| PRESENTAZIONI
Di Alexandra Fischer
Linda alzò la zanzariera per godersi la notte di luglio. Guardare il paesaggio della notte vellutata intervallato dai grappoli di luci stradali le metteva allegria: poteva immaginare di trovarsi laggiù, a passeggiare nella notte fra le colline buie. Il suo era soltanto un sogno, purtroppo. Era ancora piccola per uscire da sola e poi si trovava in vacanza a casa della prozia vedova. Doveva farle compagnia, altro che gironzolare per conto suo. La prozia era gentile con lei, a partire dal primo giorno le aveva mostrato le fotografie di quando aveva la sua età e anche qualche abito e giocattolo conservatisi negli anni, tutti insoliti ma graziosi. A lei era piaciuta molto la casa delle bambole: sulla targhetta c’erano scritti nome e cognome della prozia e sulla porta era appeso un minuscolo fischietto trasparente ornato di stelline colorate. Quando si era impadronita del fischietto, aveva visto le stelline colorate agitarsi al suo interno trasportate da un liquido. Allora si era divertita a scuotere il fischietto pensando che ai tempi della prozia i giocattoli non erano poi tanto diversi da quelli della sua epoca. Dopo essersi divertita a vedere le giravolte delle stelline, Linda aveva portato il fischietto alla bocca per la curiosità si sentirne il suono. La prozia, che aveva seguito divertita i giochi di Linda era apparsa di colpo molto preoccupata, arrivando a toglierglielo di mano. Per distogliere la sua attenzione dal fischietto, la prozia l’aveva portata a fare un giro in città con una lunga sosta in gelateria. Linda aveva capito che lo scopo della prozia era di stancarla e farle dimenticare il fischietto. Forse sarebbe successo se non fosse stato per la calura, eccessiva persino per un’undicenne in ottima salute come lei. Alzarsi e prendere il fischietto per poi tornare alla finestra immersa nel buio era stato facilissimo. I suoi piedi scalzi avevano eluso anche il sonno leggero della prozia. La vista delle colline immerse nel buio avevano acuito la solitudine di Linda, la quale avrebbe desiderato tanto un animale. La bambina soffiò nel fischietto dal quale non uscì alcun suono. Qualcosa di grosso le ronzò sulla testa e Linda si voltò impaurita, temendo di avere un grosso calabrone nella stanza. L’ombra riflessa dal presunto insetto appariva smisurata e formicolante di zampette. Quello che vide la sbigottì: c’era una creatura simile a una libellula chiusa in un globo luminoso che fluttuava nella stanza ronzando. Quando la creatura nel globo le si avvicinò fluttuando per studiarla meglio con i suoi occhi argentei, Linda soffiò di nuovo nel fischietto sperando di mandarla via, ma si ritrovò sulla strada dietro la casa della prozia con lo stesso ronzio nelle orecchie e non da sola. Accanto al cancelletto che portava nel prato della casa dei vicini, era comparsa una sua coetanea. Linda le si avvicinò in cerca di aiuto ma l’altra bambina le fece segno di guardare al di sopra della sua testa. Il ronzio si era fatto anche più forte, quasi la creatura racchiusa nel globo avesse riconosciuto la bambina del vicinato come sua padroncina. - Dove l’hai trovata? La cerco da tanto – disse la piccola a Linda. - Non lo so, mi è entrata in camera per caso dopo che ho suonato questo – le rispose lei mostrandole il fischietto. Con una nota impaurita nella voce, Linda le chiese: - Mi pare che ti conosca. Potresti dirmi cos’è? - Una Lanterna Alata. Vedendo l’espressione smarrita di Linda, la bambina le domandò: - Ma tu non sei Mynhaier? - No di certo. - E allora perché hai il suo fischietto? Ti ha insegnato a chiamare le Lanterne Alate? Eppure, tu non mi sembri una frequentatrice di Bazarya. Sempre più smarrita, Linda si giustificò dicendole chi era e cosa ci faceva in periferia. - Questo spiega la tua sorpresa nel vedere un innocuo animaletto di quelle parti. - Se lo dici tu. A cosa serve? - Di solito a illuminare le strade sonnecchiando in cima ai pali messi apposta ai lati delle strade, ma le addomestichiamo anche. Possono essere molto affettuose. Linda le domandò se il luogo chiamato Bazarya era molto lontano da dove si trovavano in quel momento. - Ora no – le rispose lei. - Vuoi dire che si sposta? – ridacchiò Linda. L’altra bambina restò seria mentre le spiegava: - Lo possono raggiungere soltanto coloro che hanno comprato qualcosa a Bazarya. Linda rigirò il fischietto fra le dita e poi pensò alla casa delle bambole della prozia; le abitanti in miniatura erano vestite esattamente come la bambina che le stava davanti, cappello di paglia, abitino corto con il sellino e gli stivaletti. E poi c’era il fischietto. No, decisamente le abitudini di viaggio della prozia non le erano familiari e non sapeva neppure come mai avesse deciso di tenere un fischietto per chiamare una creatura simile in periferia. Linda confidò queste sue perplessità alla piccola, la quale replicò: - Capisco che per te sia un po’ troppo. Vai a casa a riposare e domani mattina dì a tua prozia che la salutano Marcella e Ludovica.
L’indomani, Linda ebbe la sorpresa di vedere la prozia in piedi prima di lei e con i segni di una notte insonne. - Ti ho lasciata fare per questa volta, ma ora basta. Devi dirmi come mai sei rientrata così tardi. La bambina le riferì dell’incontro con la misteriosa Marcella e anche i saluti che quest’ultima le aveva raccomandato di porgere alla prozia insieme a quelli di una donna chiamata Ludovica. - Sono tue amiche, zia? - Le conoscerai oggi stesso – le rispose la prozia – e no, non sono mie amiche. L’anziana donna si asciugò una lacrima. - Povera creatura – singhiozzò. - Chi? La Lanterna Alata? – le domandò Linda. - Sta bene? – le sussurrò la prozia. - Sì, zia Erminia. L’ho vista seguire in volo Marcella. Quell’animale era tuo? La prozia annuì. - Avrei voluto portarmelo in casa, ma era impossibile che si ambientasse qui. Ora vuole rivedermi. Quando hai suonato il fischietto ha creduto che fossi stata io a cercarlo. Linda le chiese scusa per essersi comportata in modo tanto sventato. - No, la colpa è mia. Forse mi illudevo che si fosse dimenticato di me. Invece no. Esseri come quello hanno un’ottima memoria. Lo rivedrò con piacere, ma tu non dire niente ai tuoi genitori. La bambina premette le labbra sulle dita disposte a croce. Ebbe soltanto un’ultima curiosità: - Perché Marcella ha fatto il nome di Mynhaier riferendosi a te? - Lo saprai oggi pomeriggio – ribadì la prozia – finisci subito la colazione. Oggi ti aiuterò a fare i compiti delle vacanze. - E mi parlerai di Bazarya? - No, per quello avremo tempo oggi pomeriggio. Saprai tutto. Persino di come ho fatto amicizia con la Lanterna Alata. Linda, obbediente, fece come la prozia le aveva detto, pregustando una giornata insolita. Le vacanze si stavano mettendo bene.
Marcella aiutò Ludovica a preparare la tavola per il tè. L’anziana donna si era messa al lavoro subito dopo aver saputo della fuga della Lanterna Alata e dell’intervento di Linda nel riportarla indietro. Sul tavolo, oltre a piatti, tazzine, teiera e tramezzini e pasticcini, troneggiava una casa di bambola. La bambina notò che all’interno dell’edificio in miniatura risplendeva la luce della Lanterna Alata, ma non ne domandò il motivo alla nonna. Tanto sapeva che sarebbe rimasta zitta. Ludovica o Vika Ludo, come era nota a Bazarya, amava troppo le sorprese.
Non appena Erminia entrò, Vika Ludo aprì le due metà della casa di bambola facendone uscire la Lanterna Alata. La creatura si posò sulla spalla dell’anziana donna, risplendendo felice. Linda si strofinò le palpebre davanti al salotto e alla casa di bambola, così simili nell’arredamento, tutto tende di velluto e mobili scuri e ricchi di fregi di fiori e frutta. Anche il servizio da tè le aveva provocato la stessa impressione: con i suoi fregi dorati e i disegni di ninfee azzurrognole era una copia in grande di quello delle bambole della casa in miniatura di sua prozia.
- Piacere di vederti e di conoscere tua nipote – esordì Ludovica – come vedi, il tuo animaletto di Bazarya non ti ha dimenticata, ma è stato soltanto il caso a farlo tornare. - Trovi? – le domandò Erminia. - Sì. Tua nipote si sarebbe anche potuta rivelare del tutto priva di talento con gli animali di Bazarya. Intanto abbiamo finito le presentazioni – le rispose Ludovica – ora godiamoci il tè.
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