Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio Dicembre 2019, Cantami, o Diva, del Pelide Max la strada di furia...

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view post Posted on 22/11/2019, 00:15
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Custode di Ryelh
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INDIZIO NR 1



INDIZIO 2



220px-Homeros_Caetani_Louvre_Ma440_n2

 
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view post Posted on 2/12/2019, 01:30
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Apprendista stregone

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E dunque? 🤔
 
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view post Posted on 2/12/2019, 08:52
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Mi fa sapere WP che ha il computer fuori uso. L'inizio dello skanna di dicembre è rimandato di alcuni di giorni.
 
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view post Posted on 5/12/2019, 22:40
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Custode di Ryelh
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Ed eccomi qui!!!
Perdonatemi se arrivo in ritardo, ma, come vi ha anticipato il buon Ray, avevo il computer fuso, quindi ho dovuto aspettare che arrivasse quello nuovo (se ne sono andati altri 750 testoni, sigh :cry: :cry: ) prima di poter rientrare.
Ed eccomi qui, mentre il computer ancora si sta riempiendo di tutta la mia adorabile spazzzatura, pronto a farvi entrare nello

SKANNATOIO DICEMBRE 2019

TEMPISTICHE:
1) la fase di scrittura comincia dall'esatto momento in cui pubblicherò questo post e terminerà alle ore 23:59 di domenica 22/12/2019
2) Da lunedì 23/12/2019 ci sarà una settimana per commentare e votare i racconti degli altri partecipanti.
3) A partire dall'ultimo commento, ci sarà una settimana per votare il miglior commento al proprio racconto (1 punto) o i migliori commenti complessivi (2 punti)

LUNGHEZZA
Il racconto dovrà essere lungo tra i 2.000 2 i 30.000 caratteri

SPECIFICHE
1) FURY ROAD: il racconto dovrà essere "on the road", quindi dovrà svolgersi in movimento. Ad esempio, potrà raccontare di una gara di automobilistica, oppure di una diligenza che scappa da un assalto di banditi, oppure di un omicidio avvenuto a bordo di un dirigibile che sta facendo il giro del mondo. L'importante è che tutta l'ambientazione sia in movimento e che questo movimento influisca sullo svolgersi degli eventi.

2) IL MIO NOME è ACHILLE. PELIDE ACHILLE: il protagonista dovrà chiamarsi come un personaggio dell'Iliade. Non è necessario che sia effettivamente quel personaggio, o che sia per forza greco, ma deve avere uno di quei nomi.

BONUS:

EH, MA COSì SI ESAGERA!: per avere questo bonus TUTTI i personaggi del racconto dovranno avere nomi provenienti dall'ILIADE, dall'ODISSEA o dall'ENEIDE, indifferentemente se si tratta di personaggi principali o secondari.

COMPLEANNI: dato che il sottoscritto il 21 diventa più vecchio di un anno, questo bonus se lo aggiudica se troverete il modo di far compiere gli anni al protagonista durante la vicenda, facendo, ovviamente in modo che tutto questo abbia rilevanza.

Quindi? Cosa state aspettando? Partite a tutto gas!!

P.S.: Per l'inizio del nuovo anno vi va di fare uno speciale leggere, stile "24 ore", oppure vogliamo riesumare uno dei vecchi contest speciali che si facevano sotto Master-Runta, o sotto Jackietheripper?
 
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view post Posted on 6/12/2019, 01:04
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Apprendista stregone

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Tanti auguri WP e cento di questi giorni!!! 🎉🎉🥂🎂🥂🎉🎉
Per il nuovo anno preferisco uno Skan alla Master Runta. Le 24 ore mi stanno strette...
 
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view post Posted on 6/12/2019, 11:33
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non si va a sovrapporre con la chiusura di questo skanna?

Domandona: Penelope vale come personaggio dell'iliade?
 
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Morto di seta
view post Posted on 7/12/2019, 20:32




CITAZIONE (reiuky @ 6/12/2019, 11:33) 
non si va a sovrapporre con la chiusura di questo skanna?

Domandona: Penelope vale come personaggio dell'iliade?

Cosa c'entra adesso Penelope Cruz?
 
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view post Posted on 8/12/2019, 15:55
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (reiuky @ 6/12/2019, 11:33) 
non si va a sovrapporre con la chiusura di questo skanna?

Domandona: Penelope vale come personaggio dell'iliade?

Sovrapporre cosa?

Si, certo che Penelope vale.
 
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view post Posted on 8/12/2019, 17:23

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Ciao White Pretorian, tanti auguri.
Ti regalo uno spunto letterario. Aneddoto zen. Un samurai inquieto va da un monaco e gli chiede: "Cos'è l'inferno?" e il monaco lo insulta: "Taci, ladro di strada". Il samurai snuda la spada inferocito e il monaco, freddo: "Ora si aprono le porte dell'inferno". Il samurai si calma a quelle parole e rinfodera la spada. Il monaco replica: "Ora le porte dell'inferno si sono richiuse".
 
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view post Posted on 8/12/2019, 17:41

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Ciao White Pretorian, per quel che riguarda il prossimo tipo di skannatoio, anche a me piacciono quelli in stile Master Runta e Jackie The Ripper. Io me ne ricordo uno dove si scriveva a squadre ed è stato bello.
 
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view post Posted on 9/12/2019, 21:01
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (shanda06 @ 8/12/2019, 17:23) 
Ciao White Pretorian, tanti auguri.
Ti regalo uno spunto letterario. Aneddoto zen. Un samurai inquieto va da un monaco e gli chiede: "Cos'è l'inferno?" e il monaco lo insulta: "Taci, ladro di strada". Il samurai snuda la spada inferocito e il monaco, freddo: "Ora si aprono le porte dell'inferno". Il samurai si calma a quelle parole e rinfodera la spada. Il monaco replica: "Ora le porte dell'inferno si sono richiuse".

Molto bello, grazie :-)
 
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view post Posted on 10/12/2019, 20:34

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Ciao White Pretorian, a te. E' un piacere.
 
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Morto di seta
view post Posted on 12/12/2019, 18:30




Blood on the road


L'inizio è stato duro. Giorni e giorni senza cibo. Se cibo si può definire ciò di cui mi nutro. Colpa di un fottuto ratto che mi ha morso mentre dormivo.
Ma i roditori, quando attaccano, non si limitano a un morso veloce per poi rintanarsi subito da qualche parte? ho riflettuto dopo essermi liberato di quell'orribile bestiaccia, che invece aveva tenuto per un bel po' i suoi denti affondati nel mio collo prima che, in preda al panico, riuscissi a staccarmela di dosso. Ripensando, poi, a tutto il sangue che mi è stato sottratto e alla fame di altro sangue che ho cominciato a sentire il giorno dopo, ho dedotto, con sgomento, di essere stato aggredito da un topo vampiro. E pure di essere stato vampirizzato.
Trasformazione, però, caratterizzata da un'anomalia di fondo: sono attratto soltanto dal sangue che lasci in bocca un retrogusto pungente; un aroma di sterco, in parole povere. Effetto collaterale dell'essere stato vampirizzato da un assiduo frequentatore di fogne.
Non è stato affatto facile capire con esattezza come, e se fosse possibile, soddisfare il bisogno di un plasma dal sapore tanto particolare. Quando infine è arrivata l'illuminazione ho cominciato a girovagare ogni notte in cerca di emorroidi, la cui degustazione, in effetti, assicura al palato una squisita fragranza di sangue e al contempo di culo.
Non tutte le persone, ahimè, sono affette da questa fastidiosa condizione. I primi tempi sceglievo le mie vittime lasciandomi guidare soltanto dall'istinto. Le studiavo un po', cercando di capire chi, in base alla fisionomia e al portamento, soffrisse di questo disturbo. Poi, avvistata una preda che mi desse l'idea di essere quella giusta, la pedinavo e, al primo angolo isolato, le saltavo addosso denudandola dei pantaloni o della gonna, a seconda che fosse un uomo o una donna; infine, coi canini in fremito, mi fiondavo sul deretano.
Non era raro, però, che le mie congetture si rivelassero infondate e che il culo da me scelto non presentasse alcun disturbo proctologico. In una di queste occasioni, per non rimanere a bocca asciutta, sono perfino stato tentato dal mordere ugualmente una chiappa. Un po' di sangue ne uscirà di certo, mi sono detto. Ma come la mettiamo col retrogusto di merda? Se ne sentirò poco o nulla? O se, addentando troppo a fondo, uscirà più sterco che altro? No, ho concluso. Meglio non rischiare. La natura ha creato le emorroidi, con un mix così perfetto e calibrato di sangue e puzza di culo. Voglio quelle. Quelle e basta!
Una sera ero non so dove. La fame si faceva sentire in maniera opprimente. Mi stavo arrovellando il cervello in cerca di una soluzione; un qualcosa che, nello scegliere le vittime, mi permettesse di non fallire. È risaputo che certi soggetti sono più predisposti di altri a soffrire di emorroidi, riflettevo. Chi fa poco moto, ad esempio. Chi mangia poco sano e spesso fuori casa. Chi è tanto stressato da diventare stitico, poi al cesso fa uno sforzo pazzesco e... plof... ecco le palline rosse che compaiono.
A un certo punto, mentre continuavo a spremermi le meningi, un autobus mi è sfrecciato davanti.
Cazzo! Come ho fatto a non pensarci prima? Gli autisti! Tutto il giorno seduti. Sempre stressati dal traffico e dagli assurdi turni di lavoro che spesso li obbligano a pranzi e cene veloci, e poco salutari, miseramente consumati sul marciapiede di un capolinea.
Senza studiare un piano preciso mi sono messo in cammino, debole ma determinato, verso il deposito degli autobus. Per fare meno fatica avrei tanto voluto spiccare un volo. Purtroppo non ho mai avuto alcun super potere. D'altronde, che cazzo di capacità straordinarie potrebbe mai trasmettere un maledetto topo succhiasangue? In realtà la mia vita non è cambiata di molto, se non per quanto riguarda la lunghezza un po' più accentuata dei canini e il nuovo regime alimentare. Per il resto, posso tranquillamente stare anche alla luce del sole.
Arrivato davanti alla rimessa, mi sono appostato dietro un'aiuola in attesa del primo autista che, finito il turno, tornasse in deposito a posteggiare la vettura. La mia intenzione era di sorprenderlo alle spalle una volta che avesse varcato l'uscita, a piedi, per dirigersi a casa.
Più semplice a dirsi che a farsi, nonostante la zona in questione sia periferica e abbastanza isolata. La prima preda, incamminatasi fuori dalla rimessa, si è ficcata subito nella macchina, posteggiata lì vicino. Non ho avuto nemmeno il tempo di saltare fuori dall'aiuola. La seconda è uscita dal deposito in compagnia di un'altra preda. Ho preferito rinunciare, non sarei riuscito a fronteggiarne due per la troppa debolezza. La terza poteva fare al caso mio, non aveva la macchina vicina e quindi si è messa a percorrere il viale alberato per raggiungerla. Ho cominciato a seguirla ma è spuntata all'improvviso una coppia di fidanzatini a spasso col cane. Altro buco nell'acqua.
Armato di pazienza, sono rimasto appostato in osservazione fino a che non ho avvistato una preda che davvero sembrava essere idonea. Uomo solo, senza colleghi né automobile vicina. Ha attraversato la strada e si è messo a percorrere il marciapiede, diretto all'incrocio. Nei paraggi nessun altro. Ho cominciato alla svelta a pedinarlo, cercando di non dare nell'occhio; intanto allungavo il passo per non perderlo. Lui continuava a camminare piano e tranquillo, testa bassa sul telefonino. Più concentrato a messaggiarsi con qualcuno che a guardarsi intorno.
Al semaforo rosso si è fermato. Tutto sembrava volgere a mio vantaggio. Ho allungato ulteriormente il passo fino a fermarmi dietro di lui, come un qualunque pedone in attesa del verde. Non si è neppure accorto di avere qualcuno alle spalle, tutto preso a digitare sulla tastiera le lettere. Santo whatsapp che mi sei complice, mi è venuto da pensare. Rispolverando i vecchi ricordi di karate, ho preso bene la mira e l'ho atterrato con un colpo alla nuca. Ero così vicino alla meta, e carico di adrenalina, che nemmeno più sentivo la debolezza di un attimo prima.
Alla svelta l'ho trascinato in un angolo appartato. Slacciatagli la cintura, gli ho fatto scorrere giù, fino alle ginocchia, i pantaloni della divisa. Denudatolo dei boxer, però, ho avuto l'amara sorpresa: pure in questo caso nessuna patologia proctologica.
Dopo aver attinto al mio vastissimo repertorio di bestemmie, e sferrato diversi pugni contro il muro, mi sono accasciato a terra lasciandomi andare a un pianto a dirotto. Non sapevo se ciò che ero diventato rientrasse nella categoria dei vivi o dei non del tutto morti, ma intuivo di essere ormai al limite. Ancora un altro giorno, o due, senza mangiare e me la sarei vista davvero brutta. Fanculo fanculo fanculo. Come cazzo è possibile che non riesco a farmene andare una dritta? mi ripetevo, cercando di rialzarmi piano piano; conscio che avrei fatto meglio ad allontanarmi dal luogo dell'aggressione prima che la mia preda fosse rinvenuta.
Per un attimo mi è passata per la testa l'idea di mollare ogni cosa. Meglio non esserci più, se la mia esistenza dev'essere una tale merda.
Ma poi, come ho sempre fatto nei momenti più complicati della mia vita, ho cacciato fuori le palle. Mai arrendersi. Siamo noi i primi che dobbiamo dare un'altra possibilità a noi stessi.
Debilitato, ma determinato come una belva che vuole sfondare la gabbia in cui è rinchiusa, mi sono di nuovo messo in marcia verso la rimessa. Da un pezzo era passata l'una e, rispetto al precedente appostamento, la zona appariva ancora più deserta e tranquilla. Nessun'anima viva, se non un autista fermo, sul marciapiede opposto al mio, a qualche metro dall'uscita. Un uomo di mezza età, intento a fumare. Corporatura robusta. Parecchio robusta. Un ippopotamo, insomma.
All'improvviso mi si è accesa una lampadina. Forse con l'autista di prima è andata male perché fisicamente era abbastanza in forma, ho pensato. Questo qui, ciccione com'è, mangerà un sacco di schifezze e, di sicuro, al cesso andrà di rado. In più, zero moto. Altro che una o due emorroidi! Ne avrà di certo a grappoli. Potrei avvicinarlo con la scusa di una sigaretta, fare due parole e...
Ma che sigaretta e sigaretta! Sono impresentabile in questo stato. Pallido, emaciato e sporco, sembro un tossico. Scapperebbe urlando. No. Meglio il piano classico.
Così, accantonata l'idea dei convenevoli, ho fatto il giro più largo, invece di attraversare subito la strada per andargli incontro, e piano piano ho iniziato ad avvicinarmi alle sue spalle. Guidare un autobus fino a tarda notte deve essere davvero sfiancante, perché il tipo, spalle ricurve e sguardo fisso sull'asfalto, appariva davvero assente e assonnato. L'impresa prometteva di riuscire senza troppo sforzo.
Arrivare ad appena mezzo metro da lui, senza richiamare la sua attenzione, è stato un gioco da ragazzi. Per non parlare di quanto sia stato semplice assestargli il colpo alla nuca per stenderlo a terra. Un po' più faticoso è stato trascinarlo in un angolo buio, dato il notevole peso. Ma alla fine, gli ho denudato il culone e... eccolo lì, il tesoro tanto agognato.
È stato come trovarmi davanti a un rigoglioso cespuglio di lamponi. Così rossi e invitanti. Non sapevo da dove iniziare, se divorare tutto il grappolo in un boccone o gustarli ad uno ad uno. Con l'acquolina in bocca ho avvicinato le labbra al frutto più grosso e sporgente. Gli ho dato prima una bella passata di lingua. Era così perfetto e ben fatto, quel lampone, che quasi mi piangeva il cuore all'idea di addentarlo. Allora ho continuato a solleticarne la polpa con la punta della lingua, mentre con il naso ne gustavo l'odore. Sarei andato avanti ancora per un bel po' con quei preliminari, se non avessi iniziato a sentire un suono di sirene provenire da qualche isolato più indietro. Forse era la polizia. O soltanto l'ambulanza, chiamata da qualcuno che si era imbattuto nel primo autista che avevo colpito e lasciato a terra.
In ogni caso, per evitare rogne, era meglio darsi una mossa.
Ho aperto al massimo la bocca, cingendo l'intero grappolo con le labbra. Poi ho affondato i canini nella polpa succulenta e... splash... è stato come tracannare tutto d'un sorso un prelibato succo ai frutti di bosco. Con uno sfizioso retrogusto di merda percepibile il giusto: non troppo, né troppo poco. Una vera fine del mondo! Nel giro di pochi istanti ho sentito un vigore pazzesco pervadermi il corpo. Un'energia così non la provavo da quando avevo vent'anni. I miei muscoli erano più tonici e guizzanti. Mentre continuavo a succhiare avidamente, con la faccia piantata fra i chiapponi del ciccione, disteso in posizione prona, provavo un piacere dirompente. La situazione nuova e insolita, oltre a tutto quel benessere improvviso, aveva contribuito a rendere il mio cazzo più duro di un macigno. Me lo sono tirato fuori dai pantaloni per spararmi una sega, senza staccare la faccia da quella polpa rossa e prelibata.
L'energumeno, intanto, stava riacquistando i sensi, forse a causa del colpo assestatogli con poca decisione. Senza smettere di succhiare, e di segarmi, ho provato a bloccare l'uomo - che nel frattempo stava tentando di rialzarsi - cingendogli la pancia con il braccio libero. In uno scatto, però, si è liberato dalla mia morsa e, in preda al panico, si è dato a un'improbabile fuga. Era ancora troppo confuso e spaventato per andare lontano; oltretutto, con i pantaloni ancora abbassati alle caviglie, inciampava di continuo. Credo non avesse ben chiaro cosa gli fosse appena accaduto. Provava a urlare, ma lo sgomento gli occludeva la gola al punto da impedirgli di emettere qualsiasi altro suono che non fosse un rantolo strozzato.
Rimessomi il cazzo nei pantaloni, ancora dritto, e con un rivolo di sangue che dall'angolo della bocca mi colava giù per il collo, ho raggiunto il fuggitivo e l'ho steso con un altro colpo. Ora era tutto più facile, con la forza che avevo. Nel frattempo, in lontananza, non si sentiva più alcuna sirena; la situazione, qualche isolato più indietro, sembrava essere tornata alla normalità. Soltanto nei paraggi avvertivo qualche timido movimento, dovuto forse a qualcuno del deposito che si stava accorgendo di qualcosa di strano. Allora ho trascinato il tizio più avanti di qualche metro, facendo sempre attenzione a non uscire fuori dalla zona d'ombra e a schivare la luce dei pochi lampioni. Arrivato ai bordi di un parco, mi sono imboscato con la mia preda in un cespuglio. Nel buio fitto ho cominciato il secondo round. Affondato di nuovo il viso fra i chiapponi, e ripreso con costanza a lavorare di canini, mi sono messo a spremere fino all'ultima goccia le poche emorroidi rimaste. Nel frattempo avevo anche ripreso la sega interrotta.
Il sangue e il pungente retrogusto di sterco in bocca non facevano che rendere la mia eccitazione più intensa e dirompente. Sul punto di venire ho sollevato il viso dai chiapponi, in mezzo ai quali ho invece piantato il cazzo. È lì che ho sborrato. Un orgasmo unico, esplosivo, tsunamico. Soltanto per un orgasmo del genere vale la pena diventare un vampiro.
A banchetto terminato ho risollevato i pantaloni al tizio, per non lasciargli scoperto il poderoso culo che, tra l'altro, stava già smettendo di sanguinare. Succhiare emorroidi, in effetti, non è come attaccarsi alla vena del collo. Il sangue che si perde non è un quantitativo così grosso, e i capillari rotti tendono a rimarginarsi in poco tempo. Per farla breve, non si muore.
Prima di allontanarmi dallo sventurato, ancora riverso a terra, mi sono chiesto se non fosse meglio toglierlo completamente dalla circolazione. Ma poi ho subito scartato l'ipotesi. Del resto, anche se era rinvenuto poco dopo il primo colpo che gli avevo inferto dietro la testa, provando addirittura a cimentarsi in una fuga squinternata, mi aveva lanciato soltanto una mezza occhiata così approssimata che, confuso e traumatizzato com'era, non avrebbe potuto mettere a fuoco il mio volto. Oltretutto c'era un buio pesto.
E se anche avesse provato, in seguito, a fare parola con qualcuno di quanto accaduto, magari usando la parola vampiro, chi mai gli avrebbe creduto? Con ogni probabilità lo avrebbero internato in un ospedale psichiatrico; cosa, quest'ultima, immancabilmente accaduta, da quanto ho avuto modo di apprendere, qualche tempo più tardi, da un piccolo quotidiano locale in un trafiletto ancora più piccolo.
Da quella splendida bevuta in poi, ho continuato a bazzicare ogni notte nei pressi del deposito. Scegliendo le mie prede tra gli autisti più grossi, andavo quasi sempre a colpo sicuro. Ribadisco il “quasi”; a volte mi imbattevo in qualcuno che, pur presentando, secondo le mie congetture, tutti i requisiti per essere pieno di emorroidi, in realtà non ne aveva alcuna. E allora mi toccava orientarmi su un'altra preda, e fare anche alla svelta, prima che la precedente rinvenisse e magari si mettesse a strepitare richiamando l'attenzione. Per non parlare, poi, dei sospetti che rischiavo di destare io stesso, aggirandomi a lungo nella zona e perdendo tempo in colpi che non andavano a segno, anche per colpa di qualche passante che sbucava all'improvviso, mandando in aria ogni mio piano.
Un giorno, pensando a uno stratagemma per semplificare le cose, mi sono detto: le patenti le ho tutte, la A, la B, la C, la D. [Le avevo prese anni addietro, con l'intenzione di buttarmi sulla guida come mestiere. Mestiere mai iniziato perché nel frattempo avevo trovato un lavoro più in linea coi miei studi di ragioniere; occupazione poi persa per tagli al personale].
Considerando, in aggiunta, che in comune con ogni autista, oltre alle patenti, ho anche l'essere in tutto e per tutto un ritardatario cronico, perché non fare domanda di assunzione all'azienda di trasporto pubblico?
E ora eccomi qua, con indosso la divisa, mentre esco di casa. Ho ancora un'ora abbondante prima di dover iniziare il turno; oggi il serale sul sessantanove barrato. Fa parte dei miei piani andare sovente a lavoro con largo anticipo, in modo da avere il tempo di scambiare quattro chiacchiere, in deposito, con i colleghi che hanno appena finito il turno, o che stanno per cominciarlo. Tra una minchiata e l'altra, sposto sempre il discorso, con tono ironico, sugli inconvenienti del nostro mestiere: “tutto il giorno su questi scomodi sedili... ho perfino perso il conto delle mie emorroidi”. Questo bluff mi permette di sondare con facilità il terreno. C'è chi, alla mia battuta, replica in modo evasivo perché è estraneo alla problematica. Soggetto da scartare nella ricerca di possibili bersagli.
C'è chi preferisce non esporsi troppo, per una sorta di imbarazzo, ma con la solidarietà negli occhi si lascia andare a un sospiro rassegnato che probabilmente equivale a qualcosa del tipo “siamo sulla stessa barca”. Soggetto da tenere in considerazione.
C'è poi chi, ridendo di gusto alla mia battuta, ribatte: “Achille...” e mi dà una pacca sulla spalla, “sei in buona compagnia!”. Preda conclamata su cui concentrarsi nell'immediatezza. Se non ne conosco nome e cognome (siamo più di tremila colleghi) lancio un'occhiata al suo numero di matricola inciso sulla tessera di identificazione personale (tutti noi ne portiamo al collo una, a mo' di collana, in quanto dotata di cordicella) e poi vado a ficcare il naso nel registro dei turni per scoprire da che ora a che ora sarà in servizio l'indomani. A quel punto, con una scusa qualunque, chiedo a chi si occupa dell'organizzazione la cortesia di cambiare l'orario che invece l'indomani spetterebbe a me, in modo che il mio turno non solo vada a coincidere, grosso modo, con la fascia del turno della mia preda, ma che termini (è questa è la cosa fondamentale) almeno una mezz'oretta prima. Devo avere il tempo di mollare la vettura in deposito e raggiungere i servizi, molto comodi e spaziosi, tra l'altro: un paio di lavelli; una fila di orinatoi a muro, disposti sulla parete in fondo; perfino una discreta toilette con water, subito a destra quando si entra. È all'interno di quest'ultima che mi apposto ogni volta, lasciandone socchiusa la porta quel tanto che basta a tenere d'occhio l'ingresso generale, in attesa che il collega da me prescelto ne varchi la soglia. È matematica la certezza che arrivi, finito il suo turno. Ogni autista, dopo ore e ore di guida, sente il bisogno di farsi una bella pisciata. Quando infine lo vedo comparire, aspetto che raggiunga gli orinatoi a muro per poi sgattaiolare piano fuori dal mio nascondiglio, senza che se ne accorga, e... zac! Colpo alla nuca. Lo trascino con me dentro la toilette con water e chiudo la porta con la sicura. Da lì in poi è come sedersi a mensa.
Se nel frattempo dovesse mai entrare qualcun altro ai servizi, e sentire i miei sospiri di piacere mentre mi cibo, ho in tasca la scusa pronta: amico, non sai che goduria farsi una bella cagata dopo giorni e giorni di stitichezza!
Ecco, è proprio per il bisogno di agire indisturbato, e soprattutto di andare a colpo sicuro nell'individuare la preda giusta, che mi sono fatto assumere dall'azienda. Ovviamente devo stare bene attento a non lasciare troppe tracce di sangue, ma con un po' di esperienza, e l'aiuto dei kleenex, ho imparato a ridurle al minimo. Pulisco perfino il culo dello sventurato. Del resto, non si lavano i piatti dopo aver mangiato?
Prima di svignarmela metto a sedere sulla tazza del cesso il malcapitato, con ancora i pantaloni abbassati alla caviglia, di modo che, una volta rinvenuto, creda di avere avuto un malore mentre si stava svuotando le budella. Non mi preoccupa più di tanto la possibilità che gli torni alla memoria che, prima di ritrovarsi in quella situazione, era soltanto in piedi davanti all'orinatoio. Avrà di certo modo, a mente fredda, di imputare quell'incongruenza a una sua percezione errata, dovuta allo stress causato da questo lavoro e al caldo che dà alla testa.
È probabile che avverta qualche dolorino al culo, ma è altrettanto probabile che ne attribuisca la causa al malessere generale che lo ha colpito.
Per quanto riguarda l'improvvisa scomparsa delle emorroidi, poi, come potrebbe giustificarla? Con un miracolo? Con una remissione spontanea di ogni disturbo? Sono sicuro che, valutando il beneficio tratto, smetta prima o poi di arrovellarsi la mente sulle possibili ipotesi e si goda contento la salute ritrovata. Non a caso, le volte che mi capita di tornare a chiacchierare con qualcuno che ho “guarito”, noto sempre con quanto entusiasmo mi confessi “ti ricordi del problema che ti avevo detto di avere? Non chiedermi come, neppure io so spiegarmelo, ma ne sono guarito del tutto”.
Tirando le somme, quindi, con le mie impavide scorribande faccio del bene al prossimo e a me stesso. Segretamente mi considero una specie di salvatore di culi, anche se invece del bisturi uso i canini e le mie “cure” non possono di certo definirsi disinteressate. Il primo a trarne profitto sono io. Ma, diciamoci la verità, chi è che nella vita muove anche solo un dito senza il proprio tornaconto?
Quando nell'attuale deposito di cui faccio parte mi avranno dato da mangiare tutti i colleghi in possesso dei requisiti, chiederò il trasferimento a un altro deposito; ce ne sono quattro nella città in cui vivo. Quando poi anche nell'ultimo deposito non resterà più cibo, passerò all'azienda di un'altra regione. E via via di questo passo, fino a farmi i depositi di tutta Italia. Se è il caso, pure quelli dell'intera Europa. E, perché no, dell'America e dell'Asia.
Fino a che non incapperò in qualche grana, facendo le dovute corna, proseguirò con questa formidabile tattica, che mi sta rimpinzando bene bene la pancia.
 
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view post Posted on 14/12/2019, 19:58

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SPECIFICHE RACCONTO:
FURY ROAD
Il racconto deve avere un’ambientazione movimentata (es. in fuga su una diligenza, oppure omicidio su un dirigibile).
UN PERSONAGGIO DEVE CHIAMARSI ACHILLE (PELIDE), ANCHE SE NON DEVE FARE PER FORZA PARTE DELL’ILLIADE.
BONUS:
EH, MA COSI’ SI ESAGERA: TUTTI I PERSONAGGI DEL RACCONTO DEVONO AVERE NOMI PROVENIENTI DALL’ODISSEA, DALL’ENEIDE, DALL’ILIADE.
COMPLEANNO DEL PROTAGONISTA PREVISTO PER IL 21 DICEMBRE, E CHE QUESTO ABBIA RILEVANZA PER LA VICENDA NARRATA.



L’ARTE DEL RICICLO

Di Alexandra Fischer


«Dovevi pensarci prima.» lo avvertì lei, mostrandogli la data sul cellulare. «Oggi è già il dieci.»
Lui annuì, fra i sobbalzi dell’autobus che li portava in centro: «È per questo che ho aspettato fino a oggi e ho chiesto il tuo aiuto, Athena. Achille non è facile da accontentare.»
«Perché, la festa a sorpresa proposta da Agamennone non ti piace?»
«Già fatta. E dubito che la trovata del cavallo esplosivo pieno di regali lo diverta di nuovo.»
«Vero, Ulisse. Ci rifletterò su io.»
Athena sbirciò attraverso il finestrino dell’autobus alla sua sinistra e gli indizi su come comporre la sorpresa per Achille non le mancarono.
Ecco lì un manifesto della Stanza di Tiresia. Mi chiedo però se sia il caso di passare di lì e chiedere agli organizzatori se possono affidarci la stanza delle feste.
Ulisse la strattonò per la manica del cappotto di lana: «Non voltarti, ma credo che ad Ade abbia dato parecchio fastidio il nostro comportamento a casa sua.»
«Il tuo» corresse lei. «Di certo non avresti dovuto fare quella battuta sulla Nave del Capricorno. Era una bellissima statuetta di porcellana. E poi, l’idea che rappresentasse un’eterna gita in barca in compagnia dell’innamorata era ben studiata per un passionale come Achille. Non che io mi intenda molto di amori roventi, però… »
«Sì, ma lui l’ha lasciata cadere subito dopo averla ricevuta e si è rotta nel mezzo. Da allora non si è più vista.»
Athena ci pensò su, guardandosi intorno sospettosa: c’erano alcuni giovani e fanciulle dai cappotti azzurro verdi con il simbolo del pesce e del tridente ricamato sulle maniche.
Sussurrò a Ulisse: «Credo che ad Ade non sia andato giù di come Achille ha trattato il suo regalo.»
Lui si voltò e lo riconobbe seduto in mezzo al resto della banda.
«Oh, no, con loro qui a bordo non potremo entrare nell’ingresso principale e loro rallenteranno il tempo fino a farci mancare il compleanno di Achille. Disturbare tutti i segnali elettronici è il primo passo per il disastro. Sai come diventa se si manca alla sua festa.»
Le mostrò sconfitto il proprio cellulare privo di connessione.
«E dire che sull’autobus ci sarebbe anche.»
Athena si portò l’indice alle labbra.
Poi tirò fuori di tasca un mini automa dalla forma di una piccola civetta.
Ne sfiorò la pancia, che si aprì mostrando una piccola tastiera, sulla quale digitò alcuni numeri sotto lo sguardo di Ulisse.
«Hai annullato il loro disturbo alla linea?»
«Sì, e ho dato loro false indicazioni. Tieniti pronto a scendere alla prossima fermata.»
Così fecero.
Ulisse si guardò intorno frastornato all’arrivo di un nuovo pullman.
Preferivo quello di prima: il numero otto, capolinea Frazione Montegatti. Questo ha i vetri oscurati, il numero zero e la scritta: Averno.
Le porte si aprirono e Athena lo spinse, per poi tirare fuori una tessera di plastica con impresso un cerchio dorato.
La passò su un dispositivo che mandò un suono acuto e fece comparire l’ologramma di un autista tutto ossa in una divisa nera completa di cappello dello stesso colore con il simbolo di una clessidra al di sopra della visiera.
«Due, grazie.» disse all’autista.
Questi annuì: «Siate puntuali. Quest’anno abbiamo ridotto le corse.»
«Non si preoccupi.»
Il viaggio proseguì fra sobbalzi e freddo pungente con tanto di passeggeri in soprannumero, che costrinsero lui e Athena a viaggiare in piedi, spostandosi di continuo.
Ulisse notò che la maggior parte del freddo veniva da questi ultimi.
«Nessuno di loro respira.» le sussurrò.
«Ti sbagli. Sbrighiamoci a prendere il regalo per Achille e andiamo da lui.»
L’entrata secondaria della Stanza di Tiresia era spalancata su un corridoio molto corto, illuminato da luci multicolori.
Ulisse seguì Athena piuttosto deluso, ma, appena le sue scarpe calpestarono il primo tratto del pavimento rivestito di un tappeto rosso, avvertì una vibrazione sotto le suole.
«Ehi, ma è un nastro trasportatore.»
«Non farci caso, Ulisse. È solo un piccolo aiuto di Tiresia. Lui e la mia Bubi sono vecchi amici.»
Il corridoio si allungò a dismisura e le luci si trasformarono in volti maschili e femminili che subito preso corpo e circondarono i due.
Athena tirò fuori di tasca una lancia in miniatura: «Veniamo in pace, amici di Ade. Ulisse viene da parte di Achille: intende chiedere scusa ad Ade per come ha trattato il suo regalo. Per questo ci ha mandati qui a ritirarlo.»
Le figure annuirono e disparvero.
«Ora capisco perché mi hai dato quella scatola l’anno scorso e me l’hai fatta lasciare davanti alla porta a vetri.»
«Sì. Per questo Achille è ancora vivo.»
Tirò fuori la civetta e la accarezzò con dolcezza sulla schiena: «Vai, Bubi, e avverti Tiresia che siamo qui.»
La creatura spiccò il volo, e si inoltrò in fondo al corridoio.
Il pavimento accelerò e condusse i due in un tratto buio rischiarato da fiaccole.
«Che cosa sono?»
Ulisse si aggrappò ad Athena terrorizzato.
«Gli aiutanti di Tiresia. Sono tutti amici di Ade. Ora li vedi così, ma prima viaggiavano con noi sull’autobus.»
A un tratto, le fiaccole scomparvero e lasciarono il posto a una galleria illuminata da teche dentro alle quali c’erano giocattoli e capi di abbigliamento di ogni epoca in una varietà di colori e stili che incuriosì Ulisse.
«Che bello quella ricostruzione dell’esercito di Gengis Khan e quel soprabito di astrakan nero con i bottoni dorati è una vera meraviglia.»
Athena gli mise una mano sulla spalla e scosse la testa.
Ulisse avrebbe voluto ribattere ma si distrasse nel vederla aggiustarsi gli occhiali dalla montatura a goccia e togliere della polvere inesistente dal suo cappotto grigio scuro, e infine tirare fuori dal colletto il ciondolo d’oro e avorio raffigurante una testa mozzata con un groviglio di serpenti al posto dei capelli.
Avvertì tuttavia una corrente calda di fronte a lui e vide materializzarsi la figura di un vecchio bendato con in mano una scatola e la civetta di Athena fra i lunghi capelli bianchi.
«Ci risiamo» bofonchiò Ulisse.
Athena prese la scatola, ne sollevò il coperchio e la nuova versione della Nave del Capricorno gli strappò un sorriso di sollievo.
La testa di capro e la coda di pesce erano unite da una barca nel mezzo della quale sedeva una bella fanciulla dalle vesti rosa antico trasparenti.
Si direbbe che è lo stesso regalo della volta scorsa. Ma non è così.
Ulisse sfiorò le catene che trattenevano le braccia e le gambe della ragazza al remo della barca.
«Non credo che stavolta Creusa gli sfuggirà più.»
Tirò fuori alcune monete e le contò: c’era di tutto, da dollari d’argento a dracme, passando per fiorini olandesi di epoca seicentesca, per concludere con monete cinesi quadrate con un buco in mezzo.
Non tutte erano in ottimo stato: certe riportavano segni di pallottole e tracce di sangue.
Ulisse le passò ad Athena, la quale gli fece un sorriso d’intesa e le passò a Tiresia, che le palpò e annuì soddisfatto: «Molto bene, Ulisse. Mi piacciono soprattutto quelle che ti sei procurato con il sangue e l’astuzia nel corso delle tue vite successive. Serviranno ad assicurare una splendida festa ad Achille.»
La civetta volò via dalla sua testa e si posò sulle spalle di Athena.
Il pavimento riprese a scorrere sotto gli occhi meravigliati di Ulisse, stupito di vedere la compagna indifferente a tutte quelle delizie.
Le pareti illuminate da teche erano colme di cibi e bevande della cucina di tutto il mondo e di ogni epoca.
Profumi di carni arrosto speziate e dolci di glassa e caramello gli salirono alle narici, insieme a quelli dei timballi di pesce e dell’aroma dei formaggi stagionati accompagnati da salse agrumate.
«Non potremo fermarci a scegliere, magari dopo aver degustato qualcosa?»
«No, e ricordati della scatola. Sarai tu a indicarla ad Achille.»
«Ma l’anno scorso l’ha scagliata per terra dopo che gli ho consigliato di dimenticare Creusa.»
Lei gliela passò con una smorfia autoritaria dopo averne chiuso il coperchio con delicatezza.
Il pavimento rallentò la corsa e il buio calò di colpo.
A un certo punto, sempre nel buio, si sollevò poco a poco e si fermò del tutto.
Fu solo a quel punto che gli occhi della civetta di Athena rischiararono la scena: una tavola imbandita con decine di tartine di forme diverse, arrosti di ogni tipo di carne e pesce cucinato in crosta e umido con la tovaglia abbellita da disegni con il simbolo del sagittario.
Ai posti principali sedevano Creusa e Ade, ma c’erano anche vecchi compagni di scuola, amici di Facebook e la banda di Ade.
Non mancavano le bottiglie di spumante d’annata e birre artigianali.
A parte, su un tavolo più piccolo, troneggiava una gigantesca torta di glassa azzurra decorata da cristalli di ghiaccio di marzapane.
C’era anche un tappeto colmo di pacchi e pacchetti di ogni colore e un tavolino apribile di cartone dal quale emanava un forte aroma di cioccolato e liquore.
Quest’ultimo dono chiudeva la serie dei regali di compleanno e si trovava a poca distanza dalla porta che conduceva nel locale.
Athena fece un segno ad Ulisse: «Lasciala lì. Achille dovrà aprirla per prima.»
Lui annuì depose la scatola a poca distanza dal tavolo e tornò verso di lei, dopo aver dato un’occhiata circospetta alla porta.
«Mi pare che stia per arrivare.»
«Già.»
Richiamò a sé la civetta e la stanza rimpiombò nel buio.
Non appena la porta si aprì, il soffitto si aprì e ne scesero lampadari di vetro multicolore a illuminare la festa e la parete di mezzo si scostò, mostrando un paesaggio costeggiato di colline abbellite da alberi di Natale variopinti.
Achille entrò.
Gli invitati scattarono in piedi e lo applaudirono.
«Tanti auguri.»
«Buon compleanno.»
Ulisse gli si avvicinò e gli bisbigliò all’orecchio: «Usa bene la tradizione del primo pacco aperto in onore del donatore più importante. Ricordati dell’anno scorso.»
Achille aprì la scatola con il dono di Ade.
Si voltò verso di lui: «Grazie, sono commosso. La terrò come un tesoro, davvero.»
Ade si alzò da tavola e lo abbracciò.
Creusa fece lo stesso: «Noi due non ci lasceremo più senza di te mi sentivo come un naufrago su una nave alla deriva. Perdonami.»
Achille la baciò sulle labbra e fece un ampio gesto verso la tavola: «Che la festa cominci.»
Diede una spinta ad Athena, rimasta timida in disparte: «Vale soprattutto per te. Grazie.»
Lei gli sorrise e prese posto a tavola per ultima, accanto ad Ade.
E Achille stappò la prima bottiglia di spumante; mentre riempiva i calici degli ospiti, nell’aria si diffuse il piacevole aroma dell’uva seguito da profumi insoliti di frutta tropicale, com’era tipico dei vini di gran marca.
Dalla tavola imbandita si levò un coro: «Ogni gioia a te, Achille.»
 
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view post Posted on 16/12/2019, 12:59
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CITAZIONE (reiuky @ 6/12/2019, 11:33) 
non si va a sovrapporre con la chiusura di questo skanna?

Non avevo ancora risposto XDXD
Dipende da quanto ci metterete con i commenti e con tutto il resto. In caso di tempi rapidi, potremmo partire per metà gennaio, oppure direttamente da inizio febbraio.
 
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41 replies since 22/11/2019, 00:12   439 views
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