Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio, Settembre 2015, edizione 39

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 31/8/2015, 23:33

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


Organizzazione
Racconti in gara

  1. ...


Commenti e classifiche

  1. ...


Torce e Forconi

Giorno del Giudizio




SKANNATOIO 39



Ha inizio la 39esima edizione dello Skannatoio.




1) Una settimana per scrivere il proprio racconto (consegna delle opere per le 23:59 di lunedì 7 settembre 2015, i brani saranno accettati anche se postati con un massimo di 31 minuti di ritardo, ma incorreranno in una penalizzazione di 1 punto. I racconti devono essere pubblicati in questo thread. Provvedete a inserire i titoli insieme al testo del racconto;
2) un massimo di 14 giorni (quindi fino alle 23:59 di lunedì 21 settembre - se i racconti fossero più di 15, attendete la suddivisione in gironi da parte del moderatore) per leggere, commentare e inserire in classifica i racconti altrui che non infrangeranno i limiti di lunghezza specificati. Leggete il REGOLAMENTO se non avete idea di come si debbano votare i racconti;
3) un massimo di 7 giorni (a partire dagli ultimi commenti pubblicati) per leggere i commenti e assegnare 1 punto al miglior commento al proprio racconto e 2 punti all’autore della migliore serie di commenti;
4) attendete con pazienza la conclusione delle eventuali fasi di Torce e Forconi, nonché del Giorno del Giudizio;
5) al termine, l'ultimo partecipante ad aver consegnato i voti ai commenti provvederà a stilare la classifica finale.

Chi salterà anche una sola di queste fasi incorrerà nella sanzioni previste dal REGOLAMENTO.

Inoltre, chi partecipa per la prima volta allo Skannatoio deve inviare, pena l'esclusione dal concorso, i propri dati (nome e cognome, numero di telefono, indirizzo postale e indirizzo email) in una email ai supervisore all'indirizzo [email protected]. Non è necessario farlo se si sono già forniti i dati contestualmente a uno qualsiasi dei concorsi organizzati dal forum de "La Tela Nera".

Chi volesse veder pubblicata la propria opera su Skan Magazine deve scrivere in calce al proprio racconto la liberatoria:
Autorizzo Jackie de Ripper a pubblicare questo mio racconto su 'Skan Magazine'.
Saranno pubblicati solo i migliori racconti accompagnati dall'autorizzazione.

LE SPECIFICHE

Lunghezza (globale). Minima: 5'000 caratteri. Massima: 30'000 caratteri (spazi inclusi, escluso il titolo ed eventuale liberatoria). Tolleranza 10% (con penalità di 1 punto per chi, pur rimanendo nella tolleranza, sforasse i limiti di lunghezza indicati). Vale questo contatore come riferimento per il conteggio dei caratteri.
Genere: Horror, giallo, fantastico e relativi sottogeneri (i partecipanti dovranno tenere conto nelle proprie classifiche dell'attinenza dei racconti ai generi elencati).

Particolarità:
a) Il vostro racconto dovrà essere ambientato in un passato non eccessivamente prossimo. Per "passato non eccessivamente prossimo" si intende un'epoca precedente di almeno 10 anni alla nascita dell'autore del brano. Non ci sono limiti massimi di distanza temporale. Il brano dovrà beneficiare in modo sensibile di questo 2tuffo nel passato", quindi almeno un oggetto, o un comportamento, o una moda, o un'istituzione o altro TIPICO del periodo in questione dovrà avere un ruolo rilevante all'interno del vostro brano.
Sono ammesse distopie e consimili, purché traspaia il carattere "storico" dell'ambientazione. ESEMPIO: ok lo steampunk, ma un robot a vapore alto come una palazzina NON può essere l'elemento caratteristico richiesto. Può invece essere una storia steampunk che ha come elemento rilevante l'iniziale scricchiolio della struttura rigidamente patriarcale della società.

b) Uno dei personaggi dovrà essere una figura assimilabile a un artigiano (in base, ovviamente, all'epoca e all'ambientazione). Fa fede la definizione che dà Google e che vi copioincollo:

Artigiano: Chi esercita un'attività lavorativa a livello famigliare o con un apporto limitato di operai, per la produzione di beni o servizi e part. di oggetti non di serie, artistici o no.


Nelle loro classifiche, i partecipanti dovranno tenere conto delle specifiche e penalizzare, a loro insindacabile giudizio, i concorrenti che non si sono attenuti. Dovranno anche ignorare i racconti che supereranno in più o in meno i limiti previsti per la lunghezza, o altre richieste espresse esplicitamente.

Spero che abbiate passato delle buone vacanze e che vi siate riposati, le sprangate sul viso bello rilassato si sentono meglio! ;)

Bene, è tutto, buon lavoro e in bocca al lupo.
 
Web  Top
Tonylamuerte
view post Posted on 1/9/2015, 01:44




...potrebbe essere che quest'anno riesca a latitare in misura minore...
:1392239813.gif:
 
Top
view post Posted on 1/9/2015, 12:58
Avatar

Milena Vallero

Group:
Moderatori
Posts:
482
Location:
Santhià (VC)

Status:


Amici!
Ma ciao carissimi!
Lo so, latito da parecchio, scusate... (ma diciamo che lo speciale ha tenuto banco per un sacchiiiiiissimissimo di tempo! :P ). Spero di riuscire a ritornare con questo Skannatoio, ho appena letto le specifiche e l'ispirazione è pari a -10, ma non si sa mai... il lampo di genio potrebbe essere dietro l'angolo! ;)
Buona settimana e buona scrittura a tutti!
 
Web  Top
view post Posted on 1/9/2015, 16:58
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


Stavo giusto pensando di saltare questo Skanna per riprendere in mano i miei lavori personali che ho un po' tralasciato, però queste specifiche tentano... mannaggia a te, Master! :p094:
 
Top
view post Posted on 1/9/2015, 17:30

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


@pretorian: So che gli amanti degli elementi storici sono in un buon numero da queste parti, per una volta ho dato specifiche pensando a voi :P

@Tony: dai dai, Tony, è il tuo momento! ;)

@Willow: chi si rivede :)
Dai dai, le specifiche sono molto aperte, ti verrà in mente qualcosa ;)
 
Web  Top
view post Posted on 1/9/2015, 18:25
Avatar

☆elfo della porta accanto☆

Group:
Moderatori USAM
Posts:
394
Location:
Tìr na Nòg

Status:


Dopo aver sperimentato le piacevolezze della Macelleria, lo scorso mese, non mi dispiacerebbe farmi skannare un altro po' in questa sezione, e avrei già un'ideuzza adatta alle specifiche... :rolleyes:
Una domanda per il master: eventuali note esplicative in calce al racconto NON vanno a incidere nel totale massimo dei caratteri, veroooo? :p091:
 
Top
Tonylamuerte
view post Posted on 1/9/2015, 18:26




CITAZIONE (willow78 @ 1/9/2015, 13:58) 
Amici!
Ma ciao carissimi!
Lo so, latito da parecchio, scusate... (ma diciamo che lo speciale ha tenuto banco per un sacchiiiiiissimissimo di tempo! :P ). Spero di riuscire a ritornare con questo Skannatoio, ho appena letto le specifiche e l'ispirazione è pari a -10, ma non si sa mai... il lampo di genio potrebbe essere dietro l'angolo! ;)
Buona settimana e buona scrittura a tutti!

Mi associo a Willow... Ispirazione a - 10... Ma a volte bisogna buttarsi...
Al limite faremo schifo...
:1392239620.gif:
 
Top
view post Posted on 1/9/2015, 18:58

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


CITAZIONE (°loreley° @ 1/9/2015, 19:25) 
Dopo aver sperimentato le piacevolezze della Macelleria, lo scorso mese, non mi dispiacerebbe farmi skannare un altro po' in questa sezione, e avrei già un'ideuzza adatta alle specifiche... :rolleyes:
Una domanda per il master: eventuali note esplicative in calce al racconto NON vanno a incidere nel totale massimo dei caratteri, veroooo? :p091:

No, non vanno a incidere, ma se vuoi un consiglio, le note a margine non sono particolarmente apprezzate dai lettori. La sfida per chi scrive narrativa è quella di far emergere nel brano le informazioni utili al brano stesso.

La cosa che specifico è che le note a margine NON sono obbligatorie da leggere per chi si approccia al tuo brano (qui allo skan intendo, per questo non rientrano nel conteggio caratteri), né da considerare in fase di valutazione, quindi fossi in te non ci farei troppo affidamento. Spesso ho visto brani con note ricevere cokmenti tipo "bello, ma senza le note non si sarebbe capito".

Però non è un diktat il mio, è solo un consiglio, tu fai pure come preferisci ;)
 
Web  Top
view post Posted on 1/9/2015, 19:09
Avatar

☆elfo della porta accanto☆

Group:
Moderatori USAM
Posts:
394
Location:
Tìr na Nòg

Status:


Assolutamente. Faccio rarissimo uso di note a margine ma, se riuscirò a scrivere il racconto, le eventuali note a margine non saranno per esplicitare cose già presenti nel racconto (che spero risulterà autosufficiente), bensì come un input per il lettore, qualora volesse approfondire il tema e il periodo storico che andrò ad esplorare, e che certo non posso far rientrare tutto in 30k. Grazie comunque per il consiglio.
 
Top
view post Posted on 2/9/2015, 06:39

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


Ciao Master, partecipo volentieri.
Tu e lo Skannatoio mi siete mancati. Inoltre, ho visto che ci sarà gente con la quale mi confronterò volentieri.


Ciao White Pretorian,
complimenti per i tuoi risultati nello scorso Skannatoio. A proposito di progetti personali, se ti avanza tempo, ci sarebbe una storia con elementi "canini", dove c'è anche la mia ispirazione. Questo, ripeto, se ti avanza tempo. Pensa, quest'estate credevo che ti avesse orripilato. Scusa e buon Skannatoio. Sono curiosa di vedere che epoca sceglierai
.
 
Top
CristianoMontanari
view post Posted on 2/9/2015, 13:57




Uuuh, un'ottima occasione per saltare a bordo, anche se il tempo che mi rimane è decisamente pochino...
 
Top
Tonylamuerte
view post Posted on 2/9/2015, 22:46




... Marco... potrei essere presente.
Diciamo che calco la mano sul POTREI come gesto scaramantico.
Ma ho tra le mani roba che a me sembra buona.
:woot:
 
Top
view post Posted on 3/9/2015, 10:09

Alto Sacerdote di Grumbar

Group:
Moderatori
Posts:
2,582

Status:


@Shanda: hehe, grazie! Troppo carina :)

@CristianoMontanari: Benvenuto da queste parti, forza e coraggio, alla tastiera e via ;)

@Tony: go, Tony go! :P
 
Web  Top
view post Posted on 3/9/2015, 19:10

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


FOGLIE D’ORO

Di Alexandra Fischer

Il mondo si era risvegliato in apnea, quel giorno del 1961.
Lo stesso era stato per lui.
Il giovane Duilio era nello stanzone da lavoro, in mezzo alle attrezzature nuovissime e agli scatoloni ancora da disimballare.
A metà del locale, c’era una scrivania con i cassetti già pieni di materiale pronto.
C’era un’atmosfera sospesa, da primo giorno di scuola sul ciglio del baratro.
Mentre si avviava al laboratorio artigianale che aveva deciso di aprire nonostante le paure che lo avevano tormentato, l’occhio gli si era soffermato sulle vetrine mentre passava in centro.
Nel negozio di dischi c’erano le copertine con i ritratti di quattro ragazzi dal caschetto e dalle vesti grigie che sembravano uniformi.
E anche una fanciulla dai capelli cotonati che cantava di mille bolle blu.
Alla rivendita di elettrodomestici, c’era un aggeggio simile a una piccola scatola, chiamato mangiadischi.
Lui non ne aveva ancora comperato uno, perché le preoccupazioni per l’attività che aveva deciso di tentare gli avevano lasciato poco spazio per la musica.
Almeno, per quella nuova.
Nello stato d’animo in cui si trovava, la sua mente era ancora occupata dalla vicenda dell’autore di La Bamba.
Aveva conservato anche l’articolo in cui si parlava di Ritchie Valens e che ne commentava la fine con il titolo: Il giorno in cui la musica morì.
Questo avrebbe potuto essere anche l’epitaffio delle idee del suo amico Revozzi.
Infatti, anche quel giovane aveva trovato una fine altrettanto assurda, pur se meno spettacolare di quella di Valens.
E lui intendeva proseguirne l’opera.
Revozzi ci aveva visto giusto, per quel che riguardava l’artigianato ispirato a popoli lontani, alieni addirittura.
La notizia del volo di Gagarin intorno alla Terra aveva entusiasmato gli animi, facendo riscoprire una volta di più il fascino della SF.
Gianmaria Revozzi, il Revo, per gli amici, aveva parecchi interessi.
La moda lo interessava, perché gli dava gli spunti per le sue creazioni di oggettistica.
Gli sembrava ancora di vederlo, mentre gli mostrava pagine con fotografati abiti di alta moda ispirati allo spazio, dalle tinte metalliche e fatti di piastre.
Amava anche i modelli psichedelici, perché si rifacevano agli elementi della natura e all’astrattismo.
Secondo lui, esprimevano lo stato d’animo di chi li portava.
E lui si chiese quale fosse quello di Pamela, la ragazza che stava incrociando in quel momento per strada.
Portava una blusa dai motivi psichedelici simili a onde del mare, su uno sfondo di cielo bianco e aveva pantaloni attillati in tinta.
Uno stile che si permetteva solo quando i suoi uscivano.
Di solito, indossava certi abitini a trapezio smanicati a tinte pastello, con fiocchetto in vita e portava un cerchietto a fascia coordinato.
Di certo non girava con la chioma lunare così, pettinata a nido d’ape.
La ragazza gli sorrise, mostrandogli il contrasto fra i denti bianchissimi e il rossetto color fragola.
L’eye-liner nero accentuava il look da diva, facendolo pensare a un’attrice della quale stavano pubblicizzando un film intitolato Something’s got to give.
Qualcosa da dare.
Proprio quello che toccava fare a lui con il suo amico.
Solo che Revozzi, come si ostinava a chiamarlo lui, non sarebbe mai tornato a dirgli cosa.
Certo, c’era la ragazza.
Lei sì, aveva conosciuto Revozzi, dandogli parecchie idee che lui gli aveva esposto a voce, senza preoccuparsi di metterle per iscritto, perché tanto c’era tempo.
E il mondo era in bilico.
Poteva darsi che i missili sarebbero partiti, alla fine.
I due giganti erano ad armi pari, pensò.
E lui si stava chiedendo come fare a trasformare il laboratorio che aveva deciso di aprire in memoria di Revozzi per trasformarlo in qualcosa di effervescente come Italia 61.
Pamela era riuscita ad andarci?
Le piaceva vantarsi di sì.
Diceva che a Torino era stato addirittura costruito un intero quartiere con edifici dalle linee pulite; li aveva immaginati abitabili e ci aveva visto bene un certo tipo di oggettistica.
L’influsso di Revozzi, su di lei, era stato molto forte.
Lui le aveva suggerito di trasformarsi in una persona dall’aspetto divistico.
Perché le idee che lei gli suggeriva erano interessanti, ma ci voleva l’aspetto giusto per mostrarle al pubblico e fare notizia, l’aveva sempre indottrinata lui.
E Pamela gli aveva dato retta, perché lui era una versione tenebrosa di Schifano, solo che non credeva ai quadri, ma all’oggettistica.
In prossimità del caffè che si trovava accanto al laboratorio, proprio Pamela si avvicinò all’amico di Revozzi.
- Salve, Duilio – lo salutò, parlando con voce sottile, da bambina – ti andrebbe di prendere qualcosa qui?
- No, devo farmi venire assolutamente un’idea per l’esposizione generale.
Lei gli fece il broncio.
- Sei sempre il solito orsaccio. Dovresti provare quei nuovi cioccolatini alla ciliegia. Sai, li vendono fuori scatola, in un grande vaso. Ti ispirerebbero.
Lui guardò l’interno del locale e vide il televisore acceso.
Le immagini gli tolsero il fiato; dunque, non c’era ancora stata una soluzione pacifica.
I due giganti U.S.A. e U.R.S.S. si stavano ancora fissando in cagnesco, ciascuno con il dito molto vicino al bottone che avrebbe risolto i problemi di tutti i creativi una per sempre.
E lui pensò a Valens e al giorno in cui la musica morì, passando poi a Revozzi e al giorno in cui morì l’artigianato innovativo.
Oggettistica fatta con quel che si poteva trovare nei dintorni e degna di figurare nell’esposizione cittadina.
Strinse i pugni.
Il mondo poteva mutarsi in cenere, ma lui doveva mostrare quel che l’amico voleva intendere davvero con gli oggetti che aveva cominciato a creare.
- No – disse a Pamela – lasciami solo.
Lei lo seguì.
- Manca tanto anche a me – gli disse – e io voglio che tutti sappiano quel che voleva dire con la sua oggettistica.
La ragazza gli fece sentire una nota dura nel tono da bambina.
E Duilio accettò di portarla con sé nel laboratorio.
Non appena entrò, Pamela si portò le mani al volto vedendo gli occhiali a goccia dalla montatura bianca sullo scaffale.
Li aveva dimenticati l’ultimo giorno di vita del Revo.
E sotto di essi, c’erano un paio di fotografie girate al contrario.
A Duilio non sfuggì la sua espressione.
- Tutto bene?
Lei annuì, sorridendo giuliva, ma dentro di sé fremeva di collera.
Non aveva il diritto di commettere errori.
Andò alla scrivania e tirò fuori la scatola con i portamatite di legno ornati da volti allungati simili a maschere tribali africane.
C’erano anche ciondoli di legno chiaro quadrati con piccole sculture di legno rivestito di vernice ambrata che riproducevano motivi simili.
In quella variante, gli occhi erano gonfi e avevano un’insolita forma a goccia.
- Questa è la serie che ha creato lui per l’esposizione, e va bene. Ma c’è dell’altro.
Pamela prese dal cassetto un prezzo di carta ripiegato in quattro.
- Da qui proviene l’idea per i tessuti – gli disse, mostrandogli il disegno raffigurante un individuo macilento dal volto somigliantissimo a quello delle maschere dei portamatite sullo sfondo di una costruzione di pietra contornata di noccioli dai rami carichi di foglie.
- Non dirmi che non sai dove si trova – aggiunse Pamela.
Era un paesaggio talmente alieno da averlo tratto in inganno.
- Foglie d’oro – disse Duilio, come trasognato.
Poi, meccanicamente, andò ad aprire uno scatolone e ne tirò fuori diversi tessuti dipinti su seta raffiguranti la stessa scena del disegno.
Pamela prese gli occhiali e intascò le fotografie, dopodiché, svuotando di buona lena gli scatoloni, lo aiutò a preparare i tessuti e i portamatite che sarebbero serviti all’esposizione cittadina, insieme a qualche ciondolo, che munì di cordicella di cuoio.
Dopo aver consegnato il materiale ai responsabili della manifestazione, Pamela propose un giro a Duilio.
- Hai sentito anche tu che sarà per domani. Voglio uscire di qui – gli disse, con gli occhi umidi.
Se li asciugò con il fazzoletto e poi mise gli occhiali a goccia.
- Andiamo a Foglie d’oro – lo supplicò.
Non era il posto in cui Duilio sarebbe voluto andare, perché era laggiù che il Revozzi aveva avuto l’incidente.
C’era un burrone molto pericoloso, nascosto dai noccioli, subito dopo la parete rocciosa con inciso lo stesso tipo di volto che aveva ispirato le ultime opere del suo amico.
- No – le rispose lui – intanto voglio sapere come mai hai deciso di esporre questa roba in sua memoria.
Lei lo guardò, allibita, senza accorgersi di aver dimenticato di chiudere la cerniera della borsetta.
- Avanti- la esortò – parla.
Poi la scosse, sconvolto dalla prospettiva di attraversare la strada e inerpicarsi su, per la salita dove sorgeva la roccia.
Il mondo era in apnea e malsane presenze erano rigurgitate dal burrone.
Lui non voleva vedere il Revozzi, l’amico per il quale aveva sempre provato un fondo di soggezione, tanto da non voler mai usare il diminutivo con il quale tutti lo chiamavano.
Lo vide con gli occhi della mente, arrampicarsi lungo la parete scoscesa e uscirne per dirgli da dove aveva preso l’ispirazione per le sue opere.
No, era troppo.
La borsetta si rovesciò e lui vide le fotografie, insieme al fazzoletto e alla trousse per il trucco di Pamela.
Erano voltate dalla parte dritta.
Il Revozzi gli aveva mostrato così che quelle creature esistevano davvero e Pamela ne era divenuta l’amica semplicemente indossando il paio di occhiali giusto.
- Vattene, non voglio sapere altro – le gridò.
La ragazza si chinò e raccolse il contenuto della borsetta.
Rimettendosela in spalla, gli disse: - Non l’ho spinto io, se vuoi saperlo. Ha visto che se ne andavano e ha cercato di raggiungerle. Ho solo scattato le fotografie.
- Via di qui – gridò di nuovo Duilio.
E Pamela gli obbedì.
Il giorno dopo, fu lei a presenziare all’esposizione, scusandosi per l’improvviso malore di Duilio.
Il mondo, intanto, aveva ripreso fiato.
Non sarebbe andato in cenere.










Autorizzo Jackie the Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine
 
Top
Tonylamuerte
view post Posted on 4/9/2015, 10:35




La bambina



“Si era dunque nel giusto quando, raccogliendo le preoccupazioni della popolazione, si denunciava l’esistenza di un futuro pericolo”

Tina Merlin



“A Cloud hangs over me
marks every move,
deep in the memory
of what once was love”

24 Hours - Joy Division



Alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963,
circa 260 milioni di m³ di roccia scivolarono,
alla velocità di 30 m/s (108 km/h), nel bacino artificiale sottostante...

Wikipedia



Dove sono?
Dove sono finiti mamma e papà?
Fa freddo, sto tremando e sono bagnata. Il mio coniglietto di peluche... Ce l’avevo accanto quando mi sono addormentata...Una forza micidiale mi fa sbattere contro qualcosa di duro e spigoloso... Sono capovolta, nuoto, mi dimeno... Cos’è questa luce?
Oddio... Non riesco a respirare!


Mi chiamo Marta e ho cinque anni.
Anzi, avevo cinque anni.
Non so se sia più corretto esprimersi al passato o meno, ho l’impressione di poter ragionare al presente per sempre. Credo di avere davanti a me tutto il tempo che voglio.
Abitavo in questo piccolo paese di montagna e ho speso tutti i giorni della mia breve vita qui.
Avevo una famiglia, amici, animali domestici e bambole.
Ora non ho più nulla eccetto i ricordi, da gestire nell’arco del tempo infinito che ho davanti.
Oggi è il 9 ottobre ed un anno esatto è passato.
Un anno che ho trascorso rimanendo nascosta durante il giorno e camminando, perlustrando e cercando di capire di notte, senza sentire fame, fatica o quant’altro.
Sono morta nel sonno. Senza soffrire, senza provare dolore o sgomento. Sono l’unica abitante rimasta a camminare tra le macerie di questo posto.
La desolazione che ho tutt’attorno mi rende determinata e desiderosa di vendetta. Sono cambiata, il mio corpo è diverso così come la mia percezione delle cose.
Nonostante la nudità del mio fisico - protetto solo da ciò che rimane della mia camicia da notte -, nonostante i segni della cancrena e della putrefazione e il grigiore della mia pelle, sento di essermi evoluta.
La mia capacità di giudizio, il mio lessico e la mia consapevolezza sono diventati qualche cosa di più grande, sono diversi da ogni caratteristica riconducibile a una bambina di cinque anni.
Sono la regina delle mie notti solitarie. La regina della devastazione e del degrado.
Il nome del mio regno è Longarone.

La notte del 9 ottobre di un anno fa, ho aperto gli occhi su un nuovo scenario. Il mio paese non esisteva più. Semplicemente era stato spazzato via da una catastrofe. Credo di essere stata trascinata attraverso la valle assieme a macerie di vario tipo senza che il mio corpo venisse spappolato... Da questo punto di vista sono stata fortunata, se è lecito poter parlare di fortuna in questa situazione.
Mi sono svegliata accanto al municipio - miracolosamente salvo - circondata e quasi seppellita da pezzi di mobili, rami spezzati e vari tipi di spazzatura.
Il mio corpo era estremamente sporco, cosparso di escoriazioni ed ematomi. Potevo individuare chiaramente il pallore bianco e grigiastro che a quel punto mi caratterizzava.
Quando ho focalizzato lo sguardo sul mio petto, mi sono accorta che era immobile, privo di quel leggero movimento dato dal respiro, che sarebbe dovuto essere la conferma della mia sopravvivenza.
Ero morta?
Inizialmente non avevo risposte, ma se stavo ragionando sul fatto di esserlo o meno, significava che in qualche modo esistevo. Ma cosa significava di preciso tutto ciò?
Perché stavo...ragionando?
Perché mi muovevo, nonostante la quantità di ferite e l’immobilità del mio petto?
Ad un tratto, mi accorsi del mio piede destro o, per essere precisi, di ciò che di esso rimaneva: non avevo più le dita ed era ridotto circa a metà della sua lunghezza originale. Il moncherino terminava con una necrosi che lo rendeva nero come il carbone e, dall’estremità, pendevano come fossero macabre frange brandelli di carne marcia e pelle rinsecchita.
A ripensarci adesso, la cosa strana non era la mancanza di dolore e nemmeno quella del respiro.
Ero semplicemente fredda e glaciale per quel che riguardava la mia emotività ed i sentimenti che percepivo.
Mi alzai in piedi, faticando a mantenere l’equilibrio ma riuscendo comunque a deambulare.
La notte era limpida e pulita, quasi a voler forzatamente contrastare la sporcizia della valle.
Iniziai così a girovagare, sotto il chiarore della luna, lungo l’enorme spianata di detriti che un tempo era stata la mia Longarone.
Individuai subito l’unica struttura che, assieme al municipio era rimasta intatta: il campanile.
Mi incamminai verso di esso; la mia casa si trovava a poche vie di distanza.
Il chiarore lunare che mi aiutava ad orientarmi, mi faceva pensare a che magnifico spettacolo naturale sarebbe stato se il suo fine non fosse stato illuminare la sinistra devastazione del paese spazzato via.
Mi aggiravo tra ogni sorta di oggetto: passeggini divelti, carcasse di biciclette, brandelli di abiti e ovviamente resti umani. Un enorme deserto di detriti organici e non.
Guardandomi attorno, strizzai gli occhi sfocando volontariamente la vista, in modo da omogeneizzare l’irregolarità del panorama che avevo di fronte.
Non volevo vedere.
Mi guardai una mano e poi l’altra.
Il pallore non lasciava ormai più alcun dubbio sul fatto che fossi morta.
Così mamma e papà avevano ragione... Quegli studiosi della terra... i geologi... si erano dunque sbagliati. Dicevano da tempo che le loro valutazioni ci avrebbero messo in pericolo. Ed io ero tristemente l’unica testimone delle conseguenze di quella negligenza.
Ma rimaneva il dubbio: come riuscivo a elaborare delle considerazioni e dei ragionamenti se ero morta?
Interruppi il flusso dei miei pensieri e mi fermai.
Sapevo di essere sui detriti della mia casa.
Mi inginocchiai ed iniziai a scavare.

Attendo.
Ogni sera attendo.
Attendo e affilo.
Affilo e attendo.
Lavoro alla mia ruota da arrotino e cerco di perfezionare l’arte che fu di mio padre.
Affilare mi aiuta a scandire il tempo.
Essendo costretta a vivere nascosta durante il giorno e potendo uscire dal mio loculo solo di notte, ho capito che devo avere uno scopo se non voglio impazzire.
Ho scoperto ben presto di potermi fermare a comando. Quando desidero nascondermi agli occhi del mondo, mi basta scavare una buca, stendermici all’interno e ricoprirmi di rami, foglie e piccole pietre. Da quel momento cado in una sorta di coma vigile, che mi evita di pensare e di agognare il ritorno della notte, ma mi permette di avere quella trasversale attenzione che mi fa percepire rumori e presenze.
Il mio scopo è resistere. Sopravvivere una seconda volta per gustare la vendetta.
Quella notte di un anno fa, ho avuto molta fortuna.
Il laboratorio di mio padre, dentro al quale erano conservati tutti i suoi strumenti, era stato distrutto solo parzialmente. Il tetto aveva ceduto ed era stato divelto sul lato che guardava verso la diga, ma allo stesso tempo, aveva svolto una funzione di cappa protettiva, andando solamente a schiacciare alcune strutture per lasciarne intatte altre.
Il carretto con la ruota per molare era in uno stato di non immediato utilizzo, ma ce la potevo fare. Iniziai da subito, notte dopo notte a ripararlo. Non avevo mai usato chiodi, martello, seghetti, fil di ferro. Ma più lavoravo e più in fretta imparavo. Avevo percepito una sorta di cambiamento e la mia abilità manuale, che tutt’a un tratto risultava efficace e precisa, ne era la prova.
Dopo una considerevole quantità di notti il carretto con la ruota era pronto.
Ho creduto.
E ora godo dei risultati della mia fede.
Mentre affilo gli innumerevoli coltelli che ho trovato frugando tra le macerie, ripenso alla mia vita di prima e sorrido.
Per tutti ero “Marta, la figlia dell’arrotino”.
Papà mi caricava sul suo carretto e mi portava con sé.
Erto, Casso, Longarone, Codissago, Castellavazzo. Ogni piazza diventava nostra e ogni giornata era per me speciale. Vedere le sue mani abili che affilavano una lama dopo l’altra mi faceva sentire una figlia orgogliosa.
Ora spingo ritmicamente il pedale e le mie mani grigie si muovono veloci, con la stessa maestria che fu del papà.
I coltelli che ho recuperato sono molti e di vario tipo: da cucina, da carne, da verdura; a lama lunga, corta, media. Grossolani o delicati. L’importante è averne un buon numero per continuare la mia attività, così da potermi sentire vitale.
Quindi, eccomi qui. Ad attendere ed affilare.
È stato così che ho mantenuto una parvenza di vita-non-vita fino ad ora.
Sera dopo sera perfeziono i miei movimenti e la mia arte si plasma a regola, semplicemente lavorando senza sosta alla ruota aiutata solamente dal chiarore della luna.
Al mattino, stremata, spingo il carretto dentro un pertugio tra le macerie del vecchio tetto della mia casa e ritorno a scavare una buca, che per la mia sicurezza è ottenuta in un posto diverso della valle ogni sera.
Volontari, esercito o vigili del fuoco - figure che si aggirano quotidianamente tra i resti del paese - sono faccenda che non mi riguarda.
E non mi avranno.

Sono sveglia.
Ma non è notte.
Poche ore dopo essermi “fermata” sento dei movimenti che riconosco subito.
Terra che si muove, spostata da stivali e scarpe da lavoro, persone che parlano. Parlano di paesi spazzati via, di dighe che hanno ceduto, di friabilità del terreno... Terreno... Terra... Chi studia la terra? Chi ne conosce la composizione e la stratificazione?
Penso e mi do la risposta in modo silenzioso, dentro la mia mente.
I passi si avvicinano al mio nascondiglio.
Qualcosa viene piantato nel terreno.
Una sonda? Una pala?
Riconosco tre tipi diversi di voce maschile.
Qualche roccia che contribuisce a tenermi nascosta viene smossa.
Filtra un accenno di luce mattutina.
Ci siamo? È così che finisce?
Loro non possono sapere, ma io possiedo qualcosa di talmente potente che se solo intuissero, scapperebbero a gambe levate e non persisterebbero nello smuovere i detriti che mi coprono.
Scavate, venite pure a scoprire dov’è finita la figlia dell’arrotino.
L’avete quasi trovata, e quando guarderete nei suoi occhi, saprete che possiede coraggio, odio, disprezzo, determinazione ma soprattutto, un sacco di coltelli...
Un momento, vedo la luce, mi acceca…

Un abbaglio potentissimo.
Non capisco dove mi trovo.
Ricordo un sogno strano... Ero io nel sogno?
Mi viene da piangere. Non ricordo, ma ho la netta sensazione di aver dormito male.
Un’esplosione improvvisa... Urla... Rumore di rami spezzati.
Ho paura.
Dove sono?
Dove sono finiti mamma e papà?
Fa freddo, sto tremando e sono bagnata. Il mio coniglietto di peluche... Ce l’avevo accanto quando mi sono addormentata...Una forza micidiale mi fa sbattere contro qualcosa di duro e spigoloso... Sono capovolta, nuoto, mi dimeno... Cos’è questa luce?
Oddio... Non riesco a respirare!
Sono sott’acqua, provo a riemergere, nuoto, nuoto e nuoto ancora.
Qualcosa mi schiaccia schiena e petto.
Non respiro.
Buio.



Autorizzo Jackie the Ripper a pubblicare il mio racconto su Skan Magazine
 
Top
47 replies since 31/8/2015, 23:33   837 views
  Share