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Skannatoio di Halloween 2019

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shanda06
view post Posted on 30/10/2019, 18:57 by: shanda06

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Leggenda metropolitana,
Alieni
Racconto intorno al fuoco
Referto medico




FALSO ALLARME

Di Alexandra Fischer

I suoi passi sono difficoltosi per via del fango.
Sta camminando ancora stordito, e ogni tanto usa il bastone per allontanare arti secchi che minacciano di ghermirlo e si toglie di dosso materia verde.
Non gli ha ancora fatto nulla, ma è persuaso si tratti di armi delle creature che si stagliano alte e rugose.
Il loro colore gli ricorda quello della superficie che sta calpestando: forse è un immenso allevamento.
Ha visto creature di ogni tipo sul suo cammino e ne ha mandate le immagini per via telepatica ai sapienti.
Il materiale che le ricopre gli ricorda quello della fauna del luogo dal quale proviene.
Si fermò per una sosta una volta avvistata la casa.
Il corpo fittizio che si era creato gli pesava molto.
Ma non dovrò sopportarlo ancora per molto. Devo verificare se la dichiarazione inviataci da questo pianeta è vera oppure no.
Sfiorò il tronco di una delle creature per sondarne la mente: lo aveva già fatto a partire dal suo arrivo, e gli arrivò l’ennesima risposta, un dolore lancinante.
Credevo stessero fingendo per indurmi a ripartire, ma ora sto cominciando a ricredermi. C’è molta sofferenza. Questo mondo è in declino. Vorrei sapere chi è stato a decifrare il messaggio.
Giunto davanti alla porta, gli venne l’impulso di smaterializzarsi e tornare alla base: c’era parecchia sofferenza fra quelle pareti.
Le menti che aveva sondato gli erano parse molto più evolute di quelle delle creature intorno a lui, ma, tutto sommato, paralizzate.
Sanno di essere in pericolo e non fanno nulla per scongiurarlo. Mi dispiace di dovermi limitare al mio compito di osservatore.


***

Sul tavolo rustico il foglio bruciacchiato riportava ancora leggibile gli estremi dello studio specialistico, la data e parte della diagnosi: ‟Il paziente è vigile, attento, collaborativo, ma l’ipnosi ha portato alla luce l’esistenza di una seconda personalità, responsabile del comportamento disturbato rivelato in precedenza. Psicosi latente, probabile. Si consiglia il …”

Il resto del foglio era stato consumato dal fuoco, ancora acceso.

Una giovane donna si stava passando le dita con un unguento per le ustioni.
− Raccogli le molle e sistema il parafuoco.
− Fallo tu.
Lui si allungò sulla poltrona foderata di lana a scacchi blu e ruggine e accavallò i piedi sullo sgabellino che ne riproduceva il motivo.
− Sai che ti dico? Si sta bene anche così. Credo sia un tempo da storie intorno al fuoco.
− Quali? – indagò lei aspra girandosi verso di lui.
Fletté le dita e ci soffiò sopra, dopodiché rimise a posto le molle e il parafuoco.
Poi aprì un armadio a muro e prese una lattina di birra e una bottiglia di assenzio, mischiò le due bevande e si sedette sulla poltrona di fronte a lui.
− Racconta pure.
− Devi proprio buttare giù quella brodaglia?
− Da lucida non reggo la vista della tua faccia.
La donna riprese: − Perché hai cercato di distruggere la diagnosi? Devi pur renderti conto di quanto stai male.
− Livia, per favore. Mi hai trascinato da Corderi facendomi perdere una giornata preziosa per le ricerche.
− Saverio è precipitato nel ghiacciaio. Lo avevi sconsigliato anche tu dal fare quell’escursione.
L’uomo si versò da bere a propria volta.
− Smettila. Dovrai rinunciare ai liquori, quando comincerai la cura.
Lui ingollò il bicchiere d’un fiato: − Mio fratello è vivo. E mi ha assicurato che è andato tutto bene.
Livia si alzò: − Non era lui. Quando gli hai chiesto cos’era andato a fare nel crepaccio ti ha guardato in modo strano.
− Lo sai che è sempre stato un ecologista convinto. Ora crede più che mai al movimento di quella bambina, Greta. Uscendo di casa mi ha detto che avrebbe scattato delle fotografie del ghiacciaio per inviarle ai giornali.
Livia si portò la mano alla fronte: − Di nuovo? L’altra volta era il bracconaggio ai danni dei camosci e delle marmotte.
Tacque per aggiungere un altro ciocco al fuoco e riprese: − L’altra volta è finito all’ospedale. Possibile che non gli sia bastata la lezione?
− Lo sai com’è fatto.
− Non ha denunciato i picchiatori. Il maresciallo ha riso sotto i baffi quando lui gli ha detto di essere caduto dal costone. Figuriamoci, una guida alpina come lui.
Livia andò dal marito e gli prese una mano: − Quando è partito per la sua escursione nel ghiacciaio? Quattro mesi fa. Ha mai dato sue notizie?
− È tornato ieri – si intestardì Emanuele.
− Ma perché tanto ritardo? Non ha voluto dirci niente.
Lui drizzò la schiena: − Ha preso da nostro padre. Poche parole e tanti fatti.
− Dovremo pur tornare a casa nostra. Non possiamo restare nella sua baita.
− Lo faremo – la rassicurò lui. – Giusto il tempo di farci raccontare cosa ha fatto oggi. In effetti, è diventato più taciturno del solito.
− Perché oggi non hai voluto che entrassi nella rimessa?
Emanuele sorseggiò un po’ di liquore: − Sai che è geloso della sua attrezzatura. Mi ha lasciato entrare solo dopo avergli promesso di non toccare nulla.
− Credi che risponderà alle nostre domande?
Lui tacque.
Fai così quando vuoi nascondermi qualcosa, ho imparato a conoscerti bene. E hai assecondato Saverio perché non sopporti di sentire la verità.
Livia ripensò con un brivido alla colazione consumata con il cognato: non aveva detto una parola, scrutandoli come se fossero stati animali dello zoo.
Guardò le mensole: si era immerso nella lettura dei libri di botanica e zoologia del Parco sul Monte delle Resurrezioni come se gli fossero appena arrivati.
Una volta terminati, aveva esaminato incuriosito la mappa del ghiacciaio, disegnata da lui basandosi su una vecchia cartina topografica.
Le sue dita avevano sfogliato distratte le guide del CAI e si erano rigirate stupefatte le foto che lo ritraevano con i clienti alla cima della montagna o all’imbocco del crepaccio.
Lo aveva capito osservando i gesti e le espressioni sul volto di lui.
Da quando Emanuele è crollato, ho imparato a studiarne il comportamento come mi ha consigliato il dottor Corderi, e ora faccio lo stesso con Saverio. È irriconoscibile. Sembra che si sia dimenticato della sua vita qui, per come osserva i suoi oggetti. Sulle prime ho pensato che la sua fosse stata una finta per evitare le domande di suo fratello, ma l’ho sorpreso al piano di sopra: aveva svuotato il suo armadio a muro e palpava i vestiti come se fossero stati la scoperta del secolo e il piumone e le lenzuola erano sottosopra, un gesto non da lui.
Livia aprì l’armadietto della cucina e spostò i pacchetti e le scatole delle provviste: la rivista che tirò fuori fece soffiare Emanuele di esasperazione.
− Di nuovo quella robaccia? Ora sappiamo che sono mattoidi in cerca di sensazionalismi.
− Ti avverto che è della settimana scorsa. E tu per primo ci hai creduto.
Emanuele alzò gli occhi al soffitto: − E va bene. Vuoi una storiella da brivido intorno al fuoco? Qui si va a finire nelle leggende. Pensa al nome di questo posto: dicono che ogni tanto, qualcuno riesca a beffare la morte confondendole le idee.
Prese un boccale dalla mensola accanto ai pensili e ne tirò fuori un cordino di cuoio intrecciato a una pelle essiccata: − Questa è la pelle di una muta di vipera e questo cuoio era quello di una carcassa di volpe. Credo sia stato questo amuleto a salvargli di nuovo la vita.
− Davvero? Pensavo si dovesse portare al polso.
− Basta già così. Nel suo caso è servito.
Emanuele prese la rivista: su una pagina c’era il dettaglio della foto di un cadavere in atteggiamento scomposto, nell’istantanea successiva, era scomparso, e c’erano debolissime tracce di impronte.
L’articolo era preceduto da un titolo inquietante: POSSIBILE RITORNO DELLA MALEDIZIONE DEL MONACO RINNEGATO?
− Questi giornalisti sono pazzi. Cosa c’entra questa leggenda?
− Dà il nome alla montagna. E poi è una spiegazione alla scomparsa del corpo di Saverio e al suo ritorno da noi. Certo, ci è voluta la magia d’oltretomba di un monaco spergiuro per far tornare tuo fratello. Si vede che la sua è l’anima di un giusto venuta a mancare troppo presto e lui l’ha rispedita fra noi per avere sollievo dalle pene infernali. Non è la prima volta che succede. Mi sa che con tuo fratello ora avrà una pena mitissima: magari esiste un girone dove ti fanno solo il solletico con una piuma.
− Non ci scherzare, Livia.
− Dico la verità. Allora l’amuleto funziona.

***
Il rumore di passi dietro alla porta e il colpo al batacchio la fecero urtare il tavolino con il bicchiere.
− E stai attenta. Aprigli, piuttosto. Non senti che è tornato?
− Senti, Emanuele, dovremmo telefonare alle autorità.
Lui rise amaro: − Il matto sarei io, eh?
Si alzò: − Eccomi, Saverio.
Gli aprì e lo fece accomodare, dandogli una pacca sulla spalla: − C’è la mia poltrona, io prendo una sedia in cucina. Vuoi …
Non finì la frase e si portò la mano al torace, cadendo all’indietro.
Livia accorse da lui e lo chiamò.
Emanuele tacque, pallidissimo e con gli occhi sbarrati.
Lei prese il cellulare dal tavolo della cucina e telefonò ai soccorsi, mentre Saverio si chinava su di lui.
Gli occhi di Emanuele si coprirono di una pellicola spessa come una cataratta trascurata da decenni.
Lui gli sfiorò la fronte.
Il respiro pesante dell’uomo si ridusse al minimo.
I soccorritori esaminarono Emanuele.
Il loro capo si rivolse a Livia: − Quest’uomo è in coma vigile. Cosa gli è successo?
Livia indicò il cognato: − È stato poco dopo il suo arrivo.
Si era morsa la lingua.
Meglio tacere. Altrimenti penseranno che sono ridotta anche peggio di mio marito. Ma Saverio è ridotto anche peggio di quanto credessi.
Lei e il cognato raggiunsero l’ospedale della valle e attesero insieme nella saletta.
Livia trovò il coraggio di parlargli quando furono soli.
− Allora? Mi puoi dire tutto.
Saverio si voltò verso di lei con gli occhi gelidi e parve metterla a fuoco solo in quel momento: − Mi sono salvato proprio quando stavo per arrendermi.
Disse quelle parole per prendere tempo, mentre la sua mente metteva in ordine tutte le informazioni ricavate dal fratello.
Livia, moglie di Emanuele. Ora so quello che mi serve da lui. Mi dispiace che il suo organismo si sia rivelato tanto fragile. La nostra razza si risana con il tocco, ma nel suo caso è stato diverso: volevo togliergli il male che gli sta devastando la mente, invece, l’ho danneggiato anche di più.
Questa donna vuole sapere di certo cosa ha combinato Saverio e io mi rifiuto di dirglielo. Venire qui è stato un errore colossale. Non c’è nessuna guerra in preparazione contro di noi. Semmai, è il loro stesso pianeta che si sta ribellando loro, cercando di auto ripararsi come può. Quanto a loro, stanno scontando un modo di vivere troppo logorante: non sono programmati per tutte queste sollecitazioni.

La donna rincarò: − Mi puoi dire come?
− No.
Fece una smorfia infastidita sentendo i rumori del vicino Pronto Soccorso.
Da quando era arrivato sulla Terra, il caos sonoro lo aveva aggredito: a differenza del suo pianeta, non esistevano Camere del Silenzio.
E la mente della gente era arrivata al limite.
Nel suo viaggio aveva sondato parecchie persone, arrivando a capire che certe malattie come quelle di Emanuele non si sarebbero mai scatenate senza tutta la serie di sollecitazioni che arrivavano dall’esterno.

Tu stesso, Emanuele, ti sei ridotto ad aspettare Saverio, arrivando a immaginare di sentirlo vicino a te anche se non era così per via di una vecchia competizione fra voi: per un certo periodo della tua vita avresti voluto vederlo morto e quando il destino è sembrato sul punto di accontentarti, sei impazzito. Ovvio. La tua mente ha un meccanismo molto delicato.
Pensò alle leggi del suo pianeta.

Persone come te vengono tolte dalla circolazione e chiuse nel Palazzo della Rigenerazione. Alcune non ne escono più, ma per loro è meglio restare immerse in un sonno profondo piuttosto che rischiare di far finire anche le altre come loro.
Gli sondò la mente, e arrivò a vedere i sogni di Emanuele: erano entrambi insieme e camminavano nel bosco dietro alla baita in cerca di funghi e ridevano felici.

So di essere crudele a interrompere la tua passeggiata, ma devo avvertire la mia gente: c’è stato un malinteso. Forse dovreste rivedere le vostre apparecchiature per le comunicazioni. Siete così primitivi.
Tornò in sé e uscì in corridoio, dirigendosi verso l’Unità di Rianimazione.
Entrò nella stanza, dove Emanuele giaceva intubato e gli sfiorò la fronte prima di abbandonare il corpo preso a prestito.
Saverio cadde con un tonfo.
Qualche minuto dopo, l’infermiere di turno diede l’allarme: il paziente e il fratello erano deceduti entrambi.
Quest’ultimo era in avanzato stato di decomposizione e con in mano un cordino spezzato a metà.
Livia ebbe la forza di bruciarlo sul davanzale della stanza e fu il suo ultimo gesto giudicato stravagante dagli infermieri.
***
Da allora, Livia è controllata: sul lavoro dimostra un’efficienza anche maggiore rispetto a quella dell’epoca del suo matrimonio, ma è andata a vivere in una città sul mare e ha venduto la baita e la casa di città senza portarsi dietro nulla.
Non ha neppure più il cellulare: le è capitato troppe volte di sentirsi richiedere interviste sul mistero del cognato scomparso cadavere e poi riapparso in vita per morire nuovamente.
Vive felice così e quando si sente sola, si connette all’Internet Point.
 
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