| Non so che mi è preso stasera, non avevo voglia di vedere la TV e mi sono messa a leggere le specifiche... Questo mezzora fa... Mi è venuta un'idea folle e ho deciso che non potevo lasciare Willow da sola...
Così...
Ci provo. Ma vi avviso che la butto lì per gioco...
IL GELO DELLE FIAMME di Laura Palmoni
I secondi trascorrevano, lenti. Minuti, ore in cui tutto intorno aveva un colore strano, un odore insopportabile, come di carne morta. Un odore disgustoso che non voleva andarsene. Era quella colonia che usava, vecchia e lercia come lei. Fuori era buio, ma Carl aveva paura ad accendere la luce. Paura che dall'altra stanza arrivasse lì. Ma forse si era nascosta, ansimava dietro la tenda, l'alito disgustoso gli penetrava nelle narici con violenza. Prepotente come lo era lei, da sempre. Se si allontanava dalla finestra, la puzza lo seguiva. In bagno, in salotto, in cucina. Maledetta! Era colpa sua, schifosa, se Cinzia se ne era andata. Una mattina aveva fatto la valigia (quella bella, di pelle rossa, che gli piaceva tanto) ed era scappata. Lo aveva fatto di nascosto, lasciandolo in quella casa da solo, con lei. E sapeva quanto la odiava, cagna! Si passò una mano tra i capelli radi e umidi di sudore. Si grattò il petto coperto di peluria ispida e vischiosa. Dal salotto, la televisione blaterava insulsa, con le sue musichette lagnose e gli acuti insopportabili della pubblicità. Guardava la televisione, la vecchia. E lo derideva, magari. Si prendeva gioco della sua solitudine. Afferrò la racchetta da tennis buttata sul divano, incontrollabile il desiderio di spaccaglierla sulla testa e vederla piangere. Troppo lieve... Una morte troppo lenta. Trapanarle la testa, un'idea simpatica. Ma anche quella soluzione gli pareva poco fantasiosa. Avvelenarla... Banale! Spingerla dal piano di sopra, buttarla dal terrazzo, farla rotolare dalle scale... La televisione gli martoriava le orecchie, deconcentrandolo. Ma mancava poco alle nove, e di solito alle nove la vecchia spegneva e andava a dormire. Piantarle un coltello rovente nella carne, dopo averla legata e imbavagliata perché non gridasse e non attirasse i vicini. Bello, immaginare di squartarle il corpo e osservarla morire pian piano, urlare, impazzire dal dolore. Muori, vecchia, muori. Un'occhiata all'orologio. Nove rintocchi. Uno dietro l'altro. La televisione continuava col suo bla-bla-bla... Maledetta, ma perché non spegni e te ne vai a dormire?? Spegni, spegni quel t-e-l-e-v-i-s-o-r-e vecchia bagascia... Adesso gliel'avrebbe fatta vedere lui. Ma il soggiorno era vuoto. La pubblicità mostrava Banderas che preparava i biscotti. Quasi gli sembrò di sentire sua suocera sghignazzare, "Guarda quell'idiota di attore... da grande di Hollywood si è messo con le galline... è quasi un fallito, come te" Maledetta stronza. Aveva ancora la racchetta in mano, la scagliò con violenza contro lo schermo. Non si ruppe per miracolo. Poi sobbalzò. Di colpo, un lampo di collera gli attraversò gli occhi. Corse fuori dalla stanza, scese le scale della cantina, infervorato da un pensiero che gli tolse ogni traccia di stanchezza. Sì sì, sì, adesso sapeva cosa fare!! Lo aveva sempre saputo! Afferrò uno dei grossi coltelli appesi al muro, scelse accuratamente quello più grosso e con i lineamenti contratti per la frenesia, si avvicinò al congelatore a pozzo. Lo aprì. Eccola! Aveva la bocca serrata, gli occhi appena aperti, vitrei. Indossava la camicia da notte, Carl pensò che il sonnifero che aveva sostituito doveva essere stato proprio potente, se da una settimana dormiva ancora. Avvicinò la punta del coltello contro la sua pancia. Tuk. Tuk. Merda! Non aveva pensato a quell'eventualità! Era dura come il marmo! Sì cazzo, era normale, l'aveva buttata nel congelatore, se si congelava una bistecca era chiaro che anche lei... E adesso? Si guardò intorno, spaesato. Gli veniva da piangere. Gli parve di sentirla sghignazzare "Guardatelo, il fallito, ne ha combinata un'altra delle sue! Voglio vedere come fai ad affettarmi adesso, sciocco impotente" Te lo do io, l'impotente! Prese il carrello della legna da un angolo e vi buttò il corpo congelato della suocera. Era una fortuna che fosse mingherlina, poteva trascinarla senza fatica. La rovesciò sul tappeto del soggiorno, davanti all'ampio caminetto in muratura. Tornò in cantina, prese legna secca e accendifuoco liquido. Con mani tremanti d'eccitazione, sistemò i ceppi nel camino, spruzzò una buona dose di liquido. La stanza si illuminò, presto un caldo tepore avvolse l'uomo. La vecchia giaceva accanto a lui, rigida. Carl fremeva. Ogni tanto affondava piano la punta del coltello nella pancia della suocera, per sentire se era morbida al punto giusto. Macché... si alzò, prese a passeggiare avanti e indietro, parlando da solo. Alla televisione davano Beverly Hill's Cop. Bello, il suo preferito! La colonna sonora inconfondibile gli metteva allegria. Forte. Doveva sbrigarsi. No, no, meglio usare la calma, altrimenti si sarebbe perso tutto il gusto. Tadadadadadadadadaaaaa... E forse fu perché unì al desiderio omicida una frenetica voglia di mettersi a ballare, che d'improvviso perse l'equilibrio e inciampò, proprio sul piede della suocera. Non trovò appigli e cadde in avanti, finendo addosso al camino in muratura, battendo forte la fronte. Cascò in ginocchio, tramortito dal colpo, e poi in avanti, proprio in mezzo alle fiamme. In un attimo i capelli si incendiarono. L'uomo iniziò a urlare e a dibattersi, mentre il fuoco gli divorava il viso e la canottiera. Cercò di spegnere il fuoco ma inciampò di nuovo, finì sulla bottiglia di accendifuoco che si rovesciò e gli versò addosso parte del liquido. Un'alta fiammata trasformò il corpo in una torcia. Pochi secondi e crollò esanime sul cadavere della suocera, avviluppandola in un caldo abbraccio. Le fiamme si estesero al tappeto, bruciarono i pesanti tendaggi e presto raggiunsero tutto ciò che trovarono sul loro cammino. I due corpi rimasero allacciati in mezzo a quell'inferno. Ciò che la vita aveva diviso, la morte, alla fine, aveva unito.
Autorizzo Jackie the Ripper a pubblicare questo racconto su Skan Magazine
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