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Skannatoio Aprile 2020, Tela Nera

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Nazareno Marzetti
view post Posted on 5/4/2020, 09:57 by: Nazareno Marzetti
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Il pittore cieco

Le prigioni della città di Ashakre puzzavano di piscio e muffa. Le mura spesse erano imperlate di umidità malsana e la luce che filtrava dalle strette feritoie che c’erano in fondo ad alcuni corridoi non arrivava ad illuminare tutte le celle.
La guardia spronò, pungolandoli con la spada tozza, il ragazzo biondo e l’uomo lupo dalla pelliccia rossa. Una coppia male assortita, il lupoide alto e muscoloso, il ragazzo basso e magro. La loro andatura era lenta a causa delle pesanti catene che pendevano dai loro polsi e dalle caviglie.
«A destra» disse svogliatamente quando giunsero a una intersezione.
Fecero altri pochi passi, poi «Fermatevi!» Aprì la porta in pesante lecno di una cella e li esortò ad entrare. «Vi ricordo che c’è una sirena antimagia, quindi evitate e basta» disse chiudendo la porta e dando quattro mandate in ogni serratura.

«Bene» commentò l’uomo lupo. «Siamo qui. E ora?»
«Ora usciamo» rispose Danson. Si guardò in giro. La cella era veramente angusta. Era difficile pensare che ci potessero vivere due persone. Vi era un unico giaciglio, sin troppo vicino al secchio maleodorante.
«E come?» chiese di rimando Chanlerr, annusando il giaciglio. «Io non ci passo da quel pertugio.»
«Vero.» Danson studiò la porticina adibita al passaggio del cibo. «Sei inutile come al solito»
«Che vorresti dire?» Chanlerr ringhò al ragazzo.
«Quello che ho detto, cagnaccio. Qualche problema?»
L’uomo lupo ringhiò ancora più ferocemente «Cos’è non ti è bastato? Vuoi la rivincita?»
«Rivincita? Mi sembra che prima ti avessi messo sotto.»
«Mi sembrava che fossi tu ad essere bloccato. Se non le guardie non si sbrigavano a fermarci ti avrei staccato un braccio.»
«Non te la rigirare. Eri sotto e lo sai bene. E non stavo neanche facendo sul serio.»
«Ma se stavi piangendo come una femminuccia.»
«Dovevo attirare le guardie, altrimenti non ci avrebber…»
L’uomo lupo si scagliò sul ragazzo schiacciandogli la testa contro la porta per attappargli la bocca con una mano. «Ssh! Idiota! Vuoi che ci scoprano!»
«Mmmhmhmmhmp!»
«Cosa?»
Danson allontanò il compagno di cella con uno spintone. «Ho detto lasciami che non respiro, cagnaccio!» Si passò una mano sul volto. «Andiamocene da qui prima che ci ammazziamo sul serio.»
«Sarebbe la volta buona.»
«Non ricominciamo. Per una volta, come ha detto Lana…»
«Collaborate.» Concluse Chanlerr.
Danson sbirciò fuori dallo spioncino. «Non si vede niente.»
«C’è la guardia che sta passando per la ronda.»
«E tu come… Oh» si affrettò a lasciar cadere lo spioncino. «Hai ragione.»
«L’ho sentita dall’odore.»
«Bene, armiamoci di pazienza e dimmi ogni volta che senti passare una guardia.»
«Solo se ammetti che non sono inutile.»
«Chanlerr, non ricominciare!»
«Ammettilo!»

La notte si distingueva dal giorno per tanti piccoli indizi che sembravano impossibili poche ore prima: la pesante penombra che permetteva di distunguere le loro forme si era trasformata in un buio tanto pesante da rendere inutili gli occhi, il silenzio era interrotto da piccoli lamenti, squittii e cigolii e il passo cadenzato delle guardie si era fatto più rado. Solo gli odori erano rimasti gli stessi.
I due compagni erano seduti sul giaciglio, Danson che dormicchiava con la testa appoggiata alla spalla pelosa dell’altro.
«Ehi» Chanlerr chiamò toccando la guancia del ragazzo con un suo artiglio. «Sveglia.»
«Mmmh? Sono sveglio» rispose questo, sbadigliando.
«Certo, come no. Le guardie hanno appena finito il loro giro.»
«Bene» Danson si alzò e si stiracchiò. Cercò a tentoni la porta.
«Fai attenzione a non far suonare la sirena.»
«I poteri innati non vengono influenzati dalle sirene antimagia.»
«No» rispose scocciato l’uomo lupo. «Ma le possono far scattare.»
«Se sono di buona qualità e ben tenute. Questa fa abbastanza schifo.»
Danson si concentrò e portò la mano in un punto preciso, sotto il petto e sopra la pancia dove i muscoli formavano una specie di rombo. Nonostante le sue parole sprezzanti, fece attenzione a premere lentamente quel punto, in modo che per una volta la trasformazione avvenisse lentamente. Tutto il suo corpo iniziò a rimpicciolirsi in modo disomogeneo. Il braccio si accorciò per primo e rischiò di non controllare più la trasformazione, poi anche i piedi e per un attimo barcollò. La gamba destra era in ritardo sulla sinistra. Quando era bambino lo faceva sempre: voleva riuscire a scegliere la taglia; ma il suo potere non accettava mezze misure: o grande come un uomo o come una bambola di pezza. E lo faceva in modo repentino, brusco, un batter d’occhio e indolore. Ora lo costringeva a lavorare lentamente, facendo tutti i passaggi, e dolorosamente. Quando anche la mano sinistra si proporzionò al resto del corpo era stremato. Si prese un istante per riprendersi, prima di scavalcare i ceppi che ora erano ridicolmente larghi e di liberarsi dai vestiti.

Nei corridoi la luce delle stelle che filtrava dalle feritoie era del tutto inutile. Danson dovette muoversi a tentoni, facendo affidamento sulla sua memoria per ricordare le svolte che avevano fatto per giungere alla cella. Il percorso di pochi passi fatto all’andata ora pareva lunghissimo. Quarta cella.
«Psst» mormorò dallo sportello del rancio. «Rasass! Sei qui?»
Dal buio della cella si sentì un grugnito. «Chi sei?»
«Sei tu Rasass?»
«Sì.»
Danson tirò un sospiro di sollievo. «Preparati: ti faccio evadere.»
«Come?»
«Tu preparati» disse e si allontanò. Ora veniva la parte più difficile: rubare le chiavi.
La guardiola era separata dal resto delle celle da una porta in legno spessa mezza spanna. Era sollevata da terra poco più di un dito, provò a farselo bastare. Si infilò sotto la porta e strusciò sul pavimento cercando di non rimanere incastrato. Quando riduceva le sue dimensioni il suo peso rimaneva invariato così il corpo diventava duro come un blocco di metallo e altrettanto poco malleabile. La porta cigolò ma le due guardie annoiate non parvero farci troppo caso. Rimase immobile per qualche secondo prima di sgusciare del tutto.
Prese bene la mira e saltò. Colpita dall’equivalente umanoide di un mattone di piombo alla base del collo, la prima guardià cadde con un gemito strozzato. La seconda ebbe il tempo di attivare la sirena antimagia prima che Danson saltasse di nuovo colpendola alla bocca dello stomaco e mandandola a sbattere contro la parete. Danson tornò delle sue dimensioni normali e prese il mazzo di chiavi. La chiave della porta era più grande di tutte le altre e la trovò in fretta. Corse dentro e si recò subito alla cella dove era rinchiuso Chanlerr.
«Idiota!» gli ringhiò l’uomo lupo attraverso lo spioncino. «Hai fatto scattare l’allarme!»
«Vuoi che ti libero?» rispose invece Danson provando le varie chiavi, operazione resa ancor più difficile dal buio totale.
«Sbrigati! Sento le guardie che stanno arrivando!»
«Faccio quello che posso. Stai zitto!»
«Altolà!» intimò una guardia. La luce della lampada gli ferì gli occhi.
Click!
La porta si aprì e dalla cella uscì un lupo rosso furioso che aggredì la prima guardia, spingendola a terra e poi saltando via, lungo il corridoio.
Da canto suo, Danson ritornò piccolo e scomparve dietro un sasso sporgente. Le guardie ci misero qualche secondo per riaversi, poi, resosi conto della porta aperta, una di loro urlò «I prigionieri sono scappati!» e si allonranarono.
Ora che aveva via libera, Danson tornò della dimensione umana, raccolse le chiavi e si diresse alla cella di Rasass.
«Ehi!» disse qualcuno dalla cella vicino. «Vogliamo essere liberati anche noi.»
«Va bene, non fate casino» rispose Danson. Trovò la chiave della cella e entrò per liberare dai ceppi l’uomo.
«Spero che il resto del tuo piano di fuga sia meno appariscente. Non voglio essere malmenato di nuovo» commentò questo.
«Oggi siete tutti criticoni. Ti porteremo fuori di qui, vivo e illeso. Altrimenti Lana ci spella vivi. Sei cieco, giusto?»
«Sì.»
«Bene. Dovremo muoverci nell’oscurità più totale. Se succede qualcosa, torna indietro e raggiungi il corridoio ad est. Lana è pronta con un piano B.»
«Uhao. Avete pure un piano B» rispose sarcastico. «E dov’è l’est di grazia?»
«Di la» Danson prese la mano dell’uomo e la volse nella direzione in cui sperava fosse l’est. Poi, come promesso, lanciò le chiavi nella cella vicina «Cavatevela da soli» disse e scappò, tirandosi dietro l’uomo.

«Aspetta!» esclamò Rasass quando giunsero davanti la porta delle prigioni. «Qui fuori è pieno di guardie!»
«Andresti d’accordo con Chanlerr» commentò Danson. «Quante ne sono?»
«Una decina… no, un po’ di meno. C’è anche un grosso animale.»
«Chanlerr! Mannaggia a te» imprecò il ragazzo. «Dovevi scappare!» Poi, rivolgendosi al pittore «ci sta creando il diversivo, ma sono troppo vicini.»
«Piano B?»
«Vai tu. Io devo aiutare quel cagnaccio rognoso. Se qualcosa va storto torna nella tua cella. Non ci hai mai visto.»
«Spiritoso.»
« Augurami buona fortuna.»
«In bocca al lupo.»
«Spiritoso.»

Attese una manciata di secondi che l’uomo cieco si allontanasse, poi fattosi di nuovo minuscolo socchiuse la porta e si lanciò contro le guardie.
Ne colpì una, creando scompiglio, poi saltò di nuovo, mancandone una seconda e finendo diversi metri più in la. Una spada lo colpì in volo, ferendolo sul petto.
Il dolore gli fece perdere per un istante la concentrazione e tornare grande. La ferita si allargò vistosamente perdendo molto sangue. Si sbrigò a tornare piccolo. Ora era un viscido coso rosso. Il lupo morse alla gamba una guardia che stava per colpire Danson per la seconda volta. Il ragazzo saltò colpendola al mento, facendola arretrare di un passo e infuriare ancora di più.
Le altre guardie li circondarono e si apprestarono a colpirli.
Poi ci fu l’esplosione. Fu talmente forte da far tremare i sampietrini della strada e spaccare qualche vetro delle finestre. Il lampo accecante che veniva dal muro ad est della stazione di guardia si stampò alcuni secondi sulle loro retine. Tutte le guardie si distrassero una frazione di secondo, sufficiente al ragazzo per e al lupo per aprirsi un varco e scappare.

Danson e Chanlerr si ricongiunsero agli altri su una collinetta poco lontano dalla città solo a mattino inoltrato. Chadder era nudo e il pelo era ancora bagnato dalla nuotata nel fiume. Teneva in mano Danson, sembrava più piccolo del solito e aveva un’espressione sofferente, forse perché aveva continuato a mantenere quella dimensione dalla sera prima.
«Ha bisogno di cure» esordì Chanlerr.
«Ssh!» li zittì Lindan, sedudo su uno sgabello, dava loro le spalle. Davanti a lui Rasass gettava inchiostro sulla tela e poi lo spandeva con le mani, disegnando suoni e odori. Non fingeva nemmeno di guardare la tela: i suoi occhi vuoti vagavano su quel paesaggio che non poteva vedere, ma le sue mani disegnavano cose che nessun’altro aveva mai visto. La salsedine di prima mattina fece una rapida apparizione, sostituita da un enorme nontiscordardime che restò sulla tela solo un paio di minuti prima diessere trasformato nel ronzio delle api.
Lana fece stendere Danson vicino al drago di terra del mercante. Questo tornò alle sue dimensioni naturali, trattenendo un gemito di dolore e lasciò che Lana gli curasse lo squarcio che aveva sul petto. Era enorme ma fortunatamente superficiale.
In qualche modo il pittore aveva catturato il gemito e ora la tela rappresentava il dolore in un modo che il ragazzo non avrebbe mai saputo descrivere. La forza delle immagini che apparivano e sparivano mentre la tela diventava sempre più scura era prorompente e il ragazzo dimenticò il dolore e l’ago che passava nelle sue carni vive.
Lindan aveva procurato al pittore una tela veramente enorme e questo passò gran parte della mattina e una parte del primo pomeriggio a spandere l’inchiostro nero. Quando ebbe terminato fece un passo indietro, lasciando che tutti potessero ammirare il suo lavoro: una tela perfettamente nera.
«Grazie» disse il pittore a Lindan. «È stato il mio lavoro più grande. In ogni senso.»
«No, grazie a Lei. È stato uno spettacolo unico, che pochi hanno possibilità di vedere» rispose il mercante.
«Cosa farai ora?» gli chiese Rasass.
«Ripartirò. Abbiamo fatto fuggire un sacco di prigionieri dalle prigioni di Ashakre, meglio non farsi vedere in città per un bel po’. Le interessa un passaggio? La bellezza dello spettacolo che mi ha offerto è più che sufficiente per ripagarmi del passaggio.»
«Credo che accetterò. Al governatore di questa città non è piaciuta la mia arte.»
«L’ho sentito. Danson, sei in grado di ripartire?»
«Dovrebbe stare fermo» rispose per lui la ragazza. «Possiamo farlo sdraiare sul drago ma non ci sarebbe posto per la tela.»
«Oh, non ho intenzione di portarmela dietro» rispose Lindan. «Lo spettacolo è finito. Ora è solo una tela nera. La sua utilità starebbe solo nel vantarmi di averla vista diventare nera, e non sono un tipo a cui piaccia vantarsi.»
«La lasciamo qui?»
«Uhm… no: la farò impacchettare e consegnare al reggente di Ashakre.»
 
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