste terre...»
«Addio identità segreta!» disse Aurelio, fissando con disappunto il giovane principe.
Filippo e Biancaneve furono portati alla casetta dei nani in trionfo. Ci fu il tempo di festeggiare, di bere l’ottimo sidro offerto dai nani e dopo un paio d'ore di baldoria, ci fu anche il momento del commiato.
«Perché non vi fermate qui? Tra poche ore il sole tramonterà e le strade di notte sono piene di pericoli» disse Biancaneve, unendo le candide mani come in una muta preghiera.
Il pensiero di dormire con quella splendida creatura sotto lo stesso tetto, condusse il cuore del principe tra voli di rondini e sbocciare di fiori.
Il giovane la guardò negli occhi, fece un elegante inchino e le sfiorò con le labbra il dorso della mano. Si girò di scatto per sfuggire a quegli occhi irresistibili e infilò il piede nella staffa del suo destriero.
«In altre circostanze avremmo accettato volentieri damigella, ma vorrei raggiungere il mio castello nel più breve tempo possibile» rispose Filippo montando a cavallo
«C’è un piccolo villaggio con una locanda a 3-4 ore di cavallo da qui. Prima del tramonto saremo al sicuro con un tetto sopra la testa…» disse Aurelio,
Il principe non riuscì ad ascoltare il resto del discorso: i suoi occhi e la sua attenzione erano stati nuovamente catturati dal viso perfetto di Biancaneve.
“Sono forse impazzito? La più bella ragazza che abbia mai visto mi invita a dormire a casa sua e io voglio andarmene?”
Si rese conto che tornare a casa non era più una priorità e stava quasi per accettare l’invito, quando la voce baritonale di Aurelio lo riportò alla realtà.
«Sua altezza, sarà meglio metterci in marcia. Se non ci sbrighiamo il buio ci sorprenderà prima di riuscire a raggiungere la locanda».
«Tornerò a trovarvi damigella… se voi lo vorrete.»
«Conterò le ore e i minuti mio principe» disse Biancaneve sorridendo con gioia.
Il giorno del loro ritorno, Aurelio fu premiato peri suoi trent’anni al servizio della patria e per aver riportato il principe a casa sano e salvo.
Fu proclamato Generale durante una grandiosa cerimonia e la notte stessa fu data una grande festa in suo onore nelle sale del castello. Durante il ballo il principe e il neo generale si trovarono sul terrazzo per sfuggire all’afa opprimente di quella sera estiva.
«Dannata uniforme» imprecò Aurelio facendo il gesto di strapparla «E’ troppo pesante e sto morendo di caldo».
«E’ il prezzo che devi pagare alla celebrità, mio caro amico» rispose Filippo battendogli una mano su una spalla.
L’omone osservò il principe con affetto, poi disse «Altezza, pensate che sia una buona idea iniziare a frequentare quella ragazza.. Nevecandida..»
«Biancaneve mio caro generale, Biancaneve» lo corresse subito Filippo «Mi sembra un’ottima idea! Perché me lo chiedi?»
«Quella ragazza tenera come un giglio, e difesa da sette nani combattivi come colombe, riesce a sopravvivere agli attacchi di una delle più potenti maghe del regno? Quella ragazza è strana! Ha qualcuno o qualcosa che la protegge».
«Allora basterà portarla qui e non dovrà più temere nessuno!»
«Mio principe, è noto che frequentate la contessina Ludovica. E’ bellissima ed è gradita anche a vostra madre. Non complicatevi inutilmente la vita con quella principessa…decaduta»
«La ringrazio dei consigli generale, ma sono ormai un uomo e so badare a me stesso. E ora se vuoi scusarmi vado a dormire. Devo aver bevuto troppo e mi gira la testa. Buonanotte e complimenti per la sua promozione!» e girando sui tacchi Filippo lasciò il suo amico per dirigersi nei suoi appartamenti.
Quello fu l’ultimo incontro tra il principe ed Aurelio..
Per tre giorni e tre notti si susseguirono tornei, spettacoli di strada, balli e feste di ogni genere.
Nonostante gli elogi del padre e dei fratelli, nonostante le celebrazioni in suo onore e seppur attorniato da cortigiane e nobildonne carine e disponibili, Filippo non si sentiva felice.
In ogni momento della giornata il suo pensiero era rivolto altrove. Desiderava accarezzare quella pelle candida, sognava di toccare quei capelli neri come la notte, voleva baciare quelle labbra dolcissime e profumate. Biancaneve era diventata la sua ossessione.
La sognò.
Si trovava nel salone del suo castello, da solo al buio. Come per incanto si accesero tutte le luci e dalle porte situate ai lati della grande sala incominciarono a uscire cortigiane e servitori mascherati e ridenti. Lo spingevano, lo strattonavano, gli urlavano in faccia parole oscene e triviali.
Il principe spaventato scappò per i corridoi del castello, seguito da risate volgari e fastidiose. Voltandosi si accorse che non era più inseguito dai suoi servi, ma da un branco di ratti, che travolgevano ogni cosa con impeto, simili ad una famelica onda grigia.
Terrorizzato aprì la porta di una stanza laterale e si trovò all’interno della dimora dei nani.
Seduti intorno al tavolo i sette simpatici ometti barbuti e Biancaneve, bella più che mai e avvolta in un bianco, vaporoso abito da sposa. La giovane gli tese le mano guidandolo fuori dall’abitazione, sulle note della marcia nuziale, seguiti dalle urla di giubilo dei nani.
Una volta fuori Biancaneve la fissò con gli occhi mesti, il viso imbronciato e gli sussurrò «Sei in ritardo. Mi dispiace amore mio: addio!» svanendo nel nulla senza dire altro. Il principe sentì un ringhio basso alle sue spalle, ma non fece in tempo a voltarsi perché qualcosa lo colpì alle spalle, scaraventandolo a terra.
Prima di capire cos’era successo zanne aguzze gli si conficcarono nel polpaccio, facendolo urlare dal dolore.
Filippo si svegliò di soprassalto nel suo letto. Un urlo strozzato in gola, la fronte imperlata di sudore..
“Che razza di sogno, anzi di incubo. Ho il cuore che sta per esplodermi nel petto” pensò, rizzandosi a sedere.
La stanza era immersa nel silenzio. Una tenue luce filtrava dai pesanti tendaggi posti davanti alle finestre. Solo allora il principe si accorse che vicino a lui giaceva una ragazza bionda, le cui nudità erano coperte da un lenzuolo.
«Mi spiace Ludovica.» mormorò piano quasi a volersi scusare «Nonostante la tua eccezionale bellezza, non puoi reggere il confronto con Biancaneve».
La baciò teneramente su una spalla provocando la reazione della ragazza che si girò, continuando a dormire su un fianco, borbottando qualcosa di incomprensibile.
“Il sogno era chiaro: Biancaneve è in pericolo. Devo sbrigarmi!” continuava a ripetersi, mentre si vestiva, raccogliendo i suoi indumenti sparsi in giro.
Spostando i tendaggi guardò fuori dalla finestra. La notte stava cedendo il posto all’alba. Il sole stava facendo capolino da dietro ai monti, inondando il paesaggio della sua tenue luce gialla.
Aprì la porta della sua stanza, la richiuse dietro di sé senza far il minimo rumore e incominciò a percorrere i silenziosi corridoi del castello.
Dopo aver recuperato il cavallo nelle scuderie reali e aver superato le guardie al cancello d'entrata, si gettò in una folle corsa verso la dimora della sua amata.
“Dio ti prego, fa che non sia troppo tardi” continuava a implorare, come se il ripetere quella frase come un Mantra, avesse il potere di allontanare ogni minaccia dalla sua diletta.
Cavalcò per quasi tutto il giorno e arrivò alla sua meta alle prime luci del tramonto.
Abbandonò il cavallo sul sentiero e si inoltrò nel bosco a piedi. «Senza cavalcatura potrò muovermi più velocemente!» disse tagliando con un preciso fendente un rovo che gli sbarrava la strada. Arrivato a pochi metri da casa l'aria si riempì di grida di dolore, disperazione e rabbia.
«Maledizione! Ho fatto tardi: Grimilde è già qui! Dannata!» e pronunziate queste parole si mise a correre, spada in pugno, per salvare la sua adorata.
Superò gli ultimi alberi che lo separavano dalla sua meta con il cuore che batteva all'impazzata, e quello che vide gli gelò il sangue. I nani giacevano a terra immobili, Biancaneve era prigioniera di un globo di luce col viso meraviglioso trasfigurato in una maschera di dolore e la regina che agitava un bastone decorato mentre gridava «Muori maledetta, perchè non muori!»
«Grimilde, fatti avanti! Sono io il tuo avversario. Affrontami!» gridò con quanto fiato aveva in corpo, avanzando lentamente e roteando la spada sopra il capo.
La strega si girò verso Filippo e sogghignando con aria di sfida disse: « Bene, guarda chi si vede: il principe Filippo. Cosa credi di farmi con il tuo spiedo?».
Il capovolgimento di fronte distrasse la regina al punto da farle dimenticare di praticare la sua magia su Biancaneve che, al dissolversi del globo di luce, rovinò a terra come un sacco di patate.
Grimilde puntò il bastone in direzione di Filippo, pronunciando arcane parole. L'aria intorno al principe iniziò a luccicare, tramutandosi in una sostanza densa e collosa, simile ai fili di una ragnatela, che gli imprigionò le braccia lungo i fianchi. Filippo provò a liberarsi ma più cercava di muoversi, più la magia lo immobilizzava, rendendolo inerme.
«Bene, ora che non puoi più nuocere, mio prode cavaliere, lasciami ammazzare la tua protetta sotto i tuoi stessi occ...» Grimilde si interruppe di colpo e avanzò barcollando verso il principe, una smorfia di dolore sul volto, con la mano sinistra a protezione della nuca. Dietro di lei Biancaneve: impugnava un pezzo di ramo raccolto da terra e tenendolo alto sopra la testa, la seguiva con aria di sfida.
La ragnatela che imprigionava Filippo si dissolse in un attimo.
Il principe avanzò urlando e spingendo in avanti il braccio armato, trafisse l'addome di Grimilde, la quale si accasciò al suolo senza un lamento, gli occhi aperti a fissare il cielo sgombro da nubi.
«Mio principe... è finita? E' veramente finita?» Con le lacrime agli occhi, Biamcaneve gettò a terra l’arma e si diresse verso Filippo.
«Sì mia adorata, E' finita, non devi temere più nulla» rispose il giovane abbracciando la sua amata.
Gli ultimi raggi del sole morente, illuminarono il bacio dei due giovani.
«Stupido... idiota. Hai rovinato tutto...» disse Grimilde in un rantolo, tenendosi il ventre con le mani, la veste nera inzuppata di sangue.
«Ho liberato il mondo da una minaccia come te, lurida strega» replicò il principe recuperando la spada da terra.
«Giovane idiota, hai ucciso la persona… sbagliata»
«Non penso proprio, ho difeso una persona innocente.» rispose fiero il principe sorridendo soddisfatto.
«Mio marito, quell'idiota del re... sua moglie era sterile. Ci ho messo un po' a capirlo...» La voce di Grimilde era un sussurro, Filippo si inginocchiò per sentire meglio.
«Quell'imbecille chiese aiuto alle forze infernali, che strinsero un patto con lui...»
Il dubbio penetrò nell’animo di Filippo come una lama rovente nel burro. Forse aveva veramente commesso un tragico errore.
«Capisci perchè cercavo di ucciderla? La ragazza sembra pura e semplice, ma dopo il tramonto si mostra... si mostra...» Grimilde tossì, vomitò sangue e smise di parlare.
«Cosa mostra? Avanti parla Grimilde!» Filippo scosse dalle spalle la strega, ma quest’ultima non diede più segni di vita.
«Si mostra col suo vero aspetto» disse una voce sensuale e terribile al tempo stesso.
Una voce che sembrava giungere dagli abissi infernali.
Filippo alzò lo sguardo e quello che vide lo riempì di sgomento.
La sua Biancaneve era mutata. La pelle non era pallida, ma bianca come la neve, i suoi capelli erano scarmigliati, la sua bocca era piena di denti aguzzi. Ma la cosa più spaventosa erano gli occhi: erano due cavità nere come pozzi di pece, due finestre spalancate sulle malebolge infernali.
«Di giorno Biancaneve, dopo il tramonto Calcabrina. Ti piaccio ancora, mio bel principe?»
Filippo sguainò la spada e si lanciò in avanti «A noi due demone, ti trapasserò da parte a parte.»
«Faccia come crede sua altezza, ma così facendo ucciderà anche la sua adorata Biancaneve» disse ridendo «Vuoi ancora infilzarmi con la tua spada? Spinaccio, Cipiglio, Maligno, Sibilo! Avanti miei fedeli servi, consegnatemi il principe!»
Filippo sentì dei rumori alle sue spalle. Si girò e vide che tutti i nani si erano rialzati, ma non erano più i simpatici ometti di un tempo.
Avevano la pelle grinzosa e grigiastra, zanne affilate al posto dei denti e i loro occhi erano diventati completamente gialli, stillanti odio. Avanzavano con sorrisi di scherno sui loro volti producendo con la bocca dei suoni raschianti e striduli.
Il principe si avventò contro uno di loro tagliandogli profondamente l'addome con un fendente orizzontale.
Grande fu la sua sorpresa quando il nano cominciò a ridere e continuò ad avanzare, mentre la ferita si rimarginava quasi istantaneamente.
«Ti ci vorrebbe una spada santificata o immersa nell'acqua santa. Il tuo ferrovecchio non può nulla contro di noi.» disse Calcabrina in tono di scherno.
I nani malvagi si gettarono addosso al principe, lo ridussero all'impotenza e lo costrinsero a stare in ginocchio davanti alla creatura infernale.
«Ora mi basterà tornare da quel vecchio lumacone
macilento di mio padre per vivere negli agi e nel lusso. Poi di notte avrò una città intera come zona di caccia».
Calcabrina afferrò il principe per i capelli e lo costrinse a guardarla dritta negli occhi.
«Che peccato principe. Biancaneve ti ama e io invece adesso ho solo fame. Foza servi! E’ passato troppo tempo dal nostro ultimo pasto a base di carne umana!» disse con tono malevolo, leccandosi le labbra e conficcando le zanne nel collo del principe.
L'urlo di Filippo si alzò verso il cielo stellato e si spense in un rantolo gorgogliante quando Calcabrina gli staccò con un morso la carotide.
Poi l'aria intorno alla casetta in mezzo al bosco si riempi di odore di sangue, rumore di ossa rosicchiate e carne strappata.