(per maggiori informazioni leggete il post scritto ieri sera)
CMT (TAG: splatter, oltre il tempo) La seconda e la terza frase iniziano entrambe con una costruzione in “mentre”, troppo vicine per stare bene.
“Marcata linea rossa” me l’ero immaginata verticale finché non hai scritto che la testa si ribalta all’indietro, quasi staccandosi. Meglio allora descriverla in modo che la sua orizzontalità sia chiara fin dalla prima figurazione.
“si abbattesse sopra di lui” quel “sopra” non mi convince, mi sembra meglio “su”.
“sul corpo di suo marito disteso scompostamente in terra” Non c’è bisogno di questa (brutta) descrizione, dal momento che il lettore ha appena assistito alla morte di Mike.
“la raggelò, ma non fu nulla rispetto a ciò che seguì prima ancora che potesse realizzare quello che aveva visto” Bleargh. Sai scrivere meglio di così!
“tappo di champagne” Brindisi! Buon Natale! Tuttavia ti segnalo che nelle ore che seguono un decesso, invece che espandersi come il ventre, gli occhi del cadavere si sgonfiano, ritirandosi sotto le palpebre per effetto dell’asciugatura post mortem dell’umor vitreo. È una delle tecniche per stimare a colpo d’occhio (pun not intended) il tempo passato dalla morte.
“materia giallastra e maleodorante” Dettaglio olfattivo malposizionato: è impossibile che nel fluire di questa sequenza da incubo sia possibile capire che a essere maleodorante è quella materia gellastra trainata dall’occhio e dai nervi ottici.
“festoni natalizi” E felice anno nuovo! Per quanto mi riguarda, questa è promossa a pieni voti. Puro spirito splatter, ed è anche biologicamente non impossibile!
“forte odore di ammoniaca ed escrementi” Stavolta il dettaglio olfattivo è proprio errato: in termini di dominanza olfattiva, nel decadimento superveloce di un corpo umano dovrebbe sentirsi quasi unicamente un puzzo ammorbante di cadavere in putrefazione, che è un odore di potenza fuori scala, in cui quello di escrementi sarebbe appena percettibile e quello di urina (ammoniaca?) del tutto indistinguibile. So che non sono dettagli ovvi, per voi che non praticate l’assassinio seriale, ma mi sembrava giusto segnalartelo.
“a infinitesimale distanza da una pozza di vomito” Non stai usando un narratore onnisciente dal registro colloquiale, quindi devi scegliere solo parole appropriate.
“lasciata lì da sua moglie” occhio, il soggetto grammaticale qui è ancora Seth. Anch’io faccio spesso casino tra soggetto grammaticale e semantico.
“solo ossa perfettamente pulite” Le ossa sono perfettamente pulite solo se trattate con agenti chimici; anche escludendo la mummificazione, gli scheletri antichi sono sempre marroni di incrostazioni e residui corporei rinsecchiti dal tempo.
“eliminato ogni traccia di materia organica” si riallaccia al commento precedente: anche alla seconda lettura, non capisco perché i loro strumenti non rilevino tracce organiche; pure dopo secoli (o millenni) dovrebbero poterne trovare, se il mostro non li ha rimossi per qualche motivo non spiegato.
“imboccò l’ascensore e ne ridiscese al piano terra del basso condominio.” In questa frase c’è qualcosa che non va, mi sa che non l’hai riletta. Al di là di quel “ne”, se il condominio è basso, perché lui dovrebbe prendere l’ascensore?
“Sentì la claustrofobia rialzare la testa dentro di lui” se è claustrofobico, motivo in più per domandarmi perché abbia preso l’ascensore.
“ma la sola idea di non poter uscire, e del buio che sembrava occupare il mondo esterno
nonostante fosse più vicino a mezzogiorno che a mezzanotte, erano più che sufficienti.” L’inciso troppo lungo spezza la frase, diminuendone la leggibilità e l’impatto.
“Lo afferrò senza por tempo in mezzo” Non vedevo questa costruzione avverbiale da tempo immemore! A gusto personale trovo che non ci stia bene.
“Voltò le spalle all’uscita” come poco prima “Voltò le spalle allo scheletro”. Non so se qui ci fosse un intento anaforico o simmetrico di qualche tipo, ma l’effetto non è granché.
“in preda a quelle che sembravano convulsioni" perché, cosa sarebbero?
“Colpo dopo colpo dopo colpo” ripetizione involontaria o scelta disgraziata?
“Kate, rannicchiata e tremante dietro lo schienale” Un minuto prima dici che Kate si trovava insieme ai medici. Se sono nell’edificio bloccato, che fine hanno fatto i medici? Loro o i loro scheletri mancano all’appello.
“Intanto, la scena nello specchio mutava, come in un bizzarro video in cui la telecamera era puntata su di lui ed era lo sfondo a muoversi” Il senso è chiaro ma la forma è sciatta.
“unghie lunghe e frastagliate che nondimeno riuscirono a lacerargli la camicia e strappargli il bavero della giacca” Eh la madonna! Che unghie c’ha il vecchio Tom, per strappare una giacca? Passi per la fronte, la pelle umana è fragile.
“In fondo al corridoio, come si era atteso, trovò la stanza della visione, se di visione di era trattato.” Non è la prima volta che aggiungi alle frasi della voce narrante parti non necessarie, che attenuano la certezza di quel che racconta. Ti faccio notare che mentre simili accortezze possono essere utili quando adotti un PdV focalizzato, nel quale il personaggio può dubitare dell’interpretazione di quel che vede, questi sono spesso superflui nel narratore onnisciente, e la prosa fa volentieri a meno di loro. Bando all’insicurezza! Meglio un narratore che sbagli platealmente (si fa in tempo a correggere) che uno codardo.
“sbagliato... che doveva... tornare avanti... poi...» Non terminò la frase. «Era così
giovane... non è giusto... e io... cosa mi ha fatto...” capisco la resa espressiva del parlato, ma otto tripli puntini in due righe non saranno troppi?
“La donna continuava a fissarlo inebetita. Aprì la bocca per dirle qualcosa, ma nel farlo si rese conto che non stava guardando lui, bensì tenendo lo sguardo puntato su qualcosa alle sue spalle, l’espressione inorridita.” Questo passaggio è un ginepraio di soggetto e oggetto; se il lettore non ha la fortuna di azzeccare al primo colpo il flusso di concordanze, si perde ed è costretto a ripartire daccapo. Da riscrivere.
“L’ascensore era ancora in attesa e fu sul punto di entrarci, ma per andare dove? Aveva quasi dimenticato il motivo per cui era ancora lì. L’intero palazzo era imprigionato in qualcosa che non comprendeva, non avrebbero potuto uscirne, non facilmente almeno” In questa sequenza il problema di PdV (vedi commento generale) si intreccia con la già citata insicurezza del narratore (“non facilmente almeno”), pasticciando la resa generale e potenzialmente confondendo i lettori.
“Vorrebbe andare avanti ma... fa andare avanti... gli altri” oltranza punteggiativa a parte, questo dialogo è molto ben gestito. Mi piace.
“Ricordò le foto nel corridoio, la moglie morta, così giovane aveva detto. «Tu... eri quello nelle fotografie?! Ti ha fatto invecchiare?»” L’effetto qui sarebbe migliore se tu dessi coordinate temporali precise. Se fai capire al lettore che quelle foto sono dell’anno prima, ad esempio, sarà lui stesso a stranirsi capendo che l’uomo della coppia è proprio il vecchio, e si immedesimerà di più nel detective quando esclamerà “Ti ha fatto invecchiare?”
“con forza tra le braccia del vecchio che per un attimo temette potessero spezzarsi, gracili com’erano.” Occhio all’inconsistenza: cinque minuti prima quelle braccine erano così forti da essere inarrestabili, e da spaccargli giacca, camicia e fronte. A meno che Tom non sia invecchiato ancor di più nel frattempo, ma sul testo non trovo nulla che mi autorizzi a pensarlo.
“«Allora siamo morti», commentò il vecchio, insolitamente lucido.” Fai bene a palesare che con questa frase il vecchio sia insolitamente lucido. Tuttavia, per un caso simile non basta. C’è infatti un secondo livello di “stranezza”, ovvero che ora al vecchio prema salvarsi la pelle, mentre fino a un attimo, fa oltre alla confusione che l’aveva spinto ad attaccare l’agente, aveva in mente soltanto la sua defunta moglie. Questa seconda transizione non mi fa impazzire, perché fa crollare tutti gli elementi che connotavano un personaggio già poco caratterizzato.
“La creatura era un vampiro, in qualche modo, ma laddove i vampiri non
si riflettevano negli specchi, questa sembrava essere visibile solo attraverso di essi.” In effetti il collegamento coi vampiri è molto discutibile (a me vengono in mente gli Angeli Piangenti del Dottor Who). Per fortuna è solo un ragionamento del tuo personaggio, perché se per questa storia tu avessi scelto il tema dei vampiri invece che quello del tempo, ti avrei penalizzato!
GENERALEUn discreto racconto, con il potenziale per essere ben di più.
L’attinenza di genere e tema è perfettamente rispettata. I dialoghi funzionano, la trama non è niente male e il flusso narrativo per la maggior parte del tempo la sostiene. Che tu non sia una penna alle prime armi si sa già, ma penso che possa fare di meglio. Problemi di line editing ne ho trovati parecchi ma di poco conto; più marcate sono le mie riserve riguardo la scarsa caratterizzazione dei personaggi e dell’atmosfera, lo sviluppo della vicenda (che si risolve troppo velocemente) e soprattutto la gestione traballante della voce narrante.
Su questi ultimi voglio addentrarmi più nello specifico.
Splatter o meno, il tipo di narratore onnisciente di questo racconto raramente è una buona scelta per una storia horror, sostanzialmente perché la personalità esterna del narratore si “intromette”. Il punto cardine di molte ambientazioni classiche dell’orrore (ed è assolutamente anche il tuo caso) è di costituire un ecosistema isolato: la chiusura del luogo da cui i personaggi non possono fuggire è sfondo quasi imprescindibile per la paura destata dal mostro. Un narratore che invada questo spazio con commenti onniscienti (ad esempio: “Quello che seguì sarebbe rimasto impresso nella mente di Seth per gli anni a venire”; “trovarsi di fronte a un incubo fatto carne. E nella maniera peggiore.”; “ogni traccia dell’esistenza di Jonas si era ridotta a un ammasso di invisibili atomi” Ecc.), che esponga i fatti come una persona esterna alla vicenda, finisce per compromettere l’immedesimazione e a tirare il lettore a sua volta “fuori” dalla scena, remando con prepotenza contro l’impatto emotivo. Questa è una lacuna che la truculenza splatter non è riuscita del tutto a colmare.
Rilevo inoltre che il PdV non è sempre coerente: nella generale onniscienza del narratore compaiono moduli e dettagli che sarebbero invece adatti al filtro percettivo di un personaggio, ad esempio “un vaso contenente una felce, o qualcosa di simile”, che come già esposto rientrano tra le nefaste “insicurezze del narratore”.
L’ultima annotazione ha invece carattere più personale: il racconto è ambientato in un luogo indefinito, ma i nomi dei personaggi sono inglesi. Perché questa scelta? Il testo non sembra suggerire particolari motivi per cui la storia non possa essere ambientata a Torino o Crotone. Se, mettiamo, fosse stato necessario l’intervento dell’esercito americano, o se fosse tornato utile un qualche altro dettaglio che cozzava con la realtà geosociale che ci è famigliare, allora non avrei avuto nulla da ridire: ad esempio io ho in mente una storia horror che vorrei ambientare in Giappone perché mi occorre che il polizotto in questione vada in giro disarmato, com’è uso da quelle parti. Rimango sempre un po’ infastidito quando un autore italiano ambienti storie in USA solo perché i suoi gusti narrativi sono assuefatti alle storie scritte da statunitensi (che giustamente le ambientano a casa propria); mi rendo conto che in questa scelta non ci sia nulla di male, ma sono uno strenuo sostenitore della narrativa fantastica italiana e penso che un buon punto di partenza per cambiare il mindset dei lettori a riguardo sia di spezzare il monopolio anglo-statunitense dei luoghi in cui hanno luogo le storie. Trasformiamo le zone che ci sono famigliari nei nostri materiali narrativi! Fine del pippone.
Alla prossima, Carmelo!
Shanda(TAG: storico, profezia)
“l’imperatore, vestito di bianco, colore tradizionale del lutto, sentì che anche una
parte di se stesso veniva trascinata nella fossa” Non c’è bisogno di aggiungere per inciso che il bianco è il colore del lutto: il contesto è sufficiente a suggerirlo.
GENERALEEra da molto che non leggevo un tuo racconto, Shanda, e devo dire che ho la netta sensazione che tu abbia fatto notevoli miglioramenti stilistici. In effetti, il tuo racconto mi ha colpito per il senso di luogo, per la resa dell’epoca (che evidentemente ti riesce bene) e l’atmosfera. La meticolosa edificazione del mausoleo e delle premure dell’imperatore verso la sua amata sposa conferisce al testo una malinconia pacata e insieme grandiosa e inflessibile, che si sposa bene con la rievocazione dei fasti Moghul.
Purtroppo, non tutto ciò che ho da dirti sono rose e fiori. In primo luogo, se sul versante storico hai centrato in pieno l’obiettivo, devo rilevare che hai mancato la Profezia. Quella che tu chiami profezia, pronunciata dalla vecchia servitrice, non è altro che un generico richiamo ai comandamenti della religione islamica, senza alcuna prefigurazione di ciò che avverrà in caso non venga mantenuta. Infatti, il sovrano la infrange per assecondare la volontà di commemorare la sua sposa e non patirà alcuna conseguenza per questa scelta, confermando che di profezia in effetti non si trattava.
Ma qui ci ricolleghiamo all’altro problema, senz’altro il più grave del racconto: la totale assenza di conflitto.
Alcuni teorici letterari azzardano che laddove non ci sia conflitto non ci sia storia. Io non sono del tutto d’accordo; è possibile infatti scrivere storie minimal, prive di conflitto, magari anche carine. Tuttavia è innegabile che il conflitto inteso come scontro (o incontro) tra forze divergenti (esteriori o interiori ai personaggi) sia il motore di quasi ogni storia. Senza conflitto non c’è cambiamento, e senza cambiamento si trasforma tutto in una descrizione piatta. È quel che succede qui: alcuni conflitti sono adombrati, ma nessuno di essi diventa centrale: nessuno contraddice davvero l’imperatore, nessuno deruba la tomba, nessuno fa o dice nulla che generi un contrasto né esteriore né interiore. L’imperatore decide di far costruire il mausoleo in barba ad Allah, e sostanzialmente è quel che fa. Il racconto finisce senza che mezza parola venga spesa riguardo tale infrazione, o sulle conseguenze di questa scelta.
Forse potresti pensare che la morte di Arju provochi un conflitto nel protagonista; ciò non avviene per un motivo molto semplice: in realtà, il tuo racconto comincia dopo la morte dell’imperatrice, e precisamente in questo punto: “Shah Jahan ne uscì distrutto”. Tutta la parte precedente è un preambolo superfluo, utile magari per chiarire l’epoca, ma narratologicamente fine a se stesso: potresti tagliarlo senza compromettere nulla di quel che segue. Il racconto comincia con la morte dell’imperatrice e ruota tutto attorno al dolore del vedovo, e questo dolore non ha sostanziali cambiamenti dall’inizio alla fine. Questa mancanza di evoluzione lascia nel lettore un senso di indefinitezza, di vuoto. A mancare è la specifica acquisizione di senso che è detta catarsi: non può esserci catarsi, se a monte non c’è stato alcun conflitto.
Per l’aspetto puramente lirico e atmosferico, come ti ho detto, è invece un bel racconto. Peccato: se avessi fatto succedere qualcosa, se per dire dopo la fine della costruzione fosse capitato qualcosa in grado di conferire un nuovo senso al tutto, il tuo racconto poteva conquistare, se non il primo posto, senz’altro il podio.
Anche concentrandoti solo sul finale, alternative per salvarti in corner me ne vengono in mente diverse: un castigo finale di Allah? Una visione mistica? Una visitazione dell’imperatrice defunta al suo sposo? Una frase poetica pronunciata dalla figlia per la quale Arju morì di parto, che tocca il cuore dell’imperatore con un significato personale?
Spero di averti dato un utile spunto di riflessione per i tuoi prossimi lavori.
Alla prossima, Shanda!
Cioccolatini magici – Rosemary’s child(TAG: fantasy, maghette)
“Amava leggere ma la sua mamma lavorava in biblioteca e così non doveva spendere soldi per i libri.” Non c’è bisogno di una costruzione avversativa, per introdurre la coordinata seguente: nel flusso di lettura, quel “ma” crea l’aspettativa sbagliata.
“Ma non un elefante normale, ma una specie del Dumbo” ripetizione di ma, e refuso “del” al posto di “di”
Dialoghi col trattino: occhio, perché il trattino segue regole diverse dagli altri due segni diacritici usati per il dialogo, che sono le “virgolette alte” e le «caporali». Prima di tutto, il trattino giusto non è questo: - (che trovi sulla tastiera ed è in realtà il segno meno), bensì questo: – (che si chiama trattino lungo, ed è quello in cui Word corregge il segno meno in alcune circostanze). La cosa più importante da sapere, comunque, è che a differenza di virgolette e caporali, il trattino nei dialoghi non va chiuso a fine battuta in presenza di un a capo.
“A poteva interessare se divorava chili di cioccolata?” refuso, manca un “chi”.
“Era in attesa di questo demone della solitudine minaccia dell'umanità si facesse vedere.” “che” va sostituito a “di” e occorrono due virgole a segnalare l’inciso “minaccia dell’umanità”
“Tra questi c'era il suo amico Cristiano, compagno di tante merende ipercaloriche e lunghe dormite…” meglio mettere il “di” anche prima di “lunghe dormite”
“la ragazzina non si accorse della professoressa di matematica che le stava parlando. di nulla di ciò che le accadeva attorno, attenta a osservare le – Claudia Anselmi, mi stai ascoltando? –“ Qui è un pasticcio. Riscrivere.
“La voce roca e graffiante dell'insegnante la fecero sussultare” refuso: “la fece sussultare”
“Di certo non era nei guai, suo padre era un bonaccione, lo sapeva benissimo, non era particolarmente pericoloso” le numerose virgole e l’andamento spezzato della frase la rendono poco leggibile. Si può migliorarne la qualità variando la punteggiatura. Esempio: “Di certo non era nei guai. Suo padre non era particolarmente pericoloso, anzi, era un bonaccione; lo sapeva benissimo.”
“Lo sguardo nero della ragazza tornò a posarsi sul padre, e il suo sguardo pieno di determinazione” Questo concetto si può esprimere anche senza ripetere la parola “sguardo”, che suona malissimo detta due volte nella stessa frase. In generale questo paragrafo è pieno di errorini da liceo.
“Le candide pareti della gigantesca villetta bianca” se è gigantesca non può essere una villetta.
“non aveva potuto accusarla perché sua madre era presente al momento dello scivolone, lei era lontana, non c'entrava niente. Sua madre bussò alla porta e lei si sollevò” Se usi gli stacchi tra paragrafi per segnalare un cambio di scena e uno skip temporale, come hai fatto cinque righe sopra, devi farlo sempre. Qui invece non sei nemmeno andata a capo: il lettore non ha modo di orientarsi cronologicamente. La telefonata di Cristiano avviene lo stesso giorno della sospensione? Il giorno dopo? Tre giorni dopo? Scrivilo, non aspettare che lo capiamo solo quindici righe sotto, quando dici che la scatoletta di cioccolatini è vuota. Accompagna il tuo lettore nel tuo mondo.
“Claudia si sedette sotto il tetto di un Alpe” cosa intendi? Su wiki trovo solo significato di montagna o località. Se si tratta di un termine locale delle tue zone, dovresti cercarne un omologo comprensibile a tutti.
“Perdeva bava dalla bocca, faceva veramente schifo. Fece un balzo indietro e la gonnellina.” Non hai segnalato il cambio di soggetto né esplicitamente, né implicitamente andando a capo. Quindi il soggetto è sempre il drago. Che, a questo punto, ha una gonnellina e nella mia mente è diventato carinissimo
“La gonnellina si sollevò un poco mostrando e gambe magre come fuscelli. La cosa le piacque molto.” Ehm, no. Non è proprio il momento. Immedesimati nella situazione che sta vivendo il tuo personaggio: ha appena visto uno strano drago che l’ha fatta sobbalzare indietro, e si mette a gongolare per le proprie gambe magre? Senz’altro no, ora come ora non ci farà nemmeno caso.
“mica che solo le belle ragazzine i gonnellina” refuso di “i” per “in”, ma soprattutto toglierei quel “che”. Va bene il tono colloquiale, ma sempre nella correttezza sintattica.
“fans saputelli” a differenza del latino, (il curriculum, i curricula) tutte le parole inglesi impiegate nell’italiano restano invariabili al singolare e al plurale (il fan, i fan; il deejay, i deejay, ecc.)
“dalle sue squame uscirono file di grossi spilli che marciarono veloci contro la ragazzina" Solo qualcosa dotato di gambe può marciare. Uno spillo può volare, saettare, schizzare, fendere l’aria, sfrecciare…
“Riprova ancora sarai più fortunato!” Ridondante. O usi riprova, oppure prova ancora.
“Claudia spalancò li occhi” Una citazione di Spitty Cash?
“Non le credere! Sta solo cercando… NON FARTI IMPRESSIONARE” Senza trattini dialogici e con il caps lock che interviene a gamba tesa senza nient’altro, non posso che apprezzare il coraggio dell’idea, scuotendo intanto il capo per il risultato. Tutti abbiamo scritto le frasi urlate in caps lock, agli inizi. Quando bastava quello, o una fila di punti esclamativi, per farci sembrare che il nostro dialogo luccicasse. È un espediente che stanca velocemente, e stanca anche più in fretta i lettori.
GENERALE
Un simpatico racconto, che parte da un’idea ritrita ma non per questo meno funzionale. Molto efficace è soprattutto la prima parte, in cui l’insoddisfazione fisica della protagonista verso se stessa è resa con molta efficacia. I problemi maggiori sono nella parte centrale, in cui rilevo una confusione ricorrente in prossimità degli skip temporali. La situazione torna a migliorare sul finale, quando la profezia dell’elefante trova compimento e l’arco di crescita della protagonista si compie correttamente.
Note dolenti sono invece quelle del tema/genere. Se con molto, molto sforzo di volontà si può arrivare a considerare quasi rispettato il tema delle maghette per via 1) del “pet magico” 2) della telecinesi e 3) dell’ambientazione scolastica, PER QUANTO 1) di maghetta ce n’è una sola 2) la sua metamorfosi corporea non è un ballo coreografico alla Sailor Moon/Creamy, bensì una trasformazione effettiva nell’arco di un mese 3) checché ne dica il demone della Solitudine, il mondo non pare affatto minacciato dalla sua presenza… insomma, se quantomeno uno sforzo in questa direzione c’è stato, per quanto riguarda il genere richiesto del fantasy, a mio avviso non ci siamo proprio. Esistono fantasy ambientati ai nostri giorni e questo non lo è: nessuna traccia del secondary world, di una società strutturata di creature fantastiche, maghi o categorie segrete di individui dotati di poteri sovrannaturali. Due spiriti lottano usando la solitudine e la disperazione delle persone: qui siamo nella semplice supernatural fiction. Il fantasy è un po’ più complesso.
La scelta di un registro narrativo colloquiale mi pare una scelta ottima, sia perché si presta bene a questa storia scanzonata e metaletteraria, sia perché leggendo ho rilevato una certa inesperienza narrativa dell’autrice, rispetto ad altre penne del forum. Ed è giusto così: è proprio sperimentando (e soprattutto sbagliando) che si impara! Proseguiamo.
Per quanto non sia cosa grave, visto il tono della storia, non posso fare a meno di rilevare la costruzione forzata e pretestuosa della storia. L’impianto di trama pare inventato man mano che si scriveva: dopo l’arrivo del pet magico, personaggi e situazioni si susseguono senza un vero criterio, e questo finisce per infrangere la coerenza complessiva; un esempio evidente è la sospensione scolastica della ragazza, in cui, nonostante tutte le attenuanti del caso, mi sono cascate le braccia.
Claudia ha da poco acquisito un potere telecinetico e decide di impiegarlo facendo ruzzolare un bullo dalle scale. E va bene; non sarà una trovata originale ma funziona sempre. Peccato però che questo la porti a venire… sospesa. Le motivazioni di questa iniziativa della preside? Nessuna.
“molti dicono che sei stata tu”, dice il padre, riecheggiando la voce narrante di poche righe prima: “qualcuno l’aveva vista litigare con lui e se anche non aveva alzato un dito, il solo fatto che gli fosse davanti era già sospetto”.
Alt un attimo. Ragioniamo: lei è davanti a un bullo. Il bullo cade dalle scale senza che lei abbia mosso un dito, e qualcuno li sta guardando. Lei viene sospesa.
Perché? Non basta “essere sospetti” per giustificare un provvedimento grave come una sospensione scolastica, è una cosa che può far perdere un intero anno all’alunno e scatenare le ritorsioni legali dei genitori. Ma okay, fingiamo di credere che la preside sia semplicemente una rancorosa irrazionale e che odi Claudia; ma suo padre?
“Molti dicono che sei stata tu.”
E a un genitore basta questo? Non un genitore qualsiasi, intendiamoci, ma il padre di una bambina da sempre brava e studiosa, che è appena stata sospesa per violenze inflitte. Crede a queste voci non sostenute da prove, più di quanto creda a lei? La ramanzina appare del tutto forzosa, un brutto espediente per far emergere la trasformazione in negativo di lei – cosa giustissima, se si fosse esplicata in un modo migliore.
“Da un po’ di tempo sei cambiata, che ti succede?” prosegue il padre. Strano che invece taccia l’unico elemento che avrebbe reso credibile l’intera sequenza, ovvero: “A quel bullo è capitata la stessa cosa che ha mandato all’ospedale tuo fratello. Entrambe le volte tu eri lì. Come lo spieghi?”
Se il padre non lo dice, è probabilmente perché l’autrice non aveva ancora deciso che Claudia avesse fatto accadere ciò anche a suo fratello. Lo scopriremo soltanto nel paragrafo successivo, en passant, dopo essere giunti a casa.
Non è l’unico esempio; altre inconsistenze simili emergono dalla lettura. Ma penso di aver già chiarito il punto, non gravissimo ma nemmeno trascurabile: questo racconto è scritto con superficialità. Ciò passerebbe inosservato a un pubblico di lettori deboli, oppure molto giovani (che è del resto il target di questo tipo di storie, motivo per cui ho esordito dicendo che la cosa non è grave), ma è un brutto vizio di forma che tu, Rosemary’s child, devi conoscere e correggere, se davvero ti importa crescere come autrice e come narratrice.
Il consiglio che ti do è di scrivere in anticipo la traccia della storia, bastano poche decine di righe. Un riassunto a tuo uso e consumo che fissi i punti, il dove, il quando. Quando hai chiaro cosa vuoi ottenere, parti a scrivere; vedrai che in questo modo le tue storie diventeranno molto più coerenti.
Ti faccio tanti auguri!
BloodfairySalvo i soliti problemini di line editing, dal momento che questo racconto è già di buon livello, per essere utile all’autrice mi concentrerò su elementi più specifici, su cui altrove ho sorvolato.
“il bosco era immerso in un silenzio innaturale, a parte un fruscìo indistinto e il verso di qualche uccello notturno.” Quindi non c’è silenzio, men che meno innaturale
“Magari proprio il cottage dei suoi amici! Questo bastò ad infondergli speranza” Ciò che segue il punto esclamativo è superfluo. Non solo: genera anche un problema di Distanza. Se con quel singolo, strategico punto esclamativo hai avvicinato moltissimo il lettore alla tua pagina, rendendolo partecipe della ritrovata speranza di Luc, quando hai scritto “Questo bastò ad infondergli speranza” ecco che spingi di nuovo indietro il lettore, che non è più Luc perché Luc ce l’ha davanti, è quello lì che, in tell, ci dici abbia appena ritrovato la speranza. In generale, questi pezzettini non necessari attenuano l’efficacia del testo.
“«Buonasera.» Luc rimase paralizzato, non riuscì a rispondere. Un ragazzo alto se ne stava all'ingresso” Per massimizzare l’immedesimanzione di cui sopra, quando descrivi una scena, prova a mostrare i singoli elementi nell’esatto ordine in cui si affacciano alla percezione del protagonista. Istintivamente siamo portati a ridisporli in ordine diverso, perché nella nostra mente di scrittori sono già tutti chiari, che li scriviamo un attimo prima o un attimo dopo. Ma per il lettore non è così: lui li percepisce in un ordine preciso. Perciò se qui scrivi prima “buonasera”, poi mostri la reazione di Luc, e solo alla fine descrivi chi lo ha salutato, crei uno sfasamento, come uno spazio vuoto nella figurazione mentale che il lettore si fa della tua scena. Questo spazio vuoto capace di paralizzare Luc, per un attimo il lettore lo riempie con qualcosa che sicuramente non sarà quello che gli mostrerai tu. E tu non vuoi che questo accada: tu vuoi che il lettore si possa sempre sovrapporre alle percezioni di Luc, sennò alla lunga perderai il suo interesse e di quel che capiterà al tuo protagonista non gli fregherà niente. Ecco un’ipotesi di come riposizionare gli elementi della tua frase: “Un ragazzo alto e muscoloso comparve all’ingresso. Aveva capelli scuri, occhi lucenti e la carnagione molto chiara. “Buonasera”, disse. Luc rimase paralizzato, non riuscì a rispondere”
“Il suo sguardo non lo abbandonò un istante quando disse, semplicemente: «Sì?»” Lo credo bene: per dire “sì” di istante ne basta uno!
Costruzione superflua, comunque: sei stata già fin troppo allusiva e ammiccante con il buon Federic, non calcare troppo la mano.
“La sua voce era paralizzata, stravolta dall'emozione mentre tentava di rispondere” ecco, a questo mi riferivo con “calcare la mano”. Non serve una reazione così estrema, anzi è controproducente: più il lettore la troverà esagerata, meno si sentirà coinvolto dal successivo crescendo erotico/sentimentale.
“padrone di casa sorrise ancor più apertamente. La sua voce si fece più profonda mentre spalancava di più l'uscio” tre più in una riga e mezza.
“uomini e donne importanti, forse non famosi ma sicuramente ricercati” Non chiaro. Che significa? Ricercati dalla polizia?
Piccolo scivolone in una sequenza di notevole bellezza descrittiva.
“Un enorme lampadario rifletteva la luce su cornici e specchi disseminati un po' tutto intorno.” Semmai sono specchi e cornici a riflettere la luce del lampadario.
“Non ci sono cottage nel raggio di venti chilometri” Per la mia esperienza di trekking, una distanza simile è proprio poco credibile. Venti chilometri in montagna li fai in una giornata di marcia serrata; 8-10 km sono già più che sicuri.
“Ma fu un'amara sorpresa scoprire che neanche il fisso dava alcun segnale.” Un fastidioso inserto in “tell” a sporcare la tua bella prosa mostrata…
“che non fosse riuscito a dirgli di no, che non aveva importanza, che l'unica cosa che voleva era andarsene perché non era vero” manca un segno di punteggiatura dopo andarsene.
“Federic era a occhio e croce più alto e muscoloso di quanto lo fosse lui” l’hai già detto più volte, il lettore lo ricorda. Qui sarebbe sufficiente un “Federic doveva avere una taglia maggiore della sua” o anche solo “Federic non poteva avere la sua stessa taglia”, e il lettore capirà da solo.
“la mano dell'uomo accarezzò la guancia di Luc… Io preparo qualcosa per cena” Una gran bella sequenza , in cui scateni sia l’emozione che l’aspettativa per ciò che dovrà inevitabilmente compiersi. L’unica cosa che davvero manca, qui, è un qualche ostacolo esterno: visto che latita la resistenza interna di Luc, di cui lui stesso si sorprende, sarebbe un momento perfetto per far emergere una fidanzata che lo aspetta al cottage, una fede cristiana vecchio stile, l’adesione politica a Forza Nuova o un qualunque altro legame o identità meccanicamente incompatibile con un rapporto omosessuale. Non una cosa che lo blocchi, intendiamoci, ma che semplicemente lo freni e lo renda combattuto da quel che gli sta accadendo, perché le conseguenze sarebbero gravi. La storia, che già funziona così, potrebbe diventare assolutamente memorabile.
“Luc si spogliò degli abiti” e di cosa, sennò?
“Il tocco gelido di Federic sul suo petto” Perché gelido? Prima non ne hai fatto menzione, e quando Luc gli è passato vicino hai scritto che il suo corpo era caldo.
“il giovane” Chiami spesso Federic “giovane”; io me l’immagino più o meno coetaneo di Luc, quindi mi suona strano che lui vi si riferisca mentalmente con un appellativo che tipicamente usano le persone di età maggiore.
“la sua lingua ruvida seguire il percorso della vena giubulare e non gli sfuggì il gemito di piacere mentre lo faceva” refuso: giugulare. Inoltre non è chiaro se tu intenda che a Federic sfugge un gemito di piacere che Luc coglie, oppure se a Luc stia per sfuggire un gemito di piacere che invece trattiene. La frase necessita una riscrittura.
“vorrei prenderti qui, adesso e intrappolarti dentro di me per sempre, mio giovane ospite” Di nuovo “giovane”, ma qui ad avermi sorpreso è “dentro di me”. Che significa? Se un uomo, gay o etero, dice “vorrei prenderti qui”, mi immagino che prefiguri un ruolo attivo, quindi il senso della frase mi sfugge.
“difronte” Tranne in casi particolari, da editor tendo a sconsigliare le varianti inusitate, in questo caso la contrazione sintattica. Il motivo è che, dal momento che molti lettori non le conoscono, spesso lo considerano un errore dell’autore, con conseguente attenuazione di credibilità; so che può sembrare paradossale, ma l’ignoranza altrui è una variabile che un professionista deve tener presente, perciò te lo segnalo e lascio che sia tu a decidere, in futuro.
“«Solitamente? Quindi qualcosa, ora, è cambiato»” Gestisci bene il dialogo, ma le frasi di Federic suonano più artefatte di quelle di Luc. Potrebbe essere per via del leggero eccesso punteggiativo: prova a ridurre al minimo le virgole nei dialoghi, e a lasciar desumere le strutture frasali al lettore, come avviene nella realtà per chi assista a un dialogo. È un buon trucco per creare dialoghi più vividi!
“ma Federic gli catturò il polso e lo costrinse a guardarlo negli occhi. «Guardami, Luc» e lui lo guardò.” L’hai fatto di nuovo: breve pezzo ridondante in tell (e lo costrinse a guardarlo negli occhi), accompagnato dallo stesso pezzo, corretto, in show («Guardami, Luc» e lui lo guardò). Ora che conosci questa tua tendenza, abituati a riconoscerla e a correggerla.
“Piegò il collo da un lato e sorprese lo stesso Federic quando gridò, in preda al desiderio: «Fallo adesso, ti prego!» Lo sentì chiaramente sussultare a quella richiesta,” Eccolo di nuovo: “sorprese lo stesso Federic quando” è tell da eliminare, visto che stai per mostrarlo con quanto segue.
“Giorgio, un altro suo amico”. Possibile che questi due siano i più preoccupati mentre Marco, che Luc considera l’unico vero amico della brigata, se ne sta tranquillamente al piano di sotto?
“quello sguardo ammaliante e il piacere si era impossessato di lui quando...” manca un che.
“si senti appagato” refuso.
“Aveva due grossi fori sul collo, ben visibili e il petto squarciato” manca la virgola a chiudere l’inciso.
“si avviava perso un'insana follia” refuso.
“Era stato cibo per un'immortale,” refuso.
“le lacrime svelavano i suoi reali pensieri” di nuovo, TELL. Lascia che ciò che vuoi trasmettere traspaia dal contrasto tra i suoi pensieri (Pietà, e perché mai?) e il fatto che prenda l’attizzatoio e salga le scale (Forse qualcuno ne aveva avuta per lui?) e si suicidi con le lacrime agli occhi.
GENERALE
Un buon racconto che poteva essere un racconto ottimo.
Come introdotto nell’analisi testuale, nella costuzione della trama manca conflitto nella discesa omosessuale di Luc, e questo fa perdere molto mordente alla storia, soprattutto nel finale: così com’è, la decisione di Luc di suicidarsi, invece di abbracciare la sua nuova natura vampiresca (e rivedere forse Federic, prima o poi), casca lì un po’ casuale, opinabile. In fondo di quella gente a lui non fregava poi molto, molto meno di quanto ormai tenesse a Federic. Se tu invece avessi rafforzato il suo conflitto interiore a villa Bauer, mostrandolo risoluto a non cedere dopo il primo “assalto” di lui, e poi l’avessi fatto cedere alla forza imperiosa della passione, ecco che allora avresti spianato il terreno a questo finale, dandogli tutt’altra forza e necessità tragica. Se riesci a rimaneggiarlo, sono sicuro che ne trarrai un racconto da otto pieno, che potrai riciclare con soddisfazione in qualunque antologia o concorso letterario. Anche l’epilogo del commissario è piuttosto fiacco, di fatto serve solo a dire che villa Bauer fosse a 3 km e che fosse un rudere, elementi di rilievo tutto sommato marginale e a cui si poteva tranquillamente rinunciare nell’economia globale della storia.
Il livello della scrittura non è perfetto, ma comunque piuttosto buono nelle descrizioni, nel ritmo e nei dialoghi. Fatta salva l’introduzione di Federic, il cui vampirismo è eccessivamente palese (quasi caricaturale), la successiva regia della tensione erotica e l’emozione della seduzione è invece magistrale. Inoltre, per quanto concerne il tema, trovo che l’accoppiata Vampiro+erotico abbia inaspettatamente prodotto il risultato più riuscito della presente edizione. Hai avuto un’intuizione eccellente nella sua semplicità. Questo connubio, così abusato nella recente produzione paranormal romance, è stato declinato in un modo interessante: il vampiro gay seduttore di un eterosessuale. In un certo senso recupera e riscatta la connotazione dell’archetipo classico del vampiro. Questo, infatti, era diabolico in quanto stravolgente della moralità ottocentesca, un seduttore in un’epoca di ferrea moralità sessuale. Oggi un vampiro che porti a letto una donna non mantiene nemmeno una traccia di tale connotazione, perché il fatto non è più associato ad alcun tabù, e il risultato fa rabbrividire solo chi abbia competenza nei topoi della letteratura horror. Al contrario, sull’attrazione omosessuale il tabù c’è eccome, soprattutto se si parla di un maschio etero: ecco quindi che, come potenza simbolica, Federic si eleva sopra qualunque Edward G. Cullen (dove G. sta per glitter) per piazzarsi tra le foschie gloriose di Dracula e Carmilla. Molto elegante! Di primo acchito mi verrebbe da penalizzarti per il mancato sfogo della passione erotica che il genere richiede, mancando un rapporto vero e proprio; tuttavia mi sento di essere indulgente, perché se la tensione tra Federic e Luc è a tutti gli effetti erotica, essa è rivolta a un atto corporeo di altra natura, rispetto al sesso, che non manca affatto ed è anzi fondamentale nella storia.
Tra l’altro è quasi capodanno, io sono eterosessuale e, manco a farlo apposta, ho programmato una serata in un rifugio di montagna con la mia ragazza e alcuni amici, e uno dei più stretti si chiama proprio Marco. Vado subito a spalmarmi crema all’aglio sul corpo: probabilmente andrò in bianco anche con la mia ragazza, ma almeno siam sicuri che gli auguri di anno nuovo a Federic li farai tu per me!
Tanti auguri per la tua scrittura!
L'INTRUSO - di Gargaros (TAG: invasione aliena, horror)
Come sempre, adatto la pignoleria al livello (alto, in questo caso) del pezzo, per non far sentire nessuno in difetto di cattiverie
“che sono per lo più coperte da pile di scatoloni colmi di scorte e scaffali pieni di barattoli e bottiglie” Eliminerei “colmi di scorte”, rallenta il flusso frasale ed è palesato in seguito.
“alla stesa maniera” refuso.
“una bruta bestia" refuso, ma sarebbe stato divertente se fosse stato un vernacolismo!
“Adesso che è giorno hanno accese quattro candele” Nessuno si pone il problema del consumo d’ossigeno, con quattro candele per volta?
“hanno provato migliaia di volte, ieri, l'altroieri; e mica solo lui col suo, ma tutti col proprio telefonino” Quindi sono chiusi in quel posto da minimo quarantott’ore. E i cellulari sono ancora carichi? Ma beati loro! Il mio muore in meno di mezza giornata… Si creano parecchi assunti impliciti, da questo fatto. Loro hanno almeno un caricabatterie funzionante compatibile con ciascun modello, la rete elettrica funziona ancora, quella telefonica pure, in cantina i cellulari prendono e per finire il cellulare della madre di lui è a sua volta ancora acceso e carico dopo quarantott’ore, sennò suonerebbe non raggiungibile. Parecchi di questi assunti sono poco verosimili, e più avanti contraddici esplicitamente che la rete elettrica funzioni, essendo saltata subito dopo lo scoppio dei disordini. Sicuro che valga la pena di salvare questa sequenza? In termini di economia narrativa, basterebbe dire che il suo è l’ultimo cellulare con un po’ di carica e che la rete telefonica sembra sempre off (meglio rispetto al “qui non prende” perché esclude l’unico altro motivo per uscire, a parte l’asfissia).
“È rude e vestito male” il rude qui mi sembra di troppo. Non mi dispiace invece più avanti, dopo aver sentito i suoi modi.
“hanno spostato gli oggetti da un angolo e tolti i basoli piatti del pavimento; poi hanno scavato una buca crepando prima un po' alla volta la calce usando delle cazzuole scovate nel posto, poi la terra nuda, affondando gli strumenti e le mani.”
Devo ammettere che mi piace il ruvido registro colloquiale del narratore: il flusso di lettura è immediato, appare spontaneo e induce a fidarsi. Qui però si esagera con la libertà: la doppia locuzione “prima/poi” non si può sentire, con la seconda annidata dentro la prima.
“perché è la minaccia più alta sferrata all'umanità” non mi risulta che una minaccia si possa sferrare. Portata? Rivolta? Fronteggiata (da)?
“dovrebbe senza dubbio rovesciato qualcosa” refuso.
“Un passo secolare alla volta, solo a volte arrestato” cacofonia.
“Dove va? Alla porta? Viene preso dal terrore” meglio palesare il soggetto e sciogliere subito il possibile dubbio del lettore. Anche nelle righe seguenti il soggetto non è chiaro.
“Minuti dopo penserà che forse è impallidito al punto da far luce più della candela.” Come ogni artificio d’intreccio che spazi in avanti nel tempo (non essendo quindi alla portata del personaggio su cui sei focalizzato), questo improvviso flashforward sbalza il lettore fuori dalla scena, spezzando la tensione.
“Il tizio rozzo in verità si chiama Saverio” nella parte che segue, il PdV barcolla. Parti interno a Saverio ma passi subito a Santo che lo guarda, e nel farlo non si capisce quanto le cose dette riguardo a Saverio sia pensieri indiretti di Santo (e quindi se e quanto Santo conosca Saverio). La situazione si stabilizza in seguito nel paragrafo.
“Mario, a destarsi,ha emesso un mezzo urlo” la parola emesso stona, nel lessico circostante. Mandato, cacciato, tirato?
“In una manciata di minuti, Santo sente nascere in sé il terror panico.” Dopo una bella costruzione progressiva di tensione, quest’uscita brusca giunge con violenza e rimane subito monca. È anticlimatico. Uno scarto più moderato avrebbe funzionato meglio.
“ma anche il traffico che, essendo pure gli autisti partecipi di quella fulminante follia, cominciava a tamponarsi,” errore di concordanza, oppure eccessiva libertà della voce narrante.
“un proiettile gli spappolò la testa. Bastò un'oscillazione della testa, a Mara, per
vedere il carabiniere che aveva fatto fuoco” ripetizione di “testa”. Quel che segue è un consiglio stilistico personale e non un’osservazione, visto che le premesse del narratore onnisciente ti permettono di fare un po’ quel che vuoi. In generale è più efficace non anticipare, nella descrizione di un evento, un elemento che il personaggio non ha ancora colto, per dare senso a ciò che vede. In questo caso il riferimento è al proiettile: Mara vede la testa dello stronzo esplodere, poi si volta e vede il poliziotto con la pistola spianata e fumante. Così il lettore realizza cos’è successo contemporaneamente a lei, e così si immedesima di più. Sono finezze, lo so, ma se non ti dico qualcosa che ci sto a fare, qui? Il brano mi sta piacendo molto, sono curioso di vedere dove andrai a parare.
“e poi giù per una scala e fu buio voci ansiti incespicamenti accendini accesi (perché la corrente era mancata quasi fin da subito), imprecazioni, una richiesta alla calma e lei che si lasciava vincere e le gambe” Ah, la sperimentazione! Il movimento che soverchia le regole di composizione travolgendo la prosa in puro impasto linguistico ed emotivo! Comprendo il tuo intento, davvero. Pensa che nel mio primissimo racconto sullo skannatoio, cinque anni fa, feci esattamente la stessa cosa, con la stessa identica modalità. Per fortuna trovai qualcuno che mi disse ciò che sto per ripeterti: no, proprio non funziona. È una robaccia, è confusa, ci si incepperà come minimo la metà dei tuoi lettori. Se ti dà l’illusione di funzionare è perché tu conosci più elementi di contesto di quanto la sequenza disciolta trasmetta realmente. A chi legge non arriveranno: chi legge ha bisogno che tu sostenga la sua lettura come un bel paio di binari paralleli. Sennò deraglierà, il suo occhio si bloccherà e rimarrà a cercare la tua mano nel testo lì attorno, per ripartire a leggere; a conti fatti, invece di un flusso possente e sregolato, ti ritrovi con un tubo avvitato male che schizza in una pozzanghera.
Una scrittura in prosa che punti alla leggibilità e al piacere del lettore non può prescindere dalla chiarezza di un intento di scansione frasale. Non significa che il nodo sia inscioglibile: esistono varie tecniche per ottenere l’effetto che cerchi. Io ti consiglierei di intervallare i sostantivi con una serie di virgole o di punti fermi, aggiustando poi il risultato con meno parole possibile. Evita semplicemente i verbi e probabilmente otterrai l’andamento spezzato che volevi. La coppia verbo+sostantivo è il cardine di ogni struttura logico sintattica, quindi per ottenere un fraseggio fatto di soli dettagli accostati, privo di logica, il tuo peggior nemico saranno i verbi, mentre sostantivi e punteggiatura (quest’ultima utilizzabile anche in chiave ritmico/melodica) saranno gli strumenti migliori a tua disposizione.
“Anche lei s'indirizzò lì, entrando nella cucina e poi giù per una scala e fu buio voci ansiti incespicamenti accendini accesi (perché la corrente era mancata quasi fin da
subito), imprecazioni, una richiesta alla calma e lei che si lasciava vincere e le gambe si piegarono tremanti e sedette lì” nella struttura verbale del racconto, tutta giocata su presente, passato prossimo, trapassato e imperfetto, qui in un pugno di altri verbi isolati (immagino siano refusi) t’è scappato il classico passato remoto. Consiglio una seconda stesura per regolarizzare questo aspetto.
“una stearica si scioglie a una fiammella che non infiammerebbe carta velina” non conoscevo il termine stearica, sono dovuto andarmelo a cercare. Anche oggi ho imparato una cosa nuova! Intanto però il mio flusso di lettura si è interrotto.
“L'immagine scoppia nella mente di Mara” dopo il recente “aveva visto esplodere il comportamento della gente”, questo verbo in accezione metaforica risulta leggermente ripetitivo, oltre che non del tutto appropriato.
“Ma ovviamente i due uomini non ragionano in questi termini. Stanno sbroccando pure loro, nel tentativo frustrato di salvare la piccola.” Questa intromissione petulante del narratore è talmente stonata, nella bellezza del brano, che mi è arrivata come un pugno nello stomaco. Yoda dice: subito levarla si deve! >.<
“Mario fa una revisione dei suoi pensieri e decide, misteriosamente, che la tesi del gattino celato non sta in piedi.” Anche qui, come altrove quando agisce l’Intruso, non mi piace quando scopri così esplicitamente le tue carte. Quel “misteriosamente” piazzato lì in mezzo uccide il mistero. Sii discreto e lascia che le cose spaventose agiscano sempre nel buio, più in profondità rispetto al cono di luce delle frasi. Sennò banalizzerai i tuoi demoni.
“o di fuggire su per la scala, ma Sara, e fuori sempre il nemico, pure peggio di qua” meglio del pasticcio di prima con Mara, ma anche qui c’è un problema: il “ma Sara” è malposizionato nella frase, non si comprende alla prima lettura perché non sostenuto da una punteggiatura sufficientemente esplicita. Ci vedrei bene i tre puntini.
“Il coltello è un Pattada sardo bello grande (…) Il filo è tutto seghettato” non mi risulta che esistano pattade (è femminile) dal filo seghettato. Intendevi intaccato, scheggiato?
“di anidride carbonica sudicia” no.
“Sara è l'Intruso, puttana bastardo!” un cortocircuito che risulta comico nel momento più sbagliato per un sorriso.
“gli interstizzi più stretti” refuso
“Si squarcia la gola.” Sarebbe stato più elegante chiudere subito prima.
GENERALE
Ho molto apprezzato il registro colloquiale della scrittura: dà l’illusione di appartenere a un testimone e non a un neutro osservatore esterno, ben amalgamandosi con l’atmosfera e attenuando notevolmente il senso di “intrusione” del narratore onnisciente nell’ambiente chiuso della cantina (ne parlavo giusto nel commento a CMT).
Per la padronanza della scrittura, sento di doverti dei complimenti: il tuo è stato l’unico racconto, tra quelli della presente edizione, a essere riuscito a fagocitarmi al suo interno, facendomi dimenticare (tra un errore e l’altro) il mio compito di giudice per trascinarmi avanti e vedere cosa sarebbe successo dopo. Non capita di frequente, te l’assicuro.
Per quanto presenti alcune lievi incoerenze come la faccenda dei cellulari, la trama è cruda, realistica e solida. I personaggi sono caratterizzati molto bene, i dialoghi ben spiccati e l’atmosfera efficacissima: per l’aspetto horror ti do 9. Una sufficienza, invece, per la tematica extraterrestri: essi ci sono e sono palesati presto sotto l’anonima e vaga (e in questo, grondante horror vacui) dicitura di “Intruso”, che in questo si coniuga bene col genere horror; tuttavia, una volta scostato il velame del mistero, la loro presenza si limita alla sequenza della sfera (carina) e allo spiegone finale (scadente a esser davvero buoni). Per alzare il voto, avresti dovuto gestire meglio il planting su di loro quando ancora il narratore ne parlava solo come di Intruso. Avresti ottenuto un effetto molto migliore sul finale, se avessi piazzato strategicamente qualche elemento collegabile alla loro natura “rivelata” nel flashback di Mara o in qualche frammento di pensiero e conversazione, di modo che una volta scoperta la sfera aliena una molla di comprensione sarebbe scattata nel lettore, invece di un: “Toh, alieni!”
Sulla padronanza della voce narrante cafona ti ho già fatto i complimenti, quindi è il momento di un po’ di sane mazzate. Il narratore onnisciente, come spesso accade, ti attira in ricorrenti trappole espressive: in particolare, tendi a inframmezzare le tue scene con inutili cartigli dal sapore ottocentesco e a spiegare più del necessario, quando è evidente che sai costruire scene capaci di parlare da sé. I punti critici, oltre allo spiegone, si hanno quando parli dell’influenza dell’Intruso sulle menti dei reclusi a seguito dell’imprudenza di Gioachino, in cui la tua mano è davvero troppo visibile.
In definitiva, ritengo che se tu avessi rinunciato all’onniscienza e avessi attenuto quella bella voce roca alla descrizione dei fatti, focalizzandoti magari su un solo personaggio per volta e alternandolo a ogni stacco, aggiungendo intanto tasselli individuali al puzzle sulla natura dell’Intruso, avresti ottenuto un lavoro ancora più ruvido, spigoloso e immersivo. Dacci dentro, che sei bravo!
Alla prossima e grazie per la lettura.
CLASSIFICA GENERALE
1. Gargaros
2. Bloodfairy
3. CMT
4. David G
5. Incantatore Incompleto
6. Shanda
7. Valter Carignano
8. Rosemary’s Child
9. Reveche
ORIGINALITÀ
1. David G
2. CMT
3. Bloodfairy
4. Gargaros
5. Valter Carignano
6. Shanda
7. Incantatore Incompleto
8. Reveche
9. Rosemary’s Child