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Skannatoio Marzo 2019, Relazioni Pericolose

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shanda06
view post Posted on 8/3/2019, 18:10 by: shanda06

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PEGNO D’AMORE
Di Alexandra Fischer
La ragazza si tirò su il lenzuolo all’aprirsi della porta, sorridendo con i suoi dentini da bambola.
Il giovane la scosse per la spalla: − Sono tornato il prima che ho potuto.
Lei si scostò una ciocca nera e si voltò sinuosa verso di lui: − Menti. Almeno, hai portato quello che mi hai promesso?
Lui le lanciò la catenella con appeso un bulbo dorato disseminato di trafori a forma di goccia.
Glielo vide appeso al collo e aspirò l’essenza dolciastra e inebriante.
La ragazza lo abbracciò, schioccandogli baci umidi sulle labbra e lui sentì un sapore di fiori invernali dall’aroma di vino antico.
− Sei il mio tesoro, Dunklya.
− Anche tu, Hopfy – sussurrò lei con voce roca, scompigliandogli i riccioli color amaranto.
Lui si perse negli occhi color opalina di lei, comprendendo di essere tornato a suggere un veleno che lo corrodeva nell’animo.
Tu non mi apparterrai mai davvero.
Gli occhi di lui corsero al bracciale della fanciulla: le spire dorate partivano dal polso e arrivavano all’avambraccio: era un pegno d’amore datole da un uomo che sarebbe tornato presto.
Questo monile fa impallidire il mio dono, eppure l’ho rubato dalla stanza di una principessa: doveva essere un’esperta di essenze stregate. Mi sono sentito osservato tutto il tempo.
Hopfy si guardò intorno: il baldacchino del letto dai veli ricamati con il motivo delle onde del lago Langtraum e i mobili adorni di decorazioni con le sagome sinuose dei pesci e delle alghe lo ammaliavano con forza ipnotica.
Ma laggiù è tutto veleno come la città di Hymbra. Mi seduce e mi fa sentire vivo con le sue torri a pinnacoli colme di meraviglie, ma io dovrò distruggerla. E anche te, mio unico amore.
− Schützer dov’è? – le domandò con tono indifferente.
− A Nervela. Dai suoi sottoposti, ma non ti preoccupare, non tornerà prima di un paio di giorni. Abbracciami.
E lui le obbedì, tornando nel gorgo di passione al quale lei lo aveva abituato al punto di addentrarsi fra le mura abbandonate di Hymbra a prenderle il monile che ormai brillava al collo di lei.
Dunklya si staccò da lui a fatica per portargli un vassoio di cibo e vino.
Fu dopo aver sorseggiato la bevanda di uva selvatica e gustato polpe di pesce affumicate dal vassoio che Hopfy si rese conto del ritardo.
− Devo correre dal fabbro. La mia lama sarà pronta di sicuro.
− Fai presto, prima che torni mio marito.
− Lo farò quando Fuoco Blu sarà riparata. L’ho scheggiata lottando contro uno dei demoni di Hymbra.
Ripensando al combattimento, Hopfy si stupì di se stesso: aveva rovinato la sua spada per un ciondolo spargi profumo.
Dunklya si stiracchiò pigramente, mettendo in risalto i ricami multicolore a forma di occhio della coperta dorata.
Quei motivi e i bagliori perlacei negli occhi della fanciulla lo ammaliarono, facendogli desiderare di restare ancora, ma un rumore fuori dalla porta lo indusse a desistere: − Chi c’è? Una delle spie di tuo marito?
− Schützer è troppo ingenuo per questo. No, deve essere qualcuno per te. Esci e torna presto a trovarmi.
Hopfy si accomiatò da lei con un bacio e uscì, chiudendosi la porta alle spalle e vide una spada a forma di pungiglione.
La raccolse con cautela guardandosi intorno.
Uno dei demoni di Hymbra aveva voluto fargli di certo un dono ironico.
Scosse la lama dalla quale stillarono alcune gocce di veleno che provocarono alcuni sbuffi di fumo dal terreno e si avviò lungo la strada delle fucine.
***
Il suo vecchio amico Onkelschwert lo aspettava all’entrata della fucina, occupandola quasi per intero con la sua stazza massiccia.
− Ti aspettavo prima. Ancora con quella donna? So che è splendida, ma anche i pesci velenosi del lago lo sono. Quelle sue vesti picchiettate di colori del cielo me li ricordano ogni volta che la vedo.
− Non è da te essere così poetico. Piuttosto, dammi Fuoco Blu – replicò Hopfy alzando suo malgrado lo sguardo all’immensità dorata attraversata da punti luminosi tutti i colori.
Onkelschwert si fece da parte: − Entra.
Gli occhi del fabbro si appuntarono sulla lama che Hopfy aveva con sé.
Gliela tolse di mano: − Questa da dove viene? È così che intendi pagarmi?
− Ma no – disse Hopfy portandosi la mano alla tasca – ho il soldo di Schützer. Piuttosto tu, che modi.
− Tu non me la conti giusta – replicò il fabbro rigirandosi fra le mani la lama di metallo nero sottile e appuntita.
Ai suoi movimenti, l’arma del demone frustò l’aria, spandendo un odore acre di veleno.
− Bella lama – constatò Onkelschwert in tono triste – mi dispiace quasi rifonderla e buttarla negli scarti di lavorazione.
− E tu tienila – gli propose Hopfy in tono sognante.
− Ti rendi conto di quanto è compromettente? Il demone a cui appartiene ha voluto dirti che ha saputo della tua incursione a Hymbria. Sei fortunato che non tengo apprendisti, altrimenti Schützer lo avrebbe già saputo.
− È ingenuo− ridacchiò Hopfy ripetendo le parole di Dunkerya.
− Ma non cieco. E sa bene che Hymbria è sul confine sorvegliato dai Demoni Vespa. Non dobbiamo attraversarlo per nessun motivo.
− Eppure, vorrei farlo.
− C’entrano le malie di quella strega, vero? Ti ha mandato a Hymbra per un suo capriccio, ma di certo ti sarà venuta voglia di vedere cosa c’è oltre la nostra terra. Beh, te lo dico io. Niente.
Onkelschwert distrusse la spada pungiglione e prese una custodia.
Hopfy l’aprì, gioendo dello splendore del metallo blu notte: − È veramente splendida. Degna del migliore armaiolo del Padrone della Torre.
Depose la custodia in un angolo accanto alla porta e sotto lo sguardo irritato del fabbro, portò la mano alla tasca contando alcune monete, ma questi scosse il capo: − Non voglio niente. In cambio voglio che non usi mai più quel titolo quando ti rivolgi a me.
Hopfy alzò le mani in segno di resa e raccolse la custodia.
Onkelschwert gli ordinò: − Ora va’. Per stavolta starò zitto con Schützer, ma dimentica sua moglie. E anche quello che hai visto a Hymbra. Il nostro mondo è questo. Non c’è nient’altro, hai capito?
Hopfy chiuse la porta dietro di sé senza rispondergli.
***
Quando fu nel proprio alloggio, Hopfy mise la custodia nel baule sotto alcuni indumenti.
Poi si sedette sull’unica poltrona della piccola sala e prese una mappa dallo stipo dove teneva il panno e la sabbia per pulire Fuoco Blu.
Dunklya ha avuto ragione a mandarmi a Hymbra, penso che quel regalo del demone abbia senso: di certo la sua schiatta sa dove procurarsi del metallo simile. C’è un mondo oltre al nostro. Onkelschwert e quelli della sua età possono temerlo, ma io no. E credo che potrei portarci Dunklya. Dopotutto, il suo matrimonio è finito. Altrimenti non sarebbe così smaniosa di volermi con sé.

***
Dunklya aveva seguito Hopfy con lo sguardo finché era scomparso dietro l’angolo di una bottega di dolciumi.
Soltanto allora si era decisa a spalancare la porta collocandovi il suo acquisto, un barattolo di pasticcini al miele sulla soglia.
Il demone Vespa era ricomparso all’istante, afferrandone una manciata.
Subito dopo essersi rifocillato, le aveva detto: −Ti sei comportata bene. Continua a sedurlo.
− E in cambio? gli domandò lei vezzosa, giocherellando con lo spargi profumi.
−Ti mostrerò dove si trova tuo marito.
Il demone tirò fuori dalla scarsella i frammenti della lama di Hopfy e li lanciò a mezz’aria: quel gesto li riunì in forma di specchio.
La ragazza vide Schützer di fronte al capo dei Demoni Vespa e lo udì negare con forza ogni tentativo di addentrarsi nella Torre Alveare.
Quelle parole la fecero soffrire, riportandole nella mente la visita a casa di Hopfy.
Il demone sogghignò: −Tutti noi ti conosciamo troppo bene. Hai visto anche tu le mappe a casa del tuo amante. Quel pazzo crede davvero che ci sia qualcosa oltre a Nervela.
− Anch’io. Hymbra è un avamposto della civiltà venuta al di là della vostra torre.
− Ma non sei curiosa di andare a curiosare laggiù. Volevi solo il ninnolo che porti al collo, vero?
− Sì, è il bene di un’antica principessa versata in arti magiche. Ho voluto averlo per migliorare le mie capacità al vostro servizio.
Il demone annuì: − La tua maestra ha fallito spaventata dall’intensità della passione che porta quel profumo. Ora vive da reclusa.
− Onkelschwert il fabbro ha provato a convincerla a tornare a Nervela senza esito. Era troppo legata al passato. Io mi trovo bene qui.
La risata del demone arrivò crudele: − Allora usa questi tuoi poteri per convincere Hopfy a pensarla come te. Io ti ho aiutata portando qui la mia lama. Non importa se il fabbro lo ha aiutato. Tuo marito tornerà presto e sarà molto persuasivo con lui al riguardo.
− Perché Hopfy dovrebbe voler uscire da Nervala e dintorni? Oltre alla Torre Alveare non è rimasto niente.
− Chiediglielo − le suggerì il demone, riprendendosi i frammenti di Fuoco Blu.

***

Nel suo alloggio, Hopfy ammirò il lavoro del fabbro.
Come pensavo. Il demone ha scalfito solo il primo strato della lama e io mi sento come il primo giorno in cui l’ho maneggiata. E dire che ho imparato a controllarne la magia.
***
Eppure, nonostante l’addestramento di Onkelschwert, Hopfy si ritrovò sul confine, poco dopo la Torre Alveare.
Fra le dita della mano sinistra stringeva Fuoco Blu.
In distanza, vide un immenso palazzo dalle terrazze ornate di cariatidi dall’aspetto di armature complete ornate di strisce orizzontali.
Attorno a esso, costruzioni più piccole dalle piante ortogonali gli davano l’idea di essere abitate per via delle finestre illuminate.
A forma di goccia e multicolori com’erano, lo facevano pensare allo spargi profumo preso a Hymbra.
Ma quella stanza era polverosa. I cortinaggi del letto sbrindellati, e il tavolino da toeletta tutto tarlato. E ho dovuto forzare la serratura del portagioie che lo conteneva con il coltello da pasto.
Hopfy si portò la mano alla bisaccia mentre teneva d’occhio la città in lontananza.
Le finestre quadrettate del palazzo si erano illuminate di colpo, spandendo un chiarore color ghiaccio così forte da fargli intravedere all’orizzonte una strada immensa che si inerpicava fino al cielo.
Certo era stretta fra montagne dalle cime scolpite con volti umani e animali dalle espressioni cupe, ma lui non si lasciò intimidire, neppure dall’improvviso cambio di colore del cielo in quel punto: nero vischioso.
Il fabbro aveva ragione. C’è un di sopra. Ora devo solo risalire.
Arrivato a metà strada, un vento gelido lo trascinò al punto di partenza e questo avvenne un paio di volte, finché Hopfy perse i sensi e si ritrovò tremante nella sala del comando dei Demoni Vespa.
***
Quando si risvegliò nel tepore della sala, Hopfy credette di aver oltrepassato le montagne.
L’illusione era rafforzata dalla presenza di Dunklya, in piedi davanti a lui.
− Dunque, siamo riusciti a scappare da Nervala.
− No. E il fatto di averlo detto ti ha già messo in grossi guai – gli rispose lei gelida, facendo oscillare il ciondolo spargi profumo.
Hopfy si rialzò e vide entrare il capo dei Demoni Vespa insieme a un accolito.
Quest’ultimo si tolse l’elmo tondo ornato di antenne e lo guardò.
− Schützer.
− Sì, io. So tutto quello che hai combinato finora e ti assicuro che di là non c’è niente. Sei stato un pazzo a pensare di scapparci con mia moglie.
− Io non me ne pento.
Hopfy guardò in direzione di Dunklya, la cui espressione si era fatta sardonica.
− Vuoi uccidermi? – domandò a Schützer.
− Ti sei già torturato abbastanza così. Mia moglie… ecco, avrei fatto meglio a sposarne la sorella maggiore.
Schützer si accarezzò la barba con un gesto distratto e i ciuffi neri caddero a ciocche, scoprendo la pelle.
− Ti ho preceduto. Sono arrivato in fondo alle montagne e ho visto… il vuoto. Ora devo raggiungerlo.
Le sue dita giunsero a mettere a nudo la carne del volto e infine le ossa, dopodiché l’uomo si ridusse in polvere.
Di lui non restò che l’armatura vuota da Demone Vespa.
Fu allora che il capo intervenne: − Lo ha voluto io. Sapere dell’adulterio lo ha fatto impazzire. Ed è colpa tua. Avresti dovuto trattare meglio la tua lama ed evitare il giro a Hymbra.
Dunklya si buttò sull’armatura e scoppiò in singhiozzi: − No, non volevo arrivare a tanto. Marito mio.
Si alzò di colpo togliendosi la catena dal collo e si avventò su Hopfy tentando di mettergliela al collo per strangolarlo, ma il capo dei Demoni Vespa fermò il suo gesto: − Ora basta. Evidentemente voi esseri umani non siete fatti per stare tranquilli. Ebbene, mia cara, tu ti terrai quella chincaglieria di Hymbra e mediterai a casa tua su quanto hai guastato. Al tuo posto, non userei più la magia seduttiva. Imparerei a materializzare pasticcini al miele.
Fece segno a un paio di seguaci che presero in consegna donna e portaprofumi.
− Ti ammazzerò, Hopfy. – gridò lei lungo il corridoio.
Quando cessò l’ultima eco, il capo dei Demoni Vespa mise una mano sulla spalla di Hopfy: − Sì, la passione fa brutti scherzi, per questo devi starci lontano. E io ti riporterò al punto di partenza.
Hopfy lo guardò sconcertato.
***
Una scossa gli attraversò il corpo e lui si ritrovò davanti alla fucina di Onkelschwert.
Sentendosi leggero, si guardò i fianchi.
Fuoco Blu non c’era, ma dall’interno provenivano rumori di martello e suoni metallici.
Onkelschwert uscì dalla fucina con la lama: − So tutto – bisbigliò a Hopfy – fai buon uso della tua arma, perché Dunklya ti vuole morto.
Gli indicò la strada dietro di sé: − Laggiù c’è la casa dei Roschaum. Vacci. La maestra di Dunklya ti aspetta laggiù.
− Ed è fidata?
Il fabbro alzò un sopracciglio: − Si dà il caso che sia mia sorella Wunderi. Fila, ora. Detesta aspettare e anche che si parli troppo di lei in sua assenza.
Hopfy obbedì con il cuore sanguinante.
E dire che sei così bella, Dunklya.

 
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